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Recensione

Laura Cerrocchi e Liliana Dozza (a cura di) (2018), Contesti educativi per il sociale. Progettualità, professioni e setting per il benessere individuale e di comunità (Milano, FrancoAngeli)


Alessandra Altamura

Dottore di ricerca in “Cultura, Educazione, Comunicazione” presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Foggia



Nell’attuale società della globalizzazione dei mercati e della cultura, della progressiva frammentazione delle istituzioni sociali fondamentali e dell’incertezza, politica ed economica, del sistema di welfare, il ruolo delle professioni educative e sociali è posto di fronte a importanti cambiamenti. In particolare, le nuove e diverse emergenze educative chiamano, nello specifico, il pedagogista e l’educatore a confrontarsi con nuovi bisogni formativi, ponendoli nella condizione di progettare e ri-orientare costantemente e continuamente le proprie azioni al fine di offrire una risposta calibrata alla specificità delle singole situazioni e necessità, e sinergica con altre competenze e professionalità.

In questo scenario assume una notevole importanza il cambiamento di rotta messo in atto dalla Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 che, pur non essendo stata approvata nella sua totalità e sistematicità, può essere considerata un importantissimo traguardo dal momento che ha reso chiara la distinzione tra educatore professionale socio-pedagogico (la cui formazione è preposta ai Corsi di Laurea di Scienze dell’Educazione e della Formazione ‒ L19 e ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017) e educatore professionale socio-sanitario (la cui formazione afferisce ai Corsi di Laurea di Medicina e, nello specifico, al Corso di Laurea della classe L/SNT2 Professioni sanitarie della riabilitazione e disciplinata dal decreto del Ministro della sanità n. 520 del 1998). I commi approvati (594-601) nella legge permettono di differenziare le due tipologie principali di educatore e riconoscono la qualifica di pedagogista, delineando in questo modo la necessità di predisporre percorsi formativi volti a costruire uno specifico profilo identitario e un bagaglio di conoscenze e competenze validamente e scientificamente definite e costituite.

In questa fase di work in progress, di ristrutturazione dei profili professionali, delle conoscenze e delle competenze è necessario offrire delle risposte e degli strumenti che permettano di fare il punto della situazione per indirizzare consapevolmente le scelte formative e professionali.

Alla luce di ciò, il volume curato da Laura Cerrocchi e Liliana Dozza, Contesti educativi per il sociale. Progettualità, professioni e setting per il benessere individuale e di comunità, si rivela prezioso poiché è palese la volontà da parte delle autrici di «fornire un quadro esaustivo di che cosa significhi oggi – alla luce […] della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, commi 594-601 e Decreto Legislativo 65 del 13 aprile 2017 – essere e fare l’educatore professionale socio-pedagogico e dei servizi per l’infanzia, così come il pedagogista coordinatore di servizi socio-educativi» (p. 7).

Accanto ai contributi puntuali e meticolosi delle curatrici, vi è l’apporto di esperti professionisti, impegnati, a differenti livelli, negli specifici contesti educativi.

Il volume si suddivide in tre parti – Progettualità, responsabilità e cura educativa, Professioni educative per il sociale, Setting educativi –, che danno concretezza al rapporto dialettico tra teoria e prassi nella convinzione, sempre attuale e condivisa, che la teoria senza prassi è vuota, così come la prassi senza teoria è cieca. Attraverso la lettura dei singoli contributi è, infatti, possibile ricostruire un excursus che permette di delineare dove e come nasce la professione educativa e quali sono i suoi contesti di applicazione.

La prima parte – Progettualità, responsabilità e cura educativa – permette di riflettere sul mandato principale della formazione multidimensionale e integrale, ovvero l’emancipazione da condizioni di oppressione, subalternità e alienazione tramite cui promuovere lo sviluppo delle risorse e delle potenzialità di ciascuno/a.

Fondamentale, in tal senso, il richiamo alla conoscenza e alla formazione – come dispositivi in grado di tutelare l’integrità e la singolarità della persona nell’ottica di una progettazione esistenziale – e l’attenzione posta alle professioni educative per il sociale nell’ottica di un welfare generativo, basato su scelte di reciprocità solidale e lavoro di rete.

Degna di nota è poi l’immagine dell’educatore come leva, come impalcatura, capace di rispettare, di prendersi cura, di comprendere senza fondersi-confondersi con l’altro, di progettare in maniera condivisa e di orientare al futuro.

La seconda parte – Professioni educative per il sociale – è essenziale per definire i profili formativi e il ruolo dell’educatore professionale socio-pedagogico e dei servizi per l’infanzia e del pedagogista, alla luce dell’Emendamento alla Legge di Bilancio “Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista”.

Alla luce delle nuove competenze professionali che devono entrare a fare parte del bagaglio formativo e culturale del pedagogista e dell’educatore, cambiano inevitabilmente – dal punto di vista non solo umano e pedagogico, ma anche economico – anche gli ambiti lavorativi e l’organizzazione dei servizi. Occorre, dunque, per molteplici ragioni, rinnovare i sistemi attraverso la creazione di un nuovo welfare solidaristico che si basi «sull’aver cura e sulla priorità delle relazioni […] per coltivare uno sguardo più ampio al contesto umano e relazionale» (pp. 82-83).

Per giungere a questo obiettivo è fondamentale ri-partire dai contesti educativi, considerati – scrivono le curatrici – nella concretezza del setting educativo che li “contiene” e li “sostiene” e di un lavoro collaborativo e integrato con i soggetti e i servizi del territorio, nell’ottica, sempre efficace, del sistema formativo integrato.

