Vol. 1, n. 2, ottobre 2024

Prospettiva postumanista sullo sviluppo giovanile nello sport

Implicazioni pratiche

Matteo Giuriato1

Sommario

Questo articolo reimmagina lo sviluppo dello sport giovanile attraverso una lente post-umanista. Andando oltre i tradizionali modelli incentrati sull’uomo, propone un quadro che enfatizza la collaborazione, il lavoro di squadra e la relazionalità. Concetti come «intra-azione» sfidano l’idea di individui isolati e propongono lo sviluppo come una continua co-creazione tra giocatori, allenatori e persino l’ambiente. L’articolo esplora le applicazioni pratiche, tra cui i giochi cooperativi, l’allenamento basato sulla natura e l’uso della tecnologia indossabile per un feedback personalizzato, dando la priorità all’apprendimento sociale e all’interazione umana. Questo nuovo approccio apre la strada a uno sviluppo giovanile più inclusivo e olistico nel campo dello sport.

Parole chiave

Postumanismo, relazioni, life skills, collaborazione, inclusione.

Posthumanist perspective on youth development in sport

Practical implications

Matteo Giuriato2

Abstract

This article reimagines the development of youth sport through a post-humanist lens. Moving beyond traditional human-centred models, it proposes a framework that emphasises collaboration, teamwork, and relationality. Concepts like «intra-action» challenge the idea of isolated individuals and propose development as a continuous co-creation between players, coaches, and even the environment. The article explores practical applications, including cooperative games, nature-based training, and the use of wearable technology for personalised feedback, prioritising social learning and human interaction. This new approach paves the way for more inclusive and holistic youth development in the field of sport.

Keywords

Posthumanism, relationships, life skills, collaboration, inclusion.

Introduzione

Lo sviluppo positivo dei giovani (SPG) è stato per oltre due decenni un quadro di riferimento popolare per lo studio dello sviluppo psicosociale dei giovani (Bruner et al., 2022). Come alternativa approcci focalizzati sul problema che vedono i giovani come mali sociali da gestire, il quadro del SPG si basa su concezioni basate sui punti di forza, che collocano i giovani come risorse di valore all’interno delle loro comunità e della società in generale. Lo SPG, come quadro di riferimento per la ricerca, è nato all’inizio degli anni ’90, ispirato dal movimento della psicologia positiva che enfatizza i punti di forza, le capacità e le qualità dei giovani piuttosto che concentrarsi sulle loro difficoltà e sfide (Lerner, 2004). Grazie alla sua attenzione alle dinamiche relazionali, il quadro SPG ha permesso ai ricercatori di apprezzare come le interazioni con l’ambiente influenzino la capacità dei giovani di prosperare e diventare membri produttivi della società. Nonostante i suoi numerosi meriti, alcuni ricercatori sportivi hanno sostenuto la necessità di evolvere la nostra comprensione di come si colloca lo «sviluppo» nel quadro dello SPG e di riconsiderare i tipi di risultati che vengono ricercati, in particolare lo spazio preponderante occupato dal discorso sulle life skills e la sua attenzione ristretta alla funzionalità normativa e alla produttività economica (Kochanek e Erickson, 2020). Il quadro di riferimento dello SPG è teoricamente ancorato alle teorie dello sviluppo relazionale e dei sistemi ecologici, nonché alla teoria del rischio e della resilienza.

