Vol. 20, n. 4, novembre 2021

PROGETTI E BUONE PRASSI

Il gioco nella didattica come inclusione e accoglienza

Cecilia Angelelli1 e Daniele Giberti2

Sommario

In questa esperienza didattica abbiamo introdotto in una scuola superiore di secondo grado l’approccio ludico, spesso associato prevalentemente a un contesto più infantile; lo scopo, peraltro raggiunto, è stato quello di favorire l’inclusione e la conoscenza reciproca all’interno del gruppo classe.

Parole chiave

Gioco, Didattica, Inclusione, Accoglienza, Giocare Imparando, Gioco Da Tavolo, Scuola Superiore Di Secondo Grado.

PROJECTS AND BEST PRACTICES

Play learning as chance of inclusion and hospitality

Cecilia Angelelli3 and Daniele Giberti4

Abstract

In this didactic experience we introduced the playful approach to a secondary school, which is often associated with a more infantile context, in order to encourage the inclusion and the making of the group.

Keywords

Play, Didactics, Inclusion, Hospitality, Play Learning, Board Game, High School.

Introduzione

Contesto

L’esperienza di gioco didattico, denominata «Breaking Ice», è stata pensata per il contesto scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore Francesco Selmi, un Tecnico Indirizzo Chimica, Materiale e Biotecnologie di Modena.

Il progetto è stato rivolto a otto classi prime (per un totale di 213 studenti) e si è svolto durante le prime settimane di scuola. In quattro di queste classi eravamo docenti curricolari. Le dinamiche di classe erano acerbe e i legami tra i ragazzi ancora in fase di definizione.

Il progetto è nato a seguito di due premesse cruciali: la mancanza di un progetto di accoglienza ben definito e la consapevolezza che gli alunni avevano appena affrontato gli ultimi mesi del terzo e ultimo anno della Scuola Secondaria di primo grado attraverso la Didattica a Distanza, a causa delle normative anti-covid.

Questa particolare situazione ha reso ancora più importante un progetto di accoglienza che ricostruisse e rafforzasse efficacemente le relazioni sociali e interpersonali degli alunni, fortemente indebolite dagli eventi dell’anno scolastico trascorso, e consentisse loro di approcciarsi al nuovo ciclo di studi con delle basi relazionali più solide. Uno degli obiettivi fondanti dell’esperienza, infatti, era quella di far sì che i ragazzi si conoscessero, cominciando a creare quel gruppo classe che sarebbe poi stato fondamentale nei mesi e anni a seguire.

Oltre alla fase di conoscenza reciproca, ci si è posti anche l’obiettivo di introdurre i primi fondamenti della chimica e alcune tematiche portanti del percorso di studi d’indirizzo, utilizzando sempre un approccio divertente e ludico.

Esperienze pregresse: il Modena Play e il «Murder Party»

Tale progetto, oltre che nascere dalle esigenze sopra evidenziate, si è fatto forza anche di una serie di esperienze e progetti pregressi, essenziali a consolidare le competenze necessarie alla realizzazione dello stesso: il Play Festival del Gioco, ormai conosciuto a livello internazionale come Modena Play, è stato fonte di ispirazione e di arricchimento anno dopo anno. Negli ultimi quattro anni, oltre ad aver seguito corsi di aggiornamento sul gioco come strumento didattico, abbiamo accompagnato alla Fiera le nostre classi, iscrivendole a diverse iniziative proposte da Memo – Play Res, tra cui LARP (giochi di ruolo dal vivo, a fini educativi) e giochi da tavolo con scopi didattico-educativi. La risposta dei ragazzi è sempre stata molto positiva, e questo ci ha portato a sviluppare un primo gioco didattico: il board-game «Murder Party», un’esperienza multidisciplinare a squadre, basata sulla logica matematica e linguistica, progettata e poi messa in pratica nell’anno scolastico 2019-2020, ricevendone riscontri molto positivi.

È stato attraverso queste iniziative che a poco a poco ha preso piede l’idea di un progetto di accoglienza e inclusione basato sul gioco.

Nascita e sviluppo di Breaking Ice

Nell’ideazione e nello sviluppo di Breaking Ice, è emerso subito chiaramente che ci si sarebbe dovuti muovere su più fronti. L’inclusione e la conoscenza reciproca avrebbero dovuto ricoprire un ruolo chiave nelle dinamiche del gioco, ma allo stesso tempo l’esperienza avrebbe dovuto essere coinvolgente e divertente. Il gioco, come esperienza, avrebbe offerto un panorama di possibilità circoscritte e in questo modo più facilmente osservabili e misurabili che non in un’esperienza di accoglienza basata su un modello «sandbox» (senza limitazioni).

