Vol. 7, n. 1, aprile 2021
Distribuito sotto Licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0TEORIE PEDAGOGICHE
Etica, educazione e democrazia in Dewey
Teodora Pezzano1
Sommario
In questo contributo l’autrice cerca di analizzare il rapporto tra etica, educazione e democrazia in alcuni passaggi focali del pensiero educativo di John Dewey. Analizzando il testo giovanile The Ethics of Democracy del 1888, Democracy and Education del 1916 — in particolare per quanto riguarda la critica a Rousseau — e alcuni aspetti di Human Nature and Conduct del 1922, l’autrice mette in rilievo come l’educazione sia organicamente legata al concetto di democrazia come way of life, come abitudine che si sviluppa nella vita sociale.
Parole chiave
Educazione, Etica, Democrazia, Democrazia come modo di vivere.
PEDAGOGICAL THEORIES
Ethics, education and democracy in Dewey
Teodora Pezzano2
Abstract
In this paper the author attempts to analyse the relationship between ethics, education and democracy in certain focal meanings of John Dewey’s educational thought. Analysing the early work The Ethics of Democracy from 1888 up to Democracy and Education from 1916 — in particular concerning criticism of Rousseau — and some aspects of Human Nature and Conduct from 1922, the author highlights how education is organically linked to the concept of democracy as a «way of life», as a habit which develops in social life.
Keywords
Education, Ethics, Democracy, Democracy as a way of life.
Introduzione
Questo contributo tenterà di analizzare l’educazione etico-sociale entro la cornice del nesso tra democrazia e educazione, secondo la prospettiva di John Dewey.
L’ipotesi presentata è la possibile linea di congiunzione tra l’educazione, l’etica e la democrazia nell’ottica dell’educazione democratica nella scuola e nella società.
Si tratta di una ipotesi presente in Dewey, che costruisce questo legame nel corso della sua opera. Infatti, con il suo studio sulla natura e condotta umana (Human Nature and Conduct, 1922), il pensatore americano intende dimostrare quanto l’educazione debba necessariamente nutrirsi dell’etica e quanto l’etica abbia bisogno di «collaborare» con l’educazione per «formare» l’adeguato abito mentale, e per acquisire il fondamento dei costrutti democratici e sociali.
Educare, nella prospettiva deweyana, significa promuovere lo sviluppo della personalità degli individui per formare il cittadino in relazione alla costruzione democratica. E la dimensione etica è coinvolta in ogni singolo aspetto della condotta, ed è parte costitutiva della «mentalità». Inoltre, l’universo della morale sottende un universo di valori storici che va colto proprio perché terreno delle mentalità e delle concezioni del mondo.
L’educazione esprime una dimensione valoriale perenne, ma anche un carattere storico e legato alle trasformazioni umane, un carattere che risente dei mutamenti intervenuti nel corpo sociale a loro volta susseguenti a eventi che provocano nuovi bisogni e indicano all’umanità nuovi traguardi. Ne deriva che l’educazione è un processo sociale assai complesso composto di fattori differenti, di natura psicologica, sociologica e politica. Il carattere storico dell’educazione non esclude però il suo carattere di fenomeno universale, nel senso che l’educazione è sempre esistita strutturalmente nelle relazioni umane. La pedagogia, così come l’etica, non può essere separata dalle scienze umane, in quanto — come tutte le scienze singolarmente prese — ha un punto di vista limitato, ma è anche la sola disciplina che può dare ordine alle diversità delle persone nella costruzione sociale della democrazia.
Muovendo da queste premesse, la tesi (di ispirazione deweyana) da sviluppare potrebbe essere la seguente: educazione e democrazia rappresentano «solo apparentemente» due mondi diversi, in quanto il concetto di abito mentale, elemento di entrambe le dimensioni, ne è l’anello di congiunzione.
Ed è proprio nella democrazia, da intendere come way of life che esiste la possibilità di sviluppare la personalità individuale in relazione alla condivisione valoriale comune. Dewey in diverse sue opere analizza questo problema, ma soprattutto in The Ethics of Democracy (1888), Democracy and Education (1916), Humane Nature and Conduct (1922), Experience and Education (1938) esprime con chiarezza questa idea.
In questi lavori l’autore mette in luce l’essenza della teoria della democrazia, legandola a quella dell’intelligenza e al cosiddetto abito mentale come paradigma per risolvere i problemi concreti delle persone in una società democratica attraverso l’educazione.