Tema post-umanista

L’argomentazione postumanista è ancorata all’ontologia realista agenziale di Barad (2007), esemplificata dalla rottura dei binari, dal decentramento del soggetto umano e dalla ridistribuzione dell’agency attraverso l’impegno per la relazionalità, la materialità e la continuità dell’esistenza. Il realismo agenziale come approccio ontologico intende quindi disturbare e problematizzare le fissazioni umanistiche sulle categorizzazioni antropocentriche. Propone concettualizzazioni affermative del mondo che agiscono come un divenire dell’umanesimo, rendendo conto dell’esistenza che si materializza attraverso relazioni umane e non umane (Murris e Reynolds, 2023). Gli approcci contemporanei nella ricerca sportiva sono intrinsecamente umanisti, in quanto mettono al centro il soggetto umano e limitano l’indagine allo studio dello sviluppo umano. Negli ultimi due decenni, la ricerca sui SPG nel contesto dello sport è stata in gran parte omogeneizzata attraverso libri di testo, programmi, modelli e scale convalidate (Cronin e Allen, 2017)exploratory structural equation modeling (ESEM che circoscrivono lo sviluppo entro rigidi parametri normativi. Da un punto di vista postumanista, confinare in modo ristretto ciò che conta come «sport» e «sviluppo» sopprime le possibilità di pensare, agire e muoversi in modo diverso. Alla luce di questi problemi, vengono avanzate due argomentazioni per impiegare il pensiero postumanista come manovra ontologica strategica che consente di aprire passaggi alternativi per la ricerca sullo sviluppo giovanile.

Il primo argomento riguarda lo spostamento del realismo agenziale dall’interazione all’intra-azione (Camiré, 2023). L’interazione è pensata come due o più oggetti in reciproca influenza che reagiscono l’uno all’altro. Dal punto di vista concettuale, la nozione di interazione è quindi ancorata all’ipotesi che gli oggetti esistano prima delle relazioni. La modellizzazione del SPG nella ricerca sullo sport dà per scontate le nozioni di interazione che costituiscono la base delle teorie dello sviluppo relazionale e dei sistemi ecologici (Overton, 2013). In particolare, si ipotizza che lo sviluppo nasca attraverso interazioni bidirezionali persona-contesto che si verificano in sistemi vicini/lontani che si evolvono nel tempo. In questa logica, lo sviluppo è il prodotto finale delle interazioni adattive tra gli individui e le loro ecologie, che consentono agli individui di ottenere risultati nello sport e di prosperare nella società (Lerner e Schmid Callina, 2014). L’attenzione alle interazioni è prevalente nella ricerca sullo sport, come dimostrano i principi e le ipotesi di lavoro che definiscono i modelli di SPG specifici per lo sport. Da un punto di vista postumanista, è problematico considerare lo sviluppo come il prodotto finale di interazioni che si verificano tra esseri umani e ambienti preesistenti, perché l’esistenza è sempre già reciprocamente costitutiva. In un’ontologia realista agenziale, si dà la precedenza alla separazione agenziale (cioè, io collego quindi sono; taglio insieme-parte) rispetto alla separazione cartesiana (cioè, io penso quindi sono; divisione natura-cultura). Inoltre, ci sono dei limiti nel considerare l’agency come qualcosa che gli esseri umani possono intenzionalmente impiegare per regolare le loro interazioni con l’ambiente, perché l’agency è sempre una forza condivisa umana/non umana (Ulmer, 2017). Piuttosto che pensare alle relazioni come interazioni tra entità distinte (cioè, individuo e ambiente), Barad (2007) ha sostenuto che dovremmo considerare le relazioni come intra-azioni definite dal loro intreccio (cioè, individuo ↔ ambiente), con la doppia freccia che indica come i due concetti siano reciprocamente costitutivi nel loro divenire. Nel realismo agenziale, l’intra-azione è un neologismo non dualistico che esprime l’intrinseco intreccio di tutto ciò che esiste, per cui le entità non preesistono alle relazioni, ma vengono ad essere attraverso il modo in cui si relazionano l’una con l’altra.

