Vol. 8, n. 1, aprile 2022

TEORIE E MODELLI DIDATTICI

Curricolo di educazione etico-sociale

Sperimentazione riflessiva nella scuola primaria

Enrico Bocciolesi1

Sommario

L’elaborato presenta la fase di discussione teorica e applicativa all’interno della sperimentazione PRIN per il Curricolo di educazione etico-sociale. Il caso di studio che viene di seguito proposto e analizzato è basato sullo svolgimento della pratica del focus group con insegnanti di scuola primaria. Nel contesto metropolitano di Milano è stato possibile confrontarsi con 9 docenti di differenti discipline all’interno del contesto scolastico, e produrre poi le considerazioni e letture semantiche delle proposte emerse. Dal percorso critico svolto, a seguito del dibattito riflessivo promosso nei 3 incontri di gruppo, emerge la necessità di promuovere una proposta curricolare di secondo ordine che possa assumere una condizione strutturale di sistematicità pedagogica.

Parole chiave

Curricolo, Educazione etico-sociale, Complessità, Focus group, Scuola primaria.

THEORIES AND DIDACTIC MODELS

Ethical-social education curriculum

Reflective experimentation in primary schools

Enrico Bocciolesi2

Abstract

The essay presents a phase of theoretical and empirical discussion into the PRIN experimentation for a Curriculum of ethical-social education. The case study that is proposed and analyzed below details the practice of a focus group with primary school teachers. The metropolitan context of Milan made it possible to engage 9 teachers of different disciplines within a school context and then formulate critical insights into and interpretations of the proposals that emerged. After a critical assessment conducted based on the reflection from the three group meetings, we found that it is necessary to develop a second-order curricular proposal that can assume a structural condition of pedagogical systematization.

Keywords

Curriculum, Ethical-social education, Complexity, Focus group, Primary school.

Introduzione

La necessità di procedere con la ricerca e la contestualizzazione dell’orientamento proposto all’interno del percorso sistemico del curricolo di educazione etico-sociale ci ha permesso di avanzare nel reinterpretare e analizzare, in un secondo momento, quanto ipotizzato nelle precedenti fasi teoretiche ed empiriche, in virtù delle future applicazioni e sviluppi sistemici.

La contestualizzazione iniziale per la comprensione e la discussione sul curricolo di educazione etico-sociale richiede un’apertura di per sé teorica, da cui non possiamo esimerci affinché la comprensione dello stesso risulti proporzionata alla dimensione interpretativa che si è proposta per raggiungere degli obiettivi di tipo critico e complesso.

Mentre con l’impianto di un curricolo di educazione etico-sociale, come proposto da Baldacci, diviene necessario teoricamente un percorso che consisterà in una sistematizzazione delle attività che poi verranno sviluppate. Le direzioni che possono essere intraprese nell’organizzazione e nello sviluppo teoretico di questo innovativo percorso pedagogico, in questo contesto di ricerca, vengono ad essere chiaramente ricondotte a un comune punto di partenza riflessivo, critico e fondamentale sulle questioni aperte da Banfi con il razionalismo critico. Il principio proposto all’interno del contesto proprio della ricerca filosofica e da riporre nella originaria questione antinomica tra due principali stanze quali le esigenze dell’io e del mondo, in sostituzione quest’ultimo degli altri. Come ricordato all’interno del contributo tematico a fondamento dell’impianto teorico del medesimo progetto nazionale che ha riconosciuto il valore istituzionale a tali attività di ricerca. Con l’obiettivo di ricercare un equilibrio, che spesso risulta disatteso a causa di variabili che si intromettono nel contesto educativo e che, con frequenza, fino a oggi sono state continuamente evitate e non considerate, qui troveranno spazio. Queste ragioni ci riportano alla problematica dell’esperienza morale che nasce «dalla tensione tra questi opposti poli, e il suo criterio regolativo è quello del superamento di tale opposizione verso una qualche forma di conciliazione. Quest’ultima, però, non può mai essere assoluta: rimane sempre relativa, cosicché l’assoluzione della antinomia appare un compito aperto e senza fine» (Baldacci, 2021, p. 6).

Tali problematiche pongono nuovamente al centro le dinamiche attivate nella relazione docente e studente o studentessa, ma soprattutto la dialogia esistente nella dinamica evolutiva tra persone. Questa ragione ci obbliga a reinterpretare quanto viene inteso come relazione di dominio, quale dovrebbe essere quella riproposta nel contesto educativo, con esplicito riferimento alla teoria gramsciana. Con le parole del professore statunitense Ferreiro Gravié, il quale ci ha più volte ricordato e attenzionato in merito alla passione per la docenza (Ferreiro Gravié, 2016; Bocciolesi, 2020). L’esperienza riportata dall’emerito studioso, citato in quest’ultima affermazione, torna al centro della riflessione curricolare in merito alla questione della formazione docente. Il riduzionismo diffuso con il propagarsi delle tecnologie elettroniche oggi ci riavvicina alle primigenie necessità della relazione, dell’inclusione, del riconoscimento e della valorizzazione delle differenze, ma soprattutto ci riporta a una questione etica.

