INVALSI e valutazione degli apprendimenti[1]

Il processo valutativo, soprattutto a seguito della legge sull’autonomia scolastica (D.P.R. n. 275/1999), è diventato uno strumento importante per la direzione degli istituti scolastici, in quanto permette un monitoraggio continuo dell’azione formativa sulla base del quale è possibile intraprendere azioni di miglioramento. Quindi, nell’ottica dello sviluppo e non del controllo, la valutazione non è da intendersi “come un dispositivo di accertamento della produttività dell’azione scolastica e di rendicontazione sociale dei suoi risultati” ma piuttosto “come un dispositivo di retroazione della scuola, utile a regolarne la prosecuzione” (Castoldi, 2011). La valutazione nella scuola rappresenta un'istanza pedagogica connessa all'azione professionale del docente e al processo stesso di insegnamento-apprendimento poiché offre feedback importanti per regolare l'azione didattica, per rivedere modelli didattici, per riorganizzare gli ambienti di apprendimento (Carlini, 2012).

La valutazione degli apprendimenti è, dunque, uno dei compiti più importanti che hanno gli insegnanti nei confronti dei loro studenti: si tratta di un atto necessario sia per lo studente, perché gli fornisce un riscontro sul suo apprendimento, sia per l’insegnante, perché permette a quest'ultimo di esercitare un controllo funzionale sul processo di insegnamento/apprendimento. Agli insegnanti “competono la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione didattica, nonché la scelta dei relativi strumenti nel quadro dei criteri deliberati dai componenti organi collegiali. […] La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo” (MIUR, 2012).

L’uso diffuso di strumenti docimologici, come le prove oggettive di profitto, è un supporto indispensabile agli insegnanti per l’impostazione iniziale della loro attività didattica, per il controllo e la programmazione mirata durante l’anno scolastico, per la verifica conclusiva di quanto appreso (Vertecchi, 2003; Vertecchi-Agrusti, 2008). Gli insegnanti sono comunque coscienti che la valutazione è un processo che non riguarda soltanto la sfera cognitiva e meta-cognitiva dei loro allievi ma che coinvolge fortemente l’affettività degli studenti e che da questo coinvolgimento dipende, in buona misura, il loro atteggiamento nei confronti della scuola (Vertecchi, 2003).

Gli strumenti che gli insegnanti hanno a disposizione per valutare gli studenti sono diversi ma, a livello generale, è possibile distinguerli in base al loro grado di strutturazione in:

- prove tradizionali (o non strutturate), caratterizzate da stimoli aperti e risposte aperte e somministrate nella tipologia di “interrogazioni” e di “temi” (o relazioni, ricerche, ecc.);

- prove strutturate, caratterizzate da stimoli chiusi e risposte chiuse e somministrate nella tipologia di test, corrispondenze, ecc.;

- prove semi-strutturate, caratterizzate da stimoli chiusi e risposte aperte, somministrate, ad esempio, nei saggi brevi (Vertecchi, 2003).

Come molti altri paesi europei, anche l’Italia è dotata di un programma di valutazione esterna del sistema scolastico a cura dell'INVALSI (D. L. n. 258 del 20 luglio 1999) che annualmente, attraverso la somministrazione di prove cognitive standardizzate (Rilevazioni nazionali), si propone di misurare gli apprendimenti di tutti gli studenti italiani e, quindi, di fornire informazioni utili per la valutazione del sistema educativo a livello nazionale e per l'autovalutazione alle singole istituzioni scolastiche. Queste valutazioni non si pongono in antitesi con la valutazione formativa e sommativa quotidianamente realizzata all’interno delle scuole, ma vogliono solo rappresentare un utile punto di riferimento esterno per integrare gli elementi di valutazione attualmente esistenti. Nonostante i limiti insiti nelle prove standardizzate, queste soltanto possono garantire la comparabilità dei risultati conseguiti dagli alunni e dalle scuole (INVALSI, 2014). Pur avendo anche una funzione di analisi e studio statistico sul sistema di istruzione italiano, l’Istituto si pone principalmente come un elemento “interno” al sistema scolastico, capace cioè di contribuire dall’interno alla trasformazione della scuola stessa in due direzioni: da un lato rende trasparenti e accessibili informazioni sintetiche sugli aspetti più rilevanti del sistema educativo, utili soprattutto ai decisori politici per fare delle scelte sul sistema di istruzione e formazione; dall’altro fornisce informazioni spendibili da parte delle singole scuole per arricchire i processi di autovalutazione finalizzati al miglioramento dei loro processi educativi.

