Vol. 10, n. 2, ottobre 2024

Teoria della Formazione: contesti scolastici

Le mense scolastiche come luoghi di apprendimento e di educazione: Primi risultati dal progetto PNRR ONFOODS

Chiara Dalledonne Vandini e Fulvia Antonelli1

Sommario

La mensa scolastica rappresenta un luogo dove le dimensioni della salute, dell’educazione e della socializzazione si intrecciano in un’ottica multidisciplinare che necessita sempre più di approcci pedagogici capaci di coinvolgere insegnanti, bambini, genitori e personale della mensa in un progetto educativo capace di tenere conto delle molteplici sfaccettature e implicazioni della mensa come ambiente di apprendimento e crescita.

Il progetto PNRR ONFOODS, promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca e da Italia Domani, e che vede al suo interno anche il gruppo di ricerca SUSFOODEDU, costituito dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, si propone di indagare come le pratiche, le culture e i saperi dell’alimentazione siano messi in atto nelle mense scolastiche, contesto privilegiato per la sperimentazione di esperienze pedagogiche significative in campo educativo, sociale e della salute pubblica.

Il seguente articolo intende illustrare il progetto sviluppato dal gruppo di ricerca SUSFOODEDU a partire da una prima analisi dei dati emersi dalla fase esplorativa e osservativa. In particolare, saranno delineati i primi nuclei tematici emersi per riportare i vissuti, le pratiche e le rappresentazioni culturali intorno all’educazione alimentare.

Parole chiave

Mensa scolastica, Educazione alimentare, Ricerca formazione, Vissuti ed esperienze di bambini e insegnanti, Progetto ONFOODS.

TRAINING THEORY: SCHOOL CONTEXTS

School canteens as places of learning and education: First results from the PNRR ONFOODS project

Chiara Dalledonne Vandini and Fulvia Antonelli2

Abstract

The school canteen represents a place where the dimensions of health, education and socialization are intertwined in a multidisciplinary perspective that increasingly needs pedagogical approaches capable of involving teachers, children, parents and canteen staff in an educational project capable of taking into account the multiple facets and implications of the canteen as an environment of learning and growth.

The PNRR ONFOODS project, promoted by the Ministry of University and Research and Italia Domani, and which also includes the SUSFOODEDU research group, set up by the Department of Educational Sciences at the University of Bologna, aims to investigate how food practices, cultures and knowledge are enacted in school canteens, a privileged context for the experimentation of meaningful pedagogical experiences in the educational, social and public health fields.

The following article aims to illustrate the project developed by the SUSFOODEDU research team from an initial analysis of the data that emerged from the exploratory and observational phase. In particular, the first thematic cores that emerged will be outlined to report on the experiences, practices and cultural representations around nutrition education.

Keywords

School canteen, Nutrition education, Research training, Experiences of children and teachers, ONFOODS project.

Introduzione

La mensa scolastica nell’ambito dell’istruzione obbligatoria rappresenta una componente essenziale nella vita dei bambini, non soltanto in termini di nutrizione, ma anche come ambiente favorevole per la socializzazione e l’educazione interdisciplinare. Da un punto di vista alimentare, il pasto fornito in tale contesto è generalmente conforme a specifiche linee guida dietetico-nutrizionali, spesso validate da autorità sanitarie locali. Tuttavia, la mensa scolastica va oltre la mera funzione di sostentamento fisico, contribuendo in modo significativo alla formazione dell’identità personale e collettiva dei giovani individui (Zecca, 2016).

In linea con la teoria della Social Justice (Morgan e Sonnino, 2008), la mensa scolastica può servire come strumento per mitigare le disparità socioeconomiche, offrendo a tutti i bambini, indipendentemente dalla loro condizione economica, un pasto equilibrato e nutriente.3 Pertanto la mensa scolastica si configura come una sfida che interseca dimensioni politiche, economiche e pedagogiche, rivelandosi come un ambito in cui si manifesta il diritto fondamentale alla salute e al benessere (Poppendieck, 2009).

