Vol. 9, n. 1, aprile 2023

PEDAGOGIA SOCIALE

Dall’oppresso alla liberazione della persona

Orientamenti pedagogici per l’educazione all’alfabetizzazione critica fra Freire e Ferreiro

Enrico Bocciolesi1

Sommario

Il saggio di seguito proposto percorre due sentieri epistemologici, che parallelamente sono andati conformandosi, prima in Brasile con Freire e poi in Argentina e Messico con Ferreiro. La vicinanza dei due pensieri orientati all’educazione e al pensare critico, volto a una successiva prospettiva di complessità, è stato scandito per l’autore di Recife da un esilio e infine una apparente comprensione della metodologia a livello nazionale, mentre per l’allieva di Piaget sarà centrato sulla liberazione attraverso la considerazione simbolica a partire dalla prima infanzia. La proposta riflessiva in questo caso si snoda in un ragionamento volto alla liberazione, a questioni legate all’oppressore, come anche al subalterno gramsciano. L’obiettivo di tale contributo, senza pretese di esaustività, è di poter recuperare la comparazione e vicinanza educativa delle due proposte, muovendo infine verso un unico orizzonte, quello del libero e critico apprendimento, andando così «oltre le questioni di subalternità» (Baldacci, 2022).

Parole chiave

Pensiero critico, Paulo Freire, Emilia Ferreiro.

SOCIAL PEDAGOGY

From oppression to liberation of the person

Pedagogical guidelines between Freire and Ferreiro regarding critical educational literacy

Enrico Bocciolesi2

Abstract

The essay presented here follows two epistemological paths, which have in parallel been conforming, first in Brazil with Freire, and then in Argentina and Mexico with Ferreiro. The proximity of the two thoughts oriented to education and critical thinking, aimed at a subsequent perspective of complexity, has been marked for the author of Recife by an exile and finally an apparent understanding of the methodology at the national level, while for Piaget’s pupil, it will be based on liberation through symbolic considerations beginning at an early age. This reflective proposal unfolds through a reasoning aimed at liberation and is framed in terms of both the oppressor and the subaltern. The objective of this contribution, without claiming to be exhaustive, is to be able to recover the comparison and educational closeness of the two proposals, finally moving towards a single horizon, that of free and critical learning, thus going «beyond subordination issues» (Baldacci, 2022).

Keywords

Critical thinking, Paulo Freire, Emilia Ferreiro.

Introduzione

La tematica del pensiero critico, oggigiorno, appartiene a un poliedrico sistema di sovrastrutture che sono andate intersecandosi con il passare delle decadi, ma senza raggiungere una concreta manifestazione e applicazione di questo modo complesso di pensare. Queste ragioni sono solamente alcune delle quali che ci portano, oggi, a dover approfondire questioni quali le dinamiche evidenziate da evoluzioni post-coloniali anche, e soprattutto, evidenti per alcune crescenti difficoltà comunicative e di apprendimento. Le dinamiche che ci permettono di contestualizzare una siffatta problematica del quotidiano non favoriscono tuttavia l’analisi delle stesse, questo perché la comprensione di determinate contestualizzazioni sociali che risultano fondamentali per il percorso orientato a una complessità del pensare e della conoscenza come direbbe Morin, non è ancora oggi raggiungibile.

Certamente una delle tematiche rilevabili è legata al fatto che, con frequenza, si contestualizzi la teoria freiriana esclusivamente in riferimento alla questione brasiliana, nonostante oggi sia particolarmente richiesta come pratica educativa, non limitata ai contesti di educazione in età adulta. Lo stesso concetto delle relazioni della sfera umana, sociale, scolastica come vedremo è andato modificandosi in virtù di una connotazione centrata sulla pluralità di aspetti, di caratteristiche, di abilità che stanno favorendo un lento ma necessario ripensamento del contesto educativo. L’educazione per Freire è sempre stata la manifestazione, la necessità, ma soprattutto la comprensione di una pratica percorribile per la liberazione individuale e collettiva. Il percorso affrontato dall’educatore brasiliano non è semplice, con frequenza è stato mal interpretato, come è avvenuto nel 1964, quando, a seguito del colpo di stato in Brasile, il golpe, fu incarcerato e poi esiliato in Cile. È vero che abbiamo dovuto aspettare il XXI secolo per poterlo comprendere, nella sua concretezza, nelle motivazioni e obiettivi, e solo in questi ultimi anni, anche grazie al recente centenario della nascita, lo si è riscoperto come autore fondamentale per la teoresi e l’esperienza pedagogica. Per questo scriviamo il presente saggio riflessivo, quando non anche una comparazione di prospettive, a loro modo distanti per i soggetti inizialmente coinvolti, ma collegate dal comune obiettivo di liberare alfabetizzando.

