L. Fabbri, C. Melacarne, Apprendere a scuola. Metodologie attive di sviluppo e dispositivi riflessivi
Valerio Ferro Allodola
Il lavoro di Fabbri e Melacarne (Milano, FrancoAngeli, 2015, pp. 142) intende configurarsi come contributo che - intenzionalmente - sceglie il focus delle metodologie attive di sviluppo per insistere su come supportare adeguatamente i processi di costruzione della conoscenza rispetto ai dispositivi critico-riflessivi e trasformativi e all'apprendimento esperienziale e cooperativo.
La prospettiva epistemologica da cui muove il volume è quella dell’apprendimento situato (Situated Learning), che configura la conoscenza non come un insieme di nozioni teoriche apprese, ma come il risultato di un processo dinamico, della partecipazione attiva di un soggetto all'interno di un contesto e dell'interazione con gli altri membri e la situazione circostante.
Il volume è strutturato in due parti. La prima, focalizzandosi sul binomio insegnamento-apprendimento, presenta quella “cassetta degli attrezzi” indispensabile al docente della scuola secondaria per ri-pensare i repertori di pratica didattica sedimentati nelle organizzazioni scolastiche, in termini di sviluppo professionale innovativo (l’apprendimento informale, la costruzione di setting partecipativi, di aule cooperative, di gruppi collaborativi, la tutorship anche tra pari).
Nei processi di insegnamento-apprendimento in classe, la conoscenza è solitamente presentata in forma astratta e svincolata dal contesto, secondo un approccio prevalentemente trasmissivo e lineare del sapere. La necessità di adottare, al contrario, una prospettiva di costruzione della conoscenza, nella quale l'interazione sociale è fondamentale, è data dalla necessità di promuovere delle comunità [di pratica] nelle quali l’insegnamento venga inteso come una pratica di lavoro che si realizza entro una comunità espansa.
L’apprendimento situato, al contrario, si propone come sviluppo dell’abilità di “imparare a imparare”, rispetto alla quale gli insegnanti si preoccupano di preparare e predisporre situazioni che permettano agli studenti di scoprire e imparare autonomamente, nella direzione di un incontro con un “sapere-formazione” e non con un “sapere-nozione”, sviluppando la competenza critico-riflessiva e trasformativa sul proprio sapere e sul proprio compito.
In tale contesto, come affermano gli Autori, “gli studi organizzativi, l’etnografia della formazione professionale, le ricerche di matrice antropologica e gli studi sull’apprendimento informale nei luoghi della vita quotidiana sono alcuni dei filoni di ricerca che hanno permesso di dare nuovo vigore anche alla riflessione sull’apprendimento nei contesti scolastici” (infra, p. 9). La scuola, cioè, può essere intesa come un ambiente fortemente relazionale in cui gli studenti partecipano a pratiche culturali in contesti di attività. Pratiche che sono fortemente intrise non solo dei saperi tradizionali di base (conoscenza scolastica), ma anche di una forma di “conoscenza pratica personale” che proviene, in particolare, dalla relazione dello studente con il gruppo classe e dall’utilizzo sempre più crescente delle nuove tecnologie.
In tal senso, è possibile affermare che anche nei contesti scolastici si ha apprendimento senza insegnamento. La crisi del mondo della scuola è la crisi di un’istituzione che ha trascurato per troppo tempo, ad esempio, l'apprendimento delle competenze trasversali, non riconducibili a saperi specifici, ma presenti in tutte le attività. Le competenze trasversali definiscono le caratteristiche personali dell’individuo che entrano in gioco quando egli risponde a una richiesta dell'ambiente organizzativo e che sono ritenute sempre più essenziali in ambito lavorativo per trasformare una conoscenza in comportamento e quindi in competenza. Le competenze trasversali, infatti, possono essere trasferite/utilizzate in diverse situazioni; esse servono per ampliare/modificare le conoscenze, per adattarsi ai cambiamenti con responsabilità, autonomia e flessibilità.
La seconda parte del volume si concentra in maniera speculare sull’apprendimento e sullo sviluppo professionale del docente, secondo una prospettiva culturale che pone alle proprie basi alcuni assi: le organizzazioni sono contesti caratterizzati da dimensioni materiali e immateriali; le azioni e le rappresentazioni dei docenti devono essere validate e sottoposte a verifica empirica e sociale; la competenza riflessiva è riconosciuta come dispositivo di analisi dei modi in cui apprendiamo, conosciamo e interpretiamo gli eventi e il mondo circostante; le comunità professionali informali sono luoghi in cui gli attori organizzativi (dirigenti scolastici, docenti, personale ausiliario, studenti, genitori, specialisti) condividono, validano e scambiano idee e pratiche.
È dunque fondamentale valutare le risorse messe a disposizione dalle discipline e dai saperi esperti per poi individuare le esperienze necessarie alla loro costruzione e trasferibilità. In altri termini, occorre capire come la scuola può attrezzarsi per dare una formazione di base a tutti e competenze chiave per la cittadinanza, assumendo un ruolo specifico rispetto alla pervasività dei saperi informali e non formali.
La crisi del mondo della scuola, peraltro, è evidenziata in modo sempre più marcato non solo dalle ricerche sulla costruzione dei saperi professionali, ma anche dai racconti di studenti ed ex studenti.
Nel volume, infatti, Fabbri e Melacarne riportano alcune riflessioni di professionisti a cui è stato chiesto di formulare delle considerazioni sulla connessione tra vita professionale e ciò che è stato appreso nella loro carriera di studenti.
Il volume ha quindi un altro pregio: quello di riconoscere una “dignità epistemica” alle riflessioni personali, stimate come uno strumento di formazione e lavoro che inizia solo recentemente a godere della dovuta attenzione nel mondo accademico ma che, invece, rappresenta una potente “leva” per attivare pratiche critico-riflessive e apprendimento trasformativo rispetto alle proprie convinzioni, ai propri schemi mentali, ai modi soggettivi di costruzione della realtà.
Il problema principale del mondo scolastico, infatti, è proprio quello di essere rimasto “ancorato a metodologie didattiche e a rappresentazioni della conoscenza che faticano non tanto ad allinearsi quanto a connettersi” (infra, p. 13).
Il volume si rivolge agli insegnanti, in particolare di scuola secondaria, ai dirigenti scolastici, ai formatori e ai ricercatori, proponendosi come un’aggiornata riflessione teorica e metodologica per il miglioramento delle pratiche di insegnamento e gestione della conoscenza nelle istituzioni scolastiche. Istituzioni che possono e devono diventare sempre più concretamente “educative”, per formare cittadini adulti e criticamente consapevoli nella società liquida contemporanea.
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