Società, contesti dell’apprendere e avanguardie formative inclusive

I nuovi contesti dell’apprendere sono caratterizzati dalla presenza di luoghi Web-Database che, avvalendosi dell’intelligenza artificiale applicata a tecnologie, consentono una sinergica interazione con il web semantico, modello relazionale dei dati, alla base della fase 3.0., in cui le macchine non solo leggono, ma interpretano anche. Dal web 1.0 unidirezionale, il web 2.0 interazionale collaborativo, il web 3.0 semantico, connessionista di contenuti e il Web 4.0 Ubiquitous, con connessioni di persone e integrato nella realtà fisica viene facilitata la collaborazione attraverso la messa in comune di risorse, competenze per raggiungere scopi condivisi. L’intelligenza semantica, interpretabile, che parte da parole chiave, frame, procede per associazione di concetti, dati e metadati a una definizione/declinazione del contesto semantico in un formato adatto al quesito, all'interpretazione e all'elaborazione automatica. Infatti, dalla trasformazione di un dato non strutturato in strutturato, informazioni non strutturate in un insieme (database) di informazioni strutturate, l’intelligenza artificiale semantica procede all’assegnazione di un modello definitorio di attributi e ri-definizione di relazioni logiche di livelli gradualmente più elevati, capaci di dare origine a ragionamenti automatici e inferenze, tali da estrarre da un dato, proprietà non esplicite.

In detto contesto, l’attività scientifica pedagogico-didattica deve costituire l’insieme dell’impianto di ricerca teoretica e di sperimentazione applicativa, puntando alla creatività, quale substrato del tessuto connettivo fluido individuale,[1] alla luce dei profondi mutamenti tecnologici informativi comunicativi e della globalizzazione.

Emerge sempre più la necessità di adottare una prospettiva ecologica dello sviluppo, in cui diventa prioritario garantire inclusione sociale, quale equilibrato riconoscimento e consapevolezza delle fittizie e vulnerabili certezze, a cui la società consumistica ha involontariamente predisposto. Bisogna puntare a questa prospettiva, data da sistemi concatenati di propedeuticità macro, meso, eso e micro,[2] che ne determinano senso e significato di contesto.

Occorre riscoprire la centralità di una progettazione sociale dell’apprendimento, focalizzata sulla Persona,[3] co-costruttrice di conoscenza costruita da chi apprende[4] ed espressione di contestualizzati valori culturali, civili ed esistenziali. È necessario puntare a uno sviluppo cognitivo, quale processo sociale,[5] derivante dall'interazione con i pari[6] e con persone esperte, allo scopo di accrescere lo sviluppo del pensiero critico.

Partendo dalla messa in discussione delle traiettorie didattiche lineari della lezione tradizionale direttiva, trasmissiva, unidirezionale, la Flipped Inclusion propone un approccio basato su nuove traiettorie non lineari metodologico-didattiche. Traendo fondamento dagli assunti pedagogici, corollari delle strategie didattiche inclusive, le sistemiche azioni della Flipped Inclusion promuovono comportamenti in cui fare la differenza rappresenta il valore sociale, civile e culturale da cui partire.

Il senso della ricerca, per-corso sperimentale basato sull’applicazione e rilevazione della validità scientifica della nuova proposta metodologica Flipped Inclusion, è in atto presso l’Università di Salerno e segna il netto passaggio a un approccio inclusivo ribaltato, flipped, che consenta di superare una didattica istruzionista con una costruttivista e sociale, in cui l’apprendimento rappresenta un processo attivo di costruzione di significati individuali e di contesto. Le variabili ecologiche, valoriali, attentive per una didattica di contesto, unitamente alle indicazioni europee, ai dibattiti sul sapere pedagogico e modelli didattici, sono determinate da un mix situato di scuola, extra-scuola, tendenze sociali e auree sociali.

Si tratta di sviluppare le potenzialità delle diverse forme di intelligenza,[7] nel rispetto delle attitudini di ognuno; promuovere competenze cognitive, collaborative, di partecipazione, di sviluppo, di pensiero critico, di valutazione e connessione dei nodi di conoscenza, che divengono disponibili attraverso i nuovi canali di comunicazione; valorizzare le molteplici sfumature dell’apprendimento e ogni strategia che potenzi le capacità cognitive, linguistiche, creative ed emotive. Si investe nella circolarità di teorie e prassi inclusive, privilegiando i momenti di acquisizione di modus vivendi e operandi rispettosi delle individualità e delle differenze, attraverso competenze di base inclusive da esplorare, da ri-conoscere, ideando e progettando, e da sperimentare in contesti formali e informali, dunque, nell’individuale reale, virtuale e aumentato. L’interposizione tecnologica, alterando i luoghi e i modi della pratica didattica, introduce aspetti pratici, che risultano vantaggiosi nella gestione responsabile dei tempi della ricerca e della fruizione dei contenuti, nel rispetto degli scopi del per-corso condiviso.