L’opinione dei docenti sulla Valutazione degli apprendimenti: il Questionario Insegnante

Gli insegnanti sono direttamente coinvolti nelle Rilevazioni nazionali: la loro collaborazione è necessaria non soltanto in fase di restituzione dei risultati ma anche durante la fase di somministrazione e di correzione. Gli insegnanti sono a tutti gli effetti co-responsabili del processo educativo e valutativo.

Nonostante i risultati dell'indagine TALIS attestino che la maggior parte degli insegnanti ritiene la valutazione e il feedback che riceve dalle indagini su vasta scala utili per la crescita professionale (OECD, 2009:77-80), il momento della somministrazione e della restituzione degli esiti alle scuole è spesso vissuta come una forma di “controllo” sul loro operato o, addirittura, di limitazione alla loro libertà di insegnamento. Al contrario, le prove nazionali sono pensate proprio per stimolare tutto il personale scolastico a rivalutare la propria attività, migliorare l'uso delle risorse e migliorare il loro stile di insegnamento in base alle reali necessità degli studenti.

A partire dall'anno scolastico 2012/13, accanto alle prove cognitive standardizzate, l’INVALSI ha somministrato un Questionario Insegnante finalizzato a: conoscere l’atteggiamento degli insegnanti nei confronti delle Rilevazioni nazionali e, più in generale, delle attività svolte dall’Istituto, individuare gli aspetti di forza e di criticità relativi al contesto scolastico che incidono sulle performance degli studenti; conoscere meglio le caratteristiche dell’attività didattica realizzata nelle classi-campione, con particolare riferimento all’insegnamento dell’Italiano e della Matematica.

Nell'edizione 2013/14, sono stati coinvolti nell'indagine gli insegnanti di Italiano e di Matematica delle classi campione di II e di V primaria, di III secondaria di I grado e di II secondaria di II grado che hanno partecipato alle Rilevazioni nazionali.

Il tasso di risposta è molto alto ed è compreso tra il 75% e l'81% per gli insegnanti di Italiano e il 79% e l'89% per gli insegnanti di Matematica, con un'incidenza maggiore delle risposte per gli insegnanti delle classi che hanno svolto la Prova nazionale (III secondaria di I grado).

Una sezione del Questionario Insegnante è interamente dedicata all’opinione dei docenti sul lavoro svolto dall’INVALSI con l’obiettivo di dare ai singoli insegnanti l’opportunità di esprimere il loro parere sulla valutazione degli apprendimenti e all’Istituto un’occasione di riflessione, e di conseguente miglioramento, sul proprio operato. L'obiettivo del presente lavoro è, quindi, di illustrare i risultati emersi dall'analisi di alcune domande di questa sezione relative alla percezione che gli insegnanti hanno della congruenza tra i contenuti della prova e le indicazioni curriculari, alla loro opinione sugli stimoli delle prove, nello specifico le domande a risposta chiusa e l'uso delle prove INVALSI in classe, con particolare attenzione alle differenze tra i livelli scolastici e tra le diverse macro aree regionali (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud, Sud e Isole).

