Vol. 1, n. 1, luglio 2024

Il corpo oltre la tecnologia

Educare al movimento

Arianna Fogliata1 e Mariapia Mazzella2

Sommario

Il corpo umano è una manifestazione tangibile dell’essere, in tutte le sue dimensioni. Educare al movimento significa, pertanto, guidare l’individuo verso un’esplorazione attiva del proprio essere, e sensibilizzarlo a un’attenzione ai segnali che il corpo emette, migliorando la comprensione di sé e dell’ambiente. Tuttavia, la cultura contemporanea, segnata dall’uso pervasivo della tecnologia, promuove uno stile di vita sedentario e riduce le interazioni dirette, distanziando le persone dalla loro natura corporea intrinseca. In particolare, le nuove generazioni tendono a sviluppare identità più virtuali e simboliche, spesso scollegate dalla realtà fisica. Nonostante le evoluzioni tecnologiche, la natura corporea dell’essere umano rimane centrale, soprattutto durante le fasi evolutive. L’esplorazione del movimento aiuta i bambini a integrare il proprio corpo come parte essenziale del sé, sviluppando un senso di unità fondamentale per agire e interagire nel mondo soprattutto ove si fonde reale e virtuale. Questo richiede un’innovazione nell’educazione alla motricità, con una rinnovata attenzione all’integrazione tra corpo e mente. La metodologia Sincrony emerge come un approccio promettente, offrendo strumenti per ricollegare l’individuo alla sua dimensione corporea e rispondere efficacemente alle sfide moderne, specialmente per i bambini, enfatizzando l’importanza di una motricità consapevole e integrata.

Parole chiave

Embodied cognition, educazione motoria, metodo Sincrony, tecnologia, corporeità.

The body beyond technology

Education Movement

Arianna Fogliata3 and Mariapia Mazzella4

Abstract

The human body is a tangible manifestation of being in all its dimensions. Educating about movement, therefore, means guiding the individual towards an active exploration of their own being, and sensitizing them to the signals emitted by the body, thus enhancing self-understanding and environmental awareness. However, contemporary culture, marked by pervasive technology use, promotes a sedentary lifestyle and reduces direct interactions, distancing people from their intrinsic bodily nature. Particularly, newer generations tend to develop more virtual and symbolic identities, often disconnected from physical reality. Despite technological advancements, the corporeal nature of humans remains central, especially during developmental stages. Movement exploration helps children to integrate their body as an essential part of themselves, developing a fundamental sense of unity crucial for acting and interacting in the world where real and virtual converge. This necessitates innovation in motor education, with renewed focus on the integration of body and mind. The Sincrony methodology emerges as a promising approach, providing tools to reconnect the individual to their bodily dimension and effectively respond to modern challenges, especially for children, emphasizing the importance of conscious and integrated motor skills.

Keywords

Embodied cognition, motor education, sincrony method, technology, corporeality.

