Vol. 21, n. 3, settembre 2022

RICERCHE, PROPOSTE E METODI

Nuovo PEI-Progetto di vita

L’esigenza di una rinnovata professionalità del docente specializzato

Patrizia Gaspari1

Sommario

Preso atto della necessità di elevare il livello qualitativo della professionalità di tutti i docenti, ottimizzando e potenziando i percorsi formativi attualmente esistenti, all’interno di un disegno normativo (DM 182/2020 e «Linee Guida per la stesura del nuovo PEI») complesso e in fase di ridefinizione, il seguente lavoro intende ribadire l’imprescindibile ruolo svolto dall’insegnante specializzato di sostegno nella scuola inclusiva. Si tratta di riflettere, in modo critico ed emancipativo, sull’identikit professionale del nostro agente mediatore e facilitatore dei processi d’inclusione scolastica e sociale, evitando il rischio di chiudere l’ampio dibattito entro posizioni dogmatiche e utopistiche, o settoriali e iperspecialistiche. In tal senso, la qualità dell’inclusione è concretamente raggiungibile valorizzando un nuovo modo di organizzare la tradizionale impostazione didattica e di leggere il contesto, sposando pienamente, nella condivisa costruzione del PEI-Progetto di vita, la direzione della corresponsabilità educativo-didattica dei docenti, curricolare e specializzato. Il nuovo PEI-Progetto di vita non può, a mio modesto parere, non declinarsi come dispositivo e laboratorio di rivisitazione storico-narrativa dell’alunno con bisogni educativi speciali e non solo, all’interno del quale il docente specializzato è un competente e alternativo provocatore di senso e di significato nella «ri-progettazione esistenziale» delle storie di vita più fragili e vulnerabili.

Parole chiave

Docente specializzato, Corresponsabilità educativo-didattica, Inclusione, Narrazione, Progetto di vita.

RESEARCH, PROPOSALS AND METHODS

New IEP-Life Project

The need of new professionalism for the specialised support teacher

Patrizia Gaspari2

Abstract

Given the need to raise the quality of professionalism of all teachers, optimising and enhancing the existing training courses, within a regulatory framework (DM 182/2020 and «Guidelines for the drafting of the new IEP») that is complex and in the process of being redefined, the following work intends to reiterate the essential role played by the specialised support teacher in the inclusive school. It is a matter of reflecting, in a critical and emancipatory way, on the professional identikit of our mediating agent and facilitator of the processes of school and social inclusion, avoiding the risk of closing the broad debate within dogmatic and utopian, or sectoral and hyper-specialist positions. In this sense, the quality of inclusion is concretely achievable by enhancing a new way of organising the traditional didactic approach and reading the context, fully espousing, in the shared construction of the IEP-Life Project, the direction of the educational-didactic co-responsibility of teachers, both curricular and specialised. In my humble opinion, the new IEP-life project cannot but be seen as a device and a laboratory for the historical-narrative review of the pupil with special needs and not only, within which the specialised teacher represents a competent and alternative provocateur of meaning and significance in the «existential re-design» of the most fragile and vulnerable life stories.

Keywords

Specialized teacher, Educational-didactic co-responsability, Inclusion, Narration, Life project.