Orizzonti teorici e comprensione del contesto

Alcuni degli aspetti affrontati da Freire non trovano un riscontro diretto nella proposta educativa di Ferreiro. D’altro canto, l’autrice argentina, Emilia Ferreiro, propone alcuni orientamenti pedagogici in uno dei suoi testi più noti, diffuso anche dal Fondo di Cultura Economica del Messico, dal titolo: Cultura escrita y educación. Quest’ultimo volume, a cui si farà riferimento non esclusivamente durante l’insieme di riflessioni che si propongono di seguito, è il risultato di un’intervista profonda, argomentata e in quanto tale rilevante per gli obiettivi educativi di alfabetizzazione odierni, che ci permette di scrutare il risultato di anni di ricerca, di cui molti accanto la guida del maestro svizzero.

Quindi, quanto si approfondisce procede con un ritmo differente da quello delle quotidiane questioni comparative, in quanto l’obiettivo scientifico della pedagogia è appunto quello di poter comprendere, definire, ma soprattutto recuperare nell’aspetto di valorizzazione della teoresi educativa orientata a una vera e cosciente pedagogia di libertà e di liberazione.

«Mi disse di cercare la prima pagina. Con la mano sinistra sopra il frontespizio, cercai la prima pagina con il pollice quasi incollato all’indice. Tutto fu inutile: tra il frontespizio e la mano si interponevano sempre nuovi fogli. Era come se sorgessero dal libro», così in Borges (1975) si percepisce il noto Libro di sabbia.

Esattamente, come il problema del lettore di un libro che manca di consistenza e definitezza, di inizio e fine, poiché non terminabile, secondo lo scrittore argentino, possiamo qui rintracciare l’essere in fieri di qualunque lettrice, lettore, educatrice e educatore. Come il libro di sabbia senza un inizio riconoscibile, ma anche senza una conclusione, oltre una non dimensionalità e verso una continua trasformazione dell’oggetto, del processo di lettura così come di apprendimento, ma soprattutto di colei e colui che vi interagisce, così sono le continue scoperte che, ciascuna persona in quanto essere libero (Russell, 1955) e stimolato compie nella continua ricerca di ipotetiche e purtroppo temporanee risposte. La questione affermativa, o confermativa, delle risposte che possiamo ottenere o vedere modificarsi, dovute quest’ultime dal susseguirsi degli eventi, i quali si interpongono diacronicamente al nostro conoscere, questi accadimenti ci permettono di accrescere e modificare il nostro sapere, pur sempre limitato. Quindi con il sussulto e lo stimolo che ci offre Borges, oggi siamo parte integrante di un contesto equiparabile al libro che sta sfogliando il lettore sopra proposto, indefinibile, inafferrabile, ma non per questo incomprensibile. Come quel volume sabbioso, i granelli che compongono il nostro contesto educativo si diffondono nello spazio del sociale per poi darsi forme differenti in un insieme di poliedricità da riconsiderare. Questo ci riporta alla necessaria comprensione del problema educativo, alla difficoltà della formulazione del pensiero stesso, tant’è che a margine delle riflessioni che anche autori come lo stesso Orwell hanno poi fatto, «se non sappiamo scrivere bene, non riusciamo nemmeno a pensare bene, e questo poi comporterà che altri pensino per noi», diviene imprescindibile porre attenzione alle questioni teoriche che accompagnano le evoluzioni del pensiero e il linguaggio connesso. Alla luce della citazione orwelliana è per noi maggiormente evidente che, l’alfabetizzazione non è da intendersi come un mero e mnemonico percorso sistemico di apprendimento costituito da norme grammaticali che si intersecano tra di loro generando un reticolo di interpretazioni e significati, questi ultimi non sempre validi e per questo non limitabili a una finalità di tipo esclusivamente sintattico. Questa considerazione si pone a margine di una fondamentale riflessione proposta da Freire, in numerosi scritti, tra cui emerge la Carta a los profesores (Lettera ai professori), dove lo stesso pedagogista brasiliano si sofferma sulla necessità di non procedere in chiave riduzionista per un pensiero critico, e dunque non limitarsi al enseñar sin aprender (insegnare senza apprendere), in virtù dell’esistenza di una persona che svolge la docenza per l’insegnamento e uno studente o studentessa che riconosce la propria necessità di apprendere. Questa relazione è proposta secondo il criterio di biunivocità nella relazione docente-studente, per questa ragione rende maggiormente evidente che in assenza di una delle due parti, sopra richiamate, non può esservi né insegnamento né apprendimento, dunque sono inapplicabili, secondo questa proposta critica, le attività che si fondamentano su di un processo di distribuzione delle «informazioni» e non del sapere verso la persona nella sua totalità. In quest’ultimo contesto di limitazione dell’esperienza di apprendimento e insegnamento, lo studente, nello specifico, si ritrova isolato nell’autonoma interpretazione della conoscenza, evidenziando così una manifesta criticità dell’educazione odierna, e quindi della supposta possibilità di apprendimento autonomo avvallata dall’ausilio di supporti tecnologici di videoregistrazione asincrona.