Il per-corso Flipped Inclusion si basa anche sulla teoria del condizionamento operante,[8] secondo la quale ogni azione è funzione della situazione precedente all'emissione, situazione-stimolo, ed è solitamente consolidata dalle conseguenze che produce. Questo vale in riferimento a comportamenti sia socialmente adeguati che inadeguati. Pertanto risulta di basilare rilevanza l’osservazione di comportamenti dei repertori di abilità e difficoltà, assessment comportamentale, per attivare adeguate strategie di potenziamento dei comportamenti positivi e di decrescita dei comportamenti problematici.[9] A tal proposito è di fondamentale importanza nel per-corso di Flipped inclusion l’osservazione dei repertori di abilità e difficoltà, l’assessment comportamentale, da cui deriva la realizzazione di un programma di intervento precoce di tipo comportamentale, che preveda specifiche strategie di potenziamento dei comportamenti positivi e di decrescita dei comportamenti problematici.

La prima è effettuata tramite check-list o liste di rilevazione strutturate, connotate da una focalizzazione non crescente, ma globale, con valutazione sistematizzata dell’osservazione, completa e sequenziata delle abilità del soggetto, in ordine gerarchico, priva di giudizi di valore, per constatare la presenza o l'assenza di abilità e comportamenti; la seconda, Valutazione quantitativa dei problemi comportamentali di interazione e isolamento dal gruppo,[10] si basa sull’osservazione sistematica della frequenza, durata e intensità dei goal behavior, comportamenti-metapositivi e desiderabili da incrementare, sia su target behavior, comportamenti-bersaglio, inadeguati da estinguere o ridurre di incidenza. La terza modalità è quella funzionale e risulta finalizzata a comprendere le motivazioni alla base dei comportamenti problema; essa completa l'assessment comportamentale, in quanto mira a evidenziare i rapporti fra il comportamento osservato e l'ambiente.

Nella Flipped Inclusion, all’assessment comportamentale segue, prendendo spunto dal programma di intervento precoce di tipo comportamentale,[11] un lavoro formativo rivolto all'acquisizione e al consolidamento di specifiche competenze sociali, pro-sociali e abilità funzionali, dando rilievo e priorità alla capacità di discriminazione, comunicazione di relazione, imitazione, abilità, autonomia. Ci si avvale di strategie quali: prompting e fading, modeling, shaping e chaining, token economy.

Si origina dalla necessità di interventi educativi/formativi, circa il potenziale sociale del web, dal cui utilizzo improprio si generano mostruosità relazionali. Ne consegue l’emergente bisogno, avanguardia formativa di una formazione proiettata a rimuovere comportamenti devianti da una sana socialità e prosocialità e che fornisca strumenti di decodifica critica per un utilizzo adeguato delle notevoli potenzialità del web. Oggi questo processo è fortemente sostenuto da una diffusione allargata dei canali info-comunicativi, dai canali scolastici e dai processi di libera e moltiplicata condivisione di risorse per l’apprendimento, che promuove una partecipazione attiva alla produzione di contenuti multimediali interattivi, in quelle che si configurano come comunità educative online. Anche l’aula pertanto deve diventare una dimensione che racchiuda l’oltre aula, dunque un’aula aumentata.

Flipped Inclusion e ricerca sperimentale

Il progetto di ricerca “Flipped Inclusion tra impianto teoretico e sperimentale dell’aula aumentata per una didattica inclusiva” è stato progettato per una sperimentazione inerente i campi epistemologici di afferenza del dottorato interdipartimentale in scienze del linguaggio, della società, della politica e dell’educazione, in atto presso l’Università di Salerno.