Introduzione

L’attenta lettura dei prioritari assunti epistemologici, pedagogico-didattici, gestionali e organizzativi presenti nella recente normativa,3 riguardante la nuova versione del PEI-Progetto di vita, impone alcune riflessioni critico-interpretative per comprendere se l’innovativo dispositivo costituisca realmente nuova linfa propulsiva per innalzare il gradiente di inclusività scolastica e sociale degli alunni con bisogni educativi speciali, oppure sia una vera e propria battuta d’arresto, per la compresenza, al suo interno, di luci, ombre e aspetti dilemmatici. Nello specifico, indipendentemente dall’evolversi della delicata questione normativa, emerge l’esigenza di legittimare l’importanza di un concetto fondativo riferito al patto di corresponsabilità esistente tra il docente specializzato di sostegno e il curricolare, per riconoscere il bisogno di potenziare l’efficacia di alcune buone prassi educativo-didattiche capaci di individuare obiettivi-cerniera e punti di contatto raccordati tra progettazione curricolare e individualizzata, allo scopo di confermare pieno valore alla dimensione del curricolo inclusivo e integrato (Cottini, 2017). Si tratta, senza ombra di dubbio, di ricordare un faticoso percorso di studi e di ricerche, frutto di anni di democratico confronto tra esperti di fama nazionale (Pavone, 2014; Medeghini et al. 2013; d’Alonzo 2017; Canevaro e Ianes, 2019) e internazionale (Gardou, 2012; de Anna, Gardou e Covelli, 2018; Shakespeare, 2017), addetti ai lavori, famiglie e persone con disabilità, caratterizzato da positive conquiste e momenti di crisi, aspetti dilemmatici ancora oggi tutti da esplorare e da interrogare per individuare possibili itinerari evolutivi. Il nuovo PEI, con l’introduzione di interventi sul percorso curricolare, prevede la comune e integrata scrittura degli obiettivi formativi: i docenti curricolare-disciplinare e specializzato di sostegno sono tenuti a costruire insieme e sinergicamente una progettazione didattica integrata funzionale per l’intera classe in cui si alternino percorsi didattici individualizzati, personalizzati e accomodamenti finalizzati a facilitare l’apprendimento da parte degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali. Il richiamo alla cura della corresponsabilità educativo-didattica (Santi e Ruzzante, 2016) è l’imprescindibile life-motif nella concertata e condivisa costruzione del PEI, il cui raggiungimento non va dato per scontato se la progettazione disciplinare non diventa parte integrante del PEI stesso e viceversa. È opportuno riaffermare il valore inclusivo della progettazione curricolare-disciplinare, di natura intenzionale, dinamica, reticolare e in continuo movimento, frutto del produttivo parlarsi e mettersi in gioco dei principali attori del team inclusivo. Nessuna legge, di fatto, garantisce l’eliminazione dei frequenti fenomeni di micro e macro espulsione-esclusione degli alunni diversamente abili dalla classe, causati dalla ancora forte presenza di degeneri processi di delega deresponsabilizzante. L’invito consiste, dunque, nel mettere in pratica un importante passo in avanti per non permettere ai docenti disciplinari di «far finta» di collaborare individuando soltanto un apposito e standardizzato pacchetto di obiettivi minimi da inserire nella solitaria e iperformalizzata costruzione del PEI-Progetto di vita da parte docente specializzato. L’insegnante di disciplina risulta spesso ancora troppo «chiuso» nel suo autoreferenziale didatticismo enciclopedico, specie se pensiamo all’organizzazione della didattica nella scuola secondaria di secondo grado, ove il gradiente di inclusività è davvero imbarazzante. La corresponsabilità educativo-didattica si rivela, quindi, elemento fondamentale, anche se parzialmente innovativo, per elevare il livello di inclusività, in classe, ragionando in termini di rivisitazione dell’«equilibrio metastabile», mai esaustivo e staticamente istituito del contesto-scuola e del più vasto orizzonte sociale e culturale, come giustamente ricorda Bocci (2015). La sfida del nuovo PEI-Progetto di vita richiede un forte cambiamento evolutivo del modo di lavorare, proprio a partire dal ruolo svolto dal team, per iniziare a pensare, agire e a progettare collegialmente, unendo le forze, gli itinerari didattici, realizzando oper-azioni di natura ricorsiva ed ecosistemica. Solo in questo nuovo scenario, le prospettive del curricolo integrato (Cottini, 2018; Cottini e de Caris, 2020), della «cultura del compito» (Tortello, 1999), dell’intersezione tra obiettivi individualizzati (Baldacci, 2006), personalizzati (Pavone, 2004) differenziati (d’Alonzo, 2017) e comuni, possono trovare pieno compimento nella produttiva riflessione riguardante la rinnovata professionalità del docente specializzato (Ianes, 2015; de Anna, Gaspari e Mura, 2015; Gaspari, 2016; Pavone, 2016; Canevaro e Ianes, 2019) e, soprattutto, del curricolare. Per superare l’impasse di una visione frammentata e parcellizzata dei saperi e delle conoscenze, ove regna sovrana l’egemonia del «disciplinarismo», il docente di cattedra finalmente dovrà assumersi la piena responsabilità di declinare la progettualità del PEI per il proprio ambito disciplinare. Questo è potenzialmente un forte richiamo alla piena corresponsabilità educativa di tutti gli insegnanti nella realizzazione del PEI (Ianes e Demo, 2021, p. 40). Ne consegue il superamento della gestione burocratico-formale del PEI da parte dell’intero team docente e la riduzione delle più o meno camuffate operazioni di forzata partecipazione dei docenti curricolari (non è più una concessione, ma un dovere professionale contribuire alla realizzazione del processo inclusivo!) nella costruzione condivisa di un PEI che non può più risolversi in procedimenti di «copia e incolla» di documenti precedentemente esistenti.