Introduzione

Nel contesto culturale odierno, l’indagine sul ruolo e sulla significatività del corpo umano si trova al centro di una trasformazione notevole, segnata dall’integrazione sempre più marcata tra l’essere umano e la tecnologia. Tale scenario, di portata inedita, sollecita un’esplorazione ampia e interdisciplinare delle basi storiche, filosofiche, psicologiche e pedagogiche che delineano il nostro rapporto con il corpo, per guidarci attraverso le complesse sfide introdotte dalla cosiddetta era postumana. In questo post-umanesimo, forse prologo Nietzschiano quindi, il corpo non è più inteso solo come entità biologica ma come ibrida, le estensioni tecnologiche possono modificarne le funzioni e le capacità in carica di un incremento perfomativo (Talovic e Aleksandar, 2020; Rignani, 2019; Tello, 2020). In questa concezione il corpo, trascurato da un lato e sopravalutato dall’altro nell’esplicazione di prestazioni implementate, riflette oggi il tentativo di superare la fragilità ontologica che ha tradizionalmente caratterizzato l’essere umano. Attraverso la tecnologia, si cerca di trascendere i limiti fisici e di reinventare l’essenza stessa dell’umanità, sfidando le concezioni tradizionali di identità, abilità e condizione corporea (Vigna, 1996; Tuncel, 2020). Ma il corpo, strumento costitutivo dell’umano non si è modificato con il trascorrere dei secoli, rimanendo caratterizzato da limite intrinseco che né è però opportunità generando esso stesso condivisione, appartenenza e fornendo i tratti relazionali atti alla crescita. Il bambino è il suo corpo e attraverso esso apprende a sottolineare il ruolo essenziale del movimento che, negli anni scolastici, può essere sostenuto dall’educazione fisica, che ne è a supporto, anche come sostegno ai delicati processi di acquisizione della conoscenza, sia per lo sviluppo individuale ma anche come espressione dell’identità collettiva (Opdebeeck, 2014; Pareja, 2012; Correia Nascimento e Silva, 2018). Già Aristotele, con la sua interpretazione del movimento come manifestazione di potenzialità in atti concreti, gettò le basi per una visione complessa dell’essere, in cui la dualità di mente e corpo era concepita come una fusione inscindibile. Tale visione trovò una risonanza e un’espansione sintomatica nel pensiero di Rousseau, per il quale l’educazione fisica rappresentava un mezzo rilevante non solo per la salute fisica ma anche come fulcro dello sviluppo morale e cognitivo dell’individuo (Aristotele, 350 a.c.; Quintas, 2017). Il corpo, pertanto, si rivelò fin dagli albori come fulcro essenziale nell’ambito dell’educazione, costituendo un ponte tra la dimensione fisica, cognitiva e morale (Dias e Lima, 2012). La transazione successiva tra i fondamenti classici e illuministi collegò il movimento alla crescita fisica, cognitiva ma anche morale, al XIX secolo, ha segnato un importante salto per la scienza pedagogica grazie alle innovazioni di pensatori come F. Fröbel, M. Montessori e R. Steiner. Pionieri del pensiero educativo che introdussero l’idea pionieristica che l’apprendimento potesse avvenire, in modo più efficace, attraverso il movimento e-o il gioco, radicando profondamente l’educazione all’esperienza vissuta e al concetto di corpo come cardine dell’apprendimento. Questi pensatori, pur partendo da premesse differenti infatti, riconoscevano e affermavano il valore intrinseco dell’azione e del corpo nell’esperienza diretta e percettiva, eleggendoli a veicoli primari di conoscenza, anticipando, per certi versi, le moderne teorie sull’apprendimento esperienziale (Montessori, 1912; Frobel e Froebel, 2003; Steiner, 2009). Dewey, riformista, ha ulteriormente espanso questo orizzonte, enfatizzando l’importanza dell’esperienza e dell’interazione attiva del corpo con e nell’ambiente per il processo educativo. Per