Risultati

INVALSI e Indicazioni Nazionali per il Curricolo

Una delle frequenti critiche rivolte alle prove INVALSI, molte delle quali originate da una cattiva comprensione delle funzioni e degli scopi delle prove stesse, è che gli item proposti non siano adeguati alle conoscenze degli alunni. Le prove INVALSI di Italiano, anche per motivi di tipo tecnico-organizzativo (elevato numero di studenti, difficoltà di correzione uniforme ecc.), sono circoscritte alla valutazione della competenza di lettura, intesa come comprensione, interpretazione, riflessione e valutazione del testo scritto, avente a oggetto un’ampia gamma di testi letterari e non letterari, e delle conoscenze e competenze grammaticali, il cui apprendimento è previsto nelle indicazioni curricolari dei vari gradi di scuola (INVALSI, Quadro di riferimento della prova di Italiano, 2011). Anche le prove INVALSI di Matematica sono volte a valutare le conoscenze e le abilità matematiche acquisite nei quattro livelli coinvolti: classe II e classe V della scuola primaria; classe III della scuola secondaria di primo grado, classe II della scuola secondaria di secondo grado (INVALSI, Quadro di Riferimento della prova di Matematica, 2011). I quesiti di matematica, anche se sono presentati in forme diverse dalla didattica abituale, possono essere affrontati con le risorse conoscitive che gli studenti avrebbero dovuto acquisire in classe. Chiaramente gli obiettivi dell'INVALSI sono diversi da quelli degli insegnanti: il primo si propone di distinguere tra livelli diversi di competenza, quindi nella prova sono presenti quesiti estremamente facili e quesiti estremamente difficili, per poter distinguere nella comparazione sia classi/scuole che si collocano a livelli molto bassi, sia classi/scuole che si collocano a livelli molto alti, mentre gli insegnanti lavorano per far raggiungere le risposte corrette a tutti gli alunni (Trinchero, 2014). Alla luce di queste considerazioni ci è sembrato interessate analizzare l'opinione espressa dai docenti a due domande del Questionario Insegnante in cui viene chiesto loro di valutare in che misura la prova di Italiano e la prova di Matematica riflettano le conoscenze acquisite dagli studenti durante l’anno scolastico (domande A1 e A2 per gli insegnanti di Italiano, domande M1 e M2 per gli insegnanti di Matematica).

Rispetto alla congruenza tra le prove INVALSI e le indicazioni curricolari (domanda A1 per Italiano e M1 per Matematica), sono pochi gli insegnanti che scelgono di non esprimere un'opinione (Figura 1 e Figura 2): la percentuale di "Non so/Non saprei" per entrambe le prove è contenuta, anche se raggiunge percentuali superiori, intorno al 10%, per i docenti del Nord Ovest e del Nord Est. In generale la maggioranza vede una congruenza tra indicazioni nazionali e le prove INVALSI, tra 60% e 70%, i docenti più critici (sommando i giudizi “Eccessiva” e “Insufficiente”, ovvero le barre arancioni e rosse) sono quelli di scuola primaria, con percentuali simili per entrambe le materie e comprese tra il 19% e il 35%. Un dato interessante emerge per la scuola secondaria di II grado dove gli insegnanti di Matematica del Centro-Sud esprimono un giudizio più negativo rispetto ai colleghi di Italiano: la percentuale (nelle tre ripartizioni Centro, Sud e Sud e Isole) che ritiene che la prova si appiattisca o si allontani rispetto alle indicazioni nazionali si attesta intorno al 30%, rispetto a valori vicini al 20% di Italiano. Infine, gli insegnanti meno critici sono quelli delle classi dell’esame di Stato al termine del primo ciclo di istruzione, con percentuali comprese tra il 9% e il 16%.