Si origina da assunti paradigmatici epocali: l’emergenza sociale di sviluppo ecologico, per una gestione semplessa di società complesse, e i nuovi approcci crossmediali, nel loro potenziale vantaggio strumentale per un utilizzo mediato e mediante di rel-azioni e co-costruzioni di senso, significato e conoscenza di contesto. «La modernità sostituisce l’eteronomica determinazione della condizione sociale con una compulsiva e obbligatoria autodeterminazione».[12]

La mutabile complessità delle variabili socio contestuali, crossmediali ed eterogenee,[13] determinanti nei processi sistemico-apprenditivi, sottolineano la necessità di strutturare proposte metodologico-didattiche intrinsecamente congetturali. Esse con sistemiche reticolarità di processo individuale e intersoggettivo di mutua trascendenza (enattivismo) consentono di comprendere, tras-formare e co-costruire frame cognitivi, metacognitivi, socio-affettivo-rel-azionali, finalizzati a una generazione compartecipata di saperi.[14] In tale ottica, circolare, reticolare, sistemica, la conoscenza è l’espressione del bisogno individuale di dare forma duttile, mobile r flessibile a un’identità rappresentativa dell’unicità del sé, e come tale rappresenta lo strumento di tras-formazione: si conosce perché ci si trasforma, ma ci si trasforma grazie alla conoscenza.[15]

Avvalendosi di quanto affermato da Mead,[16] relativamente all’importanza affidata all’interazione simbolica nella comparsa sociale dell’Io, nella Flipped Inclusion si procede favorendone lo sviluppo grazie a tre forme di attività intersoggettive. Il language non è solo un meccanismo necessario della mente, ma anche la prima fondazione sociale dell’Io; nel Play, invece, un bambino svolge il ruolo di un altro e agisce come sé implicato nel gioco. Il gioco è teatro simulato del processo sociale e anche strumento di controllo sociale. Il modello Flipped Inclusion (FI) si basa sulla ricorsività modulare ciclico-tassonomica, ripercorre tappe sequenziali strutturate attraverso circolarità progettuali, con vision top-down (Macro-progettazione inclusiva – MAPCI e Meso-progettazione contestualizzata inclusiva ‒ MEPCI) e nella modalità bottom-up (Micro-progettazione contestualizzata inclusiva ‒ MIPCI), con l’intento metodologico didattico di creare stabile mobilità, flessibilmente ri-modulante, ri-organizzatrice di senso, di significati di contesto e di conoscenze.

Il progetto si pone, dunque, una mission di tipo socio-antropico-costruttivista, finalizzata allo sviluppo di competenze metacognitivo computazionali, per la risoluzione semplice e complessa di situazioni problematiche alla base dell’acquisizione di abilità cognitive di ordine elevato, supportate da conoscenze ricercate, rielaborate e di co-costruzione. La struttura macroprogettuale di ricerca,[17] il cui scopo è promuovere processi che favoriscano la gestione modulare semplessa della globalizzante complessità, si sviluppa in quattro sequenziali fasi progettuali, Esplorare, Ideare, Progettare e Sperimentare (EIPS), che richiamano la visione bronfenbrenneriana di macro, eso, meso e micro sistema di sviluppo ecologico sistemico,[18] a tutela e garanzia del ben-essere e della qualità della vita individuale e collettiva. Si snoda a livelli macro-coordinamento interistituzionale dell’Università di Salerno; meso strutturale-contesto scuola; micro-contesto classe.

L’Esplorare (problem finding) è la fase della sequenzializzata identificazione, delle problematiche ostacolo dei processi sociali.

L’Ideare è la fase della definizione del problem setting e analysis, per la creazione di ipotetici scenari. Si fonda sull’analisi strutturata del contesto, attraverso processi di disaggregazione metodologica dei problemi da gestire, in principali e secondari.

Il Progettare è la fase del problem solving e creative thinking, che attraverso l’analisi, l’indagine e la scoperta sequenzializzata di una relazione significante[19] di rappresentazioni mentali complesse, consente, a partire da un approccio insight, basato sull’intuizione, una concettualizzazione, finalizzata a uno scopo condiviso,[20] di costruzione dei modelli risolutori di problematiche.[21]

Lo Sperimentare è la fase del decision taking; l’agire è inteso come sottoporre a esperimento qualcosa, allo scopo di valutarne la qualità, le proprietà e le capacità, per implementare il modello finale, e si basa sul Pensiero computazionale, quale esigenza di trovare soluzioni condivise allo scopo di cercare migliori esiti ai problemi. È finalizzato a riflettere sull’evoluzione dei valori universali per favorire il processo inclusivo.

Con la Flipped Inclusion si procede attraverso circolarità progettuali, in modalità bottom-up, con vision top-down. Vengono sempre proposte le fasi EIPS che corrispondono biunivocamente alle Progettazioni: individuali, micro, meso e macro di contesto.

Le progettazioni individuali (PI) di contesto riguardano i per-corsi inerenti prodotti e processi dei destinatari dei corsi di studio coinvolti nella sperimentazione.