questo autore l’educazione non si limitava di fatto a trasmettere conoscenze ma doveva essenzialmente equipaggiare l’individuo con tutte quelle competenze atte a contribuire a un mondo in perpetuo cambiamento. Nella sua visione l’adattabilità, la curiosità e il pensiero critico erano competenze chiave, che il movimento prima e l’educazione fisica poi avrebbe potuto e dovuto stimolare (Dewey, 1938; Moreira Chaves e Simoes, 2017). Negli anni ’50 e ’60 dall’attività di ricerca di studiosi quali Le Boulch, Aucouturier e Lapierre hanno introdotto importanti contributi, sebbene ognuno dalla propria prospettiva teorica, riguardo l’idea di inscindibilità di corpo e mente e della conseguente concezione educativa della corporeità come integrazione di aspetti cognitivi, affettivi e relazionali (Le Boulch, 1971; Aucouturier, 1984; Lapierre, 2001). Nel corso del XX secolo, il dibattito sull’educazione e sullo sviluppo umano si è arricchito di nuove prospettive, pensatori e discipline che hanno ulteriormente posto il corpo al centro della riflessione didattico-pedagogica. Da L. Vygotsky, che enfatizzava l’interazione sociale, come motore dello sviluppo cognitivo, a J. Piaget, che identificava nell’azione fisica una chiave fondamentale del processo di apprendimento nei bambini, emerge un quadro in cui il movimento si configura come elemento essenziale non solo per lo sviluppo cognitivo ma anche per quello sociale ed espressivo dell’individuo (Piaget, 1952; Vygotsky, 1978; Biesta et al., 2010; Azevedo e Gonçalves, 2007). Da queste riflessioni nacquero critiche ai sistemi educativi tradizionali degli anni ’60 e ’70, portate da pensatori come P. Freire e I. Illich. Anche le neuroscienze con i contributi di A. Damasio e O. Sacks, hanno ulteriormente accentuato l’importanza dell’esperienza corporea e l’importanza del suo insegnamento sottolineando la necessità di riformare i metodi educativi tradizionali. Il corpo, quindi, non solo come fondamento per l’apprendimento, ma anche nella formazione dell’identità personale e della coscienza (Rodríguez, 2023). Successivamente con l’emergere delle teorie sull’autopoiesi di F. Varela e H. Maturana, il corpo è stato elevato a protagonista attivo nella costruzione della realtà, evidenziando una reciproca interdipendenza tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda. Questa concezione ha trovato eco nelle metodologie educative proposte da L. Malaguzzi e E. Pikler, le quali hanno promosso il movimento spontaneo e attento ai ritmi personali come strumento di crescita, ribadendo il ruolo del corpo come fondamentale nell’educazione dei minori per l’espletamento dei processi d’integrazione cognitivo-emotivi (Rodriguez et al., 2019). Questa ampia concettualizzazione del ruolo del corpo nel secolo scorso ha trovato ulteriore proseguo nel pensiero contemporaneo, figure come R. Braidotti e D. Haraway che hanno approfondito la ri-concettualizzazione del corpo, accentuando la sua interconnessione con la tecnologia e la biopolitica, discutendo come i confini tra umano, non umano e tecnologico si stiano sfumando, influenzando profondamente la nostra comprensione dell’identità e del corpo (Van Ingen, 2016; Rodríguez, 2022; Van der Zaag, 2016). Quest’ultime riflessioni contendono le tradizionali concezioni di corpo e identità umana, sollecitando una profonda riflessione, poiché ove gli scenari appaiono mutevoli, il corpo inevitabilmente, tende a trasformarsi, acquisendo nuovi significati. Il futuro appare quindi demarcato da possibili ibridazioni e nuove forme di esistenza che vanno ben valutate soprattutto nelle fasi di crescita (Dansac, 2023). I cambiamenti repentini che hanno portato all’attuale era, infatti, hanno teso verso una distorsione delle modalità di sperimentazione fisica tra bambino e mondo, intaccando alla base