Figura 1 – Misura in cui i docenti di Italiano ritengono che le prove somministrate recepiscano le Indicazioni nazionali per il curricolo (domanda A1)
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Figura 2 – Misura in cui i docenti di Matematica ritengono che le prove somministrate recepiscano le Indicazioni nazionali per il curricolo (domanda M1)
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Esaminando la coerenza tra quanto richiesto nelle prove e quanto insegnato in classe (domande A2 per gli insegnanti di Italiano e M2 per gli insegnanti di Matematica) la percentuale di docenti che dice "Non so/Non saprei" è invece quasi nulla (sotto il 3%), cosa probabilmente spiegata dalla maggior pertinenza delle domande col lavoro quotidiano degli insegnanti. Confrontando i grafici è chiara la differente distribuzione del giudizio: i docenti considerano la maggior parte delle prove coerenti con le Indicazioni nazionali ma difficili rispetto alle possibilità degli alunni. Per entrambe le materie (Figura 3 e Figura 4) i docenti che manifestano una posizione piuttosto critica, rappresentati dall’arancione e dal rosso, sono più numerosi rispetto alle due figure precedenti. Anche qui i più critici sono i docenti di primaria: più della metà per entrambe le materie (e in tutte le cinque ripartizioni geografiche) afferma che le prove INVALSI sono difficili rispetto alle conoscenze e alle abilità che gli alunni dovrebbero acquisire a scuola. Più in dettaglio, sommando le alternative di risposte "Abbastanza" e "Molto", si evidenzia che il Nord-Est raggiunge l'81% di posizioni critiche in II primaria e il71% in V primaria. Questa percentuale di docenti “critici” scende significativamente nella scuola secondaria di I e di II grado e in maniera più incisiva per quelli di Italiano, con valori che si attestano attorno al 30%.

Figura 3 – Accordo dei docenti di Italiano con l’affermazione “le domande della prova sono troppo difficili rispetto alle abilità e conoscenze che gli alunni dovrebbero acquisire a scuola” (domanda A2 “a”)
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Figura 4 – Accordo dei docenti di Matematica con l’affermazione “le domande della prova sono troppo difficili rispetto alle abilità e conoscenze che gli alunni dovrebbero acquisire a scuola” (domanda M2 “a”)
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Entrando nel dettaglio delle attività svolte in classe dagli insegnanti di Italiano (Figura 5 e Figura 6), si può notare come la quota di "critici" si riduca quasi totalmente, infatti le barre arancioni e rosse insieme superano raramente il 10% per i docenti di V primaria e di III secondaria di I grado: almeno il 90% di essi considera infatti le domande di Comprensione della lettura e di Grammatica coerenti con il lavoro svolto durante l'anno scolastico. Questa quota cala sensibilmente per la II secondaria di II grado, mantenendosi però sempre superiore al 70%.

Figura 5 – Accordo dei docenti di Italiano con l’affermazione “le domande di Comprensione della Lettura ripropongono esercizi e attività svolte durante l’anno in quest’ambito” (domanda A2 “b”)
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Figura 6 – Accordo dei docenti di Italiano con l’affermazione “le domande di Grammatica ripropongono esercizi e attività svolte durante l’anno in quest’ambito” (domanda A2 “c”)
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Discorso simile avviene per i docenti di Matematica (Figura 7, Figura 8, Figura 9 e Figura 10), anche qui con differenze tra I e II ciclo: l'80-90% circa dei docenti del I ciclo d'istruzione afferma che le domande relative all’ambito "Numeri" sono coerenti con quanto studiato durante l’anno; la percentuale relativa alle domande sugli altri tre ambiti (Spazio e Figure, Relazioni e Funzioni, Dati e Previsioni) è invece di poco inferiore e compresa tra il 75% e l’80%. I docenti di Matematica della classe seconda della scuola secondaria di II grado assumono, invece, posizioni più critiche: la coerenza tra le domande e quello che gli alunni hanno studiato è ancora elevata riguardo all’ambito "Numeri" (70-80%) ma cala notevolmente per "Relazioni e Funzioni" (51-59%), per "Spazio e Figure" (37-50%) e per "Dati e Previsioni" (32-55%). In generale possiamo dire che i docenti di scuola secondaria di II grado che si mostrano critici sulla coerenza delle prove rispetto a quanto studiato durante l’anno scolastico sono circa il doppio rispetto ai docenti che insegnano nel I ciclo di istruzione, anche se questo risultato non tiene conto delle tre tipologie di indirizzo indagate (Licei, Istituti tecnici e Istituti professionali).