L’insegnante specializzato come professionista inclusivo

L’insegnante specializzato di sostegno (Chiappetta Cajola, 2020) funge da termometro che misura, monitora, riequilibra, alimenta e risintonizza i livelli di coesione, di compartecipazione e di coordinamento dell’intero team docente. Per orientare lo sguardo verso la realizzazione di comuni modelli di «co-progettazione universale» (UN, 2006; UNESCO, 2016), grazie alla valorizzazione di politiche, culture e buone pratiche inclusive, il ruolo-perno di mediatore e agente facilitatore del docente specializzato (Gaspari, 2015) non è assolutamente da mettere in discussione ma, per conseguire la qualità dell’inclusione scolastica e sociale, le recenti normative legittimano a pieno titolo il dovere di chiamare in causa la coralità e la complementarietà dei linguaggi, delle risorse, delle professionalità e delle competenze esistenti. Il raggiungimento di questo auspicabile traguardo non è pensabile se non si sostiene l’urgenza di ri-definire, in ottica inclusiva, gli itinerari formativi dei docenti specializzati di sostegno e dei curricolari-disciplinari nella prospettiva del life long learning (Scales, 2012), potenziando in modo trasversale, con continuità e spirito cooperativo, le competenze teorico-pratiche, speciali e non, di tutti i docenti. Le recenti Linee Guida insistono sul bisogno di diffondere le competenze speciali e inclusive per osservare e interpretare i livelli di funzionamento, le molteplici dimensioni di ogni alunno intesi come ambiti-domini di esperienza-conoscenza all’interno dei quali i docenti stessi sono chiamati ad attivare un dialogo aperto e di natura circolare per costruire in modo paritario, democratico e non sbilanciato un comune disegno progettuale integrato e inclusivo, in grado di abbattere ogni barriera fisica, culturale, sociale, organizzativa. Aver cura del nuovo PEI significa interpretarlo come strumento e luogo di riflessione, formazione e lavoro educativo, ragionare sui punti di forza-debolezza di tutti i protagonisti del processo inclusivo, compreso l’alunno con disabilità, che è direttamente invitato ad avere voce al suo interno, fissando l’attenzione a descrivere e a ridefinire, allo scopo di cambiarlo, il contesto individuato come barriera e/o agente facilitatore, secondo la prospettiva ICF. In tale ottica, va legittimato il ruolo svolto dal docente specializzato di sostegno inteso come «professionista metabletico»4 attivamente impegnato a coinvolgere i colleghi nella costruzione di una progettualità intenzionalmente e universalmente inclusiva. L’insegnante specializzato è il perno facilitatore del processo inclusivo che osserva, riflette, interviene sul contesto per ridefinirlo e riprogettarlo affinché possa efficacemente rispondere alle esigenze educative di tutti e di ciascuno, prendendosi cura del miglioramento della qualità della vita formativa ed esistenziale di ogni educando. L’analisi, attenta a ricercare barriere, ostacoli, risorse e facilitatori da indicare all’interno del PEI, non si limita ad essere uno sterile esercizio di nomenclatura, ma è sorretta da un approccio riflessivo ed evolutivo riguardante quel particolare contesto, allo scopo di trasformare il limite in un punto di forza. Per rispondere adeguatamente ai diversificati bisogni formativi di tutti e di ciascun alunno, ponendo massima attenzione alle specificità dei differenti modi di sentire, agire, funzionare ed essere degli alunni in classe, è necessario rinnovare le tradizionali impostazioni didattiche per renderle sempre più flessibili, dinamiche e plurali allo scopo di ridurre la forzata omologazione uniformante, normalizzante e unilaterale dei processi di insegnamento-apprendimento. L’elaborazione del PEI-Progetto di vita non implica necessariamente la realizzazione di percorsi didattici alternativi rispetto a quelli previsti per l’intera classe, ma si prefigge l’obiettivo di oltrepassare la visione dicotomica (Norwich, 2013), spesso esistente tra PEI individualizzato-differenziato e progettazione comune. L’insegnante specializzato dovrà, quindi, mettere in pratica una nuova organizzazione didattica capace di privilegiare il lavoro collettivo e cooperativo in piccolo e medio gruppo, facendo riferimento alle consolidate esperienze di cooperative learning,5 di tutoring, di peer education,6 di flipped classroom.7 Le pratiche di co-teaching (Friend et al., 2010) e di team-teaching (Gurgur e Uzuner, 2011) si rivelano, ad esempio, particolarmente utili per ottimizzare e tradurre strategicamente il patto di corresponsabilità, poiché si traducono in significative scelte operative progettate in compresenza (Ghedin, Aquario e Di Masi, 2013) rispettando la natura ecosistemica del PEI-Progetto di vita capace di favorire relazioni, comunicazioni, conoscenze e risorse sempre più condivise e inclusive. La co-progettazione tra docenti rappresenta l’elemento cardine del lavoro collegiale, presupposto basilare per individuare e armonizzare punti di contatto e possibili raccordi tra la progettazione individualizzata e quella prevista per l’intera classe. All’interno della proposta didattico-gestionale del team teaching, il docente curricolare vive concretamente l’esperienza di crescita comune e paritaria, grazie alla possibilità di «turnarsi» e di interscambiarsi nei ruoli e nelle competenze, assumendo uno sguardo olistico-dinamico nella realizzazione di una didattica innovativa. L’applicazione sistematica del co-teaching (Ianes e Cramerotti, 2015) supera la tradizionale impostazione in cui l’insegnante specializzato rincorre affannosamente il docente curricolare, spesso elemosinando la sua attenzione, consentendo il pieno riconoscimento della contitolarità professionale, nel rispetto delle specificità individuali. L’assunzione forte di responsabilità da parte del docente di disciplina, sollecitata dalle recenti normative, genera vere e proprie logiche di interdipendenza e significative connessioni interdisciplinari, liberando l’insegnante specializzato dal ruolo di «figlio di un Dio minore» ghettizzato e subalterno. Nella scuola inclusiva è necessario compiere un salto di qualità, rivoluzionando le obsolete modalità relazionali e collaborative del team docente: in tal senso, il ruolo del docente disciplinare non può limitarsi soltanto a fornire all’insegnate specializzato un pacchetto più o meno soddisfacente di obiettivi minimi da incastrare in modo asistematico e formale con quelli previsti all’interno del PEI-Progetto di vita per l’alunno con disabilità. La sfida dell’inclusione implica la costruzione di un dialogo congiunto, democratico e alla pari: lavorare in team significa saper mediare, negoziare tra risorse, competenze in modo complementare, dialettico, evolutivo ed ecosistemico.

