Vol. 8, n. 1, aprile 2022

TEORIE E MODELLI DIDATTICI

Verso un curricolo di educazione etico-sociale

Riflessioni progettuali e proposte operative

Silvia Fioretti1

Sommario

Il contributo illustra i risultati iniziali di una ricerca che si propone di indagare e comprendere i fattori che favoriscono o ostacolano la realizzazione di un curricolo etico-sociale rivolto a preadolescenti. La ricerca è condotta su un piccolo gruppo di insegnanti, attraverso la metodologia del focus group, con l’obiettivo di raccogliere prospettive diverse e indagare le opinioni e le convinzioni dei soggetti coinvolti. Viene descritto l’impianto del curricolo etico-sociale e, attraverso l’interpretazione critica dei pareri e dei giudizi raccolti, vengono messe in evidenza i valori consolidati, le eventuali criticità e le aree da rafforzare.

Parole chiave

Curricolo scolastico, Educazione etico-sociale, Educazione morale, Progettazione, Focus group.

THEORIES AND DIDACTIC MODELS

Towards an ethical-social curriculum

Design and practice

Silvia Fioretti2

Abstract

This contribution illustrates the partial results of research that aims to investigate and understand the factors that favour or hinder a hypothesis of an ethical-social curriculum in the context of pre-adolescents. The exploratory research is conducted on a small group of teachers via the focus group methodology with the aim of different perspectives and intends to investigate the opinions and beliefs of the subjects involved. In the paper the structure of the ethical-social curriculum is described through the interpretation of the opinions and judgments collected from secondary school teachers. From this rendition are analyzed the consolidated values, the critical issues and the areas to be improved.

Keyword

School Curriculum, Ethical-social Education, Ethical Education, Curricular Design, Focus group.

Introduzione

Stiamo attraversando anni di grandi cambiamenti: la globalizzazione crescente, la società della conoscenza, l’esplosione delle potenzialità scientifiche e tecnologiche, le trasformazioni ambientali, la distribuzione delle risorse rappresentano problemi di etica pratica e richiedono nuove forme di apprendimento e nuovi modi di pensare la formazione (Lecaldano, 1995; 2010). Questi cambiamenti sono accompagnati da fenomeni preoccupanti quali: il deterioramento complessivo della cultura e di alcuni stili di vita, il fenomeno del bullismo, l’indifferenza, il disimpegno socio-politico, l’esposizione delle fasce adolescenziali a manipolazioni, espropriazioni, processi di annullamento del sé, aggravati anche dall’esperienza di una pandemia mondiale, incidono inesorabilmente anche sul rendimento scolastico e sulla più ampia funzione della scuola all’interno della società (Benasayag e Schimt, 2003; Benesayag, 2020). Questi elementi, così diffusi e pervasivi, non possono più essere interpretati come effetto di condizioni ambientali, sociali, culturali, economiche determinate e investono la dimensione sociale, morale e affettiva contribuendo a diffondere un generale senso di insicurezza e di crescente emotività (Davis, 2019). In modo particolare, alcuni comportamenti sembrano l’esito di una incapacità culturale e sociale nel sostenere una formazione completa e multilaterale degli individui ed evidenziano carenze soprattutto in rapporto alle questioni relative all’educazione etica e morale degli adolescenti (Baldacci, 2020).

Il curricolo di educazione etico-sociale

Tentare di mettere a tema l’educazione e la formazione di tipo etico-sociale rappresenta una dimensione decisiva della crescita personale, della preparazione alla vita dei futuri cittadini e alle possibilità di vivere in modo pieno la vita sociale nella sua dimensione multilaterale. La questione etico-sociale, influenzando in modo diretto i processi di socializzazione e la strutturazione di abiti etico-sociali dei giovani, investe direttamente il sistema di istruzione e la scuola nella sua specificità. Impone un ripensamento e un adeguamento dell’impostazione educativa di tipo curricolare per sostenere la consapevolezza piena del problema e fornire all’azione educativa scolastica un carattere mirato e incisivo. In questo senso si avverte, in modo sempre più evidente, l’esigenza di un curricolo etico-sociale mirato e orientato a un saper agire in modo pertinente in situazioni diverse. Sembrano sempre più necessari interventi organizzati, rivolti allo sviluppo etico-sociale dei soggetti in formazione, e mirati a sostenere sia il rapporto personale ed esistenziale sia il rapporto con gli altri. Il coinvolgimento e la formazione specifica degli insegnanti in merito ai loro atteggiamenti, comportamenti e interventi sono basilari. Questi temi hanno ispirato un progetto di ricerca intitolato Curriculum for moral education (CEM). The challenge of moral education of pre-teenagers today . Il progetto CEM affronta la questione dell’educazione morale degli allievi nella scuola secondaria di primo grado in un’ottica di ricerca interdisciplinare che si realizza sul piano sia teorico sia empirico. I prodotti finali sono orientati all’individuazione di un progetto di educazione etico-sociale indirizzato ai preadolescenti e all’implementazione di un progetto di formazione per insegnanti delle scuole secondarie di primo grado finalizzato a migliorare la consapevolezza e le competenze per le strategie di educazione etico-sociale

Le direzioni dell’educazione etico-sociale si situano nell’ambito del razionalismo critico e nella relazione fra eticità e moralità.3 I termini «eticità» e «moralità» sono frequentemente fraintesi. Entrambi fanno riferimento ai costumi, alle condotte di vita e alle regole di comportamento. In prima approssimazione possiamo distinguerli nel modo seguente. L’eticità designa l’analisi teorica dei grandi principi (ciò che è bene e giusto per noi) e rappresenta il costume (le norme, i valori, le prassi di riferimento) di una determinata comunità. L’eticità si forma con la socializzazione, attraverso l’integrazione e la conformazione ai modelli vigenti del gruppo sociale di appartenenza. Nella formazione dell’eticità sembrerebbe prevalere l’abitudine o la formazione dell’habitus. La moralità caratterizza le indicazioni e gli obblighi concreti del profilo individuale, sembra essere caratterizzata da una tensione universale (ciò che è bene e giusto in sé). Di fronte a un problema o a un conflitto siamo propensi ad affrontarlo tramite il ragionamento, cerchiamo di giustificare le scelte compiute o i giudizi formulati. In questo senso, nella formazione della moralità sembrerebbe prevalere il ragionamento (Baldacci, 2020). La formazione degli abiti sembra essere il frutto di un percorso di lungo periodo, riferibile a caratteri deuteroappresi in modo collaterale tramite un’esperienza vissuta in un particolare contesto (Bateson, 1997; Baldacci, 2006). L’abito appreso orienta il comportamento ma ogni azione risulta guidata dalla riflessione morale che prende la forma di un vero e proprio ragionamento morale quando è condotta in modo personale e interno. Quando la riflessione morale assume una connotazione sociale parliamo di discussione.