In poche parole, nulla esiste al di fuori delle relazioni. La nozione di interazione viene così sostituita con intra-azione, che colloca gli esseri umani e l’ambiente come sempre reciprocamente responsabili nel rendere possibile e capace l’altro (Murris e Reynolds, 2023). Una lente postumanista che sostituisce l’interazione con l’intra-azione elimina la necessità di binari inerenti al pensiero dei SPG che separano artificialmente (ad esempio, positivo/negativo, giovani/adulti, riduzione del deficit/promozione del patrimonio). Il passaggio dall’interazione all’intra-azione ha quindi implicazioni di vasta portata per il quadro dei SPG, che richiedono un ripensamento fondamentale della base stessa degli attuali sforzi di modellizzazione. Il secondo argomento è una continuazione del primo e riguarda la necessità di re immaginare la natura stessa di ciò che consideriamo sport e sviluppo. Nella ricerca sullo sport, il passaggio dall’interazione all’intra-azione impone inevitabilmente un ripensamento fondamentale delle domande di ricerca che poniamo (per esempio, che cos’è il SPG in un mondo definito dall’intra-azione?), delle indagini che conduciamo (per esempio, passando dagli interventi agli intra-interventi) e del modo in cui trattiamo i dati (per esempio, passando dall’analisi al tracciamento diffrattivo) quando esploriamo ciò che lo sport fa nella vita dei giovani (Camiré, 2023). In una lente postumanista, lo sport non ha bisogno di essere delimitato da regole rigide e delineato nello spazio/tempo per creare strutture commercializzate in cui le competizioni sportive possono avere luogo (Camiré, 2023). Al contrario, lo sport è visto come un fare relazionale aperto che comprende una varietà di culture basate sul movimento in cui i corpi intra-agiscono e si muovono liberamente al di là dei razionali tecnocratici di crescita e produttività. In un immaginario postumanista, lo sport può materializzarsi in spazi e tempi innumerevoli e illimitati, senza pressioni neoliberali per produrre risultati tangibili e mercificabili sotto forma di competenze di vita.

Gibson (2014) descrive come le affordance siano fondamentali per comprendere l’interazione tra atleti e il loro ambiente. Adottare un approccio postumanista nello sport significa riconoscere e valorizzare le affordance ambientali, promuovendo pratiche di allenamento che sfruttino le risorse naturali e tecnologiche disponibili. Il concetto di affordance, si riferisce alle caratteristiche fisiche di un oggetto o di un ambiente che suggeriscono a un soggetto le azioni per interagire con esso. In altre parole, le affordance sono le possibilità d’azione che un oggetto offre a un individuo in base alle sue caratteristiche fisiche e alle sue capacità percettive e motorie.

Secondo Gibson, le affordance non sono proprietà intrinseche degli oggetti, ma piuttosto relazioni dinamiche tra l’oggetto e l’individuo. Ciò significa che un oggetto può avere diverse affordance per persone diverse, a seconda delle loro caratteristiche fisiche, delle loro esperienze passate e dei loro obiettivi (Scheerer, 1984).

La collocazione dello sport come attività aperta e inclusiva di varie forme di movimento corporeo genera infinite possibilità per ciò che conta come sviluppo, che vanno oltre le convenzionali concettualizzazioni umanistiche dell’acquisizione di competenze di vita presenti nella maggior parte dei modelli di SPG basati sullo sport. In particolare, nella ricerca sui SPG basati sullo sport, lo sport è spesso situato come un contesto in cui i giovani possono acquisire abilità di vita che interiorizzano attraverso processi cognitivi che avvengono nel cervello. In questa logica, i programmi SPG sono progettati per consentire ai giovani di acquisire le abilità di vita necessarie per prosperare nello sport e nella vita (Bean et al., 2018). Tuttavia, attraverso una lente postumanista, le abilità di vita sono re-immaginate come prestazioni relazionali continue, non come cose da acquisire e interiorizzare nelle strutture cognitive umane (Camiré, 2023). Allontanandosi dalle life skills come prodotti di conoscenza incapsulati in soggetti autonomi, i ricercatori possono apprezzare lo sport come una performance relazionale espressa attraverso l’intreccio di corpi umani, paesaggi ambientali e pratiche discorsive. In questo senso, la narrativa sull’accrescimento delle competenze di vita che ha guidato il pensiero nella ricerca SPG basata sullo sport dovrebbe essere ripensata, in quanto il ruolo dello sport non dovrebbe essere quello di riempire i giovani con sempre più competenze di vita fino a quando non sono in grado di navigare e risolvere con successo il puzzle competitivo dell’esistenza. Invece, se consideriamo che lo sport è un divenire sempre già invischiato nella continua performatività del mondo, allora dobbiamo collocare le competenze di vita come fugaci messe in atto relazionali che materializzano costantemente un nuovo, consentendo ai giovani di svilupparsi, adattarsi e diventare altrimenti.