Emergono a seguito di questa prima osservazione in prospettiva freiriana, ulteriori interrogativi, a cui ancora oggi cerchiamo di fornire risposte effettive, nonostante una discendente richiesta di sapere critico, quest’ultima sostenuta dalla immediatezza di risposte superficiali e approssimative che oggi vengono rese disponibili da differenti supporti online, o qualsivoglia altro tipo di comunicazione «meccanicizzata», come nel caso dei bot.

Questa ulteriore innovazione, all’interno di un panorama sociale, politico e soprattutto educativo in recente sofferenza, dati i più prossimi accadimenti che hanno accompagnato l’ultima decade, offre uno stimolo all’avvio di un percorso che possa riproporre concretamente quei codici interpretativi, che possono favorire la lettura del mondo e la liberazione della persona.

Quindi è necessario ricordare che: «L’apprendimento dell’insegnante a insegnare non si dà necessariamente attraverso la rettifica degli errori commessi dall’alunno. Quanto appreso da chi insegna a insegnare si verifica in colui che insegna, umile, aperto, sempre disponibile per ripensare quanto pensato, modificare le sue posizioni; in cui cerca di coinvolgersi con la curiosità degli studenti e i loro differenti percorsi e sentieri, che gli fa attraversare»3 (Freire, 2001, p. 259).

A questo proposito, è necessario ripensare a quanto lasciatoci da Freire e procedere anche con le riflessioni proposte dal filosofo Russell, il quale si è domandato «cosa possiamo fare», in un contributo del 1917 titolato What we can do, edito in una serie che raccoglie alcune sue lecture.

Lo stesso autore gallese dice: «[...] Molti uomini e molte donne vorrebbero rendersi utili al genere umano, ma si sentono smarriti e il loro potere sembra infinitesimale. La disperazione li afferra; i più sensibili vivono dolorosamente questo senso di impotenza e sono più suscettibili alla rovina spirituale una volta persa la speranza. Finché pensiamo all’immediato futuro ciò che possiamo fare non è molto [...]» (Russell, 1917).

Con le parole del filosofo Russell ci troviamo a essere ricondotti alle questioni fondamentali della teoria e prassi educativa, in quanto la teoresi pedagogica diviene qui un luogo privilegiato di indagine, dubbio e perplessità che può poi risultare volta alla continua richiesta e ricerca di apprendere e comprendere.

Le differenti letture che, quotidianamente vengono suggerite dal contesto di realtà, legate alla quantità degli apprendimenti e non alla qualità, ci riconducono a uno dei maggiori problemi dell’educazione del secolo XXI, ovvero della riduzione delle persone in minime cifre, a loro volta considerate per la determinazione degli stessi a quantità numerica. Quest’ultimo passaggio vuole attenzionare sulle dinamiche quantitative, che con l’obiettivo di trasporre a un livello logico-numerico le persone all’interno di spazi definibili, incasellabili in strutture rigide, come possono essere proposte dalle somme o riduzioni numeriche, così gli esseri umani sono sottoposti a una continua e indefinibile parcellizzazione, oramai ridotti a dinamiche digitali e privati di ulteriori variabili e caratteristiche.

Questioni di alternanza simbolica

La tematica affrontata da Ferreiro in relazione con quanto Freire ha esposto, ma anche in comparazione con lo stesso approccio dell’educatore brasiliano, è comunque da considerarsi rilevante per la nostra riflessione teorica. Uno dei testi maggiormente diffusi dell’autrice argentina è il saggio dedicato alla teoria e pratica dell’alfabetizzazione. Nel percorso di ricerca svolto dall’autrice, le questioni prime da lei sollevate si riferiscono al processo di alfabetizzazione come rappresentazione del linguaggio, in cui si nota l’influenza del maestro ginevrino, Piaget.