il concetto di apprendimento fin oggi teorizzato. Dall’ essere un corpo attraverso il quale conoscere, all’avere un corpo da implementare (Oliveira, 2014). La presenza massiva di schermi, di dispositivi digitali e tecnologici hanno ulteriormente reso spesso frammentata l’esperienza corporea, alterandola. Ergo si teorizza la necessità di aggiornare e ripensare gli approcci pedagogici esistenti in funzione dell’evidenza: la vita quotidiana è sempre più sedentaria, le occasioni di conoscenza diretta e sensoriale del mondo tendono a diminuire, mentre aumenta l’utilizzo delle tecnologie digitali, frammentando le esperienze e sottolineando l’esigenza di implementare un corpo adeguato alle nuove realtà (Bissonnette, 2016). Tale mutamento, è massivamente evidente nelle fasi di crescita di bambini e adolescenti, e potrebbe compromettere oltre l’acquisizione delle abilità motorie, anche lo sviluppo di competenze cognitive e sociali indispensabili da sempre sottolineate e delineate dalle menti brillanti che ci hanno preceduto (Garcia e Merino, 2012; 2020; Stanley Jones e Cliff, 2014). La riduzione delle attività motorie spontanee, unita a una diminuzione delle interazioni fisiche con l’ambiente, potrebbe compromettere lo sviluppo integrale dell’individuo, poiché il corpo umano, nella sua dimensione di movimento, è veicolo di esperienza sensoriale, apprendimento cognitivo e interazione sociale (Hillman Erickson e Kramer, 2008). In questo contesto quindi, il corpo assume una duplice valenza: da un lato, dimenticato nella veste di sperimentatore degli effetti di uno stile di vita sempre più immobile e mediato tecnologicamente; dall’altro, elemento unico per contrapporsi a tali tendenze, attraverso la riattivazione della sua capacità intrinseca di muoversi, percepire e interagire (Katzmarzyk, 2010). Riportare il corpo ad essere baluardo dell’educazione e dell’apprendimento potrebbe essere sostanziale per preservare la salute fisica e promuovere uno sviluppo equilibrato (Tomporowski et al., 2008). Pertanto, è dal corpo che si potrebbe ripartire, valorizzandolo come fulcro dell’esperienza educativa (Smith, 2021). Questa disamina si propone di evidenziare la necessità di riportare il corpo alla sua essenza, sottolineando il ruolo fondamentale dell’educazione motoria come strumento privilegiato per incoraggiare la pratica fisica nei giovani. È il contesto, che rende manifesta l’impellente necessità di investigare e implementare approcci pedagogici innovativi che privilegino il movimento intenzionale, la coordinazione fine e l’interazione consapevole con l’ambiente materiale. Questi approcci sono intesi a favorire un ampliamento delle capacità umane che siano radicati nell’essenza stessa dell’essere, anziché basarsi su acquisizioni esterna. Inoltre, il concetto di un ‘corpo postumano’ presuppone che tale entità abbia raggiunto una completa maturazione e una profonda connessione con la propria interiorità. Allo stesso modo, il fruttuoso impiego delle tecnologie dipende essenzialmente dalla nostra capacità di utilizzarle con una consapevolezza acuta. In assenza di tale preparazione e consapevolezza, il tentativo di superare i limiti naturali mediante l’adozione di ausili tecnologici si rivelerebbe non solo vano, ma potenzialmente dannoso, assimilabile al forzare un veicolo di piccola cilindrata a prestazioni ben oltre i propri limiti progettuali (Ricci Moreno e Cozzani, 2023). Solo quindi lavorando nel corpo e col corpo, si potrebbe abilitare l’individuo a navigare con discernimento nel tessuto sempre più complesso delle società contemporanee, facendo della tecnologia un alleato senza però perdere di vista l’essenzialità dell’esperienza umana, radicata nella corporeità e nella relazionalità diretta, per vivere una vita equilibrata e pienamente realizzata (Best, 2010).