L’approccio postumanista allo sport nei giovani in un ambiente di sviluppo motorio e sportivo si basa sull’idea che gli atleti non debbano essere visti come individui isolati, ma piuttosto come parte di un sistema complesso che include l’ambiente, la tecnologia e altre persone. Questa prospettiva riconosce l’importanza di andare oltre le concezioni tradizionali di «umano» e «non umano», integrando elementi naturali e tecnologici nell’esperienza sportiva giovanile.

In questo contesto, la psicologia ecologica di Gibson (2014) offre un quadro utile per comprendere come gli atleti interagiscono con l’ambiente circostante attraverso il concetto di affordance. Le affordance rappresentano le possibilità di azione che l’ambiente offre agli individui in base alle loro capacità fisiche, cognitive e sensoriali. Adottare un’ottica postumanista significa riconoscere che queste affordance non si limitano alla relazione tra atleta e ambiente fisico, ma possono anche includere l’uso di tecnologie e l’interazione sociale con altri partecipanti.

Nel contesto dello sport giovanile, questo approccio postumanista può avere diverse implicazioni pratiche, come l’allenamento basato sulle affordance ambientali, in cui gli allenatori possono progettare sessioni di allenamento che sfruttano le caratteristiche uniche dell’ambiente naturale o costruito; oppure l’utilizzo consapevole della tecnologia, integrandola in modo creativo per ampliare le possibilità di allenamento e migliorare le prestazioni degli atleti giovanili. Infine, promozione dell’inclusività e della diversità, infatti un approccio postumanista allo sport riconosce la diversità delle capacità fisiche e cognitive degli individui e promuove un ambiente inclusivo in cui tutti gli atleti possono partecipare appieno. Questo potrebbe significare adattare gli ambienti e le attrezzature per soddisfare le esigenze di atleti con disabilità, oppure incoraggiare la collaborazione e la condivisione delle risorse tra i partecipanti per favorire una cultura sportiva più aperta e solidale.

Per riassumere l’argomentazione postumanista, la lente del realismo agenziale offre un ritratto alternativo della funzione dello sport nella società e della definizione di sviluppo nella ricerca. Sostituendo l’interazione con l’intra-azione e collocando le abilità di vita come prestazioni relazionali, le applicazioni convenzionali del quadro SPG nella ricerca sportiva devono essere riconsiderate. In futuro, il pensiero postumanista impone una seria riflessione sull’opportunità di una transizione dal SPG per coloro che conducono ricerche sportive sullo sviluppo giovanile.

Adottare un approccio postumanista allo sport nei giovani significa anche spostare l’attenzione dalla performance individuale verso una visione più ampia e interconnessa dell’esperienza sportiva, valorizzando le relazioni tra atleti, ambiente e tecnologia e promuovendo la sostenibilità e l’inclusività.

Postumanesimo in azione

Un approccio postumanista offre interessanti possibilità di creare ambienti più inclusivi e accessibili che favoriscano uno SPG per tutti. Questo approccio indirizzato allo sport mira a utilizzare le tecnologie per superare le barriere fisiche e sociali, consentendo a un numero più ampio di individui di partecipare e beneficiare dell’attività sportiva. Questo non solo promuove l’inclusione, ma può anche portare a nuove forme di espressione sportiva e a una maggiore comprensione delle capacità umane per creare ambienti sportivi più inclusivi(Marsh, 2017).