Figura 7 – Accordo dei docenti di Matematica con l’affermazione “le domande dell’ambito Numeri ripropongono quanto studiato durante l’anno” (domanda M2 “b”)
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Figura 8 – Accordo dei docenti di Matematica con l’affermazione “le domande dell’ambito Relazioni e Funzioni ripropongono quanto studiato durante l’anno” (domanda M2 “c”)
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Figura 9 – Accordo dei docenti di Matematica con l’affermazione “le domande di Spazio e Figure ripropongono quanto studiato durante l’anno” (domanda M2 “d”)
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Figura 10 – Accordo dei docenti di Matematica con l’affermazione “le domande di Dati e Previsioni ripropongono quanto studiato durante l’anno” (domanda M2 “e”)
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Il tempo di svolgimento delle prove di Italiano e di Matematica è considerato in maniera diversa dagli insegnanti dei livelli scolastici indagati e tra le aree geografiche. I più critici su questo aspetto sono gli insegnanti di Italiano della classe seconda della scuola primaria: il 37-55% di loro considera il tempo previsto per lo svolgimento della prova insufficiente, percentuale che si abbassa per gli altri livelli a valori compresi tra il 10% e il 30%. È anche evidente che sono gli insegnanti del Sud a essere più critici rispetti a quelli del Centro-Nord, in tutti i livelli scolastici e per entrambe le discipline.

Figura 11 – Accordo dei docenti di Italiano con l’affermazione “il tempo previsto per lo svolgimento della prova è stato sufficiente per i miei alunni” (domanda A2 “d”) 
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Figura 12 – Accordo dei docenti di Matematica con l’affermazione “il tempo previsto per lo svolgimento della prova è stato sufficiente per i miei alunni” (domanda M2 “f”)
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Tipo di stimoli (domande a3 e a4)

Una critica spesso rivolta alle prove somministrate dall’INVALSI è l'uso di domande chiuse a scelta multipla: questi quesiti sono considerati estranei alla cultura scolastica italiana in quanto importati dai paesi anglosassoni e capaci di misurare solo l’acquisizione di determinate conoscenze, senza tener conto di altri aspetti quali, ad esempio, le varie e diverse intelligenze. A questa critica si potrebbe rispondere che una rilevazione ottimale delle competenze degli studenti richiederebbe la possibilità di osservare il loro agire in risposta ad un certo numero di problemi complessi tratti dal mondo reale e più colloqui approfonditi per stabilire il livello di comprensione dei concetti e la capacità di ragionamento su di essi. Questo tipo di rilevazione però non solo risulterebbe altamente dispendiosa perché per essere obiettiva dovrebbe essere fatta da soggetti altri e indipendenti rispetto agli insegnanti che hanno formato l’allievo, ma produrrebbe dati del tutto incomparabili tra di loro, dato che agli allievi dovrebbero essere presentate domande differenti (altrimenti il primo potrebbe informare coloro che passano dopo). D'altra parte non è la tipologia di prova a scelta multipla che determina se la risposta esatta a una domanda sia frutto di ragionamento o meno, ma la formulazione del quesito, che può richiedere semplice memoria (es. “Chi ha scoperto l’America?”) o ragionamento complesso (es. “Quale tra le quattro soluzioni proposte è a tuo avviso la migliore per questo problema?”, Trinchero, 2014). Tra l'altro un risultato che emerge, per esempio, nelle indagini PISA e, in genere, nelle prove delle indagini internazionali, è che gli studenti italiani incontrano maggiori difficoltà nelle domande a risposta aperta piuttosto che nelle domande chiuse a scelta multipla (Losito, 2011). Alla luce di queste considerazioni possono essere interessanti le opinioni espresse dagli insegnanti alla domanda "Come valuta gli stimoli contenuti nelle domande della prova INVALSI di quest’anno?".