Proprio per questo Democracy and Education è considerata fondamentale per lo studio dei processi di associazione umana nel mondo contemporaneo, sia sotto il profilo politico che pedagogico. Il rapporto tra educazione e democrazia è il leitmotiv della ricerca deweyana; è la costante che si rinviene sin dalle opere giovanili. Il rapporto individuo-collettività altro non è che la relazione tra la coscienza individuale e quella universale che per lo studioso americano è l’elemento chiave per aprirsi alla democrazia. Esattamente questo aspetto sarà l’argomento di questo contributo, che consta di quattro parti.
Nella prima si metteranno in luce il valore etico della democrazia e il legame «organico» esistente tra la democrazia e l’educazione. Si cercherà di fare questo attraverso il saggio deweyano The Ethics of Democracy, opera che spiega il concetto di democrazia inteso come partecipazione della coscienza individuale alla vita pubblica e come sola dimensione «organica» idonea a dare vita a questo legame.
Questo aspetto si approfondirà nella seconda e terza parte del contributo attraverso la critica che Dewey fa in Democracy and Education ad alcuni aspetti della teoria educativa di Rousseau. Aspetti questi ultimi che Dewey utilizza per spiegare l’importanza dell’abitudine e dell’esperienza. I processi educativi e quelli di democratizzazione attribuiscono all’individuo i tools, gli strumenti idonei a trasformare le informazioni in conoscenze e utilizzare le conoscenze a livello personale e sociale. Educare alla democrazia è il paradigma della scuola progressiva deweyana, indirizzata al confronto e al dialogo. Questo aspetto si collega all’ultima parte del lavoro in cui si mette in luce l’importanza delle abitudini nel rapporto con gli altri per la costituzione della morale come seme e nello stesso tempo terreno di coltura e di sviluppo della democrazia.
Il legame tra la democrazia e l’educazione
La riflessione di Dewey sulla democrazia muove dalle posizioni assunte da Henry Maine nella sua fondamentale opera intitolata Popular Government (1885, 2nd ed. 1886), in cui lo studioso inglese disquisisce a lungo sulla «irrealizzabilità» della democrazia.3
La realizzazione della democrazia, per il giurista britannico, avviene solo in virtù di una serie di eventi accidentali e non storicamente costruiti, così da risultare la più instabile delle forme di governo, che può generare forme «mostruose e morbose» di monarchia e di aristocrazia. Ovviamente, la posizione di Maine svaluta e nega ogni valore alla democrazia, opponendosi a quella deweyana che, invece, pone chiaramente: a) la democrazia come «una forma di governo»; b) il governo come «la relazione tra chi è governato e chi governa»; c) infine, la centralità della «moltitudine» per governare e non il singolo individuo (come, invece, accade nella forma monarchica).
Questa precisazione deweyana serve a sottolineare come il concetto di molti che governano la cosa pubblica non sia un elemento arbitrario e, quindi, annullabile, perché esso si rinviene non unicamente nella sua forma costituzionale ma, prima ancora, nella coscienza organica della collettività tesa a realizzare il bene sociale.4
Questa asserzione deweyana dell’individuo come organismo sociale costituirà il senso della sua ricerca futura, e significa che gli individui non possono essere considerati «atomi sociali», perché sono organicamente tesi alla ricerca dell’altro e alla promozione della relazione intersoggettiva. Per Dewey, come si è già fatto rilevare, il senso dell’individuo come organismo sociale è la soluzione per superare l’interpretazione negativa di Maine, e soprattutto per chiarire il proprio complesso sforzo teoretico (Pezzano, 2010).
Tale sforzo evidenzia la presenza dell’elemento sociale nell’ontologia dell’individuo, e ciò rappresenta la prova che la democrazia è la più stabile delle forme di governo. Questo elemento sociale si manifesta unicamente nella interazione con la società, come organismo che costruisce i diritti all’interno del paradigma costituzionale, potenziando l’etica e la morale e consentendo a ciascun individuo di integrarsi organicamente con la società stessa.
Per capire il legame organico tra la democrazia e l’educazione è, dunque, importante cogliere il significato della democrazia in relazione alla «teoria del governo», perché mostra la società organica, priva di separazione tra governanti e governati. La dimensione della democrazia come forma stabile di governo è confermata da alcuni aspetti fondanti: il volere comune del consenso popolare; il valore della cittadinanza di ogni cittadino e l’origine del governo.