La forma che assume l’educazione etico-sociale fa riferimento a una prospettiva curricolare di secondo livello di tipo implicito e collaterale. Precisamente, questo curricolo di secondo livello è deputato all’educazione di abiti che riguardano il ragionamento morale e la discussione. In quanto curricolo di secondo livello implica il riferirsi a principi procedurali (Stenhouse, 1977) e contestuali relativi all’attività educativa dell’insegnante e alle modalità utili e coerenti alle finalità perseguite.

Il riferirsi a principi, e non a obiettivi, consente di dare struttura al curricolo di educazione etico-sociale ipotizzato individuando delle linee guida dell’agire educativo, orientate alle specifiche direzioni — abiti, ragionamento, discussione — che possono connotare l’azione intenzionale e sistematica degli insegnanti (Baldacci, 2021).

Metodologia e fasi di lavoro

Il focus group è una tecnica qualitativa per la raccolta di informazioni. Si basa sull’assunto che l’interazione di un gruppo favorisca l’emergere di informazioni originali. Si struttura come un’intervista rivolta a un gruppo omogeneo di persone utile ad approfondire un tema o alcuni aspetti particolari di un argomento. Il focus group è guidato da un moderatore che propone ai partecipanti delle domande, o degli «stimoli», utili a innescare una discussione sul tema individuato.

Dal punto di vista metodologico si è scelto di utilizzare lo strumento del focus group allo scopo di identificare, in modo approfondito, gli aspetti costitutivi l’ipotesi di ricerca, soprattutto in relazione a come essi vengono percepiti e potrebbero essere utilizzati dai rispondenti. L’interazione che si crea tra i partecipanti sembra poter riprodurre in modo realistico il processo che presiede alla formazione delle opinioni (Corrao, 2000). I partecipanti sono i «testimoni qualificati» (o campione di esperti) che rappresentano un modello di analisi basato sul loro giudizio e non sull’osservazione diretta di fenomeni. Il giudizio informato può migliorare il processo decisionale della ricerca. Il focus è utile, quindi, per indagare il punto di vista, le opinioni, gli atteggiamenti dei singoli e del gruppo. È uno strumento utile alla costruzione dei dati della ricerca e non alla raccolta dei dati (Benvenuto, 2015, p. 229). In questo caso è stato utilizzato per identificare i punti critici e controversi degli elementi costitutivi dell’impianto curricolare formulato nell’ambito della ricerca intrapresa all’interno del progetto PRIN.

L’analisi degli elementi individuati si propone di offrire spunti di riflessione ai partecipanti coinvolti in chiave soggettiva e partecipativa. Nel caso specifico è stato chiesto agli insegnanti di esprimersi e confrontarsi rispetto a tre macroaree: l’idea implicita di curricolo etico-sociale (primo incontro); gli aspetti costitutivi l’ipotesi della ricerca (secondo incontro); la valutazione di elementi complessivi, quali l’adeguatezza e la fattibilità, dell’ipotesi (terzo incontro).

La composizione del gruppo, finalizzata a un’indagine esplorativa, è stata caratterizzata dall’adesione volontaria di cinque insegnanti di scuola secondaria appartenenti a un unico Istituto Comprensivo delle Marche.4 Gli insegnanti partecipanti, docenti di discipline appartenenti prevalentemente all’ambito umanistico/espressivo (italiano, storia, geografia, religione, docente specializzato per le attività di sostegno), provenendo da uno stesso istituto comprensivo, avevano avuto precedenti occasioni di collaborazione e progettualità in comune. In diverse occasioni i partecipanti al focus hanno dimostrato, tramite riferimenti specifici, la loro familiarità e la condivisione di esperienze e punti di vista comuni. Tale appartenenza si è rivelata anche dall’interesse dimostrato nei confronti del tema etico-sociale. Il focus si è configurato, quindi, come un gruppo «naturale», con la sua storia e la sua identità, come uno strumento utile a indagare i processi di funzionamento tipici dell’appartenenza al gruppo. Nel caso particolare a indagare i processi di funzionamento tipici riferibili alla progettazione di un curricolo etico-sociale nella scuola secondaria di primo grado ipotizzata (Baldacci, 2021).

La traccia di stimoli utilizzata conteneva una serie di domande aperte (di apertura, di introduzione, di transizione, domanda chiave e domanda finale) a partire da argomenti più generali per arrivare a quelli più specifici. Gli incontri effettuati in videochiamata sono stati registrati. Durante gli incontri si è creato un clima fluido, amichevole, privo di particolari differenze fra conduttore e insegnanti. L’interazione è stata produttiva per quanto riguarda l’approfondimento e l’arricchimento delle idee indagate. Si sono innescati, in alcune occasioni, dei meccanismi di «difesa del gruppo» partecipante noti come weness (noità). Il riferimento e l’uso del «noi», riferito al gruppo docente che agisce, progetta e partecipa, come un insieme unico, alla quotidianità e alle prassi condivise tipiche della vita scolastica. La forma di conduzione si è mantenuta secondo una modalità non direttiva e, in alcune occasioni, è risultata molto tenue. La conduttrice del gruppo, autrice del presente contributo, non sempre ha ricondotto l’interazione dialogica del gruppo all’argomento oggetto del focus ma ha lasciato esplorare liberamente, rilanciando argomenti accennati nelle risposte, temi e problemi tipici della quotidianità delle prassi educative e scolastiche.

L’analisi delle videoregistrazioni ha portato a considerare i dati trascritti e a effettuarne un’analisi di tipo qualitativo, composta dal resoconto dei contenuti emersi, dalle citazioni e dall’interpretazione dei dati legati all’ipotesi.

Il curricolo etico-sociale nell’interpretazione di senso comune dei docenti

Il primo incontro è stato dedicato a esplorare la concezione di senso comune dei docenti coinvolti in merito al curricolo etico-sociale. L’incontro ha preso avvio con una breve presentazione, da parte della conduttrice, sullo scopo degli incontri programmati e sulle caratteristiche del progetto di ricerca sul curricolo etico-sociale presentato come un tema a carattere trasversale, con aspetti particolarmente connessi all’età preadolescenziale tipica degli studenti della scuola secondaria di primo grado.

L’avvio è stato dato da una domanda di introduzione, la richiesta di presentarsi e descriversi. I partecipanti si sono brevemente descritti indicando la materia insegnata e gli anni di servizio prestati in qualità di docenti specificando gli anni trascorsi nell’attuale istituto di appartenenza e, in alcuni casi, le esperienze in altri istituti. Queste due informazioni sono state ritenute, probabilmente, come indicazioni costitutive della professionalità insegnante, quasi attestazioni di garanzia di impegno, partecipazione e condivisione dello scopo degli incontri.

La domanda chiave è stata formulata in questi termini: «A cosa associate il tema del curricolo etico-sociale?». Questa formulazione, piuttosto generale, aveva lo scopo di raccogliere le sensazioni e le idee implicite, diffuse e percepite come relative ai temi e ai problemi, presenti nella quotidianità scolastica, relativi all’ambito di appartenenza del curricolo etico-sociale.