Un’altra problematica riguardava la natura competitiva del gioco: escludere in toto la competizione sembrava una soluzione estrema, perché avrebbe sicuramente aiutato una maggiore collaborazione ma avrebbe smorzato anche la voglia di partecipare cercando di dare il massimo e lasciandosi coinvolgere dall’esperienza. La soluzione migliore, di conseguenza, è stata quella di formare delle squadre e di stimolare il lavoro peer to peer. In questa maniera gli alunni sono stati costretti a studiare in poco tempo delle dinamiche di collaborazione proattiva divertente e stimolante, ritagliandosi dei ruoli specifici (sotto suggerimento dei supervisori) e assumendosi di conseguenza specifiche responsabilità nei confronti del gruppo. Allo stesso tempo, la possibilità di confrontarsi coi compagni, ha ridotto notevolmente il fenomeno di «ansia da prestazione» del singolo. Inoltre, oltre al gioco a squadre, l’esperienza prevedeva un gioco collaborativo in parallelo: in questo modo anche le squadre che durante la partita si fossero trovate in difficoltà, avrebbero comunque potuto contribuire a una vittoria collettiva del gruppo classe.

Una volta stabilita la modalità a gruppi, ci si è preoccupati di rendere il gioco chiaro e fruibile a tutti, attraverso un regolamento semplice e sintetico, tempi ben definiti per ogni fase dell’esperienza, obiettivi condivisi e variabili di gioco finite (in questo aspetto l’esperienza si differenzia notevolmente dai canonici lavori di gruppo).

Le minime conoscenze di base necessarie ad affrontare il gioco sono state comunque approfondite all’inizio dell’esperienza con un video essenziale e spiritoso, in modo da assicurarsi che la sfida fosse alla portata di tutti.

La competizione tra le diverse squadre è stata pensata idealmente come dinamica costruttiva: è stata esclusa la possibilità di ostacolarsi e non sono state previste penalità. Il punteggio finale avrebbe premiato la capacità di collaborare, la responsabilizzazione del singolo all’interno del gruppo, la fiducia nelle capacità dei propri compagni di squadra e la coordinazione del gruppo nel suo insieme.

Con queste premesse, Breaking Ice è stato pensato come un gioco alla portata di tutti, con regole chiare e obiettivi condivisi, stimolante la collaborazione, la fiducia reciproca, la responsabilizzazione del singolo e l’inclusione attraverso un processo divertente e stimolante.

Breaking Ice: rompiamo il ghiaccio!

Breaking Ice è un gioco che si suddivide in più fasi:

  • una prima fase di conoscenza e memorizzazione di specifici interessi dei compagni di classe;
  • una seconda fase di gioco a squadre in cui, ricordando gli interessi dei compagni, si guadagnano pacchetti di atomi virtuali e con questi si costruiscono molecole e piante bonsai;
  • una fase finale, cooperativa, nella quale il gruppo classe si adopera per salvare il pianeta grazie alle piante create precedentemente.

Modalità di gioco

Materiale di gioco

Tutto il materiale di gioco è stato autoprodotto.

Una problematica è stata quella di utilizzare e fornire materiale ai ragazzi nel rispetto delle norme anti-covid. A tal proposito sono stati stampati i fogli con la sintesi del regolamento, con la sintesi dei punteggi, e con il materiale di lavoro (i «pacchetti di atomi»), uno per ogni alunno. I singoli membri delle squadre erano distanziati ma potevano comunque parlare tra loro per decidere la strategia di gioco.

Ogni alunno aveva a disposizione un foglio e una biro, oltre che eventuali strumenti di supporto, se ritenuti necessari (calcolatrice).

Infine, per l’estrazione delle domande e dei pacchetti di atomi in maniera aleatoria, sono stati distribuiti dei dadi per ogni squadra.

Introduzione al gioco: video e regolamento

Il warm-up ha previsto un video sintetico e spiritoso per spiegare il regolamento del gioco (il video può essere visionato al seguente link: https://youtu.be/TnJuSFLqHH4) e garantire un ripasso delle conoscenze di base, dopodiché i supervisori hanno fornito il materiale di gioco agli alunni, formato le squadre e spiegato come affrontare le fasi successive. Per fare entrare la classe nello spirito giocoso, le squadre dovevano provare a urlare assieme «Bob, il baobab bonsai», la mascotte del gioco; la stessa cosa doveva essere ripetuta ogni volta che una squadra fosse riuscita a ottenere una piantina con le molecole composte.