Tecnologia e identità corporea

Il termine embodiment è un termine introdotto in filosofia della mente per superare il dualismo cartesiano che sosteneva la separazione di una sostanza tangibile, il corpo, rex extensa, da una non-tangibile, la mente, rex cogitans, e tale processo, condizione di base del nostro essere-nel-mondo, ci ha portato, nel corso dell’evoluzione, allo sviluppo della coscienza che abbiamo del nostro corpo. Una soluzione ragionevole è quella di assumere che l’embodiment sia una condizione necessaria per il darsi della consapevolezza corporea. Gallagher e Zahavi affermano che è semplicemente un dato di fatto che siamo incarnati, che le nostre azioni e percezioni dipendono dal fatto che siamo dotati di un corpo, e che la cognizione prende forma grazie alla nostra esistenza corporea (Gallagher e Zahavi, 2008). La consapevolezza del proprio corpo, propriocezione, insieme all’apprendimento delle abilità motorie, consente al bambino di sviluppare altresì l’autocontrollo su diversi livelli: motorio, percettivo e cognitivo (Sabbadini, 2005). Questo processo implica una maggiore capacità di organizzare il proprio corpo, pianificare e controllare i movimenti, integrare le varie parti corporee, sviluppare abilità visuo-spaziali ed esprimere emozioni attraverso il corpo (Ayres e Muratori, 2012). Attraverso l’integrazione sensoriale, le esperienze corporee e l’acquisizione di competenze motorie, cognitive, comunicative, linguistiche ed emotive, il bambino costruisce una rappresentazione del proprio Sé corporeo. Daniel Stern, focalizzandosi sull’aspetto interpersonale, ha identificato diverse dimensioni del Sé all’interno della complessa organizzazione psichica umana, concependo il Sé come un’organizzazione soggettiva delle esperienze personali che coinvolge il corpo, le emozioni e le intenzioni, e lo considera un principio guida dello sviluppo. Questa rappresentazione, che comprende la propriocezione, non è statica ma si modifica costantemente in base agli input sensoriali e ai modelli interni (Tsakiris, 2010). Come sottolinea ugualmente Schilder, la rappresentazione del Sé corporeo cambia continuamente in relazione alle circostanze emotive dell’individuo (Schilder, 1992). Ergo l’impiego delle tecnologie e il mutamento culturale esercitando un’influenza profonda sul corpo contribuiscono altresì alla formazione del Sé. Questi elementi, ormai sono divenuti una costante nell’ambiente in cui dimoriamo, permeano la nostra quotidianità con ineluttabile assiduità. Il pericolo in cui possiamo incorrere risiede nel distacco delle tecnologie e dei mutamenti culturali dallo scopo per cui sono stati originariamente concepiti: la produttività e la crescita. Non possiamo permettere che esse influenzino negativamente il benessere psico-fisico, poiché ciò comporterebbe un fallimento nell’adempimento della loro finalità primaria. Sfortunatamente, l’uso è sempre più pervasivo e precoce, videogiochi e smartphone, unitamente alle piattaforme virtuali di comunicazione, stanno esercitando un impatto considerevole sullo sviluppo psicocorporeo individuale. Le conseguenze di questo fenomeno, sia positive che negative, non sono ancora completamente comprese. Diversi fattori indicano nondimeno la necessità di prestare attenzione e cautela, poiché esistono rischi potenziali da valutare. Innanzitutto, c’è un aspetto quantitativo che potrebbe disturbare l’equilibrato sviluppo del Sé corporeo e portare a possibili problemi di salute. L’uso intensivo delle tecnologie digitali, specialmente dei videogiochi e della messaggistica, promuove l’uso della motricità fine e la velocità esecutiva, riducendo contemporaneamente l’impiego di movimenti più lenti e ampi, importanti per l’elaborazione delle esperienze. Inoltre, la velocità richiesta dalle tecnologie può stimolare l’asse dello stress, con possibili effetti negativi a breve e lungo termine come disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, ansia ed eccitazione. Tuttavia, è particolarmente importante considerare gli aspetti qualitativi di queste esperienze e i loro effetti a lungo termine. La sostituzione delle relazioni reali, corporee ed emotive con quelle virtuali, specialmente durante l’età evolutiva, potrebbe compromettere lo sviluppo relazionale, emotivo e corporeo essenziale nelle prime fasi della vita.

Educazione motoria come possibile sostegno per l’Embodied Cognition

La tecnologia, quindi, pur offrendo vantaggi innegabili in termini di accessibilità all’informazione e alla comunicazione, per come viene spesso utilizzata, sta contribuendo a creare una realtà in cui il movimento fisico e la propriocezione, soprattutto, hanno assunto un ruolo secondario. Se tale fatto può essere negativo in età adulta può essere nocivo nelle fasi di crescita. Il risultato infatti potrebbe essere un pericoloso allontanamento dall’esperienza corporea e dalla cognizione incarnata, che rappresenta il processo attraverso il quale il corpo partecipa attivamente alla costruzione della conoscenza e dell’esperienza umana (Gibbs, 2006; Rodríguez Fernández-Balboa e Murros, 2019). Le teorie dell’embodied cognition sottolineano come il nostro pensiero, la nostra conoscenza e la nostra interazione con il mondo siano profondamente radicati nelle nostre esperienze corporee, non digitali (Shapiro, 2019). In questo scenario, l’educazione motoria, si configura come una disciplina potenzialmente rilevante per permettere agli individui, soprattutto in età scolare, il mantenimento di una relazione il più possibilmente equilibrata con il proprio corpo e il proprio movimento, non come esperienza meramente accessoria, ma centrale e implicata nel processo di conoscenza (Ceciliani, 2018; Shapiro, 2011). In questo quadro concettuale, anche alcune evidenze provenienti dalle neuroscienze educative rivelano come l’attività fisica non solo, sia beneficiaria, ma anche promotrice dello sviluppo di strutture neurali essenziali per l’elaborazione cognitiva, migliorando funzioni quali attenzione, memoria di lavoro e capacità esecutive, soprattutto nei soggetti in età evolutiva (Becker, McClellan e Reed, 2019). Inoltre, ulteriori ricerche hanno evidenziato il potenziale dell’educazione motoria nel promuovere l’apprendimento scolastico, indicando come questa possa influenzare positivamente non solo le prestazioni accademiche ma anche il rapporto degli studenti con l’ambito scolastico e il loro stato di benessere psicosociale (Fedewa e Ahn, 2011). L’assimilazione dell’educazione motoria nel curriculum scolastico emerge, quindi, come una strategia fondamentale per favorire un approccio attivo alla vita e sostenere lo sviluppo complessivo degli studenti. Adottando metodologie didattiche incentrate sul movimento, gli insegnanti hanno l’opportunità di stimolare gli allievi verso una maggiore esplorazione e interazione con l’ambiente, sfruttando la propensione innata all’attività fisica per arricchire l’esperienza educativa e promuovere la socializzazione (Poitras et al., 2016).