Nella Figura 13 e nella Figura 14 è rappresentato cosa pensano i docenti riguardo gli stimoli delle prove somministrate. In questo caso, rispetto alle altre domande, la quota di coloro che non danno un giudizio (barre blu “Non so/non saprei”) è particolarmente alta: intorno al 10% per Italiano e anche oltre per Matematica. La quota restante (90% circa) dei docenti si divide tra i due giudizi opposti, ossia tra chi ritiene gli stimoli “tali da non consentire di valutare il rendimento degli alunni con lo stesso criterio” (barre rosse) e chi “sufficientemente chiari da rendere i risultati degli alunni delle diverse scuole d’Italia” (barre verdi): è importante evidenziare che nella scuola primaria esprime un giudizio critico quasi la metà dei docenti, in tutte le aree geografiche e in entrambe le discipline, circa il doppio rispetto alla scuola secondaria di I grado.

Figura 13 – Giudizio dei docenti di Italiano rispetto agli stimoli contenuti nelle domande della prova INVALSI (domanda A3)
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Figura 14 – Giudizio dei docenti di Matematica rispetto agli stimoli contenuti nelle domande della prova INVALSI (domanda M3)
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Molto meno critico è il giudizio rispetto alle domande a risposta chiusa, rappresentato in Figura 15 e in Figura 16. La quota dei docenti che ritiene poche le domande a risposta chiusa è molto contenuta (barre arancioni), intorno al 10%, mentre è più consistente la convinzione che esse siano troppe (barre rosse), opinione questa condivisa più dagli insegnanti di Italiano (valori intorno al 20-30%) che da quelli di Matematica (valori intorno al 15-20%). Emerge un giudizio maggiormente critico degli insegnanti di Matematica della scuola primaria del Sud, coerentemente con quanto evidenziato sul tempo previsto per lo svolgimento della prova (Figura 12).

Figura 15 – Giudizio dei docenti di Italiano rispetto alle domande a risposta chiusa della prova INVALSI (domanda A4)
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Figura 16 – Giudizio dei docenti di Matematica rispetto alle domande a risposta chiusa della prova INVALSI (domanda M4)
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La preparazione al test INVALSI

Un aspetto collegato all'utilizzo di prove standardizzate riguarda il cosiddetto teaching to the test, un comportamento che consiste "nell'allenare" gli studenti al superamento delle prove INVALSI. Questo tipo di strategia può risultare utile se i docenti preparano gli studenti trasmettendo loro le abilità e le competenze necessarie a superare la prova; in questo modo, infatti, gli studenti dovrebbero sviluppare le competenze necessarie per applicare a situazioni nuove ciò che hanno imparato. Diversamente, se i docenti basano il loro insegnamento su un addestramento ripetitivo e meccanico, eliminando importanti contenuti curricolari perché non rientrano nel test, allora il teaching to test diventa controproducente (Pozio, 2014). Anche se intorno alle prove INVALSI sta crescendo un'editoria scolastica di basso livello, che ha cominciato a intravedere nello sviluppo di un sistema di valutazione esterna un'opportunità di guadagni, è da sottolineare che in Italia siamo ancora lontani da una pratica intensiva di questi comportamenti (Losito, 2011). In tal senso può risultare interessante rilevare l'opinione degli insegnati alla domanda del questionario dove si chiedeva di indicare il tipo di attività svolta con le prove INVALSI.

Come mostrano la Figura 17 e la Figura 18, una buona parte degli insegnanti del primo ciclo di istruzione (tra il 61% e l'83%), fa svolgere e corregge prove simili a quelle INVALSI, attività molto meno frequente per i docenti del II ciclo di Italiano (40-59%) e soprattutto di Matematica (29-42%). Anche far esercitare sulle prove degli anni precedenti (Figura 21 e Figura 22) è una pratica molto diffusa nelle scuole italiane: circa il 50% dei docenti delle scuola primaria dichiara di promuovere questa attività, un po’ meno frequente nella scuola secondaria.