È proprio ai Setting educativi che è dedicata la terza parte del volume che ospita ben ventinove contributi distribuiti in sette sezioni, in ciascuna delle quali ogni questione è affrontata a più mani da parte di ricercatori e di professionisti impegnati sul campo, permettendo al lettore – sia esso un pedagogista, un educatore, uno studente, un dirigente, un insegnante o un professionista che, a diverso titolo, opera nei contesti educativi per il sociale – di “entrare” nei differenti contesti e di conoscerne progettualità, scelte organizzative, pratiche di cura, ecc.

La prima sezione – La famiglia, il sostegno alla genitorialità, l’affido e l’adozione, le comunità per minori – muovendo dalla definizione di famiglia come «sistema complesso, plurale, dinamico» (p. 97) propone alcuni esempi di progettualità a sostegno della famiglia e della genitorialità e chiarisce il ruolo dell’educatore, soffermandosi anche, nell’ultima parte, sulle delicate questioni dell’affido, dell’adozione e delle comunità per minori.

Nella seconda sezione – I servizi educativi per l’infanzia e il centro di aggregazione giovanile – l’attenzione si sposta sui servizi educativi per l’infanzia che divengono oggetto di riprogettazione alla luce della cornice istituzionale istituita dalle recenti modifiche normative.

Proseguendo nella lettura, ci si imbatte nella sezione dedicate alle Strutture di e per il disagio psicosociale. La riflessione si focalizza, in modo particolare, sul luogo di esclusione per eccellenza in cui l’educazione è chiamata – forse più che in altri contesti – a risvegliare il potenziale dischiuso in ciascuno: il carcere. È all’interno del carcere che il ruolo dell’educatore assume un’importanza decisiva in quanto è chiamato a portare a conciliazione dialettica, in una situazione paradossale, le istanze dell’educare e del punire, dell’autorità e della libertà.

La quarta sezione – Il lavoro: crisi e attivazione di risorse strategiche – concerne il lavoro, dimensione ormai totalizzante le nostre esistenze. Attraverso i diversi contributi si cerca di riassegnare al lavoro la sua valenza positiva, passando per la denuncia (oggi più che mai necessaria) del fenomeno del caporalato da cui si evincono l’esigenza e l’urgenza di porre a stretto contatto lavoro e formazione professionale affinché il primo torni a configurarsi come strumento di costruzione della propria identità sociale e di emancipazione.

La quinta sezione – La strada e i contesti di emergenza – analizza l’imprevedibilità di quell’educare fuori – dal titolo del primo contributo – tipico dei setting non strutturati, outdoor, come ad esempio la strada. «Uscire dagli spazi “chiusi” dei servizi socio-educativi significa rovesciare uno dei paradigmi d’intervento più efficaci: non attendere o pretendere che gli “utenti” si rechino ai servizi, ma “farsi incontro” andando nei territori (urbani ed extraurbani) a ricercare la prossimità» (p. 309). Il lavoro di strada si rivela necessario soprattutto per la prevenzione – primaria e secondaria – del disagio in situazioni definite a rischio.

La sesta sezione – I servizi per l’età senile – analizza un particolare setting educativo degli interventi rivolti alla popolazione anziana in cui l’autonomia del singolo è posta a rischio e il rapporto tra educazione e assistenza non sempre si pone nei termini di una convivenza armonica tra teoria e prassi.

A partire dalla constatazione secondo cui è necessario conoscere l’anziano o gli anziani perché ognuno invecchia a modo suo (p. 378), negli ultimi anni, sono stati ideati e implementati alcuni approcci alla cura dell’anziano che, lungi dal proporsi come strettamente sanitari, cercano di andare oltre il concetto di malattia intesa come elemento caratterizzante l’età senile

La settima e ultima sezione – I servizi culturali per differenti pubblici – riguarda quelle attività e quei servizi – come la lettura e i musei – che sono comunemente definiti/i “culturali” tralasciando, talvolta, le importanti implicazioni educative che racchiudono.

A conclusione della lettura, il testo, per la densità delle idee emerse e la ricchezza dei contributi proposti, si pone come risorsa utile per il confronto e la riflessione grazie alla possibilità offerta di ragionare sulle teorie e sulle pratiche elaborate e messe in atto dalle professioni educative per il sociale, al fine di creare nuovi contesti (e setting) per la promozione del benessere individuale e di comunità.

Un lavoro di grande interesse e attualità, quello di Laura Cerrocchi e Liliana Dozza, che palesa uno sguardo attento e impegnato, volto a far chiarezza – in una situazione in cui il disorientamento tende a dilagare – rispetto a cosa significhi essere e fare l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista oggi.

I saggi che compongono il volume, ricchi di spunti e suggestioni importanti, aiutano a prendere contatto con la situazione reale, a entrare nei contesti dell’educazione e della formazione e a riflettere su di essi per intervenire in maniera adeguata, efficace, positiva e propositiva, mantenendo quella circolarità ricorsiva tra teoria e prassi, costitutiva della pedagogia, nonché quella sinergia imprescindibile, per il lavoro educativo, con le altre professioni impegnate nel e per il sociale, in linea con la convinzione freiriana, che nessuno si educa da solo. Gli uomini si educano tra loro, con la mediazione del mondo.




Autore per la corrispondenza

Alessandra Altamura
Indirizzo e-mail:
Dipartimento di Studi Umanistici. Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione, via Arpi, 176 71121 Foggia


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ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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