Test Book

Recensione

Franco Fortini, Poeti del Novecento, a cura di Donatello Santarone, con un saggio introduttivo di Pier Vincenzo Mengaldo, Roma, Donzelli, 2017


Salvatore Ritrovato



Un’antologia di poesia è come uno scrigno: per apprezzarla occorre aprirla, leggerla, metterla in discussione. Ma è raro che a distanza di anni, ormai fuori catalogo, essa venga rimessa sul mercato: non tanto perché il contenuto di quello scrigno sia invecchiato (anche se può capitare), quanto piuttosto perché lo scrigno, disegnato in quel frangente da uno studioso esperto, non riesce più a offrire un quadro esauriente della poesia che si è nel frattempo risolto, aggiornato e diversificato in nuovi e non di rado imprevisti percorsi. Esistono eccezioni clamorose come l’antologia dei Poeti italiani del Novecento di Pier Vincenzo Mengaldo, che, uscita nel 1978, restituisce un panorama, pur circoscritto a quattro quinti del secolo, di tale chiarezza e acutezza, che essa si rivela ancora oggi indispensabile per chi voglia intraprendere una lettura approfondita della poesia del Novecento; ed è giusto che essa sia stata ristampata a cadenza regolare. Diversa fortuna ha arriso ad altre importanti antologie della poesia italiana novecentesca come quella di Edoardo Sanguineti, del 1969, la quale godendo di un'importante collocazione editoriale all’interno dell’Einaudi, nella collana “Gli Struzzi”, è tornata ancora qualche volta sotto i torchi, fino a sistemarsi negli “Einaudi Tascabili”. Un destino più appartato e solitario è toccato, invece, all’antologia di Franco Fortini, Poeti del Novecento, che, accolta nella «Letteratura Italiana Laterza. Storia e testi», diretta da Carlo Muscetta, nel 1978, ha legato la sua diffusione agli obiettivi della medesima collana, nata per soddisfare le richieste di un pubblico esigente (studenti universitari, lettori qualificati, specialisti) quale si andava formando fra gli anni Settanta e Ottanta. Chiusa l’esperienza, la collana non conobbe altre ristampe, finendo, con i suoi poderosi volumi, negli scaffali delle biblioteche d’italianistica. Non si poteva, dunque, attendere occasione migliore della riedizione del contributo di Fortini a questa collana per ricorda-re la meritoria iniziativa, su cui tanti studiosi ebbero modo di for-marsi e di discutere. Ma l’opportunità di questa nuova edizione, presso un editore di riconosciuta stima quale Donzelli, curata da Donatello Santarone (con un saggio introduttivo di Pier Vincenzo Mengaldo), credo sia da ascrivere anche a un sentimento che la storia della poesia del secolo scorso giunga a uno snodo essenziale negli anni Settanta, e che l’antologia di Fortini – frutto di decenni di espe-rienza critica e poetica (per cui Santarone opportunamente ricorda il lungo saggio “incunabolo” Le poesie di questi anni, che uscì su «Il Menabò» nel 1960, poi ristampato in Saggi italiani, nel 1974) – contribuisca in maniera decisiva a superare certi schemi interpretativi che parevano anchilosati, proponendo una visione più mossa e complessa del suo canone, e quindi della sua eredità, che nel prosieguo del Novecento conoscerà nuovi sviluppi.
Negli anni in cui Fortini redigeva la sua antologia, qualcosa d’importante si stava muovendo: non un semplice salto generazionale, ma una sorta di faglia culturale, di origine più profonda di quanto la cesura sessantottesca potesse far immaginare in quel momento, che avrebbe divaricato il secolo, già “breve” di suo, prima ancora che finisse, in ulteriori segmenti; e ne sentiamo il presagio nelle pagine finali del paragrafo che chiude Poeti del Novecento, Ipotesi sul presente. Se può essere un portato delle circostanze che l’antologia di Fortini (come quelle in precedenza citate) si arresta alle soglie di una frontiera, che segna anche una frattura, resta tuttavia il fatto che a partire dagli anni Ottanta non verranno fuori altre antologie in grado di affrontare la poesia del Novecento, leggendone svolte e ritorni entro un percorso storico, e lasciandoci congetturare, a distanza di anni (com’è vero che se ne discute ancora), che ciò che conta in un lavoro del genere non è l’esaustività del racconto, ma la profondità dello sguardo critico. È lo stesso Mengaldo, nella prefazione alla presente edizione dei Poeti del Novecento, a discernere e a dipanare i diversi fili di cui è