In questo contesto, l’educazione alimentare emerge non come un insieme di contenuti didattici da trasmettere in modo isolato, ma come parte di un sistema complesso di dinamiche sociali, relazionali e culturali che accompagnano l’individuo lungo tutto il suo percorso di sviluppo e crescita (Barberani, 2012).

Dal punto di vista fenomenologico, il pasto in mensa acquisisce un insieme di significati simbolici e pratici nel contesto delle routine quotidiane che si intrecciano con le culture e le abitudini apprese in ambito domestico. Queste pratiche, attraverso un processo di reificazione, diventano abitudinarie, perdendo talvolta la loro intenzionalità educativa originale, ma continuando a influenzare la percezione e l’azione dei partecipanti (Ochs e Shohet, 2006; Kremer-Sadlik e Morgenstern, 2022). È quindi essenziale portare alla luce e articolare esplicitamente i significati impliciti e le intenzionalità formative che permeano l’esperienza della mensa scolastica.

Le relazioni interpersonali che si instaurano in tale contesto giocano un ruolo cruciale, costituendo un ambiente che può favorire oppure ostacolare il benessere psicosociale, la formazione al gusto e la consapevolezza di sé e degli altri (Messere e Nicolini, 2019). Emerge quindi la necessità di una riflessione critica sul ruolo educativo e socializzante della mensa scolastica da parte di tutte le parti interessate: individui, organizzazioni e decisori politici.

All’interno di questo quadro, la mensa scolastica non deve essere considerata unicamente come un luogo di nutrimento fisico, ma come uno spazio multidimensionale che coinvolge prevalentemente l’interazione di quattro gruppi di attori con differenti prospettive e visioni rispetto alle pratiche alimentari (D’Amore e Masella, 2017). Questi includono:

  1. le imprese di ristorazione collettiva, che operano all’interno di normative igienico-sanitarie e tecnologico-alimentari e si occupano di distribuire pasti equilibrati e sostenibili e sono sempre più orientate al contenimento dello spreco;
  2. le famiglie, le cui scelte alimentari sono permeate da specifiche norme morali, identità e abitudini culturali;
  3. gli insegnanti, che hanno spesso il compito di integrare aspetti interdisciplinari quali l’educazione alla salute e l’educazione ambientale con le singole dinamiche contestuali;
  4. i bambini e gli studenti che, attraverso le modalità di consumo del cibo (mensa e merende), mettono in luce le dinamiche legate ai loro ambienti di apprendimento.

Occorre anche tenere in considerazione che la maggior parte dei pasti giornalieri — dalla colazione al pranzo, fino alla merenda — vengono spesso consumati da molti bambini all’interno dell’istituzione scolastica, rendendo la scuola un luogo privilegiato per l’educazione nutrizionale (Birbes, 2018). Inoltre, il tempo che circonda questi momenti di consumo alimentare, inclusi i periodi ricreativi, è un tempo che influisce sul momento in cui il cibo viene consumato e ci consente di comprendere molto rispetto alle pedagogie implicite e alle culture alimentari presenti in un determinato contesto.

Pertanto, la scuola sicuramente è un luogo di primo interesse per un’efficace educazione alimentare. Essa può fare la sua parte non solo attraverso il dialogo, ma anche attraverso l’osservazione quotidiana dei bambini e la sperimentazione di laboratori e attività didattiche connessi alle abitudini alimentari e al consumo di cibo. Attraverso questo tipo di approccio educativo è possibile crescere le nuove generazioni in modo più attento e consapevole rispetto alle dinamiche legate allo spreco e al consumo di cibo, ma per farlo è necessaria una collaborazione con la famiglia (De Maestri, 2015). Così a scuola come a casa il pasto rappresenta un momento di condivisione e di incontro ed è per questo che va valorizzato in tutti i contesti educativi del bambino, sia formali che informali.