Prima fase di gioco: conoscenza

La prima fase di gioco ha avuto come obiettivo principale la conoscenza della classe. Ogni alunno doveva rispondere a tre domande (naturalmente sostituibili con altre di natura simile) di un questionario online, realizzato con Google Moduli e accessibile tramite QR-code:

  • qual è la tua serie televisiva preferita?
  • qual è un cibo che non ti piace?
  • qual è il tuo passatempo preferito?

Una volta compilato il questionario e proiettati gli esiti alla lavagna, ogni squadra ha avuto un ridotto lasso di tempo (cinque minuti) per memorizzare quante più informazioni possibili su tutti i componenti delle squadre avversarie.

Già in questa prima fase, sono emerse strategie collaborative costruttive: le squadre che si si sono organizzate suddividendosi le informazioni da memorizzare hanno poi ottenuto migliori risultati nella seconda fase del gioco, dove è stata fondamentale una buona memoria e conoscenza delle risposte al questionario.

Seconda fase: pacchetti di atomi e bonsai

La seconda fase del gioco, suddivisa a turni e più lunga, ha consentito alle diverse squadre di guadagnare punti e scalare la classifica per decretare infine i vincitori del gioco.

A ogni gruppo è stato chiesto di ricordare le tre risposte al questionario di uno degli altri alunni della classe, estratto a caso. Per ogni informazione che veniva ricordata, la squadra otteneva gli atomi necessari per costruire delle molecole essenziali alla crescita delle piante sulla Terra. Naturalmente, vista la necessità di rispettare le norme anti-covid, tutte le componenti «chimiche» (atomi, molecole, bonsai) sono guadagnate «virtualmente» e segnate sui fogli della squadra.

Sia le molecole che il bonsai si traducono in un punteggio per la squadra: quante più molecole e bonsai si riescono a formare tanti più punti si totalizzeranno. Utilizzare gli atomi senza preoccuparsi delle quantità necessarie è un po’ come preparare una torta senza preoccuparsi di avere tutti gli ingredienti. Il modo migliore per ottenere il maggior numero di molecole e, di conseguenza, il maggior numero di bonsai, è calcolare e calibrare l’utilizzo dei singoli atomi durante il corso di tutta la partita.

Anche in questa seconda fase è importante la suddivisione dei ruoli: è necessario che alcuni alunni abbiano ben memorizzato le informazioni della prima fase di gioco, o che, saggiamente, si siano preoccupati di mettere nero su bianco quello che ricordavano alla fine della fase di memorizzazione. Altri sono poi impegnati nel conteggio e nell’utilizzo dei pacchetti di atomi; ma così come c’è chi si preoccupa di ottenere il massimo punteggio possibile, c’è anche chi si preoccupa che nessun atomo rimanga inutilizzato. Infine, c’è chi, attentamente, controlla il totale delle molecole così ottenute, per avvisare i supervisori non appena la squadra ha accumulato tutte le molecole necessarie a far nascere un bonsai.

Fine del gioco: si vince tutti!

Una volta esaurite le domande del questionario, il gioco finisce. Il numero e il tipo di molecole ottenute da ogni squadra e il numero di bonsai determinano il punteggio totale. In questo modo è possibile valutare l’operato di ogni squadra: chi avrà saputo mettere a frutto al meglio le abilità richieste?

Nonostante la competizione intrinseca, però, è importante inserire una seconda modalità di gioco collaborativa, parallela alla prima: il numero totale di bonsai ottenuti da tutte le squadre insieme determina quanto il gruppo classe nel suo complesso sia riuscito a migliorare le condizioni ecologiche del pianeta Terra.