Nel testo Dewey chiarisce che in questa prospettiva la democrazia può offrire qualcosa in più rispetto alle semplici valutazioni di carattere istituzionale e di teoria politica. Il suo riferimento è James Russell Lowe che interpreta la democrazia come un sentimento e non una «forma di governo».5 La chiave di lettura dell’intero saggio è proprio in questo passaggio (Pezzano, 2018, pp. 15-32).
La democrazia non è solo una forma di governo, ma è una forma di espressione spirituale. «Democracy is a form of government only because it is a form of a moral and spiritual association» (Dewey, 1888, p. 240).
Tale dimensione di coscienza individuale che tende alla dimensione universale dei valori potrebbe, però, identificare il senso dell’aristocrazia con quello della democrazia, dal momento che il movimento è apparentemente uguale nelle due rappresentazioni del potere politico in rapporto allo sviluppo dell’individuo.
In effetti, egli evidenzia un passaggio che qualifica la differenza tra la democrazia e le altre forme di governo autoritarie, ovvero mentre queste ultime detengono la possibilità di concedere dall’alto forme di benessere sociale al popolo, al contrario la democrazia mette al centro ogni individuo che, solo all’interno della democrazia, può sviluppare pienamente le proprie potenzialità.
È l’individualismo (anzi, un certo tipo di individualismo) la caratteristica della democrazia, in quanto espressione di libertà e responsabilità; la democrazia è rispetto della personalità, sostiene Dewey (Pezzano, p. 29, 2018). «[…] It is an individualism of freedom, of responsibility, an initiative to and for an ethical ideal, not an individualism of lawlessness. In one word, democracy means that personality is the first and final reality» (Dewey, 1888, p. 244).
In questa direzione, Dewey si sofferma sul tema della libertà, fondamento culturale ed etico dell’individualismo e fulcro della democrazia. L’individualità come si lega alla legge? La legge modula l’individualità e, dunque, la personalità all’interno della democrazia per maturare l’ideale democratico. A questo concetto, indubbiamente molto complesso, si lega quello dell’uguaglianza che va concepita come la chance, la possibilità di ogni personalità individuale di esprimersi, e ciò può accadere solo all’interno della democrazia. Un quadro non del tutto perspicuo, forse, ma che si chiarisce nella parte finale del saggio, nel punto in cui Dewey discute, valorizzandola, la dimensione etica del cittadino.
Il concetto di democrazia in Dewey, da L’etica della democrazia a Democrazia e educazione
Il testo, dunque, The Ethics of Democracy rappresenta una svolta significativa nel pensiero deweyano in cui è evidente lo sforzo del giovane filosofo di legare la coscienza individuale alla coscienza universale. In effetti, il tema della democrazia sviluppa due aspetti centrali della filosofia deweyana: l’individuo come organismo sociale e la centralità della personalità dell’individuo all’interno della democrazia, come ideale etico da perseguire.
Ben evidente risulta lo sforzo dello studioso americano ad approfondire il problema educativo per sviluppare la democrazia, a partire da The Ethics of Democracy.
«È abbastanza evidente, infatti, come Dewey, affermando la centralità della personalità dell’individuo che dà significato dal punto di vista sentimentale e spirituale alla democrazia, mette in rilievo l’importanza della questione educativa. La centralità della personalità dell’individuo è legata strutturalmente al ruolo culturale, etico e politico che egli deve interpretare all’interno della società intesa come «democrazia industriale», come organizzazione sociale e politica» (Pezzano, 2018, p. 31).
Proprio per questo la centralità della personalità dell’individuo è legata all’espressione delle sue potenzialità, che solo l’educazione rivelerà in tutta la loro complessità. È il concetto di libertà autentica e di realizzazione etica dell’individuo all’interno della democrazia.
Tutti questi aspetti vengono approfonditi e ampliati in Democracy and Education, del 1916, opera che proprio per la sua caratteristica di Introduzione alla filosofia dell’educazione segna il passaggio dalla fase giovanile a quella matura del pensiero di Dewey.
Le premesse culturali a Democracy and Education trovano le proprie radici in The Ethics of Democracy, in cui, come abbiamo già detto sopra, la democrazia connette la coscienza individuale e la coscienza universale. Lo studio della democrazia diventa per Dewey il laboratorio attraverso cui sperimentare e modificare la sua strategia di pensiero.