L’ambiente di riferimento per l’inclusione, si può considerare la scuola. L’insegnate, in quanto educatore inclusivo (agente umano postumano), è immerso in questo «mondo intermedio»: poiché la capacità di influenzare gli altri e di essere influenzati da loro offre continue opportunità di nuovi assemblaggi.(Simonsen, 2013). L’inclusione post-umana, quindi, rimane un fenomeno fluido, in continuo «divenire», in co-evoluzione con una varietà di entità materiali e umane (Nayar, 2018). Un tale approccio all’inclusione, controintuitivamente, può essere una posizione più umanizzante, non nel senso di una qualche essenza di ciò che significa essere umano, ma nel senso di riconoscere l’umanità come, sempre, un fenomeno relazionale.

Kuby, Gutshall e Kirchhofer (2015) hanno esaminato la creazione di significato multimodale dei bambini piccoli mentre attingono a una serie di materiali e hanno sostenuto che definizioni più ampie di alfabetizzazione che includono un’attenzione alle interazioni con la materia approfondiscono la comprensione del processo di scrittura da parte degli educatori. Tuttavia, esistono ancora pochi i resoconti delle interazioni tra i bambini e gli oggetti digitali nel gioco. Data la misura in cui il digitale è un elemento integrante del gioco dei bambini (Marsh, 2017), è necessario sviluppare resoconti che migliorino la comprensione degli «intrecci ontologici» tra bambini e tecnologia.

Gli studi sulla disabilità hanno una chiara rilevanza, e contributi cruciali da apportare, alle discussioni sul postumanesimo. Nayar (2018) sostiene che gli studi sulla disabilità «ridefiniscono i confini dell’umano e mettono in discussione le gerarchie di umano/non umano, umano/macchina e umano/umano». Sebbene vi siano differenze nel modo in cui vengono utilizzati i dispositivi, si può affermare che la tecnologia ha un potenziale inclusivo e sta costruendo un terreno comune su cui tutte le persone possono interagire (Irwin & Sesto, 2012). Inoltre, stiamo assistendo a una progressiva convergenza tra tecnologie assistive — o «tecnologie alternative» — e tecnologie tradizionali. Dispositivi un tempo progettati per usi specifici tra le persone con disabilità raggiungono ora una base di consumatori più ampia. Le soluzioni progettate per consentire alle persone con problemi di udito di guardare la TV, ad esempio, Siri di Apple si è basato su software di riconoscimento vocale. Ciò che è necessario per le persone considerate disabili diventa un’opzione o una scelta volontaria per il miglioramento dei normodotati (Kath et al., 2019).

Una provocazione potrebbe essere quella di sfidare la visione umano-centrica. Andare oltre l’addestramento delle competenze individuali. Progettate attività che enfatizzino il lavoro di squadra, la comunicazione e la collaborazione con gli allenatori, i compagni di squadra e persino l’ambiente. Ciò può comportare giochi cooperativi o l’integrazione di elementi della natura nell’allenamento (Sutton-Smith, 2001). Braidotti (2013), spiega che il concetto di celebrazione dell’individualità della diversità in ambito sportivo, nel contesto postumano, può essere interpretato in diversi modi ed esteso a molteplici sfaccettature. Innanzitutto, considerando il concetto di «proprio stile» nello sport, ogni bambino/a o adolescente è una persona prima di un’atleta, ed è proprio per questo che ha una propria unicità nell’approccio al gioco e allo sport, sia in una ambiente sportivo, che scolastico; che può derivare da una combinazione di talento naturale, esperienze personali, allenamento e influenze culturali, contribuendo anche alla ricchezza e alla diversità del mondo sportivo nel suo insieme. Essere un «atleta postumano» in questo contesto può significare abbracciare pienamente la propria individualità e riconoscere il proprio valore unico nel panorama sportivo. Questo concetto va oltre il semplice aspetto fisico o tecnico dell’atletica e abbraccia anche la mentalità e la filosofia dietro la competizione sportiva. Gli atleti postumani sono coloro che abbracciano la diversità, sfidano i limiti convenzionali e aprono nuove strade per l’espressione e il successo nel mondo dello sport (Riley e Proctor, 2022; Waitoller e Thorius, 2022). La celebrazione dell’individualità e della diversità nello sport, promuove un approccio inclusivo e innovativo alla competizione atletica, in cui ogni individuo è incoraggiato a esprimere appieno se stesso e a contribuire in modo unico e significativo alla cultura sportiva (Braidotti, 2013).