Da questo punto di vista emerge come la scuola possa divenire un’alleata preziosa della famiglia anche sulla tematica alimentare. A casa il rapporto con il cibo si costruisce attraverso forme inconsapevoli, che partono dall’emotività e finiscono con delle routine prevedibili per il bambino; a scuola, invece, vi sono nuovi percorsi, nuove connessioni e si ristruttura lo spazio conviviale del pasto (Pontecorvo e Sterponi, 2002). Per questo motivo è importante valorizzare e rafforzare le capacità operative di questi contesti e farli incontrare, così da allargare l’universo esperienziale dei bambini e lavorare su un rapporto con il cibo sempre più consapevole.

Studiare e comprendere la cultura alimentare nei contesti educativi rappresenta un passo importante per cogliere gli elementi che influenzano comportamenti, valori e credenze e che hanno significative implicazioni per la salute e il benessere. Per fare questo è importante conoscere, stare nei luoghi e negli spazi dedicati all’alimentazione, comprendere i significati legati al «cosa» si mangia e al «come» si mangia. Comprendere questa complessità permette di avviare riflessioni multidimensionali e interdisciplinari volte a intraprendere azioni strategiche orientate a rendere il momento del pasto un’occasione per supportare il diritto dell’infanzia alla nutrizione, all’educazione e alla partecipazione sociale.

Alla luce di questa premessa in questo articolo intendiamo presentare i primi dati e i primi nuclei tematici emersi all’interno del progetto di ricerca PNRR «ON FOODS», realizzato dal gruppo di ricerca SUSFOODEDU del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna. Il progetto proposto intende studiare il momento della mensa scolastica in modo interdisciplinare, considerandolo come «luogo/spazio» dove creare le premesse per supportare un’educazione alimentare capace di integrare le dimensioni del benessere, della crescita e dell’inclusione.

Il progetto di ricerca «ON FOODS» SUSFOODEDU

La missione 4 del PNRR, legata a Istruzione e Ricerca, intende incentivare il tempo pieno nelle scuole e prevede la costruzione o la ristrutturazione di oltre 1.000 spazi scolastici adibiti o da adibire a mense. Sulla scia di queste misure si inserisce il progetto PNRR ONFOODS, promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca e da Italia Domani, e che vede al suo interno anche il gruppo di ricerca SUSFOODEDU, costituito dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna.

SUSFOODEDU si propone di studiare le mense scolastiche come contesto privilegiato in cui avviare la sperimentazione di pratiche pedagogiche innovative che possano avere un impatto significativo in campo educativo, sociale e della salute pubblica. L’acronimo SUSFOODEDU evidenzia come la ricerca voglia indagare in che modo le politiche e le pratiche educative possano incentivare un’educazione alimentare sostenibile in contesti scolastici multiculturali (For a SUStanaible FOOD EDUcation), intendendo in questo senso il concetto di sostenibilità in termini ampi e quindi ambientali, sociali e culturali.

In questo quadro, gli obiettivi di partenza del progetto sono:

  • analizzare i fattori che generano un divario tra le attuali pratiche di educazione alimentare e le effettive esigenze delle scuole e delle comunità in termini di alimentazione sana e programmi di educazione alimentare (come rispondere a esigenze nutritive, culturali e di sostenibilità?);
  • organizzare occasioni di formazione e divulgazione rispetto all’importanza di una dieta sana e sostenibile per lo sviluppo dei bambini e il benessere ambientale con gruppi target legati al contesto scolastico (dirigenti, personale docente e ausiliario, famiglie, bambini);
  • creare spazi di scambio, condivisione e dialogo tra gli attori coinvolti nella ricerca (dirigenti, personale docente e ausiliario, famiglie, bambini, società civile, enti di promozione della salute), per ragionare e progettare insieme programmi di educazione alimentare sensibili ai cambiamenti culturali e sociali;
  • progettare percorsi e strumenti di formazione per aumentare le competenze di insegnanti e personale scolastico in modo da incoraggiarli nell’implementazione e nella realizzazione di programmi di educazione alimentare capaci di rispondere alle peculiarità contestuali.