Nel periodo di Chicago (1894-1904) — la città in cui Dewey inizierà a sperimentare con la scuola-laboratorio la sua teoria dell’educazione progressiva — prenderanno forma i percorsi di riflessione che il filosofo svilupperà fino a Democracy and Education.6
Durante e dopo l’esperienza a Chicago, Dewey riflette sempre più sul concetto di etica legandolo al concetto di libertà autentica, connessa allo sviluppo degli individui in relazione agli altri, quindi al vivere democratico. La libertà è l’essenza dell’educazione, e solo quest’ultima può determinare l’autentica libertà. Un metodo pedagogico che intende mostrare le caratteristiche chiave dell’educazione, vista: a) come unica possibilità per l’individuo di spingersi sempre più verso i valori universali; b) come sola dimensione culturale che orienta verso i valori educativi, interagendo costantemente con l’esperienza; c) come elemento che incarna e promuove il metodo sperimentale atto a dare vita al progresso educativo.
Tali declinazioni educative fanno sì che anche la democrazia, generata dall’educazione, debba essere una «democrazia organica», una «democrazia progressiva» legata all’individuo come «organismo sociale» e allo sviluppo economico. Il fatto che questa idea deweyana maturi proprio sotto il mandato del presidente Thomas Woodrow Wilson (1913-1921) non è da sottovalutare se si guarda alla visione politica economica del Presidente che rivoluzionò il sistema politico e economico statunitense, aprendo l’economia americana a una dimensione globalizzante che teneva conto della politica e della cultura mondiale.7
Democracy and Education affronta sin dalle prime battute la questione educativa legata al concetto di democrazia. All’interno i temi trattati sono numerosi tanto da renderla un’opera che sintetizza il pensiero dello studioso sino a quel momento. I numerosi temi, però, sono uniti da un elemento: l’educazione. Infatti, la democrazia è l’elemento conseguente all’educazione in quanto il suo divenire si esprime come un modo di vivere dell’individuo nella sua tensione associativa, e dipende dallo sviluppo educativo. Una impostazione generale, questa del libro, che trova solo nella concretizzazione del particolare nella sua specificità la sua realizzazione. Questo perché l’educazione varia in base alle abitudini e ai costumi della comunità di appartenza, e quindi non può essere omogenea e universale. Le implicazioni che scaturiscono da ciò sono molteplici.
Qual è, dunque, il particolare che può rendere l’educazione universale? È l’«interesse» dell’attività individuale, questo elemento che può accomunare le diverse associazioni umane. Per Dewey, infatti, educare all’iniziativa personale e all’adattamento equivale all’agire educato e educante perché spoglia l’abitudine dalla fissità e dalla rigidità.
Il problema centrale della democrazia, dunque, risiede nel significato sociale ed etico dell’educazione. L’interesse garantisce lo sviluppo: ovvero, la ricostruzione costante delle abitudini. Ricostruzione che significa sviluppo dell’individuo. E solo una società democratica può garantire ciò, perché è la sola forma di governo ad essere prima di tutto un modello di vita volto ad attivare e a promuovere adeguati interessi in tutti i componenti. L’interesse dell’attività individuale, ovviamente, non significa la realizzazione di uno scopo e, quindi, per far sì che l’interesse sia propositivo, occorre che esso nasca dal libero esercizio delle proprie esperienze (scopo).
La critica a Rousseau: la persona verso la moralità
Quanto detto nelle ultime battute del paragrafo precedente qualifica l’essenza della democrazia che, insieme all’educazione, è espressione della libertà individuale in relazione ai numerosi valori verso cui l’attività umana può tendere.
Il problema teorico che Dewey pone è decisivo per la costruzione futura della sua educazione progressiva, basata su una intelligenza di tipo creativo che deve legarsi al valore della libertà.
«The aim of education is to enable individuals to continue their education, or that the object and reward of learning is continued capacity for growth» (Dewey, 1916, p. 107).
Una spinta propulsiva dell’educazione a promuovere l’individualità verso fini valoriali che potenziano la crescita, si determina attraverso la capacità di controllo degli impulsi nell’adattamento con l’ambiente. Questa posizione porta a riflettere sulla teoria dell’educazione di Rousseau che auspicava una riforma sociale mediante un cambiamento che abbracciasse l’educazione ma anche la politica. E tale comparazione mette in rilievo un elemento chiave della crescita e dell’educazione, ossia l’aspetto educativo e non educativo legato all’abito generato dalle esperienze. L’aspetto educativo dell’abito si realizza nella capacità di controllo delle esperienze future. Come sostiene Rousseau nell’Émile, l’habitus, ovvero la disposizione mentale costruitasi nel tempo dalle esperienze, rende negativa l’esperienza qualora si inibisca l’intelletto nel controllo degli stimoli ambientali, assorbendo così pregiudizi e cattive abitudini.8
Fino a qui nulla che contrasti con quanto sostiene Dewey. Infatti, per lo studioso statunitense l’apprendimento formativo avviene attraverso le esperienze dirette. E proprio per questo Dewey, quando parla di teorie «of recent influence» (Dewey, 1916, p. 118), sceglie proprio quella di Rousseau. Non è un caso questa scelta. Il pedagogista statunitense intravede nella visione educativa del filosofo ginevrino alcuni elementi pericolosi per il corretto percorso educativo. Infatti, la teoria rousseauniana, dichiarandosi legata a un processo di sviluppo conforme alla natura, genera un dualismo netto tra ciò che è naturale e ciò che è sociale (Dewey, 2016, p. 216).