La tecnologia, come gli indossabili intelligenti braccialetti/anelli fit, ecc., per fornire un riscontro personalizzato e migliorare l’esperienza di allenamento, danno priorità all’interazione umana e all’apprendimento sociale attraverso attività di gruppo (Dutton e Reisdorf, 2019).

Nel contesto del postumanesimo, l’idea di utilizzare la tecnologia per migliorare l’esperienza di allenamento e promuovere l’interazione umana e l’apprendimento sociale può essere affrontata da una prospettiva che integra le teorie e le prospettive del postumanesimo stesso.

Ad esempio, il ruolo della tecnologia nel plasmare la nostra esperienza corporea e la nostra identità postumana potrebbe diventare un mezzo attraverso il quale gli individui possono esplorare e potenziare la propria identità postumana, utilizzando i dati e il feedback forniti dai dispositivi indossabili per migliorare le proprie prestazioni fisiche e la propria comprensione del corpo (Hayles, 2010). Allo stesso tempo, questi dispositivi possono anche facilitare la connessione e la collaborazione tra gli individui, ad esempio attraverso la condivisione di dati di allenamento o la partecipazione a comunità online incentrate sul fitness e sul benessere.

I programmi sportivi giovanili potrebbero utilizzare la tecnologia indossabile in modo strategico per migliorare l’allenamento, prevenire gli infortuni e personalizzare lo sviluppo dei giocatori. Tuttavia, risulta importante assicurarsi che tutti gli atleti abbiano accesso alla tecnologia indossabile di base o a metodi alternativi per raccogliere dati sulle prestazioni, per mantenere un’etica adeguata, evitando disparità; sottolineando che i dispositivi indossabili sono dei supplementi, non dei sostituti dell’allenamento tradizionale e dell’elemento umano dello sport (Acharya, 2022; Braidotti, 2013). Integrando questi strumenti in modo ponderato ed etico, si potrebbe creare un futuro in cui i giovani atleti diventino competitori post-umani esperti di tecnologia che superano i limiti, imparano gli uni dagli altri e, soprattutto, si divertano giocando ai giochi che amano.

In virtù di questo, il tema del postumanesimo affrontato da Braidotti (2019) offre una prospettiva innovativa e inclusiva per affrontare le sfide, applicando la teoria allo sport giovanile. Questo approccio promuove una visione del mondo che va oltre l’antropocentrismo, valorizzando la diversità, l’interconnessione e la sostenibilità. Adattare questi principi allo sport giovanile significa creare un ambiente che non solo migliora le prestazioni atletiche, ma anche il benessere complessivo dei giovani atleti. Braidotti afferma che possiamo essere più di quello che pensiamo, applicando questo concetto allo sport, e in particolare a quello in ambito giovanile, questo significa spingersi oltre i propri limiti. Un esempio potrebbe essere quello degli atleti che si allenano con tute speciali o ad alta quota per diventare più forti (es. aumentare il massimo volume di ossigeno del proprio corpo), usano la tecnologia per diventare versioni «postumane» di sé stessi. Il postumano non si dovrebbe limitare ad essere la stella dello sport specifico, sia che sia di squadra che individuale. Braidotti parla di come siamo tutti connessi, nello sport, questo significa fare affidamento sui tuoi compagni di squadra e imparare gli uni dagli altri, ovvero una squadra si può definire post-umana quando il meccanismo di connessione tra gli elementi è ben amalgamato e funziona. Nuovi metodi di allenamento, attrezzature e persino gli stessi sport sono in continua evoluzione ed essere postumani, significa anche abbracciare questi cambiamenti diventando «persone-atleti» più versatili.