La stessa dice che: «la scrittura può essere concettualizzata in due modi differenti e, secondo quale sia il modo che si scelga di considerare, le conseguenze pedagogiche differiranno drasticamente. La scrittura può essere considerata come una rappresentazione del linguaggio o come un codice di trascrizione grafico delle unità sonore»4 (Ferreiro, 1997, p. 13).

Dunque, è importante tenere presente le differenti prospettive e considerare tanto la lettura quanto la scrittura come terreni di crescita e mutamento. Ferreiro propone riflessioni in merito alla necessaria attenzione data alle sonorità dell’interpretazione. Come ricorda la stessa ricercatrice emerita; è necessario partire dalla validazione della costruzione del sistema di rappresentazione; quindi, in primis dobbiamo essere capaci di poter discriminare le caratteristiche e gli aspetti che poi ci vincoleranno in relazione al sistema di comunicazione che sceglieremo di adottare. In merito a quanto quotidianamente sperimentiamo, con l’ausilio dell’approccio teorico, del pedagogista brasiliano e della pedagogista argentina, possiamo e dobbiamo soffermarci con particolare interesse e scrupolo alle dimensionalità caratterizzanti, che permettono allo stesso contesto di esistere e di filtrare la rappresentazione che noi restituiamo attraverso quest’ultimo alle sonorità verbali. In questo percorso teorico non è nostra pretesa avanzare passi all’interno di contesti di tipo linguistico, di tipo semiotico, o comunque legati agli aspetti che oggi ci riportano a un neuro-linguaggio. L’orientamento che noi cerchiamo di coadiuvare in questo insieme di letture, oggi ci permette di rafforzare la prospettiva teorica di area pedagogica e quindi favorire l’intervento educativo in virtù dei luoghi e della società.

Una delle differenze rilevate da Ferreiro è la seguente:

nel caso della codificazione risultano essere già predeterminati tanto gli elementi come le relazioni; il nuovo codice non fa altro che incontrare una rappresentazione differente per gli stessi elementi e le stesse relazioni. Viceversa, nel caso della creazione di una rappresentazione né gli elementi né le relazioni sono predeterminate. Per esempio, nella trascrizione della scrittura nel codice Morse tutte le configurazioni grafiche che caratterizzano le lettere si convertono in sequenze di punti e linee, però a ogni lettera del primo sistema corrisponde una configurazione differente di punti e linee, in corrispondenza biunivoca5 (Ferreiro, 1997, p. 14).

Questo permette di poter giungere a una definizione, ricorrendo a una conseguenza di riflessioni e proposte organizzative in merito alla strutturazione del pensiero, quest’ultimo legato alla modalità di esternazione dello stesso e quindi espressione dell’individuale modalità del sentire. Difatti, una delle proposte maggiormente rilevanti nel pensiero di Ferreiro, viene da lei rappresentata attraverso l’esperienza dei bambini, indirettamente questa narrazione offre inoltre una lettura per l’adulto ricorrendo a esperienze vissute. «Quando un bambino scrive nello stesso modo in cui lui crede che potrebbe o dovrebbe scrivere un certo insieme di parole ci sta offrendo un prezioso documento che necessita di essere interpretato per poter essere valutato. Queste scritture infantili sono state considerate, […] come “puro gioco” […]»6 (Ferreiro, 1997, p. 17).