L’insegnante specializzato come mediatore ecosistemico

Indipendentemente dalle più o meno discutibili indicazioni contenute nelle recenti disposizioni ministeriali, la credibilità inclusiva della scuola di oggi si gioca accendendo le luci dei riflettori, sull’imprescindibile e innovativo ruolo esercitato dal contesto, interpretato in prospettiva bio-psico-sociale, su base ICF-CY, invitando il team docente ad assumere uno sguardo d’insieme poliedrico e multifocale che ponga particolare attenzione alla presenza di facilitatori e di ostacoli-barriere in classe, ragionando in ottica contestualizzata, per dare maggiore riconoscimento alla più evoluta prospettiva della «progettazione universale» (Savia, 2016). Si tratta, quindi, di ridefinire la professionalità e le competenze dell’insegnante specializzato di sostegno tenuto sempre più a leggere la realtà circostante con una doppia lente di ingrandimento che permetta di cogliere e di decodificare aspettative, emozioni, bisogni, evidenze, vissuti, comportamenti, punti di forza e debolezza, livelli di funzionamento di tutti e di ciascun alunno, strettamente interconnessi e reciprocamente influenzati dalle specifiche caratteristiche abilitanti e/o dis-abilitanti del contesto-scuola, collocato all’interno della più vasta rete socio-culturale di natura ecosistemica. Nella scuola della costruzione condivisa delle conoscenze, della piena accessibilità, dell’appartenenza alla community of learners, della giustizia sociale e dell’equità formativa, emerge la complessità dei bisogni formativi degli alunni che non può essere soddisfatta senza una rinnovata e robusta formazione di tutti gli insegnanti. Il docente specializzato di sostegno (Gaspari, 2017a) è chiamato, in modo corale e dinamico, ad attivare adeguati processi di mediazione, negoziazione e facilitazione dei percorsi di socializzazione e di apprendimento, promuovendo la nascita di alleanze, sinergie e ottiche cooperative. Il lavoro educativo-didattico dell’insegnante specializzato di sostegno deve sapersi proiettare al di là di una relazione duale per sperimentare, in forme condivise e partecipate, percorsi alternativi riguardanti la progettazione dei processi di apprendimento, l’impalcatura didattica, l’organizzazione degli spazi, la fruibilità dei materiali di studio e delle informazioni, gli adattamenti contestuali e la differenziazione dei processi di insegnamento-apprendimento, avvalendosi anche delle straordinarie risorse derivanti dal prezioso supporto delle tecnologie informatiche. Imparare a utilizzare il «cruscotto ICF» (Lascioli e Pasqualotto, 2021), partendo dalle indicazioni del Profilo di funzionamento (Cottini e de Caris, 2020) per gli alunni con disabilità, allo scopo di progettare un PEI ecosistemico, è un primo passo fondamentale per allestire un contesto inclusivo accessibile a tutti all’interno di uno scenario caratterizzato da dialoghi tra ecosistemi in cui tutti gli attori coinvolti comunicano, come ricorda Dario Ianes, in una «Gestalt unitaria». Il PEI per il docente inclusivo diviene, quindi, un presidio imprescindibile in quanto strumento inclusivo capace di combattere ogni azione marginalizzante ed escludente: in tal senso, diviene una pratica strutturale universale in grado di ri-comprendere il soggetto con disabilità, spesso relegato nell’assistenzialismo-custodialismo più deprimente e screditante, un vero e proprio dispositivo formativo finalizzato a restituire autonomia e possibilità di esistenza, intese come autodeterminazione e libera scelta. Se gli ingredienti della rete ecosistemica sono facilmente individuabili nella fluidità, nella retroattività, nella dinamicità, nella comunicazione ricorsiva, ecc., il docente specializzato di sostegno, come esperto della complessità, si trova ad agire in medias res, nel cuore di due o più elementi ecosistemici, che costantemente si definiscono e si ricompongono in una incessante tensione orientata al cambiamento. L’inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali richiede un forte rinnovamento dell’azione didattica per diversificare, in modo flessibile e dinamico, i percorsi d’insegnamento-apprendimento, grazie alla progettazione di itinerari educativo-didattici individualizzati, personalizzati, differenziati, declinati sempre e comunque in ottica integrata e contestualizzata, per oltrepassare le cattive abitudini e i vizi del curricolo standard e le strategie uniformanti one size-it-all (Ianes, Cramerotti e Scapin, 2019). Da tale angolazione prospettica, l’insegnante specializzato è elemento di rottura di visioni stagnanti e obsolete, di tradizionali concezioni pedagogico-didattiche, provocando nuove rivoluzioni culturali, negli stili educativi, nelle modalità didattico-gestionali e organizzative, potenziando l’apprendimento per gruppi cooperativi, la didattica laboratoriale, allo scopo di rileggere contenuti, tempi, luoghi, metodi, risorse, modalità e criteri di valutazione e verifica. Si delinea, quindi, un nuovo professionista inclusivo, in grado di compiere un salto di qualità nell’accogliere e ricevere le narrazioni-storie delle differenti identità degli alunni, accompagnandoli nella complessa e delicata prospettiva della riprogettazione esistenziale e dell’orientamento nel mondo del lavoro.