Educazione fisica innovativa: metodologia Sincrony integrazione tra corpo e mente

L’integrazione della metodologia Sincrony nell’ambito dell’educazione motoria rappresenta un’evoluzione possibile e arricchente nell’approccio pedagogico, collegando all’atto pratico la teoria dell’embodied cognition con la pratica educativa motoria (De Bernardi, 2008). Questo approccio, infatti, non solo ribadisce il ruolo dominante del movimento nell’apprendimento, ma enfatizza anche la necessità di un’esperienza diretta del corpo nell’ambiente e il bisogno di consapevolezza del corpo nell’azione. L’applicazione pratica di questo modello educativo si manifesta attraverso metodi didattici che promuovono l’attenzione, la propriocezione, la visione periferica e l’analisi profonda dei movimenti corporei, creando un ambiente di apprendimento dinamico, interattivo e mirato (Renshaw et al., 2010; Wang, 2012). La metodologia Sincrony, quindi, si distingue per il suo approccio contemporaneo all’educazione fisica, che va oltre la semplice esecuzione meccanica dei movimenti o alla performance, per abbracciare un apprendimento insito nella percezione e nell’esperienza diretta. Questo metodo, come evidenziato dalle ricerche di Ackerley e colleghi (2022) e Repetto e colleghi (2021), sottolinea l’importanza della consapevolezza propriocettiva nell’esecuzione dei gesti, offrendo ai praticanti strumenti per comprendere non solo come, ma perché i movimenti vengono eseguiti in un certo modo. Aiutando così una riconnessione tra la mente, sempre più utilizzata e il corpo sempre meno ascoltato. Questo aspetto è fondamentale non solo per la riscoperta di una sfera attentiva posta sul propriocettivo come luogo d’essere, ma anche per riposizionarci rispetto a un’armonia fisica, psico-cognitiva e biologica al fine di generare armonia, indispensabile per la sana crescita. Armonia, dal greco, significa aderire, unire, collegare ed è questo che, attraverso esercizi motori specificatamente studiati, Sincrony permette di fare sia, tra i vari segmenti corporei in movimento, sia tra cognizione e corpo (Ambretti, Desideri e Fogliata, 2023). Tale integrazione fa sì che le componenti somatiche e quelle più prettamente cognitive si incontrino nel corpo unitario, ed è questo che genera e prelude al senso del Sé, dell’unità che sta alla base della coordinazione e di questa armonia corporea (Louven, 1997). All’interno dell’era postumana, quindi, il metodo Sincrony si posiziona come un bastione innovativo contro l’alienazione dal proprio corpo, che la pervasività tecnologica può spesso causare, se male integrata o abusata soprattutto nelle fasi evolutive. Questo approccio, fornendo strumenti pratici funge da amplificatore dei benefici che l’attività motoria può garantire sui giovani contrastando l’analfabetismo motorio a più livelli. Ad esempio, l’evidenza scientifica che associa la pratica del multitasking a un deterioramento della capacità di attenzione e, a un aumento della fatica visiva, segnala un campanello d’allarme che può essere gestito e mitigato da lavori corporei strutturati per aumentare la capacità di visione periferica e di attenzione diffusa ad essa correlata (Loh e Kanai, 2016; Sheppard e Wolffsohn, 2018). Similmente, anche la compromissione della propriocezione e l’alterazione del pattern respiratorio dovute a uno stile di vita sedentario possono essere mitigate attraverso strategie e allenamenti corporei mirati. (Proske e Gandevia, 2012; Ma et al., 2017; De Berdardi et al., 2024). Inoltre l’enfasi su una rieducazione alla propriocezione e a un pattern respiratorio consapevole, non solo risponde alle necessità fisica d’integrazione, ma apre anche a una connessione più intima e consapevole con il proprio Sé, indispensabile per la sana crescita (Casolo e Mari, 2014). Questo, permette di combattere lo squilibrio e la frammentazione tipiche dell’esperienza contemporanea, nella speranza di riportare l’individuo a una percezione di Sé come entità unica e integrata, capace di interagire armonicamente con il mondo circostante. Affrontare la sfida di mantenere un senso di umanità attraverso la radicalizzazione di sensi nel corpo, come mezzo per riappropriarsi dell’esperienza umana autentica, arricchendo la vita quotidiana con una maggiore presenza e consapevolezza, del qui e dell’adesso. Ciò comporta uno sforzo, verso approcci educativi mirati a un’esplorazione profonda della sensorialità, della percezione spaziale, della coordinazione e dell’equilibrio, viste non solo come abilità motorie ma come vie per accedere a una comprensione più integrata di noi stessi e dell’ambiente che ci circonda. Attraverso questo processo, la tecnologia viene riconfigurata da dominante a strumentale, una risorsa tra molte all’interno del vasto repertorio dell’esperienza umana. L’obiettivo non è rifiutare la tecnologia, ma riscoprire e valorizzare le capacità umane che essa non può replicare o sostituire, e utilizzarla in modo che le supporti e le arricchisca, piuttosto di atrofizzarle (Halioua et al., 2022).