tessuta l’antologia di Fortini, mettendo in luce la sostanziale giustezza della lettura complessiva (fatti salvi alcuni aggiustamenti, sui quali si può discutere) del Novecento, la cui poesia trova le sue caratteristiche fondanti in un gruppo di raccolte che vedono la luce negli anni Dieci (Frammenti lirici di Rebora, i Canti Orfici di Campana, Pianissimo di Sbarbaro, Trieste e una donna di Saba, Prologhi di Cardarelli, Il porto sepolto di Ungaretti ecc.), all’insegna di un’«età espressionista» (nella quale, cioè, l’intensità dell’espressione è più importante della classica trasparenza della forma), ma acquista, nel corso del secolo, nuove motivazioni in quella fattura artigianale che la sottrae, a differenza di altre arti, all’industria culturale, senza distrarla però dalla sua funzione autoeducativa nella coscienza di un ceto (quello cui i poeti appartengono) che interpreta la sua esistenza nel mondo in una forma discorsiva capace di superare o almeno di arginare le pressioni storiche (e qui si aprirebbe una parentesi sulla questione dell’“impegno” sulla quale Fortini è spesso tornato).
Esiste, allora, un fil rouge in questa storia della poesia del Novecento? O non bisogna ritenere di avere davanti almeno due linee dirimenti, che dialetticamente s’intrecciano e a volte si sovrappongono? Di qui la proposta di Fortini, di leggere la poesia del Novecento lungo i due principali crinali in cui si consolida l’esperienza dei singoli poeti, fuori dalle effimere appartenenze a gruppi, correnti, schieramenti letterari, di là dagli intenti programmatici dei manifesti: quello ungarettiano e quello montaliano, intorno ai quali si raccolgono le diverse esperienze dei poeti, in piena attività, affiliati alle generazioni “terza” e “quarta” (quando ormai si stanno affacciando i nomi nuovi proposti nelle antologie de Il pubblico della poesia, 1975, e de La parola innamorata, 1978). Due linee, nelle quali però non si esaurisce tutto il panorama, dal momento che resta in un capitolo a parte, come in un’isola a sé, distante da ogni rotta, Umberto Saba; e per contro sono raccolti in un capitolo proprio poeti legati alla neoavanguardia come Sanguineti e Porta, colti nel pieno della loro fase sperimentale, di cui Fortini metteva in evidenza, sì, il momento di rottura, ma anche il limite intrinseco di ogni movimento programmatico, perché una cosa sono i programmi, un’altra la loro attuazione nelle opere poetiche (e questo spiega anche il ridimensionamento che Fortini riserva al Futurismo). Non è qui la sede per entrare nei dettagli e giudicare la veridicità del “racconto” che Fortini fa della poesia italiana del Novecento, non perché, in fondo, si tratta di un racconto – dei più accorti, puntuali, convincenti che siano mai stati fatti sull’argomento – ma perché la lettura di un’antologia come questa riserva una sorprendente freschezza metodologica a chiunque desideri proiettare la poesia fuori dal suo circuito autoreferenziale, su un orizzonte storico-culturale più ampio e complesso, e leggerne il senso come «qualcosa di decisivo per il significato del nostro presente», ritrovando nella voce del singolo poeta, snidata dalla sua forma estetica, una «torsione» storico-esistenziale che guidi il lettore a comprendere il presente. Ed è probabile che sia questa la ragione che induce Fortini a innestare, nelle pagine centrali del capitolo dedicato alla «poesia dell’esistenzialismo storico», un autoritratto in terza persona, con uno sforzo di massima oggettivazione (ovvero di audace autostoricizzazione) della propria opera poetica ancora in fieri: espressione della crisi di un intellettuale borghese, cui non resta altro che negare «qualsiasi funzione diversa dalla presa di coscienza (per sé e per gli altri) e dalla testimonianza», di fronte a un secolo nel quale è possibile discernere un’inaudita complessità e, nel contempo, un’imprevista pluralità di prospettive, nonostante il rabbioso corso degli eventi sembrava avesse ipotecato ogni altra via di uscita.




Autore per la corrispondenza

Salvatore Ritrovato
Indirizzo e-mail: salvatore.ritrovato@uniurb.it
Dipartimento di Studi Umanistici, via Bramante 17, Urbino (PU)


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ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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