Figura 1

Grafico delle fasi di gioco. Dopo una prima fase di spiegazione del gioco (figura 1a), si passa alla fase di gioco individuale: viene sottoposto un questionario condiviso con gli studenti attraverso QR-code (il codice mostrato è scansionabile e rimanda alla pagina del questionario); gli studenti sono invitati a rispondere a domande sulle proprie preferenze ad esempio su cibo, serie TV e hobby o sport (figura 1b). Le risposte del questionario vengono tabulate e proiettate in modo che gli studenti possano memorizzare le preferenze dei compagni (figura 1c). A questo punto si passa alla fase di gioco a squadre, durante la quale i giocatori, se riescono a ricordare le risposte fornite al questionario dai compagni, ricevono pacchetti di atomi, con i quali devono costruire composti chimici essenziali alla vita e, successivamente, piantine (figura 1d). Nell’ultima fase di gioco, oltre a verificare i punti ottenuti con la costruzione delle molecole e delle piantine dalle varie squadre, si mostra anche il miglioramento delle condizioni della Terra che la classe ha prodotto grazie alla crescita delle piantine (figura 1e). Il QR-code è stato ottenuto sul sito https://www.qr-code-generator.com/.

Debriefing (riflessione finale)

L’ultima fase dell’esperienza è stata organizzata in modalità di debriefing: oltre che a chiedere un riscontro «a caldo» sull’esperienza, i ragazzi hanno analizzato e rielaborato i punti fondanti alla base del gioco. In primis, si è fatto un parallelo tra l’approccio individuale al gioco e l’approccio scolastico, sottolineando in particolar modo l’importanza di:

  • autovalutazione sui livelli individuali di memorizzazione e ragionamento logico;
  • organizzazione del lavoro;
  • costanza e determinazione ai fini del successo;
  • collaborazione e importanza della diversità per il raggiungimento di un obiettivo comune.

Trovandosi in una situazione nuova per tutti, il paragone fra pari ha portato i ragazzi a conoscere meglio le proprie potenzialità, le proprie debolezze e le proprie abilità relazionali e sociali. Secondariamente sono stati sottolineati gli aspetti strategici e collaborativi che risultano vincenti all’interno di una dinamica simile: l’organizzazione iniziale all’interno dei gruppi, la suddivisione dei compiti, la collaborazione e la responsabilizzazione di ogni membro della squadra.

Risultati

Obiettivi osservabili

Il progetto Breaking Ice ha coinvolto ciascuna classe per un totale di due ore, comprensive di presentazione del gioco, prima e seconda fase, fase finale e debriefing. Gli obiettivi osservabili, per quanto evidenti, sono altresì risultati difficilmente misurabili, sia per il ridotto tempo a disposizione sia perché si è trattata di un’esperienza autoconclusiva.

L’obiettivo di conoscenza della classe ha sicuramente dato i risultati sperati: l’originalità delle domande nel questionario ha avvicinato alunni che apparentemente non avevano tra loro nulla in comune e ha fatto emergere interessi e attitudini altrimenti latenti e sconosciute.

L’obiettivo di inclusione è stato raggiunto sia attraverso l’esperienza di gruppo, dove ogni singolo ragazzo aveva compiti e ruoli ben precisi da svolgere, pena un rallentamento e malfunzionamento dell’intera squadra, sia attraverso la competizione costruttiva che ha coinvolto in maniera dinamica l’intero gruppo classe. In ultimo, l’obiettivo comune della parte di gioco collaborativa ha spinto tutte le squadre a impegnarsi fino alla fine, anche se in svantaggio rispetto ad altre.

In generale si sono andate a creare le basi per la formazione di un solido gruppo classe, introducendo tra l’altro i primi concetti base delle materie di indirizzo e dando la possibilità agli alunni di autovalutarsi attraverso un confronto tra pari.

Osservazione delle dinamiche delle classi

Oltre che agli obiettivi prestabiliti, sono emerse una serie di dinamiche all’interno delle diverse classi che può essere interessante sottolineare e analizzare, tenendo comunque presente che una singola esperienza di gioco didattico difficilmente sarà in grado di identificare e codificare queste dinamiche in maniera esaustiva.

È a tal proposito risultato frequente che un soggetto in partenza tendenzialmente «oppositivo» —magari scettico nei confronti dell’esperienza, o poco interessato, o semplicemente distratto — se sufficientemente responsabilizzato e coinvolto, si dimostrasse in seguito molto più disposto a mettersi in gioco e a trascinare elementi più «passivi» della sua stessa squadra. Addirittura, si è notato come, più la squadra di appartenenza si mostrava priva di iniziativa, più il soggetto inizialmente «oppositivo» tendeva a trasformarsi in un elemento «positivo» e «propositivo» all’interno del gruppo stesso.