Dalle prime condivisioni emergono i riferimenti: al comportamento degli studenti, alle relazioni tra studenti e tra docenti e studenti. In particolare:

[…] diciamo <beh> diciamo al comportamento dei ragazzi… Vale a dire le relazioni che si vengono a instaurare nella nostra convivenza a scuola… del benessere, della vita all’interno della comunità. Perché facciamo sempre più fatica a mantenere il silenzio, la focalizzazione su di un obiettivo comune, sul capire cos’è il benessere a scuola. Quindi non so, penso... non so se i colleghi sono d’accordo, però credo sia un aspetto interessante… siamo sempre più orientati verso le discipline.

Grande peso viene attribuito alle discipline e al superamento della frammentazione disciplinare. Come sottolinea Likona (1996) la filosofia del positivismo logico ha orientato l’attenzione dei percorsi formativi e della progettazione curricolare verso le discipline in generale, soprattutto le materie scientifiche, indebolendo fortemente la character education.

Mi viene in mente che il curricolo etico-sociale va oltre la disciplina. Nel senso che deve essere non solo interdisciplinare, e quindi andare a toccare tutte le discipline, ma deve andare oltre la disciplina e andare anche prima della disciplina… perché se non c’è un comportamento… se non c’è attenzione, anche dal punto di vista comportamentale o etico-sociale appunto, a queste relazioni… tra studenti e tra studente e professore e professori… le cose non funzionano… è tutta una relazione, una rete che si crea in tutta la scuola, quindi, è oltre la disciplina…

Coì come viene individuata la priorità dei temi connessi al curricolo etico-sociale rispetto alle discipline tradizionali: «Ascoltando voi colleghi che parlavate mi è venuto in mente questo… che forse è quello che io… di cui io sento la necessità… è che proprio la disciplina entri, diventi… siano le discipline ad essere al servizio del curriculo etico-sociale non viceversa».

Evidenti limiti allo sviluppo del curricolo etico-sociale, del quale si avverte chiaramente la mancanza di spazio e significato nella quotidianità scolastica occupata da altro, sono imputabili alla valutazione espressa tramite voti, all’esigenza di distacco dai contenuti disciplinari, al benessere, a una scuola libera e democratica, a una scuola ricca di emozioni e di creatività:

Riflettevo sul fatto che questa educazione etico-sociale è riferita agli studenti ma probabilmente anche ai docenti… noi dovremmo, appunto, fare… no… essere un po’ un esempio… Questo curricolo etico-sociale è alla base e al di là della disciplina, dell’insegnamento contenutistico e dal quale comunque bisogna un po’ continuare a distaccarci. Sia noi sia le famiglie perché questa attenzione al voto di cui parlava la collega io la riscontro molto negli alunni inculcata appunto spesso… anche dalle famiglie e non so forse sarebbe il caso addirittura di superare questo concetto di voto sarebbe un sogno per me perché il discorso del voto lega molto e spesso è controproducente… le parole che poi venivano in mente… morale anche morale… il rispetto… che deve essere alla base di ogni relazione. Le relazioni in una scuola democratica, libera e democratica, dove la socialità abbia un grande spazio. Una scuola anche creativa perché secondo me la creatività è la scintilla per l’apprendimento. L’emozione e la creatività…

Anche alla ricerca di significatività, il riferimento a un’etica sostenibile, alle ripercussioni delle scelte compiute, al coinvolgimento e alle responsabilità dirette dei docenti, alle regole di vita, alla responsabilità vengono riferiti gli spazi di azione e di intervento di un curricolo etico-sociale nella percezione degli insegnanti. In modo particolare, le questioni relative alla responsabilità e alla corrispondente libertà di scegliere fra le contraddizioni odierne e le prospettive delle generazioni future (Jonas, 1990) sembrano riferirsi alle competenze di sostenibilità e agli obiettivi compresi nell’agenda 2030 promossa dalle Nazioni Unite.5

Sono molto d’accordo anche a me sono venute in mente alcune parole come relazione e responsabilità e un’altra parola che assocerei e la parola vita perché la scuola deve essere… deve accompagnare… alla vita reale, alla vita quotidiana. Quindi una scuola che li aiuta nelle loro scelte in quelle scelte significative che poi faranno nel loro futuro ... <eh eh>… quindi mi sembra molto importante questo accompagnamento e affinché possano crescere nella responsabilità e nella corresponsabilità. Nel sentirsi corresponsabili di un mondo e di un futuro migliore perché le scelte non riguardano solamente una scelta che io faccio oggi nel mio piccolo, ha una ricaduta nel mondo intero. Faccio un piccolo esempio, la scelta di un prodotto biologico, di un prodotto equo e solidale ha una ricaduta non solo qui in Italia ma quella scelta che io faccio è significativa per chi sta dall’altra parte. Quindi rappresenta un sentirsi legati e nello stesso tempo la mia scelta è una scelta che va che produce insomma… come posso dire ha una ricaduta anche per gli altri, quindi, è una scelta di corresponsabilità.

In questi primi riferimenti alle idee implicite relative a un curricolo etico-sociale gli insegnanti interpellati evidenziano le difficoltà al rapportarsi con studenti di questa fascia di età particolarmente complessa, adolescenti che attraversano fasi e momenti di trasformazione. Gli insegnanti manifestano una grande partecipazione ai problemi evidenziati, dichiarano esplicitamente di cercare attivamente strategie e mezzi per rinnovare la loro proposta di insegnamento, prendono posizione a favore degli studenti.

Non so a me viene da pensare che nel nostro sistema scolastico sia difficile per noi rompere una certa rigidità perché in realtà possiamo dare ai ragazzi poca autonomia di manovra, poco spazio di manovra in cui possano sperimentarsi o spostarsi da quello che loro hanno costruito… non so come dire sicuramente stiamo tutti lavorando nell’innovazione didattica: la classe capovolta, la scuola senza libri, il cooperative learning… il metodo finlandese in cui stiamo cercando di rompere il rapporto tra la cattedra e i banchi… però poi ci troviamo anche cose del quotidiano… anche a non poter mandare i nostri ragazzi, se hanno bisogno dell’acqua alla macchinetta, non possono fare le scale da soli ragazzi di 12, 13, 14 anni perché se succedesse qualcosa, comunque, noi siamo responsabili nei loro confronti. Dentro questa struttura è molto difficile rompere le dinamiche. Poi è arrivato il distanziamento sociale che ha ulteriormente gravato su questa rigidità dei ruoli.

I partecipanti al focus manifestano apertamente un grande interessamento alle differenze e ai problemi espressi dagli allievi. Sembrano ispirarsi a una concezione dell’apprendimento centrato sullo studente, sulla terapia non direttiva fondata su tre condizioni specifiche: empatia, congruenza e considerazione positiva incondizionata (Rogers, 2007). Le differenze e le problematiche individuate sono sempre riferite non a caratteri individuali ma a una particolare «normale complessità» caratterizzata da elementi costanti rintracciabili nella grande maggioranza degli studenti. «[…] Ai miei ragazzi lo dico che io ho imparato da loro ad accogliere la diversità a viverla come una… com’è la vita nella sua articolazione non come un problema o come qualcosa su cui tu devi dire adesso io cosa faccio? Come mi pongo? Proprio, ecco, come la “normale complessità” del mondo di oggi».