Un professionista della cura educativa nella progettazione esistenziale

In una prospettiva dinamica e in costante evoluzione, l’attuale PEI-Progetto di vita va interpretato come «laboratorio-palestra» di accoglienza, decodificazione e rivisitazione storico-narrativa dell’alunno in situazione di disabilità, in grado di interrogare i variegati modi di funzionare e di comportarsi, pensare, sentire, essere, di tutti e di ciascun alunno. «Un buon PEI guarda al percorso dell’alunno/a con disabilità attraverso una compresente e divergente ottica: da un lato c’è il “qui e ora” degli apprendimenti e della partecipazione sociale nelle attività attuali della classe frequentata, ma dall’altro lato c’è lo sguardo lungo, prospettico del Progetto di vita, dell’adultità che chiama con voce sempre più forte ogni anno che passa. Sarebbe utile sempre parlare di PEI-Progetto di vita, per aprire spazi progettuali e psicologici, nei vari attori degli ecosistemi, al diventare adulto, all’autodeterminazione e alla vita realizzata e indipendente. Un PEI strabico, che con un occhio guarda all’oggi e con l’altro guarda al futuro» (Ianes, Cramerotti e Fogarolo, 2021, p. 301). In tal senso, l’insegnante specializzato è agente provocatore-innovatore di possibili e alternativi Progetti di vita (Pavone, 2009; Giaconi, 2016; Mura, 2018; Marchisio, 2019; Sidoti, Compagno e Monteagudo, 2020): è un esploratore e orientatore di nuovo senso e significato dell’altrui esistenza, partendo dalle dimensioni fondative degli ambiti di vita e di autonomia dell’alunno con disabilità, riorganizzando opportunità e risorse in prospettiva evolutiva all’interno di un disegno progettuale intenzionalmente definito, rappresentato dal progetto esistenziale. Nell’ottica della trasversalità (Galanti e Pavone, 2020), della verticalità, dell’orizzontalità degli itinerari formativi, nelle attuali, recenti normative, si legittima, in modo ancora più forte l’esigenza di rinnovare la professionalità, il ruolo e le competenze del nostro professionista inclusivo inteso come esperto della rete eco-sistemica capace di armonizzare e di valorizzare la poliedricità delle risorse esistenti all’interno della progettazione integrata. La ridefinizione del Progetto di vita richiede di andare oltre il PEI, per dirigersi verso i luoghi dell’«ulteriorità», del nuovo e del possibile, ovvero verso la riprogettazione-ricomposizione esistenziale di ogni persona, nessuna esclusa. Educare, infatti, non significa guidare il soggetto con bisogni educativi speciali all’interno di percorsi e traiettorie già tracciati, ma partire dalla lettura delle radici più profonde delle particolari storie di vita, accompagnando l’altro, avendone cura (Gaspari, 2021), per offrirgli inedite possibilità e compiere la resiliente esperienza della rigenerata e necessaria apertura rispetto ai mondi circostanti (Recalcati, 2014). L’insegnante specializzato di sostegno, superando le riduzionistiche logiche della sanitarizzazione-medicalizzazione dell’educativo, si propone in modo innovativo e propulsivo come professionista capace di accogliere e di «tessere storie» (Bruner, 2004), negoziando nuovi significati e prospettive di cambiamento ecosistemico della qualità della vita dell’alunno con disabilità, riorganizzando spazi, tempi, risorse formali e informali, sostegni e aiuti capaci di dilatare i limitanti confini del Progetto di vita delle persone più vulnerabili. Il Progetto di vita si presenta come sfondo capace di produrre originali orizzonti di senso e di significato dell’umana esistenza, in quanto «colloca le dimensioni della progettazione, degli obiettivi, del desiderio, delle aspettative e dei programmi in una prospettiva temporale più lunga (il “pensami adulto” e il muoversi verso un’identità adulta) e più ampia, coinvolgendo la famiglia, la comunità, i vari ecosistemi di vita e relazione, nella prospettiva dell’integrazione sociale e lavorativa. Ne esce una progettualità integrata, globale, orientata alla complessità e molteplicità delle dimensioni della vita adulta» (Ianes, Cramerotti e Fogarolo, 2021, p. 13), ove i protagonisti del processo inclusivo svolgono un fondamentale ruolo nell’individuare spazi di capacitazione, evitando ai soggetti con bisogni educativi speciali di chiudersi in riduzionistiche e settorialistiche soluzioni prefabbricate. In questa prospettiva il docente specializzato, in piena sinergia con i colleghi è figura di sistema di fondamentale importanza per potenziare, in tutti gli alunni, compresi quelli con disabilità, le capacità di decidere e di orientarsi nel mondo, autodeterminandosi e intravedendo concrete occasioni di riscatto