Il disegno di ricerca

Alla luce delle molteplici sfide che ruotano intorno alla mensa scolastica e all’obiettivo di considerarla come un momento educativo fondamentale, il gruppo di ricerca SUSFOODEDU ha predisposto un disegno di ricerca flessibile suddiviso in 4 fasi fondamentali:

  1. La prima fase ha previsto, in primo luogo, una mappatura interdisciplinare delle ricerche di stampo antropologico e educativo che si sono occupate di mense scolastiche. La ricognizione della letteratura sul tema ha permesso di capire che, soprattutto in ambito educativo, sono ancora poche le ricerche che si occupano di mensa come fondamentale luogo di apprendimento. In seguito, sono state individuate e contattate delle scuole interessate a partecipare al progetto e che riportavano una serie di sfide e punti di debolezza legati al momento del pasto in termini relazionali e strutturali. Gli Istituti Comprensivi dove viene svolta la ricerca coinvolgono i territori di Bologna, Modena e Roma (e diversi ordini di scuola, dall’infanzia alla secondaria di primo grado). Gli attori coinvolti in questa fase sono stati dirigenti, insegnanti, personale ausiliario e figure professionali che lavorano nel campo della promozione della salute. In totale sul territorio bolognese sono stati fatti 4 incontri di accesso al campo, a Modena 11 incontri e a Roma 2 incontri, con l’obiettivo di intercettare i protagonisti del progetto e cogliere le prime tematiche oggetto di interesse.
  2. La seconda fase, attualmente in atto, prevede l’analisi dei bisogni che emergono dalle differenti realtà coinvolte. Per cogliere la complessità dei bisogni emergenti saranno adottate una serie di azioni di ricerca a carattere qualitativo come:
    • osservazioni partecipanti nelle scuole, negli ambienti educativi e nelle organizzazioni comunitarie per rilevare risorse e bisogni di ogni contesto (a Bologna sono state fatte n. 23 osservazioni partecipanti, a Roma n. 36 e a Modena n. 10);
    • interviste con i rappresentanti delle organizzazioni interessate e con i dirigenti scolastici (a Bologna n. 4 interviste, a Roma n. 2, a Modena n. 11);
    • focus group con insegnanti e personale ausiliario (a Bologna n. 3, a Modena n. 6, a Roma n. 1);
    • focus group con le famiglie, comprese quelle provenienti da un background migratorio (a Bologna n. 1);
    • raccolta dei punti di vista e delle prospettive dei bambini e degli adolescenti utilizzando metodi incentrati sul loro coinvolgimento attivo (ad esempio, narrazione di disegni) o sulla conversazione partecipata (laboratori e uso di artefatti come foto o video).
  3. Nella terza fase del progetto saranno realizzati una serie di output relativi alle rilevazioni dei bisogni e sarà costruito un toolkit volto a orientare l’azione educativa durante il momento della mensa, con l’obiettivo di produrre uno strumento capace di adattarsi in modo flessibile ai contesti di utilizzo e capace di rispondere alle molteplici esigenze educative.
  4. Infine, nella quarta fase di progettazione il gruppo di ricerca si occuperà della disseminazione dei dati raccolti con l’obiettivo di accrescere la riflessione teorica intorno al momento della mensa scolastica in un’ottica interdisciplinare e partecipata.

Metodologia di ricerca e di analisi dei dati

La metodologia di riferimento in tutte le fasi della ricerca è quella della «ricerca formazione» (Asquini, 2018), per lavorare in modo congiunto con tutte le figure professionali coinvolte con l’obiettivo di accompagnare la costruzione di modelli operativi in grado di sostenere la sperimentazione con gli attori locali di pratiche concrete e sostenibili nel tempo. Per analizzare la mole di dati raccolti, il gruppo di ricerca una volta al mese si trova per una giornata di lavoro allo scopo di condividere i dati raccolti e individuare in modo congiunto i nuclei tematici principali (Clarke e Braun, 2017), gli elementi di trasversalità e quelli peculiari per ogni contesto.