Non sempre però si è riusciti a coinvolgere nella stessa percentuale tutti i soggetti dell’esperienza: sono emerse fortissime differenze caratteriali, e dove alunni hanno mostrato grande determinazione e coinvolgimento, altri non sono riusciti a fare altrettanto e si sono adagiati in un atteggiamento rinunciatario, lasciando che fossero i compagni di squadra a portare a termine il gioco. Nel debriefing si è ritenuto importante sottolineare anche queste differenze, affinché pian piano maturasse anche nei soggetti stessi la consapevolezza di queste differenze comportamentali.

Un’ultima osservazione è stata relativa alla presenza molto frequente della figura del «leader» del gruppo. In un modo o nell’altro, quasi sempre una persona tra i componenti della squadra emergeva per intraprendenza e spirito di iniziativa: ove questi erano indirizzati in maniera positiva e coordinata, il gruppo funzionava al suo meglio, i risultati gratificavano i ragazzi e la squadra riusciva a capitalizzare le potenzialità di ciascuno. Dove invece la voglia di essere «il capo» non si concretizzava nella reale capacità di coordinare un gruppo e di prendere le decisioni migliori al momento giusto, l’intera squadra si trovava ben presto in confusione e incerta sul da farsi.

Tutte queste osservazioni, sicuramente molto più evidenti a un occhio esterno, avrebbero meritato un approfondimento molto più dettagliato e un’analisi attraverso un confronto con la classe più approfondito. Per fare ciò serviranno esperienze ripetute e sicuramente più tempo a disposizione.

Strategie utilizzate

Un altro aspetto molto interessante da analizzare sono state le diverse strategie messe in atto dalle diverse squadre: come organizzarsi per memorizzare il massimo numero di informazioni nel minor tempo possibile durante la prima fase di gioco, come suddividere i compiti per evitare di confondersi reciprocamente nella seconda fase. A volte chi ha saputo trovare le strategie migliori all’inizio ha poi avuto maggiori difficoltà successivamente, altre volte è successo l’esatto opposto. Anche relativamente a questo aspetto, i gruppi che hanno saputo coordinarsi e organizzarsi per compiti e ruoli in maniera chiara e condivisa, hanno mediamente ottenuto i risultati migliori, anche a discapito dei gruppi potenzialmente più «intuitivi» e «rapidi».

Figura 2

Immagine che contiene testo, interni Descrizione generata automaticamente

Momenti di gioco. Nella foto a sinistra si mostra il momento di memorizzazione delle risposte dei compagni, momento di grande concentrazione della fase individuale; nella foto a destra una squadra è alle prese con il conteggio degli atomi per costruire le molecole.

Risultati dei questionari

Nella settimana successiva all’esperienza, sono stati somministrati dei questionari anonimi online per avere un riscontro da parte dei ragazzi relativo all’iniziativa del gioco didattico. I giudizi e i commenti sono stati nella quasi totalità molto positivi ed entusiasti, ma va detto che il modello di questionario somministrato non era ottimizzato per il gioco stesso. Sarebbe sicuramente stato più interessante avere la possibilità di essere più specifici e dettagliati, in modo da poter analizzare in maniera più costruttiva i feedback degli alunni.

Figura 3

Esempi di risposte ottenute nei questionari di gradimento sottoposti agli studenti al termine dell’attività di accoglienza.

Conclusioni

Dall’esperienza maturata con Breaking Ice, sono emerse una serie di considerazioni conclusive molto interessanti che potrebbero aiutare a migliorare il progetto e a suggerire metodi di approccio per iniziative similari.

Con questa esperienza abbiamo verificato che i contesti migliori in cui sperimentare il gioco sono quelli in cui l’obiettivo non è la trasmissione di contenuti ma l’acquisizione e il miglioramento di competenze quali il lavoro di gruppo e il problem solving.

Un limite di questo tipo di esperienze è che necessitano della presenza di supervisori competenti. Non è scontato che la stessa esperienza possa essere riproducibile in qualunque contesto e con supervisori che non hanno avuto modo di conoscere il gioco precedentemente.

Si è inoltre sentita fortemente la necessità di rendere l’esperienza una «tappa» all’interno di un processo di crescita dei singoli alunni e del gruppo classe nel suo complesso. È stato un esperimento ben riuscito ma in quanto tale non può considerarsi esaustivo. L’inclusione, l’accoglienza, i rapporti interpersonali, la responsabilizzazione del singolo, la collaborazione all’interno di un gruppo, la capacità di coordinarsi, l’autovalutazione, il confronto tra pari, sono tutti processi complessi che richiedono tempo e feedback continui e che devono essere adattati di volta in volta alla situazione specifica.