esistenziale nelle auspicabili direzioni e dimensioni progettuali del «pensami adulto» (Goussot, 2009) caratterizzanti la «cura ricompositiva» (Gaspari, 2008) delle condizioni di vita più fragili. Un progetto pedagogico, autenticamente emancipativo, non può non salvaguardare l’irripetibilità dell’alunno con deficit riconoscendone gli specifici bisogni educativi, grazie alla realizzazione di buone pratiche di cura e di aiuto a elevato gradiente di problematicizzazione degli eventi, evitando il rischio di chiudersi nei vicoli ciechi e aprioristicamente definiti dell’iperspecialismo. Se è vero che la persona va oltre le funzionali evidenze e descrizioni fornite dal modello ICF, sia che vengano considerate nella loro dialettica interazione, o nelle improduttive logiche di frammentazione e di separazione di possibili capacità e competenze, è necessario assumere uno sguardo differente sorretto da una lettura interpretativa decisamente antropologico-sociale e educativa, ove l’alunno con disabilità venga sempre più considerato «come attivo protagonista della sua storia e del suo ri-prendersi cura di sé nel mondo rivendicando a pieno titolo l’esigenza di “narrarsi”, “rapportarsi” ed esserci nei micro e macro contesti sociali di appartenenza, indipendentemente dalle personali e concrete potenzialità e risorse» (Gaspari, 2017b, p. 174). Per il «pathos» derivante dall’esperienza del limite, che non permette alla persona con disabilità di «pensarsi al futuro», è necessario prendersi cura dell’altro, affinché possa ri-orientare le proprie decisioni e azioni esistenziali, riprogettando alternative direzioni di senso per abitare il mondo. Il nostro professionista della cura e dell’aiuto facilita il superamento delle sterili e ingabbianti logiche valutativo-diagnostiche che frequentemente bloccano la vita dell’alunno con deficit per individuare e sostenere nuove e significative forme di ulteriorità, desideri e prospettive. Nell’ottica della mediazione ecosistemica è opportuno camminare insieme agli altri per trovare il giusto ritmo dei passi rispettando limiti, potenzialità e risorse dell’altro, con l’altro. Per non rimanere solo «gettato» nel mondo, come spettatore passivo dell’imprevedibilità della vita, il soggetto con disabilità è tenuto a superare la ritualistica staticità del «già dato», assumendosi, in modo sempre più critico e autodeterminato, il rischio di poter sbagliare prima di incontrare la bellezza della realtà circostante. Accompagnando il «diverso» in modo competente e significativo, nella riprogettazione dell’esistenza è possibile ritrovare la bontà della vita (Mortari, 2021) e il giusto ritmo del camminare nel tempo insieme agli altri, avendo cura del bene individuale, dell’equità formativa e della giustizia. La cura del Progetto di vita dell’alunno in difficoltà oltrepassa i ristretti orizzonti della «gettatezza» heideggeriana (Heidegger, 2017) allargando i confini a un’educazione globale che implica l’impegno di sconfiggere la prospettiva istruttivo-formativa, di natura nozionistica, promossa, soprattutto, all’interno del contesto scolastico, per sostenere la costruzione reticolare e flessibile di un sistema curricolare ed esistenziale integrato, capace di progettare raccordi, mediazioni e interconnessioni con i diversi attori del processo inclusivo. Se tradizionalmente il ruolo dell’insegnante specializzato, insieme a quello dell’intero team docente, era principalmente rivolto a sondare l’efficacia degli apprendimenti grazie all’elaborazione di PEI caratterizzati da una visione formalistico-meccanicistica e lineare, spesso incompleta e avulsa dalla vita, attualmente è doveroso ri-orientare le competenze da mettere in gioco sotto il segno della significatività esistenziale, del meticciamento osmotico, della contaminazione produttiva, della valorizzazione di prospettive complesse, interdipendenti ed ecosistemiche, per ribadire l’indiscusso legame esistente tra PEI e Progetto di vita. In tal senso, «l’approccio narrativo rappresenta un’efficace collante, un paradigma/dispositivo in grado di tessere reti significative tra culture, linguaggi, ambiti disciplinari, dimensioni esplicite e implicite del curricolo “letto” sia nella verticalità che nella orizzontalità della sua peculiare organizzazione integrale e integrata, in quanto consente di riorganizzare un ordine trasversale degli alfabeti culturali, dei saperi, rompendone staticità, immobilismo ed enciclopedismo settoriale e specialistico» (Gaspari, 2020, p. 203), soprattutto, per gli alunni con disabilità e per le fondamentali abilità e competenze di vita che la scuola inclusiva è tenuta a valorizzare.