Docenti e studenti sembrano vivere una grande incertezza per quanto riguarda la dimensione etico-sociale. Dalle parole e dagli interventi degli insegnanti emerge, fin da subito, l’individuazione di alcuni elementi costanti di problematicità e incertezze. Incertezza nelle relazioni (tra docenti e studenti, tra docenti, tra docenti e genitori) che sono riconosciute come problematiche in generale. Gli studenti non sembrano equipaggiati degli strumenti cognitivi utili a decodificare le informazioni, le emozioni che accompagnano queste informazioni, gli avvenimenti della vita quotidiana e a gestire le relazioni (Goleman, 1996).

Penso che la sfida che i nostri ragazzi devono affrontare per certi versi dico fosse una cosa molto banale è molto più articolata complessa di quella che era richiesta a noi sia come strumentalità perché sicuramente i device che hanno, il loro cellulare, l’IPhone con loro, quotidianamente. L’utilizzo di una gestione… ecco… di una strumentalità molto potente, con competenze, richiede una maturità, una capacità anche di prevedere delle conseguenze che sicuramente non è ancora quella di un adulto. Sappiamo che anche gli adulti fanno delle sciocchezze attraverso i device quindi e nello stesso tempo, però, io rimango sempre stupita dal… cioè… penso che loro ci stiano insegnando tanto con le loro difficoltà.

I nostri ragazzi sono bombardati da tantissime notizie informazioni e mi sono accorta che però non hanno un criterio, non riescono a decodificarle queste cose che loro… queste notizie, questi input che ricevono soprattutto dai vari social. Non hanno poi gli strumenti per decodificarle le informazioni… hanno perso di vista quella che è la vita reale e vivono molto in una in una vita virtuale… potremmo dire si sono chiusi… per cui, nel momento in cui si trovano in classe, la difficoltà maggiore è rappresentata dal vivere le relazioni nella realtà.

Anche il necessario rinnovamento dell’impostazione didattica tradizionale percepita come insufficiente va ricercato e messo in atto da un «movimento interno» e non imposto dall’esterno. Quando questa imposizione esterna viene percepita, ad esempio in riferimento all’educazione civica, risulta non condivisa e, quindi, poco produttiva:

Volevo dire che poi ecco sicuramente che c’è questa contraddizione appunto all’interno della scuola, tra le discipline. Il modo magari in cui a volte noi… adesso ci stiamo veramente diciamo rinnovando, ci stiamo aprendo molto <eh> però poi, nella pratica, nel quotidiano, […] insomma, si vive un po’ una contraddizione tra quello che effettivamente è l’insegnamento della disciplina e queste… diciamo a volte… aggiunte un po’ dall’esterno come può essere magari l’insegnamento dell’educazione civica…

Gli stessi insegnanti portano in evidenza aspetti problematici e difficoltà a realizzare elementi trasversali tipici quali, ad esempio, le strategie di studio o gli stili di insegnamento preferibili.

Nessuno insegna ai ragazzi la metodologia di studio. Molti sono assolutamente incapaci di studiare o perlomeno di saper studiare. Noi perlomeno l’abbiamo imparato negli anni… io molte volte sento nelle classi: «Fate questo, questo, questo, l’avete capito? Sì no Sì no» finisce lì però molte volte non si sa se la metodologia di studio che loro applicano a casa sia anche quella più conveniente alle loro capacità…

Sono alla ricerca nuovo modo di stare con loro… non tanto solo per insegnare quella che è la mia disciplina ma proprio per relazionarmi con loro. Quindi sto ricercando qual è la modalità… la modalità con cui rapportarmi, relazionarmi.

Così come la difficoltà a realizzare trasversalità del «pensiero critico», la difficoltà a individuare elementi caratterizzanti fondamentali per tutte le discipline ma non riferite ad alcuna disciplina.

Mi piace l’interazione con i ragazzi, l’idea del fare, del costruire insieme, del fare lezione insieme. E vorrei che loro sviluppassero una coscienza critica. Questo vorrei che rimanesse al di là dei contenuti perché questo vuol dire crescere. Quindi fare lezione insieme nel senso che ognuno deve sentirsi libero di parlare, di esprimere la propria opinione. Non un apprendimento passivo… e poi la costruzione di una coscienza critica che è molto importante in questa realtà in cui siamo tutti bombardati. I ragazzini ancora di più da tante informazioni e il fatto che abbiamo anche a disposizione dei mezzi come Internet, che può essere un mezzo che aiuta ma in certi casi bisogna anche conoscere bene. Quindi, la coscienza critica, perché altrimenti diamo per scontato che tutto quello che ci dice la rete sia vero e certe volte i ragazzini, appunto, bisogna educarli anche a questo. Insomma, la coscienza critica intesa nella sua trasversalità.

La riflessione dei docenti in merito all’impianto curricolare dell’educazione etico-sociale

Il secondo incontro prende avvio dallo scambio di riflessioni condotte in merito alla lettura comune di un articolo, intitolato L’impianto di un curricolo etico-sociale (Baldacci, 2021), che presenta le caratteristiche costitutive generali dell’ipotesi di ricerca.

L’invito rivolto ai partecipanti consiste proprio nel condividere le prime riflessioni mettendo a punto quelle che hanno trovato più rilevanti. Le prime condivisioni sono relative alla relazione fra curricolo di primo e di secondo livello: «[…] l’importanza di inserire parallelamente il curricolo con il programma della programmazione scolastica… quindi, mi sembra,… di interpretare il curriculo etico-sociale e il curriculo scolastico in una maniera fluida, liquida… che si intersecano costantemente nel loro percorso».

Riflessioni successive si riferiscono alla novità rappresentata dai principi procedurali e contestuali:

[…] è importante rifondare comunque i principi… cerco o, penso, cerchiamo tutti di applicarli nel quotidiano però probabilmente il fatto di… di strutturarli… metterli insomma in un curricolo è qualcosa che potrebbe comunque aiutarci per l’insegnamento… mi è piaciuto molto anche il principio della discussione… condividere abituare i ragazzi alla discussione.

Anche l’argomentazione curare la validità argomentativa… mi hanno un po’ colpito queste cose io nella mia pratica cerco di fare in modo che i ragazzi esprimano un po’ quello che pensano, lo facciano presente con le loro riflessioni magari la sollecito ecco con dei filmati o con altro materiale. L’altra cosa che mi ha colpito è all’inizio invece come si parla, in questo caso, del giudizio morale che risiede nella sua universalizzabilità. Cioè un giudizio è veramente morale solo se possibile universalizzare… cioè… chi lo preferisce deve ritenerlo valido per tutte le situazioni simili indipendentemente da quelle che pone la posizione ecco questa è una cosa eh così un po’ che mi ha mi ha colpito perché magari non è che si pensa molto a questa universalizzabilità… universalizzabilità dei valori.