La riflessione dell’autrice argentina è per noi fondamentale per comprendere la modalità di agire superficiale che, in quanto persone adulte, mettiamo in atto con saccenza rispetto a coloro che stanno apprendendo e sperimentando la loro esistenza con noi. L’esperienza educativa in quanto tale non può essere trasposta a un semplice e riduttivo esercizio di ripetizione, perché come espliciterà la stessa Ferreiro, scrivere non significa copiare, per questo la scrittura non può essere considerata una riproduzione di qualcosa che a noi è già visibile, ma una modalità di agire creativo nel rispetto delle differenti sensibilità. Offrendo alla persona adulta una differente prospettiva interpretativa, in quest’ultimo caso vicina alla percezione degli infanti e di quanto agito. Realmente la problematica e le opportune osservazioni, dovute alle manifestazioni epistemiche esplicitate nelle ricerche di Ferreiro, oggi aumentano l’attenzione su quella dinamica di alfabetizzazione massiva, e stereotipata che avvicina sempre più le persone alle macchine elettroniche. Distante dal pensare del corpo docente che, molto spesso ricorre alla replica di un testo già scritto, a causa delle impellenti scadenze e della burocratizzazione del contesto educativo, soggetto a stesure di progetti e attività che non hanno riscontro nel contesto di applicazione. Alfabetizzare non può essere ridotto a una pratica di comprensione dei simboli di comunicazione, ma è soprattutto un’azione di tipo politico-culturale. Non possiamo pensare di ridurre la teoresi e prassi dell’alfabetizzazione a una semplificazione della comprensione di un singolo aspetto del mondo, ma è doveroso riconoscere la possibilità di adempiere a una scelta critica, questa orientata alla complessità del pensare, dell’agire, dell’esistere nei luoghi. Il riprodurre un tipo di testo, suono, o immagine come esternazione e concretizzazione di un codice linguistico acquisito, non è espressione dell’aver compreso tale insieme simbolico. Con eccessiva ripetitività, i nostri contesti educativi, in questo caso ci riferiamo nello specifico all’istruzione obbligatoria, alle sue formalità, agli orientamenti curricolari che non coltivano la studentessa e lo studente in fase di crescita. Con frequenza i luoghi dell’apprendere, così come la stessa esperienza educativa, tendono a essere ridotti a una limitata manifestazione della monodimensionalità dell’educare, questo concretizzato attraverso il ricorso meccanico a dei brani, a delle brevi frasi o ancora prima a delle semplici parole, che non sono altro che un tentativo di trasmettere un significato univoco, non aperto a critiche o questioni interpretative.

Dinamiche di architettura del pensare

Secondo quanto scritto da Eco, la struttura è la rappresentazione di un ecosistema di relazioni manifeste a seguito della comprensione della stessa.

Supponiamo di avere individuato la struttura di una lingua (chiamiamola sa). Poi di avere individuato la struttura dei rapporti parentali nel villaggio dove si parla la lingua esaminata. Chiamiamo questa struttura parentale sb. Infine, supponiamo di avere individuato la struttura che regola l’organizzazione spaziale del villaggio (chiamiamola sc). Evidentemente queste sono strutture superficiali che hanno potuto assumere una forma omologa in quanto erano le esecuzioni di una struttura soggiacente, più profonda, che chiameremo Sx (Eco, 1968, p. 14).

Dunque, una struttura che esiste e si conforma stabilendo una ramificazione più vasta, «grazie alla quale si possa discendere ogni volta che appare operativamente necessario a strutture più profonde» (Eco, 1968, p. 15).

Il riferimento a strutture, significati e possibili interpretazioni ci rimanda continuamente a delle ipotetiche letture, che quotidianamente offriamo del contesto e della realtà in quanto tale, svincolata dagli approcci teorici fino ad ora richiamati. Altro caso evidente è esposto nel saggio Dove gli angeli esitano avviato nella stesura da Bateson Gregory e poi concluso dalla figlia, Mary Catherine, e dato alle stampe nel 1987, a circa sette anni dalla scomparsa del padre, dove gli autori avviarono l’approfondimento della questione jungiana in merito a Creatura e Pleroma.7 Bateson offre una prospettiva di lettura del processo mentale, e dunque differenti momenti che attraverso la manifestazione nei processi di pensiero favoriscono la conformazione dell’essere umano. A sua volta, la persona, nonostante le vaste possibilità e prospettive offertegli dal ricorso al processo mentale soggiacciono al dominio delle «ingiunzioni, le false partenze e le autocorrezioni, l’obbedienza alle circostanze e così via […]» (Bateson e Bateson, 1989, p. 34).

La contestualizzazione delle terminologie proposte si fonda su questioni archetipizzate da Jung, questo porta a intendere il Pleroma come «il mondo della materia non vivente, descritto dalle leggi della fisica e della chimica, di per sé non contiene alcuna descrizione. Un sasso non reagisce all’informazione e nella sua organizzazione interna non usa ingiunzioni o informazioni o procedimenti per tentativi ed errori. Per reagire in senso comportamentale, il sasso dovrebbe usare un’energia interna, come fanno gli organismi. Ma allora non sarebbe più un sasso. Il sasso è influenzato da “forze” e da “urti”, ma non da differenze» (Bateson e Bateson, 1989, p. 35).