Il rischio della interpretazione pedagogica di Rousseau risiede — oltre che nel potenziare i dualismi — nella non corretta interpretazione dello sviluppo degli organi e delle facoltà innate, che vede separate queste parti, le quali oltre a non collaborare in un regime armonico, agiscono casualmente, senza obiettivi specifici.9 Secondo Dewey ciò non può trovare una giustificazione logica in quanto lo sviluppo degli organi10 e delle facoltà intellettive, ma anche quelle sensibili e affettive, e quindi dell’individuo sono l’interesse centrale dell’educazione. Ciò è contrario a quanto asserisce Rousseau, che ragionando in siffatto modo subordina l’educazione al contratto sociale. Decisivo è l’esempio che Dewey fa del linguaggio e della sua acquisizione. Vediamolo con le sue parole: «[…] il processo di acquisizione del linguaggio è un modello praticamente perfetto di crescita educativa […] Si parte da attività innate dell’apparato fonatorio, degli organi uditivi, ecc. Ma è assurdo supporre che queste abbiano una propria crescita indipendente che, lasciata, a sé stessa, svilupperebbe un linguaggio perfetto. Preso alla lettera, il principio di Rousseau significherebbe che gli adulti dovrebbero accettare e ripetere il farfugliare dei versi dei bambini non tanto come il principio di sviluppo articolato — che è ciò che sono — ma come se costituissero una lingua a sé — la norma per l’insegnamento della lingua» (Dewey, 2018, p. 217).
Per comprendere meglio le critiche mosse da Dewey bisogna soffermarsi anche sui meriti che il filosofo statunitense attribuisce allo studioso ginevrino, come ad esempio aver compreso l’importanza di «riformare» l’educazione rispetto al convenzionalismo precedente e nel sottolineare l’importanza degli organi e della loro struttura.
È nel prosieguo il grave errore compiuto da Rousseau, che asserisce, come in una sorta di compagine monadesca e casuale, come gli organi tra loro indipedenti, racchiudano la vera educazione. Tale idea non contempla il sociale, giacché quando l’uomo entra in rapporto con gli altri individui, ossia con la società, perde ogni forma di crescita positiva.11 Secondo il ginevrino, cioè, la società snatura la vera personalità dell’uomo. Essa non educa. Non crea situazioni che consentano all’uomo di dialogare con se stesso. Solo nella condizione di autonomia dalla società si può educare l’uomo.
Questo è ovviamente inaccettabile per chi, come Dewey, investe invece la società del ruolo più complesso, ovvero quello di educare, di formare insieme alla scuola l’intelletto, il corretto uso delle abitudini e delle esperienze.
In Rousseau, dunque, contrariamente che in Dewey, il sociale come strumento di crescita, che modula e orienta le facoltà naturali, diventa elemento di contrasto alla crescita dell’uomo. Ne consegue che il filosofo ginevrino promuove l’individualismo non a favore della collettività, come invece avviene in Dewey.12
Sostenere che le facoltà naturali seppur costituenti dell’educazione sono forme limitate, embrionali che addirittura non possiedono alcun fine, è per Dewey una non verità che va a intaccare il processo di apprendimento che non può assolutamente essere considerato «il risultato di uno scorrere spontaneo e incontrollato delle facoltà grezze» (Dewey, p. 218).