Educazione fisica interdisciplinare

Nel contesto dell’attuale, era postmoderna, l’idea di un’umanità potenziata attraverso la tecnologia solleva interrogativi fondamentali riguardo le caratteristiche dell’essere umano e l’importanza della sua vulnerabilità. Mentre le prospettive di Rendtorff e Kemp (1998) e la Dichiarazione di Barcellona sottolineano la vulnerabilità come elemento costitutivo dell’uomo, la crescente enfasi sul potenziamento e sull’autonomia attraverso mezzi tecnologici pone in evidenza una tensione fondamentale tra l’accettazione della condizione umana e il desiderio di trascenderla l’importanza del corpo non solo come mezzo di esplorazione e apprendimento, ma come fondamento dell’essere nel mondo e nella relazione. Winnicott individuava nello sviluppo corporeo corretto il punto di partenza per lo sviluppo dell’Io. Per lo studioso per arrivare all’interdipendenza, (necessaria per un sano sviluppo) ogni individuo deve raggiungere tre obiettivi, ovvero l’integrazione delle diverse parti di sé, la personalizzazione, attraverso cui il bambino esperisce il suo corpo e da ciò progredisce sentire e creare la relazione d’oggetto, che permette di distinguere la realtà interna dalla realtà esterna. Dunque, oggi anche in psicologia si comincia a parlare di Sistemi Integrati vuol dire fare riferimento sia alla necessità di integrazione tra le discipline, sia alla necessità di guardare alla persona nella sua interezza. Oggi non ha più senso parlare di dualismo, poiché la persona è una, intera, e non suddividibile in aspetti che non sono separati tra di loro. Medicina e neuroscienze, stanno oggi scoprendo sempre di più dati che dimostrano in modo inequivocabile questa tesi. Inoltre,

di fronte alle pressioni per un corpo senza limiti, perfezionato e costantemente esibito, emerge il rischio di una disconnessione dai processi naturali di crescita e sviluppo, nonché di un’erosione dell’accettazione della propria umanità. Il valore dell’educazione corporea, in una visione multidisciplinare, pertanto, trascende la mera fisicità, invitando a considerare il corpo come luogo di sapere, di esperienza e di relazione autentica con sé stessi e con il mondo esterno. In questo quadro, la pedagogia deve affrontare la sfida di integrare la consapevolezza del corpo e la sua vulnerabilità come risorse educative, promuovendo un modello di apprendimento che valorizzi il pensiero incarnato e il riconoscimento della propria interdipendenza.