Rilevante è anche il ruolo dell’educare attraverso la discussione e alla discussione: «… penso che tutti siamo concordi nella… insomma nella proposta di educare attraverso la discussione e educare alla discussione… quindi come dimensione democratica della comunità scolastica.… la seconda parte davvero molto ricca di occasioni… per una riflessione sul proprio stile di insegnamento sulla propria relazione con i nostri alunni».

Emergono problemi e considerazioni in relazione alla difficoltà di fare spazio e trovare tempi da dedicare alla discussione in classe. La quantità dei contenuti del curricolo disciplinare da trattare sembra sopraffare la qualità dialogica del curricolo etico-sociale.

Poi mentre leggevo mi venivano in mente delle situazioni tipo in cui non è così immediato educare attraverso la discussione e alla discussione forse ancora di più insomma… Prevale la quantità delle cose che dobbiamo fare che sicuramente penalizza fortemente la dialogicità di alcuni percorsi perché comunque siamo tutti affannati dal dover anche se non c’è più non c’è insomma non c’è imposto… abbiamo delle indicazioni, delle linee guida che non ci impongono nulla perché ci sono dei traguardi. Però in realtà abbiamo dei libri di storia che sono di 400 pagine e quando arriviamo a tre quarti non arriviamo più o meno in fondo siamo frustrati noi e sono frustrati i nostri ragazzi. Quindi sicuramente questo approccio implica che dobbiamo ridurre le parole che usiamo cioè educare al dialogo ma anche a un meno parole nei nostri libri.

Nel tentativo di ricondurre il focus del confronto all’argomento centrale, viene rivolta agli insegnanti una domanda di transizione volta a mettere in evidenza le specificità dell’educazione etico-sociale. Nei contesti scolastici osservate prevalenza fra eticità (dimensione interna) e moralità (dimensione sociale)? Se sì, quale sarebbe la motivazione di questa prevalenza?

Le risposte, in questo caso, non sono dirette ma fanno riferimento a esperienze collaudate all’interno dell’Istituto di appartenenza. Sembra di cogliere una sorta di stupore nelle risposte. Come se all’interno dell’Istituto, molto ricco di proposte trasversali, interessanti e di qualità, non fosse percepito il legame che unisce queste proposte, non fosse avvertito il «filo rosso» che connette diverse esperienze e consente di riconoscerne l’intenzionalità e la progettualità implicita di secondo livello.

La nostra scuola ha un indirizzo sportivo… è un’esperienza legata alla dimensione non della performance… del risultato sportivo ma da quella che vede lo sport come percorso di costruzione della propria dimensione interiore e sociale nel rispetto delle regole, nella inclusione del gruppo… in tutte le direzioni ma anche nel divertimento, nel gioco insieme.

La nostra scuola è stata attenta alla dimensione curricolare, sia interiore sia etico-sociale. L’aspetto forse più problematico, mi verrebbe da dire è nel quotidiano…nei nostri curricoli molto settoriali… in cui accade che ci si dimentica ecco di condividere, di una riflessione… Anche se l’introduzione dell’educazione civica in realtà ci ha consentito una riflessione nella direzione di un curricolo secondo.

La Consulta è una realtà consolidata del nostro istituto ed è una realtà che ha un quarto di secolo di storia. È un progetto di ampliamento dell’offerta formativa che viene portato avanti a classi aperte, in orario pomeridiano e con tutte le difficoltà di questi due anni di pandemia. Noi l’abbiamo chiamata sempre una palestra di cittadinanza, un’occasione di approfondimento di tematiche legate alla cura, alla pace, al rispetto dell’ambiente, alla conoscenza dell’altro e alla valorizzazione dei diritti umani… c’è la supervisione di due insegnanti che sono andate in pensione che hanno accompagnato la Consulta in tutta la sua storia e la collaborazione degli enti locali. La struttura prevede delle elezioni degli studenti come se fossero in un consiglio comunale, quindi palestra di democrazia.

Un elemento fondamentale dell’ipotesi curricolare intitolata all’ambito etico-sociale è dato dalla prospettiva del curricolo di secondo ordine. Livello utile alla strutturazione di abiti mentali nel lungo periodo ma che chiede un cambiamento radicale nel quadro di riferimento degli insegnanti. Progettare interventi che non facciano riferimento a obiettivi e alle relative prove di valutazione sembra molto difficile perché al raggiungimento degli obiettivi e alla valutazione sono connessi i problemi e le difficoltà principali del fare scuola. La relazione fra contenuti di apprendimento da trasmettere, «le cose da fare» legate alle discipline si intersecano continuamente nelle risposte del focus con i principi che orientano le linee curricolari per la formazione degli abiti, del ragionamento e della discussione. Le problematicità irrisolte del «fare scuola quotidiano», del «programma da terminare», del livello insoddisfacente raggiunto dagli allievi nell’acquisizione delle conoscenze basilari, della valutazione, della numerosità delle classi diventano, nella percezione e nel giudizio degli insegnanti, predominanti e sembrano fagocitare le prospettive di secondo livello.

Per quanto riguarda la valutazione e le modalità di osservazione utilizzate per la valutazione:

Nella pratica poi dell’insegnamento è vero che si mira… al raggiungimento di determinate competenze quello che spesso però si va a valutare effettivamente sono gli obiettivi raggiunti… nel senso io almeno quello che vivo io… nella mia esperienza è una difficoltà poi di valutazione delle competenze che credo… comunque… vengono acquisite…

[…] non so… bisognerebbe fare un percorso solamente su questo… poi dopo manca il tempo… poi veramente il fatto di dover portare avanti comunque anche un programma… quindi ci vorrebbe uno spazio dedicato… durante le attività didattiche è vero che noi notiamo… magari ci vorrebbe una griglia d’osservazione… con la… la commissione di educazione civica ci abbiamo lavorato molto e penso che abbiamo fatto dei passi in avanti ma non so se riusciamo sempre poi ad applicarlo nella… nella quotidianità.

Quale strategia adottare per sostenere il curricolo di secondo livello? I tempi e degli spazi insufficienti, la numerosità delle classi sono percepiti come fattori rilevanti soprattutto perché sembrano pregiudicare la possibilità di raggiungere livelli soddisfacenti di apprendimento:

Non c’è tempo e non cè spazio… perché se noi abbiamo delle classi contenitori da 25/27 alunni agire laboratorialmente è praticamente impossibile cioè si potrebbero fare dei lavori bellissimi assolutamente e utili si potrebbero unire gli obiettivi della lezione frontale con quella laboratoriale. Nella scuola attuale purtroppo i tempi e gli spazi e le classi così grandi non permettono di agire in questa maniera… il 90% delle lezioni è frontale. In presenza i ragazzi stanno lì la maggior parte si gratta la testa o la schiena o le spalle cioè chi prende appunti c’è chi fa, chi non fa… e si va avanti così perché l’obiettivo da raggiungere alla fine dell’anno è la programmazione finale cioè è quello che si deve raggiungere, quello deve essere insegnato ma è stato realmente recepito? No. La risposta comune è sempre quella: no. O perlomeno non è stato recepito nella maniera in cui vorrei io che fosse recepito e la maniera di collaborare, di discutere, di far interiorizzare perlomeno certe nozioni che sono poi primarie, sono basilari per poi andare avanti. Se non le hai è difficile poi creare qualcosa.

