Tra traiettorie bioeducative e transizioni tecnologiche
Katiuscia Vitagliano
Nel panorama di una pedagogia elettrica (D’Ambrosio, 2016) l’esperienza, in tutte le sue forme, agisce direttamente e indirettamente sulla formazione umana, ovvero tutto educa indipendentemente dalla correttezza del contenuto. Il paradigma onlife conferma che le vite umane sono sempre più intrecciate con il non reale (Han, 2022), al tal punto da vivere un contesto ibrido nel quale la vita reale è assorbita pienamente dalla vita digitale, a discapito dell’identità personale e delle relazioni umane. Oggi si vive per raccontare, o si racconta per vivere? Nello Stato digitale (Torchia, 2023) aumenta il rischio di distorsione e manipolazione delle informazioni veicolate. La nuova sfida educativa è proprio quella di accompagnare la comunità verso lo sviluppo del senso critico, non per demonizzare una potenziale risorsa, ma per riconoscere il confine tra virtuale e reale in un’ottica di fruizione consapevole. Già negli anni Novanta, con l’opera Cattiva maestra televisione (Popper, 1994), si denunciavano le complicazioni della sovraesposizione dei bambini ai programmi televisivi e dopo trenta anni risulta ancora attuale, benché si sia moltiplicata la varietà dei dispositivi maneggiati fin dalle più tenere età. Facendo eco a Popper, una grande risorsa per ritrovare il senso del reale potrebbe essere la Buona maestra natura, se integrata in percorsi formativi progettati con l’obiettivo di produrre esperienze di qualità (Dewey, 2014) che plasmino positivamente la struttura del cervello incarnato (Siegel, 2021). Di grande riferimento sono gli studi sulle metodologie embodied,2 dall’ampio respiro disciplinare, che legittimano il corpo come dispositivo recettivo, nelle pratiche educative.
DOI 
10.14605/CSE222504
Keywords
Esperienza, corpo, natura, neuroscienze, tecnologia.