Il nostro obiettivo è quello di poter giungere a una dinamica critica e complessa del pensiero, del ragionamento, dell’esistenza della persona in quanto tale percorrendo quelle strutture che conformano e orientano la riflessione sull’alfabetizzazione come evoluzione di un pensare riflessivo denso di aspettative. Certamente, la questione, gli approcci epistemologici e le prospettive educative non possono esaurirsi nel presente saggio, ma offrire un tassello necessario per proseguire in un cammino che si districa fra critiche come anche positività, ma con frequenza limitato da approcci riduzionistici, che tendono alla banalizzazione della problematica, secondo finalità che lo stesso Gramsci in Baldacci richiama con il termine subalternità (Baldacci, 2017; 2023).

Il Pleroma ci permette di interrogarci sia sulle funzionalità dello stesso termine, quanto sulle caratteristiche che ne costituiscono la definizione, per questo il sasso, sopra richiamato, è privo di pensiero e di informazione, «tuttavia contiene (è la matrice di) molti altri tipi di regolarità. L’inerzia, la causa e l’effetto, la connessione e la non connessione e via dicendo sono regolarità che in mancanza di un termine migliore io definisco immanenti nel Pleroma» (Bateson e Bateson, 1989, p. 35)

D’altro lato troviamo Creatura «per indicare quel mondo della spiegazione in cui gli stessi fenomeni da descrivere sono tra di loro retti e determinati dalla differenza, dalla distinzione e dall’informazione. […] Da un canto la Creatura esiste dentro e grazie al Pleroma; l’uso del termine Creatura indica la presenza di certe caratteristiche organizzative e comunicative in sé non materiali. D’altro canto, la conoscenza del Pleroma esiste solo nella Creatura» (Bateson e Bateson, 1989, p. 36).

Queste due sostanze, oltre a necessitare di una organizzazione strutturale, manifestano la compresenza di entrambe nel rispetto delle differenti caratteristiche e rappresentazioni per permettere al processo mentale di manifestarsi.

Questi numerosi aspetti ci riportano a quanto esplicitato da Ferreiro, dicendo che: «i bambini dedicano, in cambio, un grande sforzo intellettuale nel costruire forme di diversificazione tra le scritture, e questo è quello che caratterizza il periodo a venire. Questi criteri di differenziazione sono principalmente, intra-relazionali, e consistono nello stabilire delle priorità che un testo scritto deve possedere per poter essere interpretabile (ossia, per permettere che sia possibile attribuirgli una significazione)» (Ferreiro, 1997, p. 19).8

Conclusione

Con il fine di giungere alla comprensione epistemologica dei due approcci, di provenienza argentina e brasiliana, è stata proposta una lettura centrata sullo sviluppo di un pensiero critico, votato alla complessità con il ricorso delle pratiche di alfabetizzazione. La scrittura e la narrazione hanno rappresentato e rappresentano la poliedrica manifestazione del pensiero, che grazie ai differenti stimoli visivi e uditivi sollecitano la comprensione della realtà.

Freire ci ricorda come il cambiamento dovuto alla modifica del linguaggio, successivamente può intervenire sulle differenti modalità di interpretazione del mondo e comprensione della storia stessa. La comprensione della realtà è un obiettivo condiviso dall’educatore brasiliano e dall’educatrice argentina, con spunti e letture differenti, ma pur sempre vicine alla interpretazione e liberazione del mondo.

Il pedagogista Freire ricorda che:

È impossibile, tuttavia, pensare di superare l’oppressione, la discriminazione, la passività, o la mera ribellione senza acquisire una comprensione critica della storia entro cui queste relazioni interculturali hanno luogo in forma dialettica. Queste relazioni sono contraddittorie e parte di un processo storico. In secondo luogo, non possiamo pensare di superare l’oppressione senza progetti politico-pedagogici che puntino alla trasformazione o alla reinvenzione del mondo (Freire e Macedo, 2008, p.67).