I nuclei tematici emersi dai primi dati

Nei mesi da settembre 2023 a giugno 2024, il gruppo di ricerca ha intrapreso la fase n. 2 del progetto e ha condotto osservazioni partecipanti del momento mensa e dei momenti pre- e post-pasto (n. 69), laboratori con i bambini e i ragazzi (n. 12), focus group e interviste a insegnanti e genitori su ogni territorio coinvolto (n. 11). A partire dalla grande mole di dati qualitativi che sono stati raccolti è possibile individuare alcuni nuclei tematici che sono emersi in modo trasversale in tutti i contesti. Quello che ci preme sottolineare è che, nonostante i nuclei tematici siano comuni, la variabile contestuale ha un peso fondamentale nella lettura e nell’analisi dei dati stessi. In questa sede riporteremo la sintesi dei principali nuclei tematici che vanno dalle dimensioni dello spazio-tempo dedicato alla mensa fino alle dimensioni relazionali.

Gli spazi e i tempi del mangiare: quanto queste due dimensioni influenzano la qualità del pasto e delle relazioni

All’interno del nostro progetto abbiamo avuto la possibilità di fare osservazioni etnografiche in contesti scolastici differenti sia dal punto di vista strutturale e dei luoghi dediti al mangiare sia dal punto di vista dei tempi dedicati a questa importante routine (Daniel e Gustafsson, 2010). Così come affermano le ricerche, spesso la mensa è vissuta come un «tempo sospeso» non integrato nella dimensione prettamente didattica (Messere e Nicolini, 2019, p. 112) dal quale occorre passare per poi dedicarsi a ciò che seguirà; questa percezione dello spazio mensa influisce notevolmente sulla qualità del pasto stesso e sullo spreco di cibo (Messere e Nicolini, 2019). Dall’allestimento dello spazio (posizionamento dei tavoli, presenza o meno di finestre, acustica) al tempo che viene concesso ai bambini per mangiare dipendono tutte le dinamiche legate all’assaggio e al consumo di cibo, così come il suo spreco (Morgan e Sonnino, 2008).

Dalle nostre osservazioni emerge in particolare che lo spreco di cibo sembra legato soprattutto a quanto tempo i bambini hanno a disposizione per mangiare e non alla qualità del cibo stesso. Spesso si ritiene che lo spreco elevato di cibo sia prettamente legato alla sua qualità intrinseca (sapore, colore, odore e consistenza), ma dalle nostre osservazioni è emerso che, se i bambini hanno a disposizione un tempo più disteso per mangiare (40-50 minuti), la quantità di cibo che non viene mangiato è minima. Al contrario, se il tempo concesso per il pasto è poco (circa 20 minuti), in particolare nelle mense su più turni, lo spreco di cibo aumenta in modo considerevole perché i bambini spesso devono scegliere tra il «mangiare» e il «socializzare» con i pari. Essendo il pasto un momento fondamentale per la socializzazione, spesso i bambini preferiscono parlare con i compagni, ridere e scherzare trascurando il consumo del cibo.

Anche lo spazio impatta notevolmente sulla qualità dell’esperienza a mensa: infatti, più l’ambiente è caotico e rumoroso, più risulta evidente che i bambini fanno fatica a percepire il pasto come un momento educativo. Strettamente connesso con il tema dello spazio e del tempo è il ruolo ricoperto dalle addette mensa che preparano lo spazio mensa, preparano i cibi e piatti che verranno serviti e puliscono lo spazio una volta terminato il pasto.4 Spesso le tempistiche delle addette mensa sono estremamente ristrette. In alcune mense le addette sono conosciute dai bambini e hanno la possibilità di instaurare una relazione significativa (in base ai nostri dati ciò emerge soprattutto nella scuola dell’infanzia), mentre in altre scuole spesso sono figure «invisibili», i bambini non conoscono i loro nomi e quasi non notano la loro presenza.