In conclusione, l’adozione di un approccio postumanista nello sport e nell’inclusione offre una visione innovativa e promettente per creare ambienti più accessibili, inclusivi e arricchenti per tutti gli individui. Attraverso l’integrazione di tecnologie, l’educazione inclusiva e una sfida alla visione umano-centrica, possiamo plasmare un futuro in cui lo sport diventa un veicolo per la promozione dell’inclusione e della comprensione delle molteplici capacità umane.

Implicazioni pratiche

Un approccio postumanista applicato all’attività fisica in ambito giovanile potrebbe suggerire l’integrazione di giochi cooperativi per enfatizzare il lavoro di squadra, la comunicazione e la cooperazione, mettendo in secondo piano la competizione individuale. Attraverso attività che richiedono la collaborazione tra i giocatori, si favorisce un ambiente inclusivo e relazionale. Ad esempio, i giochi che implicano la costruzione di strutture con materiali naturali, o percorsi avventura che utilizzano elementi dell’ambiente circostante, possono stimolare l’intra-azione tra i partecipanti e l’ambiente.

Inoltre, L’uso della tecnologia indossabile, come braccialetti e anelli intelligenti, può fornire un riscontro personalizzato in tempo reale, migliorando l’esperienza di allenamento. Questi dispositivi non solo monitorano le prestazioni fisiche, ma possono anche essere utilizzati per promuovere la consapevolezza corporea e la connessione con l’ambiente. Ad esempio, i sensori ambientali integrati potrebbero segnalare le condizioni meteorologiche o la qualità dell’aria, influenzando le scelte di allenamento e promuovendo una maggiore consapevolezza ecologica.

L’approccio postumanista enfatizza l’inclusione e l’abbattimento delle barriere fisiche e sociali nello sport. Questo può essere realizzato attraverso l’adozione di tecnologie assistive che permettono a individui con diverse abilità di partecipare pienamente alle attività sportive. Dispositivi come esoscheletri, protesi avanzate e tecnologie di realtà aumentata possono facilitare l’inclusione di persone con disabilità, ridefinendo ciò che è possibile nello sport (Braidotti, 2019). In primo luogo, considerando il concetto di «proprio stile» nello sport, ogni bambino o adolescente è, prima di tutto, una persona, e solo successivamente un atleta. Proprio per questo motivo, ciascuno possiede un’originalità unica nell’approccio al gioco, derivante da una combinazione di talento innato, esperienze personali, allenamenti e influenze culturali. Questa unicità contribuisce alla ricchezza e alla diversità del mondo sportivo nel suo insieme.

Nel contesto postumano sportivo, l’uso delle protesi assume un’importanza crescente. Le protesi non solo aiutano a superare le limitazioni fisiche, ma permettono anche agli atleti di sviluppare stili di gioco distinti e personalizzati. Questi dispositivi avanzati integrano tecnologia e biologia, migliorando le capacità umane e ampliando le possibilità di espressione individuale nello sport. Di conseguenza, l’integrazione delle protesi nello sport postumano contribuisce ulteriormente alla diversità e alla complessità del panorama sportivo, dimostrando come l’innovazione tecnologica possa arricchire l’esperienza atletica e promuovere l’inclusione.

È importante che l’attività fisica e sportiva, viene svolta non solo nelle ore libere, ma in maniera obbligatoria, in un contesto eterogeno come quello scolastico.

In un contesto scolastico, gli insegnanti possono utilizzare un approccio postumanista per promuovere un ambiente di apprendimento inclusivo. Questo implica riconoscere e valorizzare le differenze individuali e creare opportunità per tutti gli studenti di partecipare attivamente. Ad esempio, l’integrazione di tecnologie digitali e materiali diversi nell’insegnamento può aiutare a coinvolgere gli studenti con diversi stili di apprendimento e abilità.