La prevalenza della lezione frontale è una caratteristica pervasiva e ostacolante, fonte di riflessioni critiche:

È che c’è un eccessivo utilizzo della lezione frontale… all’interno dell’ora stessa si può spezzettare il momento di lezione frontale con altri momenti di dialogo e di discussione perché poi effettivamente quand’è che l’alunno apprende? quando si fa domande, quando chiede, quando gli viene spiegato ... o riesce a raggiungere la spiegazione da solo attraverso le domande che pone… anche sbagliando, eccetera… ma se non c’è un dialogo? Se non c’è un ascolto attivo con partecipazione?

Io stavo riflettendo… dicevamo ci vuole sicuramente il piccolo gruppo ma non demonizzo la lezione frontale se è una lezione partecipata e già questo è un primo passo. Se l’alunno partecipa, riporta la propria esperienza, interiorizza quanto ha detto l’insegnante e già quello è un primo livello. Poi bisognerebbe fare esperienza. Il fare, secondo me, aiuta. Però per il fare… ci sarebbe bisogno del piccolo gruppo, di uno spazio idoneo per anche farli lavorare… si impara facendo esperienza direttamente. Se rimane solo teoria forse si tende a dimenticare. Quindi, mettendo in pratica sicuramente non solo la lezione frontale… una parte anche dialogata.

La lezione frontale e la sua tendenza a promuovere la memorizzazione evidenzia la questione centrale del curricolo di secondo livello: gli esiti collaterali acquisiti nel lungo periodo sulla base della strategia utilizzata. I giudizi e i pareri espressi sono sempre riferiti alle acquisizioni di tipo cognitivo, agli apprendimenti conseguiti

In realtà i ragazzi arrivano che hanno questa percezione che questo è l’imparare per loro… i ragazzini arrivano con questa percezione del che cos’è studiare… quindi è molto difficile cambiare… avere un atteggiamento diverso… neanche aprire il discorso della didattica a distanza che sicuramente ha messo un punto di non ritorno. Anche se la didattica a distanza però, in realtà, se usata bene ci ha consentito di usare degli strumenti e, quindi, forse, per alcune cose è più difficile comunicare la conoscenza a distanza ma è più semplice usare uno strumento per un percorso… vedo questa capacità di ragionamento, di applicazione li vedo più in difficoltà rispetto alla memorizzazione. In generale sono molto bravi e molto e capaci nella memorizzazione o meno nella risoluzione dei problemi, nell’applicazione dei fatti, nella logica.

L’analisi dei principi procedurali e contestuali è affrontata e interpretata tramite i contenuti di riferimento, i contenuti da proporre. In particolare, per quanto riguarda il principio sperimentale e il principio dell’uguaglianza:

Anche un approccio, come dire, sperimentale… cioè che il principio sperimentale… cioè il fatto che comunque non venga dato qualcosa di definitivo anche in seguito a una discussione o a un’organizzazione. Oppure a una discussione che ci sia sempre la possibilità, appunto sperimentale, che è il principio dello sviluppo personale. In cui effettivamente è opportuno, per una scuola come comunità democratica, che a questo punto diamo per assodata, […] in un contesto democratico si cura lo sviluppo personale di tutti i membri della comunità. E il principio dell’uguaglianza come uguaglianza di diritti e di rispetto per tutti i membri della comunità. Tra l’altro proprio su questi aspetti con la collega stiamo lavorando a un progetto proprio sulla parità e sull’uguaglianza. Quindi è tornato proprio molto utile come anche rispetto alla parità di genere… è un argomento proprio centrale che l’interesse cattura moltissimo il loro interesse.

La percezione che si intravede dai pareri espressi sembra condizionata dalla modalità di progettazione fondata sui contenuti. Si riflette sui contenuti da proporre e sui progetti da realizzare tramite gli argomenti, i temi, i contenuti da affrontare.

Il progetto consiste nel trasformare le classi in delle cooperative e, quindi, soprattutto promuovere il valore della cooperazione e della collaborazione… quindi il tema centrale di quest’anno è proprio quello dell’uguaglianza, dell’inclusione e della qualità dei percorsi e insomma mi ritrovo in tanti principi.… vedo sia nelle studentesse che negli studenti questa sensibilità e maggiore attenzione alla tipologia di problematiche cosa che qualche anno fa non si percepiva con questa chiarezza. Perlomeno io non la percepivo come… come elemento di interesse come elemento di discussione… mi sembra molto positivo... Ho proposto il nome del progetto «I paladini dell’uguaglianza». Il valore dell’uguaglianza è dato dal fatto che sono trattati in maniera equa tutti quanti. in realtà… nella pratica… non riescono a metterle in pratica, prevale l’atteggiamento individuale competitivo. Però… riconoscono questi come valori…questo è interessante perché una cosa è la dichiarazione d’intenti a carattere universale di ciò che è giusto… noi diciamo che dovrebbe essere bene, di ciò che è bene e altro è la sfera individuale che poi prevale negli atteggiamenti e nelle situazioni.

La valutazione è percepita dagli studenti come fonte di disparità e ingiustizia:

A me ha fatto pensare un po’ a don Lorenzo Milani che diceva che dare a tutti la stessa cosa crea poi invece disuguaglianza crea ingiustizia. penso anche alla questione della giustizia percepita come la stessa punizione…

[…] gli studenti percepiscono incoerenza nel nostro operato… credo che gli studenti, soprattutto dell’età della scuola della secondaria di primo grado, hanno quelle rigidità nella costruzione del loro sentire ... <eh>… quelle, non rigidità, quelle intransigenze ideali nei confronti di quello che percepiscono come giusto, corretto, trattamento ugualitario o trattamento di favore. Tutti aspetti che sono molto molto forti, molto evidenti ... che poi si smussano un po’ con il trascorrere degli anni… in questa fase preadolescenziale adolescenziale hanno quella intransigenza e quelle aspettative che sono bianco e nero.

Mi permetto di dire che sono rigorosissime le aspettative verso gli insegnanti che rappresentano un punto di riferimento… con i quali costruiscono tutto il rapporto di fiducia e di elaborazione. Rapporto che passa non solo nelle lezioni ma che passa anche nel momento di attribuzione della valutazione. È un momento delicatissimo da questo punto di vista perché valutare, come valutare, come considerare nella valutazione determinate difficoltà… sono problemi di uguaglianza, solidarietà e inclusione che si intersecano.

L’adeguatezza e la fattibilità dell’ipotesi nella percezione dei docenti

Il terzo incontro è dedicato alle considerazioni critiche sull’ipotesi avanzata e, in particolare, intende interrogarsi sull’adeguatezza formativa della proposta, sulla fattibilità e sull’individuazione di un profilo innovativo. La domanda stimolo posta in merito all’adeguatezza formativa è la seguente: l’ipotesi è adeguata alle esigenze della scuola sul curricolo etico-sociale? È adeguata rispetto alle esigenze formative dei ragazzi?