Dissertazione, questa, che Dewey aveva iniziato un anno prima in Schools of To-Morrow, (1915) attraverso alcune critiche verso quelle scuole che si strutturavano sulle idee educative di Rousseau, e che in Democracy and Education trovano un’adeguata critica e un conseguente chiarimento.13
Dewey e sua figlia in Schools of To-Morrow riportano alcune di queste teorie sostenitrici del pensiero educativo di Rousseau, non criticandole esplicitamente ma designandole come esempi di una «nuova educazione» che mette a rischio la «vera idea» di educazione, ossia quella progressiva (Dewey, 1922, p. 389).14 Ad esempio, Mrs. Johnson a Fairhope, in Alabama, che utilizzava la dottrina rousseauniana nel processo di apprendimento del bambino: «her main underlying principle is Rousseau’s central idea about the nature of childhood» (Dewey, 1922, p. 222).
Già in Schools of To-Morrow la preoccupazione che i veri ideali educativi e democratici rischino di essere contaminati da queste nuove forme di educazione è ben evidente, e portano Dewey a denunciare il sentimento egoisitico promosso da tali forme, le quali organizzano l’attività degli organi in modi meramente spontaneisti e individualisti, e quindi incidono molto poco sul vero sviluppo mentale del bambino: «mere activity, if not directed toward some end, may result in developing muscular strength, but it can have very little effect on the mental development of the pupils» (Dewey,1922, p. 249).
Interessante, dunque, la critica deweyana alla concezione dello sviluppo naturale del filosofo ginevrino. Per Dewey, tale concezione non è accoglibile in quanto ogni singolo individuo si costruisce entrando in relazione con gli altri. È proprio nella diversità che prende vita lo sviluppo di ogni individuo. Inoltre, un altro elemento di forte criticità si rinviene nella idea che Rousseau ha della cultura considerata addirittura una «degenerazione» dell’educazione naturale e che, invece, Dewey mette al centro, in quanto l’organizzazione sociale è il luogo di crescita e di educazione. Un rapporto, questo tra la natura e la cultura, che in Rousseau rimane astratto e che Dewey con il suo concetto di «social efficiency» invece concretizza. «In the broadest sense, social efficiency is nothing less than that socialization of mind which is actively concerned in making experiences more communicable; in breaking down the barriers of social stratification which make individuals impervious to the interests of the others» (Dewey, 1916, p. 127).
Educazione-democrazia-scuola
L’organizzazione sociale è fondamentale per lo sviluppo del pensiero riflessivo. Pensiero che elabora ipotesi per trovare la corretta soluzione attraverso l’uso dell’esperienza. In questo sistema organizzativo l’educazione e la scuola sono determinanti. Esse, non solo annullano ogni forma di dualismo mentale che blocca il pensiero riflessivo ma sono le radici della comunità democratica.
L’intera argomentazione di Democracy and Education mostra che l’educazione è la sola via per dare concretamente vita al sentimento democratico, trasformando in unità ogni forma di dualismo. Su questo terreno Dewey delinea un puntuale modello di scuola democratica, che va ad ampliare e a chiarire quello sperimentato nella famosa scuola-laboratorio di Chicago. Solo l’educazione integra le varie forme di dualismo che strutturano il cammino formativo: l’interesse e la disciplina, il metodo e il contenuto, il gioco e il lavoro. E ancora, il lavoro e il tempo libero, gli studi intellettuali e quelli pratici, il naturalismo e l’umanesimo. La dimensione antropologica dell’attività umana è sempre al centro nel progetto deweyano della scuola democratica.15 Infatti, il fine della scuola democratica è quello di portare alla luce i talenti di ciascuno, indirizzandoli verso un equilibrio tra l’individualità e la socialità, tra «labor and leisure», «intellectual and practical studies», «psysical and social studies: naturalism and humanism».
L’idea di scuola di Dewey si costruisce su due princìpi: l’educazione deve realizzarsi all’interno di un ambiente che sia strutturato in modo tale da favorire la scoperta delle proprie potenzialità da parte dell’individuo; inoltre, il processo deve promuovere l’acquisizione di adeguati abiti mentali: abiti di pensiero riflessivo e abiti democratici. In breve, l’ambiente scolastico deve essere per Dewey un gabinetto scientifico promotore del metodo scientifico in quanto metodo in sé democratico. Infatti, Dewey sostiene l’unità tra atteggiamento scientifico e atteggiamento democratico.
In definitiva, l’educazione non solo è lo strumento atto a determinare lo sviluppo dell’individuo ma è anche il solo mezzo che l’umanità possiede per ricostruire una società democratica.
Quanto Dewey afferma è cruciale perché mostra il nesso che intercorre tra l’educazione e l’etica. Ricostruire, infatti, attraverso l’educazione la relazione tra l’individuo-mondo è essenziale per creare un terreno fertile alla democrazia, attribuendo significato e valore alla società come dimensione intersoggettiva.