Tuttavia, l’integrazione di strumenti tecnologici comporta delle considerazioni etiche, infatti una delle principali sfide nell’implementazione delle tecnologie avanzate nello sport giovanile è l’accessibilità economica. È fondamentale garantire che tutti i giovani, indipendentemente dalle loro risorse finanziarie, abbiano accesso a queste tecnologie.

L’uso di tecnologie indossabili e altre soluzioni digitali solleva preoccupazioni riguardo alla privacy e alla sicurezza dei dati personali. È essenziale sviluppare politiche rigorose per proteggere le informazioni sensibili e garantire che l’uso dei dati avvenga in modo etico e responsabile. Questo include la trasparenza su come i dati vengono raccolti, utilizzati e conservati.

Conclusioni

Questo articolo esplora l’importanza e il potenziale dell’adozione di valutare il postumanismo nello sport e nell’inclusione. Questa differente e attuale prospettiva offre un’opportunità per creare ambienti più accessibili, inclusivi e arricchenti per tutti gli individui, superando le barriere fisiche e sociali attraverso l’uso delle tecnologie e una sfida alla visione umano-centrica tradizionale.

L’articolo evidenzia come l’educazione inclusiva e la promozione di un’interazione umana più ampia e collaborativa possano favorire uno sviluppo positivo dei giovani, offrendo nuove forme di espressione sportiva e una maggiore comprensione delle capacità umane. Attraverso l’integrazione di tecnologie innovative, come gli indossabili intelligenti, e l’incoraggiamento di attività di gruppo e di collaborazione, è possibile plasmare un futuro in cui lo sport diventa un veicolo per la promozione dell’inclusione e per il riconoscimento delle molteplici abilità umane.

Tuttavia, non è privo di limitazioni, infatti, l’uso delle tecnologie può contribuire a superare le barriere fisiche e sociali nello sport, ma esiste il rischio che l’accesso a queste tecnologie possa essere limitato da disparità economiche o digitali. È necessario garantire che le tecnologie utilizzate siano accessibili a tutti, indipendentemente dalle loro risorse finanziarie o competenze tecniche. Inoltre, l’adozione di tecnologie avanzate, come gli indossabili intelligenti, solleva questioni etiche riguardanti la privacy e la sicurezza dei dati personali. È importante sviluppare politiche e regolamenti rigorosi per proteggere i dati degli individui e garantire che l’uso delle tecnologie avvenga in modo etico e responsabile.

L’approccio postumanista è relativamente nuovo, potrebbero esistere limiti nella nostra comprensione delle implicazioni a lungo termine di questa prospettiva. È importante condurre ricerche approfondite per valutare l’impatto dell’adozione di un approccio postumanista nello sport e nell’inclusione sulla salute mentale, sul benessere e sulle dinamiche sociali degli individui e delle comunità coinvolte. L’adozione di una prospettiva postumanista nello sviluppo giovanile nello sport rappresenta un cambiamento radicale rispetto ai modelli tradizionali incentrati sull’individuo. Questo approccio valorizza la collaborazione, l’inclusione e la relazionalità, offrendo nuove opportunità per creare ambienti sportivi più accessibili e arricchenti. Sebbene ci siano sfide da affrontare, in particolare riguardo all’accessibilità economica e alla sicurezza dei dati, le potenzialità di questo paradigma sono promettenti. Attraverso l’integrazione di tecnologie innovative e pratiche educative inclusive, è possibile promuovere uno sviluppo giovanile che sia veramente olistico e inclusivo, riflettendo la complessità e l’interconnessione del mondo contemporaneo.

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2 Laboratory of Adapted Motor Activity (LAMA), Department of Public Health, Experimental Medicine and Forensic Science, University of Pavia.

Vol. 1, Issue 2, October 2024

 

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