Nei pareri condivisi emerge una totale condivisione dell’adeguatezza dell’ipotesi ma il pensiero corre subito alla fattibilità, ai problemi della pratica quotidiana che risultano prioritari e prevalenti.

La struttura disciplinare della scuola secondaria… diciamo la struttura curricolare, con le discipline molto parcellizzate e tante figure tanti docenti rende difficile… la messa in atto della trasversalità. perché il concetto teorico di trasversalità in realtà penso che… pensiamo tutti sia condivisibile e poi nella pratica in realtà non siamo sempre trasversali.

Io penso che le discipline siano tutte funzionali al curricolo etico-sociale… però è vero che forse in alcune discipline ci sono più occasioni per arrivare a quel tipo dire di proposta e la pandemia rende sicuramente più complicato, rende più confusa la possibilità di fare un percorso di quel tipo… a volte non vediamo il frutto del lavoro, si vede nella lunga distanza e noi quasi non lo percepiamo.

Il quesito rivolto per indagare la fattibilità dell’ipotesi curricolare: Quale clima si respira all’interno del gruppo? Rappresenta un qualcosa a cui si può rinunciare o si può realizzare?

Le percezioni condivise evidenziano una serie di difficoltà: la mancata condivisione della prospettiva all’interno del consiglio di classe; il riconoscimento della difficoltà di condividere i contenuti e, in misura maggiore, in riferimento a strategie e metodologie comuni; l’insufficienza del tempo dedicato alla progettualità comune; la burocrazia invadente; l’influenza dell’ambiente familiare. Fra le difficoltà individuate emerge una considerazione sul lungo periodo, sull’impossibilità, per gli insegnanti di osservare gli esiti conseguiti dagli studenti nel futuro:

La scuola viene vissuta come un qualcosa di distaccato dalla vita reale ma non ancora… non è in quest’età… non riescono a comprendere come la scuola è qualcosa che li porta via… verso quello che saranno loro nel futuro, non solo a livello professionale ma anche a livello umano. Per cui non… non riescono ancora ad avere questa… questa visione di insieme. Per cui vedono le discipline staccate tra di loro… sarebbe bello poter fare un curricolo etico-sociale e di educazione ai valori etici e sociali… sarebbe molto bello e sarebbe interessante e anche veramente andrebbe a formare quelle che sono le persone di domani è però ecco i frutti non… non abbiamo modo di vederli.

Domanda stimolo per un’ultima considerazione:

Vi propongo un esempio in merito a una questione relativa alla cosiddetta «sensibilità ecologica» e al rispetto dell’ambiente. L’uso diffuso delle borracce per evitare i contenitori monouso e, quindi, per ridurre l’inquinamento prodotto dall’uso indiscriminato della plastica. A vostro avviso rappresenta il frutto di una preferenza adattiva (Sen, 2000; Elster, 1987) frutto della malleabilità sociale nei confronti di un comportamento desiderabile? O rappresenta un’interiorizzazione dello stesso comportamento riconosciuto come valore e, quindi, il risultato della strutturazione di un abito coerente al curricolo etico-sociale?

Una risposta è stata particolarmente chiarificatrice in questo senso. È stato prima riportato un esempio volto a mettere in evidenza una nuova e inattesa sensibilità nei confronti degli animali da parte degli studenti e la conseguente esigenza di liberarsi da un sovraccarico, cognitivo ed emotivo al tempo stesso, tale da influenzare e appesantire le possibilità di ragionamento morale e di discussione in classe:

Sì, io volevo riallacciarmi al discorso di come il condizionamento sociale sia comunque purtroppo presente. Noi lo riscontriamo… Io sono rimasta sconvolta leggendo alla classe un brano del Parini la Vergine cuccia.6 Fino a qualche anno fa gli studenti prendevano le parti del servo dicendo che aveva lavorato tanti anni. Adesso l’interesse è per questa cagnolina e non per la persona… Pensate oggi alla disoccupazione… I miei alunni: «Eh però poverina anche la cagnolina! Le ha dato un calcio!». Cioè, c’è più interesse per l’animale!

[…] Cosa hai fatto? L’avete fatto questo? Non l’avete fatto? Siamo sommersi dai contenuti… C’è la necessità, secondo me, di rivedere i curricoli delle discipline insomma… riducendo la quantità delle cose, delle emozioni, potremo riuscire a lavorare su un’altra direzione.