L’insegnante specializzato come negoziatore e «tessitore» delle particolari storie di vita

L’approccio narrativo è un produttivo linguaggio «orizzontale» capace di promuovere innovative interconnessioni e contaminazioni, sia dal punto di vista didattico-curricolare, fungendo da sfondo integratore in grado di coniugare storie individuali e collettive, sia nella più vasta prospettiva della riprogettazione esistenziale, implicante sempre e comunque, funzionali processi di riproblematicizzazione, contestualizzazione e personalizzazione delle conoscenze. Nel suo offrirsi come strumento altamente formativo nella ricostruzione delle identità e delle dinamiche relazionali tra l’alunno con disabilità e il mondo, la narrazione diviene pratica di cura che consente all’alunno con bisogni educativi speciali di ripartire dai punti-forza e dalle esperienze positive della vita volgendo lo sguardo verso nuovi traguardi, ri-progettando percorsi alternativi capaci di ri-comporre e di ri-visitare il personale Progetto esistenziale, aiutando la persona con deficit a conquistare una maggiore autoconsapevolezza e autodeterminazione (Cottini, 2016; Giraldo, 2019), come sancito dal DLgs 66/2017 e dalle più recenti normative. «La narrazione aiuta a scoprirsi e conoscersi, ascoltandosi, interrogandosi e guardandosi. Conoscere e saper pensare sé stessi è, infatti, una componente essenziale del percorso educativo dell’uomo, che non può prescindere dal comprendere sé stesso per comprendere il mondo e, conseguentemente, agire in esso, costituendosi quale attivo e competente costruttore del suo progetto esistenziale»(Sidoti, 2020, p. 35): narrarsi rappresenta, quindi, l’occasione di cura educativa e trasformativa per la persona con disabilità in modo da restituire identità, forza e rinnovato desiderio di appartenere al mondo. L’insegnante specializzato di sostegno, nella necessaria opera di ridefinizione del ruolo e delle competenze professionali, non può non accogliere le complesse storie di vita degli alunni «diversi», offrendosi come «lettore ermeneutico» dell’altro, per comprenderlo nella sua unicità e globalità e non solo in funzione della oggettiva efficacia-funzionalità terapeutico-diagnostica. Si delinea, quindi, una nuova macro-competenza del docente specializzato, inteso come regista ecosistemico, facilitatore del lavoro di squadra e di rete, esperto nel far gruppo (team building), tessitore di storie e negoziatore in grado di valorizzare il ruolo svolto dalle famiglie, dagli specialisti, dagli operatori del territorio, dai colleghi disciplinari e dai coetanei dell’alunno con disabilità, rivedendo costantemente politiche, culture e pratiche di cura declinate in ottica inclusiva. Ne scaturisce il bisogno di legittimare un nuovo sguardo educativo ecologico-sistemico e antropologico-sociale capace di andare oltre il riduzionismo del dato biologico per attivare proficui percorsi di ricerca e di ripristino di significati nella storicizzazione degli eventi e delle avventure squisitamente umane. L’inclusione implica, pertanto, una complessa azione ecosistemica, intesa come promozione e progettazione culturale, politica e pratica, capace di modificare qualitativamente l’organizzazione dei contesti, riaffermando il pieno riconoscimento degli umani diritti, della democrazia e della giustizia, come fattori imprescindibili per favorire processi di cambiamento nei prioritari luoghi in cui si snoda l’esistenza dell’alunno con deficit. «Il progetto di vita nell’ottica inclusiva sposta completamente il focus attentivo della progettazione curricolare, che non è più collegata unicamente al deficit dell’individuo ma alle interazioni situazionali e ai significati legati a una nuova rappresentazione della disabilità, finalmente avulsa da una prospettiva riduzionistica connessa solo all’ambito personale e immersa nella responsabilità comunitaria condivisa e diffusa che promuove quegli elementi facilitanti capaci di eliminare» (Frolli e Franzese, 2020 p. 145) ostacoli e barriere che impediscono il pieno sviluppo e l’effettiva partecipazione di tutti e di ciascuno. Il contesto sociale orientato all’inclusione, rileggendo le dimensioni prettamente culturali, politiche ed economiche, nonché le direzioni di senso esistenziali, è il fulcro del cambiamento paradigmatico e significativo per elevare la qualità della vita delle persone con disabilità se si rivela capace di rompere la frammentaria e settorializzata pianificazione degli interventi educativo-didattici che lo chiudono in un narcisistico vortice autoreferenziale, impossibilitato a potenziare le interconnessioni esistenti tra le prioritarie agenzie formative. Se la vita è certamente un contesto più vasto e complesso rispetto al Progetto individuale e al nuovo PEI, la relazione d’aiuto è lo scenario produttivo di una positiva e «ulteriore pensabilità» delle storie di vita più difficili e si prefigge lo scopo di mobilitare le risorse personali di ogni educando per affrontare adeguatamente i problemi esistenti, in modo critico e consapevole, attivando risorse resilienti, personale autostima ed efficacia. «La scuola può diventare con l’uso della narrazione luogo di esplorazione di storie, di memorie, di significati condivisi e situati in uno spazio di ascolto rispettoso e attento, complesso snodo di territori sconosciuti quanto stimolanti, aperto alla mediazione, alla reciprocità e alleanza con le famiglie e il territorio. Una mediazione anche individuale, interna, intima, tra emozione e ragione, sogni e realtà, che diventano prospettive e progetti, consapevolezze del presente che sa accogliere, con equilibrio, il passato ma sa, soprattutto, orientarsi al futuro» (Salis, 2018, p. 79). La persona con disabilità deve nutrirsi della presenza di docenti inclusivi capaci di fungere da validi accompagnatori dell’esistenza, che rappresentano vere e proprie bussole orientativo-ricompositive della vita, soprattutto nei momenti di stasi, dolore e solitudine: si tratta di professionisti attenti, affidabili e competenti, esperti «navigatori a vista» nella difficile avventura esistenziale caratterizzata dal saper individuare e interpretare nuovi confini, sentieri, mediazioni, barriere ed elementi facilitatori. Dalle situazioni di bisogno educativo speciale, marginalità e dis-adattamento, ogni essere umano ha tanto da imparare per crescere, evolversi, e ri-progettarsi nel mondo. La consapevolezza dell’esserci, nonostante tutto, unita alla capacità di desiderare ancora, permettono sempre e comunque di scoprire ulteriori e possibili linguaggi di speranza, finalizzati a incontrare concretamente nuovi itinerari esistenziali, alternativi luoghi da abitare e creative risorse da esplorare. L’alunno con deficit non è riducibile alla somma algebrica di anomalie anatomo-funzionali, ma è una storia che ha bisogno di ri-trovarsi, di ri-collegare capacità e competenze al comune senso del vivere con gli altri e per gli altri, per poter individuare, tempi, spazi, desideri ed effettive occasioni emancipative finalizzate a ri-costruire significativamente il personale Progetto di vita. Nella delineata azione di «accompagnamento competente» nel Progetto di vita inclusivo della persona con disabilità e non solo, esistono luoghi da cui partire per sperare di arrivare altrove, incontrando nuovi scenari, attori e orizzonti di vita.