Le microprogettazioni di contesto (MIPC) sono percorsi progettuali bottom up, di classe o di scopo, con per-corsi di tipo disciplinare.

Le mesoprogettazioni di contesto (MEPCI), rivolte alle scuole coinvolte nella sperimentazione, sono percorsi progettuali top down con obiettivi trasversali interdisciplinari.

La macroprogettazione di contesto (MAPCI) del progetto di ricerca prevede 4 fasi di sviluppo progettuale rivolto a docenti e a studenti. Il project work della macroprogettazione di ricerca, nel seguire le 4 fasi EISP risulta strutturata come evidenziato di seguito.

Il primo anno di ricerca corrisponde alla fase Esplorare, ideare e ha luogo presso la sede universitaria in cui hanno luogo percorsi di formazione Flipped Inclusion articolati in livello A (fasi Esplorare, Ideare, Progettare, in presenza) e livello B (Per-corsi di formazione, fase Esplorare, in modalità blended).

Il secondo anno di ricerca corrisponde alla fase Progettare presso le sedi universitarie e le scuole e prevede lo sviluppo di percorsi di ricerca sul campo, destinati a stagisti e docenti delle scuole.

Il terzo anno di ricerca è la Fase dello Sperimentare, che attiene alla raccolta dati e promozione del modello.

Nel anno accademico 2014/15[22] (I anno di ricerca), il progetto ha coinvolto 318 studenti degli ambiti disciplinari di Pedagogia Speciale, presso la facoltà di Scienze della Formazione primaria, di Pedagogia Clinica, nel corso di laurea in Professioni sanitarie, nel corso Metodologia e Progettazione didattica del Tirocinio Formativo Attivo (tabella 1).

Ci si avvale di una trasposta applicazione didattica dell’analisi del frame di Goffman,[23] che a partire da input testuali, video e audio ha previsto l’individuazione personale di Keys esplorative in successive e progressive fasi di ristrutturazione in frame, framing e framework.

Nella Flipped Inclusion si sperimentano prompting e fading, modeling, shaping e chaining, attraverso un debriefing di ricognizione metacognitiva, per fasi EIPS strutturate per produzioni individuali, di microgruppo, di mesogruppo e di macrogruppo, che promuovono briefing, autoriflessione e feedback retroattivi (figura 1).

Tabella 1 – Dati generali anno accademico 2014-15
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 Figura 1 – Dati per fasi relativi alle competenze prosociali del percorso
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Nel percorso sperimentato la produzione e gestione di una MAPCI, MEPCI e MIPCI (Macro, Meso e Micro progettazione contestualizzata Inclusiva) è stata monitorata attraverso una piattaforma free, Blendspace, attraverso la predisposizione di classi virtuali e codice identificativo. A garanzia di un teacher tutoring e peer tutoring[24] è stato possibile fruire degli input teorici, ma anche di sezioni sinottico-progettuali, sezioni valutative e autovalutative da compilare a cura del discente, per condividere prodotti e processi, in interazione continua con i docenti (figura 2).

Figura 2 – Dati relativi alle competenze prosociali raggiunte
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Il concetto di aula aumentata si colloca nelle aule oltre l’aula, aumentate dalle azioni reticolari sistemiche di comunicazione, interazione, collaborazione, coo-per-azione co-agita.

In una logica di pensiero computazionale, algoritmicamente risolutivo di problematiche, la sequenzialità strutturata del per-corso ri-elaborato si fonda sul valore dello scambio co-agito, emotivo, motivazionale, trasvaloriale, in cui la cognizione umana si armonizza su piani altri, ponendo un ponte tra la coerenza delle norme e intenzioni individuali, verso la coerenza dei piani altrui.[25]

La Flipped Inclusion, puntando alla rel-azione,[26] come valorizzazione delle diversità, attraverso una didattica attiva, enattiva, critica, tecnologicamente all’avanguardia, rappresenta un’opportunità per ribaltare prospettive, status e co-costruire ben-essere, centrato sulla persona, assoluto tra i valori,[27] realtà dinamica,[28] socialmente atteggiata.[29] In un processo di crescita l’investire nella co-produzione e co-relazionalità, passando da percorsi de-costruttivi/ri-costruttivi di relazione, consente di sperimentare, processi sistemici di ri-modellamento cooperativo, a partire dalla virtuosa consapevolezza di un sé costrutto dell’altro.

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[1] Z. Bauman, Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2003.

[2] U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano, Bologna, il Mulino, 2002.