Scrivere significa fissare un significato in modo duraturo, plasmare un oggetto, divulgare e condividere un suono che prende forma, un fonema che si concretizza, un vocabolo che solo in seguito acquisirà una propria definizione sintagmatica. Come il linguaggio, la scrittura è fondamentale per la comunicazione umana e oggi risulta essere il mezzo più efficace per conservare e trasmettere la memoria, non solo individuale ma anche collettiva. In questo senso, qualsiasi mezzo che consenta la trasmissione tangibile di informazioni dovrebbe essere considerato scritto. Quindi dovremmo poter pensare al testo scritto, così come alla lingua scritta e a una memoria scritta secondo il criterio vigente per l’imprimatur, non solo editoriale, ma prima ancora educativo e sociale. Un punto di partenza, una certezza, è il fatto che la scrittura ha permesso cose essenziali all’evoluzione dell’uomo, come la possibilità di attivare i processi di formazione, astrazione, formalizzazione, logica, analisi, classificazione, sintesi e supposizione. In questo senso, la scrittura ha poi offerto l’opportunità di formulare e sviluppare nuove ipotesi, attribuendo alle stesse una rappresentazione segnica, non sempre corrispondente alle variabili comunicative condivise. Pertanto, è chiaro, che la scrittura non è solo individuale, ma rappresenta uno sviluppo sociale, contestuale oltreché intertestuale. Nell’evoluzione umana permette di sviluppare competenze di base quali: attenzione, concentrazione, memoria, organizzazione e socializzazione e trasmissione della conoscenza. (Piaget, 1936; 1972; Ferreiro e Teberosky, 1981) Conosciamo a livello educativo, comunicativo e sociologico diverse cause che ci hanno accompagnato finora in queste grandi sfide culturali. Le difficoltà esistono e caratterizzano i nostri eventi, le nostre interpretazioni e gli interessi che ci permettono di continuare a vivere in modo creativo, e soprattutto personalmente indipendente.

Freire ci riaccompagna con le sue parole al «sogno dell’educatore», dove esplicita alcuni aspetti fondamentali per la liberazione della persona:

un altro aspetto molto importante nel realizzare un libro raccontato è che il dialogo è, in se stesso, creativo e ricreativo. Significa, alla fina, che tu stai ricreando nel dialogo la forma più ampia de quello che scrivi, in solitudine, nel tuo studio o nella tua piccola biblioteca. E dal punto di vista umano, la necessità di dialogare è talmente grande che, quando lo scrittore è solo nella sua biblioteca, guardando i fogli in bianco davanti a lui, necessita, perlomeno mentalmente, arrivare fino ai possibili lettori del libro, anche se non avrà la fortuna di conoscerli […]9 (Freire e Shor, 2014, p. 7).

In questo senso è utile ricordare Bruner, secondo il quale: «Le soluzioni a questo apparente paradosso, che consistono nell’esistenza di una capacità discriminatoria che, se usata nella sua interezza, ci renderebbe schiavi della particolarità, sta nella capacità che l’uomo ha di categorizzare» (Bruner, 1956). Le categorie, e la capacità di discriminare tra loro, una volta apprese diventano automatiche e utilizzabili dagli individui senza ulteriore apprendimento. Si collega direttamente con i concetti di lingua e cultura: le categorie, in cui l’uomo sceglie e reagisce al mondo che lo circonda, riflettono profondamente la cultura in cui è nato. La lingua, lo stile di vita, la religione e la scienza di un popolo formano tutti il modo in cui un uomo ha esperienza degli eventi che compongono la sua storia personale. In questo senso, il vissuto individuale finisce per riflettere la tradizione e i modi di pensare del contesto culturale in cui si è calati sin dalla nascita, poiché gli eventi che compongono quella storia sono filtrati da sistemi categorici che sono stati lentamente imparati. In questo modo, si può dire che la conoscenza è un’abitudine mentale, quindi è possibile educare coloro che si avvicinano alla conoscenza «all’occasione e all’anomalia, ai modi di pensare nell’arte, nella poesia, nella storia, nel dramma e nella metafisica» (Bruner, 1973).

La dimensione alfabetica, in Ferreiro ha spesso rappresentato un limite, in quanto delimita un percorso orientato in una sola direzione, quello della comprensione e riproduzione, esclusiva, delle sole lettere apprese e per questo linguisticamente limitante. Quindi l’attrazione verso tutto ciò che non è alfabetico, e a volte, indirettamente, marginalizzato perché non esplicitato direttamente nella dimensionalità di un alfabeto. Mentre in Freire, la questione alfabetica è necessità per poter giungere alla comprensione, anche se parziale, di uno stato dell’arte della persona nel contesto. Quest’ultima questione offre nella prospettiva del pedagogista brasiliano un primo accesso, una modalità per iniziare a stimolare il pensiero critico; quindi, partendo dalla medesima lettura delle singole rappresentazioni grafiche proprie delle lettere, prima ancora di giungere a quelle che poi diverranno le «parole generatrici». L’avvento della cosificazione, alla dimensionalità esclusivamente oggettuale, che richiede al soggetto di giungere a un pensiero critico, volto alla complessità, così da poterlo liberare dal presunto controllo. Solamente in questa direzione, la persona, in crescita, come quella già matura, potrà incamminarsi verso la comprensione cosciente dell’oppressione e dell’oppressore, e di quanto anche per Ferreiro era un obiettivo da raggiungere, ovvero alla liberazione «rumorosa» delle persone.