Il tratto più importante dell’inclusione è la reciprocità. Un essere umano può essere incluso in un contesto, umano e sociale, se a sua volta include quel contesto. Gli esseri umani possono essere inclusi in un paesaggio. Ogni essere umano può includere nella sua mente diversi paesaggi. Può abitare un paesaggio ed essere abitato da più paesaggi. Può essere abitato da paesaggi accoglienti e tali da procurare benessere, come da paesaggi ostili. Forse, in uno di quei paesaggi ha messo radici e negli altri è sempre e solo di passaggio [...] il paesaggio ristretto chiude l’orizzonte: non ha prospettive (Canevaro et. al., 2021, pp. 88-89).

Una possibile soluzione è individuabile nel superamento della autoreferenzialità, che non riguarda una specifica categoria di soggetti, ma assume una dimensione universale all’interno della quale la rivisitazione del Progetto di vita (Sidoti, 2020) diviene impegno costante e riflessivo per rileggere l’esistenza, in termini di qualità, di tutti e di ciascuno. Il Progetto di vita, che non è assolutamente da considerare come appendice residuale del PEI, oltrepassa i limiti del formalismo burocratico e l’intrinseca prescrittività di codici, registri e domini contenuti all’interno dell’«ipotetico» nuovo PEI, per legittimarsi come luogo della possibilità, delle risorse, dell’immaginazione produttiva, della creatività progettuale, dell’infaticabile ricerca di senso: la narrazione si identifica col Progetto di vita stesso, come strumento di testimonianza della storia della persona con disabilità inclusa nella più vasta rete ecosistemica sociale e culturale di riferimento.

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1 Professore Ordinario in Didattica e Pedagogia Speciale, Dipartimento di Studi Umanistici, Università «Carlo Bo» di Urbino.

2 Università «Carlo Bo» di Urbino.

3 Si veda il Decreto Interministeriale n. 182/2020 e le «Linee Guida per la stesura del nuovo PEI»; il Decreto Legislativo del 13 Aprile 2017, n. 66 e le «Disposizioni integrative e correttive» descritte nel Decreto Legislativo del 7 Agosto 2019, n. 96.

4 Il termine utilizzato deriva dalla ricerca effettuata sulla metabletica, intesa come scienza del cambiamento, illustrato ampiamente nei suoi lavori da Duccio Demetrio (1990). In tal senso il docente specializzato di sostegno per favorire processi realmente inclusivi non può non adottare culture, politiche e pratiche di cambiamento.

5 Si veda, tra gli altri, Johnson e Holubec, 1996; Comoglio, 1999; Martinelli, 2017.

6 Si veda, tra gli altri, Munaro e Cervellin, 2016; Topping, 2014; Pellai, Rinaldin e Tamburini, 2002.

7 Si veda, tra gli altri, Maglioni e Biscaro, 2014; Rossi, 2017; Cecchinato e Papa, 2017.

Vol. 21, Issue 3, September 2022

 

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