A causa dei tempi ristretti, il cibo viene servito in fretta e, usando le parole delle insegnanti che hanno preso parte ai nostri focus-group, «lanciato sui tavoli senza cura». Inoltre, il secondo viene spesso servito quando ancora i bambini devono terminare il primo e per i bambini che hanno più difficoltà a mangiare trovarsi due piatti davanti rischia di divenire frustrante. Dai nostri dati emerge che la dimensione relazionale che si instaura con le addette mensa ha un impatto sulle dinamiche legate al consumo del pasto e allo spreco di cibo (Gubbels, Gerards e Kremers, 2015). Si tratta di una figura essenziale per rendere il pasto un momento di benessere e necessita di essere maggiormente valorizzata e formata rispetto alle sue funzioni educative e, soprattutto, tutelata a livello lavorativo. La funzione delle addette mensa all’interno delle dinamiche legate al consumo di cibo ci porta a riflettere sul fatto che solo se tutti gli attori coinvolti nel processo si sentono riconosciuti, rispettati e valorizzati è possibile rendere il tempo mensa un tempo di qualità.

Come si strutturano le interazioni insegnante-bambino durante il pasto: direttivi5 e accompagnamento all’assaggio

In letteratura è stata ampiamente sottolineata l’importanza della relazione insegnante-bambino nel momento del consumo del pasto (Zecca, 2016; Birbes, 2018; Messere e Nicolini, 2019; Farrer Mackie et al., 2022). In particolare, l’adulto diviene una figura di riferimento e un modello per i bambini anche nel momento del consumo di cibo. Il fatto che l’insegnante consumi lo stesso cibo che mangiano i bambini, così come il fatto che si sieda insieme a loro o in un tavolo con gli altri insegnanti, influisce sull’immaginario che i bambini si costruiscono intorno al momento mensa (Falcone, 2015).

Alcuni atteggiamenti messi in atto dagli insegnanti, quali chiedere ai bambini se si sentono sazi prima di rimuovere il piatto, mangiare insieme ai bambini e parlare con i bambini dell’importanza di una dieta sana, aumentano le possibilità che siano disposti a mangiare e assaggiare più volentieri cibi nuovi lavorando in parallelo su una dimensione educativa e nutritiva (Anundson et al., 2018). Inoltre, anche la dimensione relazionale sembra essere notevolmente influenzata dal tempo e dallo spazio mensa. In particolare, dalle nostre osservazioni è emerso che meno tempo si ha a disposizione per mangiare, più la relazione tra insegnanti e bambini diventa direttiva. L’uso dei direttivi è molto elevato durante il pasto: «da ora o si parla o si mangia», «fate silenzio», «stai al tuo posto», «la bocca si usa solo per mangiare», «ora ripetiamo le dieci regole del mangiare» e questo lascia poco spazio a un’interazione in cui il punto di vista del bambino viene riconosciuto e valorizzato (Pike, 2010).

Il fatto che la mensa sia organizzata su turni e che ci siano dei tempi legati al pulire e sistemare i luoghi dove si mangia riduce notevolmente la qualità della relazione tra insegnanti e bambini. Gli insegnanti, infatti, riportano che vorrebbero dedicare più tempo ai bambini, ad ascoltare le loro impressioni sul cibo e le loro necessità ma, se si dedicano a questo compito, poi non riescono a mangiare il loro pasto che spesso viene consumato «a rate» per avere il tempo di alzarsi e andare a parlare con i bambini.

Un altro aspetto che emerge dalle nostre osservazioni etnografiche è che i bambini osservano molto gli adulti quando mangiano e che la relazione cambia e si modifica anche in base all’età degli stessi.