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1 Ricercatore TDb di Pedagogia Generale e Sociale, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Urbino «Carlo Bo».

2 Università degli Studi di Urbino «Carlo Bo».

3 Si riporta di seguito la citazione nel formato originale, mentre la traduzione all’italiano è dell’autore. «El aprendizaje del enseñante a enseñar no se da necesariamente a través de la rectificación de los errores cometidos por el alumno. Lo aprendido de quien enseña al enseñar se verifica a medida en el que enseña, humilde, abierto, se halle permanentemente disponible para repensar lo pensado, reverse en sus posiciones; en que procura envolverse con la curiosidad de los estudiantes y los diferentes caminos y senderos, que los hace recorrer» (Freire, 2001, p. 259).

4 Si riporta di seguito la citazione nel formato originale, mentre la traduzione all’italiano è dell’autore: «la escritura puede ser conceptualizada de dos maneras muy diferentes y, según sea el modo en que se la considere, y las consecuencias pedagógicas difieren drásticamente. La escritura puede ser considerada como una representación del lenguaje o como un código de transcripción gráfico de las unidades sonoras» (Ferreiro, 1997, p. 13)

5 Si riporta di seguito la citazione nel formato originale, mentre la traduzione all’italiano è dell’autore: «en el caso de la codificación y ya están predeterminados tanto los elementos como las relaciones; el nuevo código no hace más que encontrar una representación diferente para los mismos elementos y las mismas relaciones. Por el contrario, en el caso de la creación de una representación ni los elementos ni las relaciones están predeterminados. Por ejemplo, en la transcripción de la escritura en código morse todas las configuraciones gráficas qué caracterizan a las letras se convierten en secuencias de puntos y rayas coma y pero a cada letra del primer sistema corresponde una configuración diferente de puntos y rayas, en correspondencia biunívoca» (Ferreiro, 1997, p. 14)

6 Si riporta di seguito la citazione nel formato originale, mentre la traduzione all’italiano è dell’autore: «Cuándo un niño escribe tal como él cree que podría o debería escribirse cierto conjunto de palabras no se está ofreciendo un valiosísimo documento qué necesita ser interpretado para poder ser valorado. Esas escrituras infantiles han sido consideradas, […] “puro juego” […]» (Ferreiro, 1997, p. 17).

7 Nella lettura di quanto offerto da Bateson, la prospettiva interpretativa non sarà limitata alla esclusiva e specifica proposta di Jung, ma adeguata alle necessità poste in evidenza dall’ulteriore interpretazione sviluppata dallo psicologo britannico, a partire dalla relazione tenuta presso l’Istituto Junghiano di San Francisco nel 1980. La proposta teorica verrà successivamente pubblicata da Kai Erikson nella «Yale Review», vol. 71, n. 1, 1981, pp. 1-12 (Bateson e Bateson, 1989, pp. 33-34).

8 Si riporta di seguito la citazione nel formato originale, mentre la traduzione all’italiano è dell’autore: «Los niños dedican, en cambio, un gran esfuerzo intelectual a construir formas de diferenciación entre las escrituras, y eso es lo que caracteriza el período siguiente. Esos criterios de diferenciación son primeramente, intra-relacionales, y consisten en el establecimiento de las propiedades que un texto escrito debe poseer para poder ser interpretable (o sea, para que sea posible atribuirle una significación)» (Ferreiro, 1997, p. 19).

9 Si riporta di seguito la citazione nel formato originale, mentre la traduzione all’italiano è dell’autore: «Otro aspecto muy importante al hacer un libro hablado es que el diálogo es, en sí mismo, creativo y recreativo. Es decir, al final, tú estás recreando en el diálogo la forma más amplia de lo que escribes, solitario, en tu estudio o en tu pequeña biblioteca. Y desde el punto de vista humano, la necesidad de dialogar es tan grande que, cuando el escritor estás solo en su biblioteca, mirando las hojas en blanco delante de él, necesita, cuanto menos mentalmente, llegar hasta los posibles lectores del libro, aunque no tenga la suerte de conocerlos […]» (Freire e Shor, 2014, p. 7).

Vol. 9, Issue 1, April 2023

 

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