Una buona parte dei docenti che hanno partecipato all’indagine ha utilizzato testi contenenti prove costruite sul modello delle Rilevazioni INVALSI (Figura 23 e Figura 24): circa il 40% nel I ciclo, senza significative differenze tra a ree geografiche e materia, mentre al II ciclo la quota è inferiore e si differenzia per gli insegnanti di Italiano (26-40%) e di Matematica (19-29%).

Non sono invece molti i docenti che invitano gli studenti a esercitarsi a casa su prove simili a quelle proposte dall’INVALSI (Figura 19 e Figura 20): chiaramente nella scuola primaria le percentuali sono molto più basse (10-15%) rispetto alla scuola secondaria. In particolare i docenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado, visto il peso che la prova ha nell'esame di Stato, invitano gli alunni a esercitarsi a casa, per Italiano (28-45%) e, ancora di più, per Matematica (38-56%).

Concludendo, in relazione alle attività di “allenamento” alle prove INVALSI proposte, come si desume da Figura 25 e Figura 26, quasi tutti i docenti di scuola primaria di entrambe le discipline affermano di svolgere almeno una delle quattro attività descritte nella domanda (solo una piccola percentuale di docenti, compresa tra lo 0 e il 7%, afferma di non svolgere nessuna delle attività elencate) a differenza dei docenti della scuola secondaria, soprattutto del Centro-Nord.

Figura 17 – Attività proposte dai docenti di Italiano agli studenti della classe: “Ho fatto svolgere e corretto in classe prove simili a quelle INVALSI” (domanda A5 “a”)
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Figura 18 – Attività proposte dai docenti di Matematica agli studenti della classe: “Ho fatto svolgere e corretto in classe prove simili a quelle INVALSI” (domanda M5 “a”)
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Figura 19 – Attività proposte dai docenti di Italiano agli studenti della classe: “Ho invitato gli studenti a esercitarsi a casa su prove simili a quelle INVALSI” (domanda A5 “b”)
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Figura 20 – Attività proposte dai docenti di Matematica agli studenti della classe: “Ho invitato gli studenti a esercitarsi a casa su prove simili a quelle INVALSI” (domanda M5 “b”)
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Figura 21 – Attività proposte dai docenti di Italiano agli studenti della classe: “Ho fatto esercitare gli studenti sulle prove usate dall’INVALSI negli anni precedenti” (domanda A5 “c”)
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Figura 22 – Attività proposte dai docenti di Matematica agli studenti della classe: “Ho fatto esercitare gli studenti sulle prove usate dall’INVALSI negli anni precedenti”(domanda M5 “c”)
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Figura 23 – Attività proposte dai docenti di Italiano agli studenti della classe: “Ho utilizzato testi contenenti prove costruite sul modello delle Rilevazioni INVALSI” (domanda A5 “d”)
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Figura 24 – Attività proposte dai docenti di Matematica agli studenti della classe: “Ho utilizzato testi contenenti prove costruite sul modello delle Rilevazioni INVALSI” (domanda M5 “d”)
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Figura 25 – Attività proposte dai docenti di Italiano agli studenti della classe: “Non ho svolto nessuna di queste attività” (domanda A5 “e”)
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Figura 26 – Attività proposte dai docenti di Matematica agli studenti della classe: “Non ho svolto nessuna di queste attività” (domanda M5 “e”)
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Conclusioni