A tal proposito, ci si è trovati spesso di fronte a problemi logistici dovuti alla non conoscenza della classe. In alcune situazioni la risposta è stata da subito positiva e attiva, in altre meno, ed è necessario un processo di conoscenza e avvicinamento per comprendere meglio le dinamiche di gruppo che si stanno andando a formare e per guadagnare la fiducia degli alunni. Così facendo, si potrebbe ovviare anche a una seconda problematica emersa durante lo svolgimento del progetto, ovvero la scelta dei gruppi: nell’esperienza sopradescritta questa avveniva in maniera forzatamente aleatoria, mentre sarebbe interessante e costruttivo poter avere a disposizione più elementi per formare dei gruppi eterogenei e funzionali agli scopi prefissati.

Un’altra considerazione è relativa al punteggio finale. È emerso il dubbio che fosse preferibile fornire ai gruppi il calcolo dei punti solo alla fine della prova, per evitare di demotivare i gruppi più in difficoltà. È comunque una possibilità da considerare con cautela, perché potrebbe anche produrre l’effetto opposto in chi ha bisogno di uno stimolo competitivo per dare il meglio di sé.

Come anticipato, anche il questionario finale andrebbe rivisto e reso più aderente all’esperienza vissuta. Sarebbe importante e costruttivo avere un feedback il più dettagliato possibile per poter applicare consigli, critiche e suggerimenti al progetto stesso.

Infine, anche se impossibile a causa delle attuali normative anti-covid, si è sentita tantissimo la mancanza di un gioco più touchable, più concreto. Si è cercato di ovviare a tale mancanza attraverso disegni, alcuni stampati per i ragazzi, altri proiettati su schermo durante l’attività, ma avere la possibilità di «toccare con mano» atomi, molecole e bonsai, il prodotto del proprio lavoro, insomma, avrebbe enormemente giovato a un coinvolgimento ottimale e a un’esperienza memorabile.

Per sintetizzare: l’esperienza del gioco didattico come strumento inclusivo e di conoscenza è risultata non solo estremamente positiva e soddisfacente per tutti i soggetti coinvolti, ma più in generale, l’utilizzo del «gioco» come forma di accrescimento personale e di gruppo è emersa nella sua forza ed efficacia. Le potenzialità di tale mezzo sono ancora in gran parte da esplorare e sarà sicuramente essenziale farlo nei prossimi anni per concretizzare uno strumento virtualmente essenziale per la crescita e lo sviluppo dei giovani e dei giovanissimi impegnati in un percorso formativo tradizionale. E, chissà, forse non solo per loro.

Bibliografia

Benassi A. (2019), Escape room a scuola: ambienti fisici e virtuali per l’apprendimento, «Italian Journal of Educational Technology», vol. 27, n. 2, pp. 174-185.

Bottani R. (2020), L’apprendimento nascosto: i giochi da tavolo per lo sviluppo di competenze trasversali nella scuola media, Tesi (Master), SUPSI – Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana.

Cottini L. (2017), Didattica speciale e inclusione scolastica, Roma, Carocci.

Franco R. (2018), La didattica attiva per l’insegnamento delle scienze nelle scuole superiori, Vignate, Lampi di stampa.

Ligabue A. (2020), Didattica Ludica. Competenze in gioco, Trento, Erickson.

Nesti R. (2017), Game-Based Learning: gioco e progettazione ludica in educazione, Pisa, ETS.

Sassoon J., Maestri A. e Polsinelli P. (2015), Giochi da prendere sul serio. Gamification, storytelling e game design per progetti innovativi, Milano, FrancoAngeli.

Zadra F. (2014), Convivere nella diversità. Competenze interculturali e strumenti didattici per una scuola inclusiva, http://www.icsbuonarroti.edu.it/images/2019.2020/formazione/academia/Convivere_nella_diversita._Competenze_in.pdf (consultato il 4 novembre 2021).


1 Dottoressa in Biotecnologie e Biologia e docente in Scienze Naturali. Scuola Secondaria Superiore «IIS F. Selmi», Modena.

2 Dottore in Ingegneria e docente in Tecnologie e Tecniche di rappresentazione grafica. Scuola Secondaria Superiore «IIS F. Selmi», Modena.

3 Secondary School «IIS F. Selmi», Modena.

4 Secondary School «IIS F. Selmi», Modena.

Vol. 20, Issue 4, November 2021

 

Back