Sono i bambini più piccoli (scuola dell’infanzia e primo biennio della primaria) a ricercare maggiormente l’approvazione e il supporto dell’adulto (anche come forma di accompagnamento allo sviluppo delle autonomie), mentre nelle classi quinte della primaria e alla secondaria di primo grado i bambini e i ragazzi mostrano di desiderare un maggiore livello di autonomia e libertà. Inoltre, dalle nostre osservazioni è emerso che il modo di incoraggiare e accompagnare i bambini all’assaggio senza costringerli a terminare il piatto consente agli allievi di prendersi uno spazio di autonomia rispetto al consumo di cibo; al tempo stesso gli alunni sentono di avere una figura adulta supportiva.

I gesti di cura verso quei bambini che non mangiano volentieri sembrano essere la chiave di volta per accompagnarli nel vivere l’esperienza del pasto in modo positivo (Gubbels, Gerards e Kremers, 2015; Kharofa et al., 2016).

Dalle interviste e dai focus group svolti con le insegnanti emerge infatti il lungo lavoro che viene fatto nell’accompagnare e supportare quei bambini che inizialmente «non mangiano niente». Questo lavoro viene svolto spesso in sinergia con le famiglie cercando di capire quali siano le abitudini familiari, quali siano i cibi preferiti e quali risultino le esperienze più significative legate al pasto a casa. In questo senso il pasto diviene un terreno di condivisione di prassi e di strategie con la famiglia con l’obiettivo di supportare il benessere del bambino. Spesso in relazione ai bambini che non mangiano a casa, sono i genitori che si rivolgono alle insegnanti in cerca di possibili strategie (Birbes, 2018). Durante la prima infanzia, il mangiare viene visto prettamente nelle sue dimensioni nutritive, i genitori temono che il proprio figlio non mangi abbastanza e «il mangiare insieme» si trasforma in un atto volto solo a nutrire il corpo. Tuttavia, le ricerche ci dicono quanto il mangiare insieme — sia a casa sia in ambito educativo — sia permeato di significati morali, identitari e sociali che necessitano di essere visti e valorizzati (Birbes, 2012, 2018). In quest’ottica più la famiglia e la scuola sono allineate, più l’esperienza del pasto per il bambino sarà positiva.

Il pasto come luogo dove conoscere il mondo dei bambini: accogliere e valorizzare i loro vissuti

Uno dei focus principali del nostro lavoro di ricerca è quello di dare voce ai bambini e ai ragazzi per comprendere quali siano le loro esperienze e i loro vissuti rispetto al momento del pasto e al consumo di cibo. Comprendere l’immaginario di bambini e ragazzi ci permette di cogliere i loro stili di consumo di cibo, capire quali cibi preferiscano, capire le culture e le ideologie che ruotano intorno al loro modo di mangiare. Dare voce ai bambini consente di comprendere i punti di unione e di rottura tra il contesto scuola e i contesti di vita fuori dalla scuola (Lopez-Banet et al., 2022).

I «bambini che non mangiano» sono spesso bambini che necessitano di più tempo, sono bambini che usano il tempo per osservare il contesto che li circonda e per socializzare con i pari. Se il tempo per mangiare è poco, rispondere a questi bisogni diventa una grande sfida. Per cogliere il punto di vista dei bambini, durante le nostre osservazioni partecipanti ci siamo sedute a tavola con loro, gli abbiamo fatto domande, abbiamo realizzato alcuni laboratori durante l’ora che precedeva il pasto per comprendere cosa sanno del cibo che consumano e cosa pensano della mensa.