Un primo dato importante emerso dalle risposte degli insegnanti alla sezione del questionario relativa all'opinione sulle rilevazioni INVALSI riguarda il buon tasso di risposta, compreso tra il 75% e l'89%, che testimonia la volontà degli insegnanti coinvolti nell’indagine di esprimere un’opinione su argomenti che riguardano direttamente la vita scolastica e sui quali l’opinione pubblica si esprime spesso molto criticamente. A questo proposito, una delle critiche più frequentemente rivolte alle prove INVALSI è quella relativa alla coerenza tra le domande proposte, le Indicazioni Nazionali per il curricolo e le effettive conoscenze degli alunni: la maggioranza dei docenti coinvolti crede che ci sia congruenza tra le prove INVALSI e le indicazioni curricolari ma, anche se ritiene gli argomenti proposti nei diversi ambiti delle prove coerenti con quanto studiato durante l’anno, sostiene che esse siano piuttosto difficili rispetto alle conoscenze e alle abilità che gli alunni realmente acquisiscono.

Un’altra critica spesso rivolta alle prove somministrate dall’INVALSI è quella relativa all'uso di domande chiuse a scelta multipla, ritenute estranee alla cultura scolastica italiana in quanto adatte a misurare solamente l’acquisizione di determinate conoscenze. Effettivamente i rispondenti manifestano posizioni piuttosto eterogenee e contrastanti: più del 10% di loro non vuole o non sa dare una risposta alla domanda "Come valuta gli stimoli contenuti nelle domande della prova INVALSI di quest’anno?” mentre il restante 90% si divide tra i due giudizi opposti, ovvero tra chi ritiene gli stimoli “tali da non consentire di valutare il rendimento degli alunni con lo stesso criterio” e chi “sufficientemente chiari da rendere i risultati degli alunni delle diverse scuole d’Italia”.

Relativamente, invece, al cosiddetto teaching to the test (allenamento degli studenti al superamento delle prove INVALSI), solo una piccola parte dei rispondenti afferma di non svolgere nessuna attività di preparazione alla prova. Una buona parte degli insegnanti del primo ciclo di istruzione (tra il 61% e l'83%) fa svolgere e corregge prove simili a quelle INVALSI, attività molto meno frequente per i docenti del II ciclo. Anche far esercitare sulle prove degli anni precedenti è una pratica molto diffusa nelle scuole italiane: circa il 50% dei docenti delle scuola primaria dichiara di promuovere questa attività. Una buona parte dei docenti che hanno partecipato all’indagine ha utilizzato testi contenenti prove costruite sul modello delle Rilevazioni INVALSI mentre sono pochi i docenti che invitano gli studenti a esercitarsi a casa su prove simili a quelle proposte dall’INVALSI.

Dall'analisi delle risposte degli insegnanti emerge un quadro complessivo abbastanza incoraggiante pur nei limiti[2] metodologici di un questionario autosomministrato, nonostante le varie critiche che nel corso degli anni hanno coinvolto le prove INVALSI. Grazie anche al lavoro di sensibilizzazione e miglioramento svolto dall’Istituto e al costante impegno di insegnanti e Dirigenti, la cultura della valutazione sta progressivamente diventando parte integrante della comunità scolastica italiana. Le risposte degli insegnanti, se da un lato confermano l’impegno dell’Istituto nel divulgare e condividere modalità e finalità del proprio operato, dall’altro, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo effettivo dei dati INVALSI, sono da stimolo per un impegno sempre maggiore in tal senso.

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Vertecchi, B., Agrusti G. (2008), Laboratorio di valutazione, Laterza, Roma-Bari.

Zammuner V. L. (1998), Tecniche dell’intervista e del questionario, Il Mulino, Bologna.

 

[1] Le opinioni espresse in questo lavoro sono attribuibili esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità dell’Istituto. Nel citarlo, non è pertanto corretto attribuire le argomentazioni ivi espresse all’INVALSI o ai suoi Vertici.

[2] Per approfondimenti: Boncori L., 2008, I test in psicologia, Il Mulino, Bologna; Zammuner V. L., 1998, Tecniche dell’intervista e del questionario, Il Mulino, Bologna

 

 

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