Possiamo parlare di evoluzione?

Nella riflessione finale di questa esplorazione multidisciplinare sul e nel corpo, emerge una questione fondamentale: stiamo realmente assistendo a un processo evolutivo? O stiamo semplicemente osservando una trasformazione nella maniera in cui percepiamo e utilizziamo il nostro corpo a causa dell’influenza crescente della tecnologia? Sicuramente la tecnologia può essere uno strumento potente per il progresso, ma è importante utilizzarla in modo responsabile e bilanciato, integrandola in uno stile di vita sano che includa anche l’educazione al movimento, le interazioni sociali e momenti di pausa e riflessione. L’uso eccessivo della tecnologia, specialmente quando comporta lunghe sessioni di sedentarietà davanti a schermi, può influenzare negativamente lo schema corporeo. La mancanza di movimento e attività fisica può portare a una perdita di propriocezione e a una diminuzione della capacità di agire e di sentire. L’umanità, si vuole ricordare, ha sempre trovato nel corpo non solo un limite funzionale, ma anche una fonte di conoscenza e di connessione con il mondo. Il corpo, in quanto tale, conserva una saggezza intrinseca che risiede nella sua capacità di percepire, di muoversi, e di interagire con l’ambiente in modi che la tecnologia non può completamente replicare o sostituire. Per di più la resistenza del corpo ai cambiamenti imposti dalla rapidità delle innovazioni tecnologiche solleva il quesito se ciò rappresenti un segnale che le nostre radici biologiche e le necessità evolutive siano aspetti che dovremmo cercare di comprendere e rispettare, piuttosto che superare. In questo contesto, l’educazione al movimento e la riconnessione con la corporeità possono giocare, secondo gli autori, un ruolo nel bilanciare le interazioni tra tecnologia e corpo. Nel valutare poi, tali interazioni, è essenziale considerare l’importanza delle fasi evolutive nella crescita umana. Queste fasi, che rappresentano momenti salienti nella formazione fisica, cognitiva ed emotiva, vanno accolte, tutelate e preservate. La pedagogia, quindi, e l’educazione motoria poi, hanno forse oggi il compito, non solo di integrare le nuove tecnologie in modo responsabile, ma anche di garantire che la centralità del corpo non venga perduta. Educare al movimento in questo senso non significa solo sviluppare abilità fisiche, ma anche promuovere una comprensione più profonda di come il corpo umano possa servire da ponte tra la conoscenza innata e quella acquisita, tra la realtà interiore e quella esteriore. Secondo gli autori quindi, la sfida non è tanto quella di superare i limiti del corpo attraverso la tecnologia, ma di comprendere e valorizzare il corpo come una fondamentale componente dell’essere umano, essenziale per la nostra interazione autentica con il mondo, nonostante la tecnologia. Forse, più che evolvere cambiando la natura del nostro corpo, dovremmo aspirare a evolvere nel modo in cui viviamo con e nel nostro corpo, riconoscendo e rispettando la sua complessità e centralità nella nostra esistenza. Questo, secondo gli autori, implica un rinnovato impegno nel promuovere pratiche educative, come il metodo Sincrony, che rispettino e valorizzino la corporeità nell’esperienza umana, essenziale non solo per la crescita evolutiva individuale, ma anche per il benessere collettivo nella società.

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1 Università telematica Pegaso & Università Vanvitelli.

2 Università di Cassino e del Lazio Meridionale.

3 Università telematica Pegaso & Università Vanvitelli.

4 2Università di Cassino e del Lazio Meridionale.

Vol. 1, Issue 1, July 2024

 

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