Ma il problema del rapporto tra la democrazia e l’educazione è legato anche al tema dell’abito sociale che è esplicitato nel testo Human Nature and Conduct (1922). Innanzitutto, Dewey sostiene che vi sono due tipi di moralità, una che parte dall’interiorità dell’individuo, dalla sua profonda personalità e un’altra che è caratterizzata dall’intervento delle forze dell’ambiente sulla personalità di ogni soggetto umano (Dewey, 1922, p. 9).
Questa contrapposizione è superata da Dewey con il rapporto tra l’individuo e l’ambiente basato sulla teoria dell’Arco Riflesso (Pezzano, 2017): «We can recognize that all conduct is interaction between elements of human nature and the environment, natural and social». Gli abiti umani sono costanti e costituiscono le mentalità acquisite nella vita sociale. In effetti, bisogna trasformare questa mentalità per costruire una società democratica. «We can retain and transmit our own heritage only by constant remaking of our own environment» (Dewey, 1922, p. 19).
In realtà la democrazia è un modo di vivere che deve sedimentarsi entro gli abiti acquisiti dalle istituzioni. Dewey in una parte di Human Nature and Conduct, intitolato «Habits and Will» (Dewey, 1922, pp. 21-32), dice espressamente che abitudine significa volontà perché ogni abitudine si muove verso un fine ed è perciò sempre operativa. Proprio per questo l’abitudine definisce la natura morale dell’individuo. Con la volontà è possibile andare al di là degli abiti acquisiti per migliorarli. Tutto questo discorso però non è utile solo alla morale personale dell’individuo ma lo è anche per la costruzione della democrazia. «Impulse is a source, an indispensable source of liberation; but only as it is employed in giving habits pertinence and freshness does it liberate power» (Dewey, 1922, p. 75).
Il problema fondamentale, quindi, è quello di superare la staticità delle abitudini e cercare di trovare un senso alla vita umana nella democrazia, sviluppando la libertà — come il filosofo afferma nell’ultimo capitolo. La libertà di ogni individuo è il vero fine della democrazia. Non si può parlare di democrazia se non si fa riferimento alla libertà dell’individuo, che deve essere considerata nella sua ricchezza e complessità. «Human desire and ability cooperates with this or that natural force according as this or that eventually is judged better. We do not use the present to control the future. We use the foresight of the future to refine and expand present activity. In this use of desire, deliberation and choice, freedom is actualized» (Dewey, 1922, p. 215).
Attraverso questo testo del 1922, in effetti, a mio avviso, si coglie la costruzione complessiva del rapporto tra democrazia e educazione. La democrazia è, innanzitutto, un problema etico dell’individuo. L’individuo è un organismo sociale, ma ha bisogno della democrazia per potersi esprimere. Ed ecco perché Dewey considera la democrazia come un modo di vivere dell’individuo in relazione a se stesso e agli altri. Il nodo che rende l’educazione e la scuola fondamentali si ritrova nel concetto di condotta umana e di libertà. La libertà umana è fondamentale, in quanto è l’espressione del rapporto tra la volontà, l’impulso, il desiderio, la deliberazione e il bisogno di libertà. In altri termini, alla democrazia è legato il bisogno di libertà, ma senza l’educazione questo bisogno non si potrà realizzare.
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Pezzano T. (2010), L’organismo sociale nel giovane Dewey, Cosenza, Periferia.
Pezzano T. (2011), John Dewey e la democrazia americana, Roma, Armando.
Pezzano T. (2017), Le radici dell’educazione. La teoria dell’esperienza in John Dewey, Milano, FrancoAngeli.
Rousseau J.J. (1994), L’Emilio o dell’educazione, Roma, Armando.
Rousseau J.J. (2014), Il contratto sociale, Milano, Feltrinelli.
Rousseau J.J. (2018), Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, Roma, Editori Riuniti.
Salvadori M.L. (2015), Democrazia. Storia di un’idea tra mito e realtà, Milano, Feltrinelli.
Spadafora G. (2015), L’educazione per la democrazia. Studi su John Dewey, Roma, Anicia.
1 Professoressa Associata di Pedagogia generale dell’infanzia, Università della Calabria.
2 Associate Professor, Università della Calabria.
3 Soprattutto nella parte intitolata The Nature of Democracy, Maine cita Austin e il suo Plea for the Constitution del 1859 che, esaminando i termini democrazia e aristocrazia, vede la democrazia più ambigua dell’aristocrazia (pp. 56-126).