[3] E. Mounier, Il personalismo, Roma, AVE, 1999, p. 12.

[4] G. Berkeley, A Treatise concerning the principles of human knowledge, Oxford, Oxford University Press Academic, 1998.

[5] L.S. Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori. E altri scritti, Firenze, Giunti-Barbèra, Firenze, 1990, ed. or. 1930-1931.

[6] W.J. McKeachie, Teaching tips: Strategies, research, and theory for college and university teachers, 9th Ed., Lexington, MA, D.C. Heath and Co., 2002, p. 144.

[7] H. Gardner, Beyond IQ: Education and Human Development, “Harvard Educational Review”, vol. 57, n.  2, 1987, pp. 187-193.

[8] O.I. Lovaas, Teaching individuals with developmental delays: Basic intervention techniques, Texas, Pro-Ed, 2003.

[9] R.L. Williams e K. Anandam, Cooperative classroom management, Columbus, Ohio, Merrill, 1973.

[10] L. Cottini, Strategie per l'apprendimento dell'handicappato mentale. Aspetti metodologici e tecnici dell'intervento educativo, Milano, FrancoAngeli, 2002.

[11] O.I. Lovaas, Teaching individuals with developmental delays, op. cit.

[12] Z. Bauman, Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, p. 23.

[13] Si veda D.A. Schön, Beyond the Stable State. Public and private learning in a changing society. Harmondsworth, Penguin, 1973; C. Galli, Multiculturalismo. Ideologie e sfide, Bologna, il Mulino, 2006; E. Morin, Introduzione al pensiero complesso. Gli strumenti per affrontare la sfida della complessità, trad. it. a cura di M. Corbani, Milano, Sperling & Kupfer, 1993.

[14] U. Margiotta, L’apprendimento intergenerazionale, CISRE ‒ Centro Internazionale di Studi sulla Ricerca Educativa e la Formazione Avanzata, Università Ca’ Foscari Venezia, 2013, pp. 34-36.

[15] P.G. Rossi, Progettare nella società della conoscenza, Roma, Carocci, 2009.

[16] G.H. Mead, Mente, Sé e Società, Firenze, Giunti Barbera, 1972.

[17] Si veda M. Cioffi e G. Ghirelli, Lavorare per progetti. Project management e processi progettuali, Roma, FrancoAngeli, 1998; W. De Ambrogio, Programmazione reticolare, Milano, Etas, 1977.

[18] U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano, Bologna, il Mulino, 2002.

[19] D.P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi, Milano, FrancoAngeli, 1987.

[20] Si veda G.H. Mead, Self, Language and the World, Chicago, University of Chicago Press, 1973; G. Miller, E. Galanter e K. Pribram, Plans and the structure of behavior, Holt, Rinehart & Wilson, New York, 1960, trad. it. Piani e struttura del comportamento, Milano, FrancoAngeli, 1973.

[21] C. Argyris e D. Schön, Organizational learning II: Theory, method and practice, Reading, Mass, Addison Wesley, 1966.

[22] I dati sono stati raccolti seguendo una modalità di valutazione dei lavori prodotti per fasi e per competenze socio-relazionali (processing) del per-corso, svoltosi nell’anno accademico 2014/2015.

[23] E. Goffman, Frame Analysis, Roma, Armando, 2001, ed. or. 1974.

[24] P.A. Cohen, J.A. Kulik e C.L.C. Kulik, Educational outcomes of tutoring: A meta-analysis of findings, “American Educational Research Journal”, vol. 19, n. 2, 1982, pp. 237-248.

[25] M.E. Bratman, Shared cooperative activity, “The Philosophical Review”, vol. 101, n. 2, 1992, pp. 327-341; Id., Modest sociality and the distinctiveness of intention, “Philosophical Studies”, n. 144, pp. 149-165; Id., Intention, belief, practical, theoretical, in S. Robertson (a cura di), Spheres of reason. New essays in the philosophy of normativity, Oxford, Oxford University Press, 2009c.

[26] F. Villa, Immagini dell’attore sociale come persona, in Gruppo SPE – Sociologia per la persona (a cura di), La sociologia per la persona, Milano, FrancoAngeli, 2007, pp. 223-248.

[27] E. Mounier, Il personalismo, Roma, AVE, 1999, p. 12.

[28] P. Ricoeur, La persona, Brescia, Morcelliana, 1997.

[29] N. Bobbio, La persona nella sociologia contemporanea, Torino, Baravalle e Falconieri, 1938, p. 7.

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