In questi momenti abbiamo raccolto disegni e narrazioni degli stessi sui cibi preferiti a casa e a scuola, sui cibi che non piacciono. Abbiamo proposto attività legate alla stagionalità degli alimenti o attività concernenti il menù giornaliero (ad esempio, il giorno della pasta al pesto abbiamo portato una pianta di basilico e abbiamo ragionato insieme ai bambini sul processo che accompagna la preparazione di un piatto). Oltre a questo, ci siamo concentrate sulle domande e sui dubbi dei bambini: «cosa c’è in questo piatto?», «di cosa è fatta questa polpetta?», «perché la frittata oggi è più bianca?». I bambini sono molto curiosi rispetto al cibo, al suo odore e alla sua consistenza (Fraccaro, Donello e Martin, 2007). Ci sono cibi più amati (pizza, pasta al ragù, lasagne) e cibi che vengono consumati con grande difficoltà (pesce, halibut), ma se si instaura con loro una riflessione circa la provenienza del cibo, il perché un certo cibo fa bene, o perché ha un determinato colore e consistenza i bambini sono più propensi all’assaggio (De Maestri, 2015). Dal momento che l’alimentazione a scuola si propone come un vero e proprio veicolo di acquisizione di modelli culturali e comportamenti da adottare o meno durante il pasto, risulta sempre più importante proporre un’educazione alimentare rispettosa e inclusiva.

Questo ci dice che l’educazione alimentare inizia prima del pasto e durante il consumo di cibo prende forma attraverso dubbi, domande e riflessioni dei bambini e più i concetti legati a una sana alimentazione diventano concreti attraverso un consumo di cibo consapevole, più i bambini riescono a cogliere i significati e i sensi legati all’importanza di una dieta varia ed equilibrata.

Conclusioni

A partire dalla premessa che per trattare di alimentazione e di mensa scolastica occorra un approccio multidimensionale e integrato, in questo articolo abbiamo presentato i primi dati di ricerca emersi dal progetto PNRR «ONFOODS», realizzato dal gruppo di ricerca di scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, che si pone proprio l’obiettivo di studiare il momento della mensa scolastica in modo interdisciplinare anche attraverso la risignificazione del pasto come momento profondamente educativo. In particolare, abbiamo presentato una sintesi dei primi nuclei tematici emersi in modo trasversale in tutti i contesti della ricerca, ma che necessitano di approfondimenti mirati capaci di problematizzare la ricchezza dei dati intrecciandola con le peculiarità di ogni singolo contesto. Trattandosi di una ricerca-formazione che si pone l’obiettivo di coinvolgere attivamente tutti gli attori del processo, ogni tematica sarà affrontata e discussa insieme agli insegnanti con l’obiettivo di individuare possibili strategie e buone prassi capaci di rispondere in modo operativo alle esigenze peculiari dei contesti educativi coinvolti nella ricerca.

Da queste prime analisi emerge che l’educazione alimentare si configura come un fenomeno ricco, complesso e intrinsecamente legato a una visione più ampia capace di integrare le dimensioni sociali, relazionali, culturali e istituzionali. Soltanto attraverso un impegno congiunto tra politiche, istituzioni scolastiche, famiglie e comunità scientifiche si riuscirà ad affrontare le sfide complesse che la tematica alimentare pone nella società contemporanea.

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  1. 1 Ricercatrici RTD/A, Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione Giovanni Maria Bertin.

  1. 2 RTD/A researchers, University of Bologna, Department of Educational Sciences Giovanni Maria Bertin.

  1. 3 In particolare, il Piano d’Azione Nazionale per l’attuazione della Garanzia per l’Infanzia in Italia (Raccomandazione del Consiglio UE 2021/1004; Pangi, 2022) e le Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica (Ministero della Salute, 2010) riconoscono il tempo della mensa come momento educativo fondamentale di socializzazione e condivisione volto a promuovere un’alimentazione sana, sostenibile e inclusiva.

  1. 4 https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1248_allegato.pdf (consultato il 7 ottobre 2024).

  1. 5 il termine «direttivi» viene usato per fare riferimento a quella che, secondo la teoria degli atti linguistici, rappresenta una modalità comunicativa volta a orientare il nostro interlocutore a fare ciò che gli stiamo chiedendo (Sbisà, 2009).

Vol. 10, Issue 2, October 2024

 

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