4 Tale passaggio è fondamentale in quanto considera gli individui come meri individui indistinti fino a quando — e Dewey lo ricorda tanto in questa opera quanto in quella del 1916, Democracy and Education, citando Rousseu e la sua teoria del «contratto sociale» — non contraggono un «contratto sociale». La teoria del «contratto sociale» di Rousseau, rifiutata da Maine, è considerata un espediente che, però, dà un significato all’importanza della moltitudine la quale, nel momento in cui stipula il «contratto sociale», diventa una società politica.
5 Come ho detto in precedenza questo passaggio è fondamentale in quanto è la chiave di lettura di The Ethics of Democracy. Si veda T. Pezzano, Alle origini di Democracy and Education. La centralità dell’individuo, in The Ethics of Democracy, in Dewey J. (2018), Democrazia e educazione. Una introduzione alla filosofia dell’educazione, Roma, Anicia, pp. 15-32.
6 Si pensi che oltre a The Ethics of Democracy, Dewey scrive Ethics con James Hayden Tufts nel 1908 in prima edizione (la seconda è del 1932). Ma ancor prima scrive Ethics and Phisical Science nel 1887 e The Logical Conditions of a Scientific Treatment of Morality nel 1903.
7 Il progetto culturale e politico universale di Wilson si concretizzerà nella istituzione della Società delle Nazioni (League of Nations) nel 1919 e, soprattutto, nella decisione dell’entrata in guerra degli Stati Uniti nel Primo Conflitto Mondiale, a cui aderirà con grande convinzione lo stesso Dewey.
8 Anche in Rousseau quando si parla di habitus si parla di una sorta di procedimento che educa la condotta, fortificando l’etica.
9 «L’educazione ci viene impartita o dalla natura o dagli uomini o dalle cose. Quello della natura consiste nello sviluppo interno delle nostre facoltà e dei nostri organi; quella degli uomini c’insegna a fare un certo uso di facoltà e organi così sviluppati; l’acquisto di una nostra personale esperienza mediante gli oggetti di cui riceviamo impressioni è l’educazione delle cose […]. Ora, di queste tre differenti educazioni, quella della natura non dipende punto da noi; quella delle cose non ne dipende che sotto certi rispetti; quella degli uomini è la sola di cui noi siamo veramente i padroni […]» (Rousseau, 1994).
10 Rousseau non specifica quali siano gli organi di cui parla, però si intuisce dal discorso complessivo in cui critica con toni aspri l’educazione tradizionale che limita la crescita intellettiva e la formazione impedendo la conquista della vera felicità. Gli organi cerebrali con molta probablità sono, infatti, quelli a cui pensa il filosofo ginevrino, il quale si preoccupa dello sviluppo dell’apparato cognitivo. Aspetto, questo, che spinge Dewey a criticarlo, in quanto è proprio questo modo di vedere l’educazione di Rousseau che non qualifica l’individuo. Dewey, invece, vede nell’aspetto sociale la forza dell’educazione nel guidare e potenziare gli organi e le facoltà mentali. È nella socialità che l’individuo qualifica la propria identità e raggiunge la vera felicità.
11 Come evidenzia Massimo Salvadori in uno dei suoi lavori (Democrazia. Storia di un’idea tra mito e realtà, 2015), Rousseau considera l’aristocrazia come la forma di governo migliore. Un altro elemento che lo oppone a Dewey, che invece considera tale la democrazia. Ovviamente non si parla dell’aristocrazia come governo dei nobili, ma «di una élite di spiriti alti, competenti, devoti al bene comune, eletta dai cittadini per le sue virtù», p. 140.
12 Al riguardo si veda Individualism: Old and New, del 1930, in Boydston Jo A. (a cura di), The Later Works of John Dewey, Vol. 5, Carbondale and Edwardsville, SIUP, 1984, pp. 41-144.
13 Al riguardo ritengo sia opportuno leggere i saggi My Pedagogic Creed, The Child and the Curriculum, dove Dewey getta le basi del rapporto educativo con il curriculum scolastico, the subject matter.
14 In Democracy and Education, Dewey usa queste parole per confutare Rousseau: «merely to leave everything to nature was, after all, but to negate the very idea of education» (Dewey, 1916, p. 99).
15 Al riguardo si veda Logic: the Theory of Inquiry del 1938 in cui Dewey parla del senso della scuola che si rinviene nella centralità dell’insegnamento scientifico e sperimentale.
Vol. 7, Issue 1, April 2021