Conclusioni

La prospettiva riferibile al curricolo etico-sociale sembra, in questa prima fase della ricerca, essere percepita in modo ampio e articolato dagli insegnanti. Il clima che si respira all’interno del focus group è estremamente collaborativo e partecipativo. Si percepisce il desiderio di conoscere di più in merito e l’attesa di informazioni esplicative ed esemplificative. Si coglie nettamente il desiderio di migliorare il proprio intervento professionale e l’abitudine a osservare il proprio operato. Ogni intervento è stato caratterizzato da un’estrema correttezza dei riferimenti e non sono mai emersi, nel corso dei tre incontri, riferimenti a carenze attitudinali o a difficoltà specifiche riferite a colleghi non presenti. La riflessione metacognitiva sulla propria professionalità oscilla tra interpretazioni individualistiche dei docenti di scuola secondaria, probabilmente abituati a osservare il loro solitario rapporto con la classe, e letture collettive di diverse attività progettate e realizzate in collaborazione con il gruppo docente. L’ipotesi del curricolo etico-sociale risulta validata, ne viene riconosciuta la centralità e l’importanza nella formazione e nello sviluppo etico e sociale dei preadolescenti. Viene evidenziata l’assenza di questi temi e la generale carenza di riferimenti alle modalità specifiche individuate riconoscendo un bisogno da colmare. L’adeguatezza della proposta viene sottolineata ma, allo stesso tempo, non sembra possibile, nei pareri espressi dagli insegnanti, destinare uno spazio specifico e rilevante a questi temi. L’ottica interpretativa che sembra prevalere è quella della sostituzione o della giustapposizione. «Faccio una domanda provocatoria: in che modalità, in che quantità e quanto dobbiamo togliere all’insegnamento per dare priorità al curriculo etico-sociale?». Sostituzione da attuarsi attraverso lo strumento della progettualità, articolata in temi e contenuti da proporre e spazi e tempi da dedicare. «[…] Non vedo dove si potrebbe togliere per aggiungere del tempo per il contratto tra di noi… questi momenti di confronto lo dimostrano. Questi incontri sono utili e tra di noi c’è la voglia di confrontarsi anche il fatto di mettersi in discussione, per cambiare. Secondo me ci sarebbe una buona scuola, molti insegnanti vorrebbero condividere in gruppo». In modo specifico, sostituire o ridurre i temi e i contenuti dedicati alle discipline, liberando spazio e tempo da dedicare ai temi e ai contenuti del curricolo etico-sociale. Dall’analisi delle trascrizioni delle risposte fornite negli incontri sembra evidenziarsi un fraintendimento di fondo. Un mancato riconoscimento del significato individuabile nel curricolo di secondo livello. Non si tratta di sostituire i contenuti e gli obiettivi tipici delle discipline con altri contenuti e principi da proporre all’apprendimento, in una certa misura da «trasmettere». Gli abiti o i valori etico-sociali non possono essere pensati come idee astratte, come contenuti da apprendere, ma come delle motivazioni razionali di abitudini cognitive acquisite per mezzo di esperienze arricchenti e educative. Un’idea centrale nel pensiero di Dewey è il forte convincimento nella capacità dell’essere umano di apprendere e di risolvere i suoi problemi attraverso e con gli altri è (Dewey, 2004). Questo convincimento è il frutto di una condotta relativa a un agire collettivo realizzata, anche in assenza di controlli esterni, dai membri della stessa collettività. Lo sviluppo delle componenti etico-sociali non è, in questo senso, legato a delle forme di controllo esterno che gli insegnanti possono aggiungere al loro insegnamento. In qualche modo, lo sviluppo delle componenti etiche e sociali potrebbe essere il campo della realizzazione di esperienze associative degli stessi individui. Per Dewey l’educazione alla democrazia si realizza attraverso la formazione delle convinzioni degli allievi. Lo sviluppo etico-sociale non può essere imposto né essere considerato come un semplice atto. Lo sviluppo etico-sociale può essere perseguito attraverso la valorizzazione di certe convinzioni, per mezzo di esperienze positive. Il modo di attribuire valore a una convinzione è farne esperienza. Ciò si realizza quando l’allievo si rende conto effettivamente del «valore aggiunto» rappresentato dalla convinzione che lui darà all’esperienza. È necessario che il valore aggiunto permetta una crescita dell’esperienza, o che l’allievo senta che questa esperienza lo arricchisce, interpretando, in modo diverso dal solito, il significato di valutazione come il processo che attribuisce valore a qualcosa. L’allievo deve provare il desiderio di utilizzarlo (Dewey, 1963). La prospettiva etico-sociale intende costruire delle abitudini negli allievi e negli insegnanti, delle tendenze generali e regolari ad agire. La possibilità di vivere delle esperienze democratiche positive dipende dalla loro capacità di essere esperienze educative, quindi generatrici di nuove esperienze possibili. Seguendo Dewey la prospettiva etico-sociale si comprende secondo un continuum di esperienze in vista di un fine, non come esperienze isolate (Dewey, 1974). Il continuum permetterà un arricchimento progressivo, anche in merito al superamento dell’individualismo a favore della costruzione di un’autonomia collettiva. Questa finalità, rappresentata dallo sviluppo di un’autonomia collettiva tipica di un ideale democratico dovrebbe consentire, dal punto di vista dell’istruzione, di promuovere lo sviluppo di conoscenze, abilità, competenze di ciascuno e di rendere ciascuno più adatto a prender parte alla formazione delle finalità e degli aspetti legati all’individuazione, sempre problematica, di un insieme condiviso di valori educativi, etici e sociali (Colicchi, 2021).

Bibliografia

Bailey K.D. (1995), Metodi della ricerca sociale, Bologna, il Mulino.

Baldacci M. (2006), Ripensare il curricolo, Roma, Carocci.

Baldacci M. (2020), Un curricolo di educazione etico-sociale. Proposte per una scuola democratica, Roma, Carocci.

Baldacci M. (2021), L’impianto di un curricolo di educazione etico-sociale, «Pedagogia più Didattica», vol.7, n. 1, pp. 4-16.

Bateson G. (1997), Verso un’ecologia della mente, Milano, Adelphi.

Benasayag M. (2020), Cinque lezioni di complessità, Milano, Feltrinelli.

Benasayag M. e Schimt G. (2003), L’epoca delle passioni tristi, Milano, Feltrinelli.

Benvenuto G. (2015), Stili e metodi della ricerca educativa, Roma, Carocci.

Colicchi E. (2021), I valori in educazione e in pedagogia, Roma, Carocci.

Corrao S. (2000), Il focus group, Milano, FrancoAngeli.

Davis W. (2019), Stati nervosi. Come l’emotività ha cambiato il mondo, Torino, Einaudi.

Dewey J. (1963), Come pensiamo. Una riformulazione del rapporto tra il pensiero riflessivo e l’educazione, Firenze, La Nuova Italia.

Dewey J. (1974), La scuola e il fanciullo, Firenze, La Nuova Italia.

Dewey J. (2004), Democrazia e educazione, Milano, Sansoni.

Elster J. (1987), Uva acerba. Versioni non ortodosse della razionalità, Milano, Feltrinelli.

Frisina A. (2010), Focus Group. Una guida pratica, Bologna, Il Mulino.

Goleman D. (1996), Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli.

Hennink M. (2014) Focus Group Discussions, Oxford, Oxford University Press.

Jonas H. (1990), Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino, Einaudi.

Lecaldano E. (1995), Etica, Torino, UTET.

Lecaldano E. (2010), Prima lezione di filosofia morale, Bari-Roma, Laterza.

Likona T. (1996), Eleven principles of affective character education, «Journal of moral Education», vol. 25, n. 1, pp. 93-100.

Rogers C.R. (2007), La terapia centrata sul cliente, Molfetta, Giunti-La meridiana.

Sen A. (2000), Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Milano, Mondadori.

Stenhouse L. (1977), Dalla scuola del programma alla scuola del curricolo, Roma, Armando Editore.


1 Università di Urbino «Carlo Bo».

2 Università di Urbino «Carlo Bo».

3 L’ipotesi di strutturazione del curricolo etico-sociale è stata presentata, insieme ad altri temi complementari, nel fascicolo monografico dedicato al tema dalla rivista «Pedagogia più Didattica», vol. 7, n. 1, 2021.

4 Si ringrazia per la collaborazione l’Istituto Comprensivo «G. Padalino» di Fano (PU).

5 Per gli obiettivi compresi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite si veda: https://unric.org/it/agenda-2030/ (consultato il 15 marzo 2022).

6 La Vergine cuccia è un’opera del Parini e costituisce un esempio delle condizioni cui doveva sottostare la servitù nelle case dei nobili. Un servitore, la cui unica colpa consiste nell’aver reagito contro una cagnetta che l’ha morso, viene immediatamente licenziato, e la sua famiglia finisce in miseria. Il Parini, attraverso alcune scelte lessicali, opera da un lato l’umanizzazione-divinizzazione della cagnolina e dall’altro la criminalizzazione del servo per sottolineare l’assurda ipersensibilità della nobiltà aristocratica, tanto piena di attenzioni e di empatia verso gli animali quanto indifferente al destino dei suoi servitori. Il disprezzo della sofferenza umana, in nome di una malintesa sensibilità «animalista», mostra in maniera evidente le conseguenze della disuguaglianza tra individui di diverse classi sociali.

Vol. 8, Issue 1, April 2022

 

Indietro