«L’eticità rappresenta una morale particolare, incarnata nei costumi di una determinata comunità; la moralità è invece espressione dell’esigenza di una morale ideale, valida universalmente. Eticità e moralità si presentano dunque come istanze in potenziale tensione, ma inseparabili. Infatti, l’eticità senza moralità diventerebbe puro conformismo (se convinta) o mera ipocrisia (se insincera); ma la moralità senza eticità rischierebbe di risultare astratta e incline a un vieto moralismo» (Baldacci, 2021, p. 7).

Semantica della struttura: tra teoresi e prassi

Esiste, come rileva lo stesso Baldacci, una necessità implicita di recupero non esclusivamente terminologico, ma esplicitamente cognitivo in merito alla comprensione di concetti che devono poter essere rielaborati per favorirne l’applicazione. Quell’adattamento che viene quindi proposto in quest’ultima istanza è l’evidenza di una richiesta contestuale, culturale e in sé divergente da un insieme di luoghi fisici, che in un’ottica derridiana continuano a incalzarci nella decostruzione. Una questione semantica di struttura, di esistenza della persona e di comprensione della medesima, che a sua volta viene ad essere acquisita da un impianto di relazioni e connotazioni valoriali che non riescono, poi, a restituire un significato coerente alle persone incluse nel sistema, ma contrariamente alle aspettative vengono restituiti privi di significato. In questo spazio pedagogico-linguistico, che nel rispetto dell’orientamento suggerito da Peirce e riproposto da Dewey, diffuso inizialmente da Scheffler (1974) viene a interessare, nella concretezza del pensiero e della necessità di conoscere, l’organizzazione della medesima proposta educativa nella definizione della concretezza dell’azione educativa. Alla luce di quel primo saggio, in cui Peirce suggeriva le prime questioni proprie del pragmatism, con l’evidente tentativo di «chiarire ed estendere il metodo della scienza […] prospettando libertà e intelligenza nel mondo contemporaneo»3 (Scheffler, 1974, p. IX).

Quella possibilità di liberarsi ed eventualmente giungere a una liberazione della persona, ci rimanda alla problematica posta nell’analitica dei concetti di origine kantiana. Le questioni finora poste in merito all’adattamento e proposta del curricolo per una scuola democratica, in sintonia con quanto scritto dal filosofo tedesco, ci riconducono alla necessità «[…] di scomporre, pel loro contenuto, i concetti che si presentano, e metterli in chiaro; ma la scomposizione, ancora poco tentata, della stessa facoltà intellettiva, per ricercare la possibilità dei concetti a priori grazie al fatto di andarli a cercare solo nell’intelletto, come nel loro luogo di origine, e di analizzarne l’uso puro in generale […]» (Kant, 1959, p. 88).

La necessità di comprendere l’importanza, e il senso dello stabilire una relazione, in un contesto vincolato da problematiche espressive, sociali e linguistiche diviene il presupposto di indagine della ricerca in essere, e per questo il superamento della primaria barriera comunicativa (Rogers, 1952) e dunque degli ostacoli e dei filtri socialmente autoimposti richiede particolare attenzione. Nella comunicazione interpersonale, con riferimento a quanto detto da Rogers, le problematiche di relazione si basano inizialmente sulla percezione soggettiva e nell’approvazione e disapprovazione gruppale.

«Vorrei proporre, come ipotesi da considerare, che il principale ostacolo alla comunicazione interpersonale reciproca sia la nostra tendenza molto naturale a giudicare, valutare, approvare o disapprovare, l’affermazione dell’altra persona o dell’altro gruppo»4 (Rogers, 1952, p. 84).

Queste sono solamente alcune delle ragioni che, a seguito di riflessioni teoretiche e pragmatiche, ci accompagnano verso la necessità di considerare con finalità programmatiche le attività che poi sono state proposte, con docenti di scuola primaria, al fine di poter dibattere e riflettere in un contesto gruppale e specifico, come è quello del focus group. Il docente della Boston University, Knowles, nel 1989, argomentando la sua proposta teorica nel volume dedicato alla formazione degli adulti come autobiografia ripercorre le sue esperienze formative, soffermandosi all’attività svola a São Paulo in Brasile. Nel contesto lusofono, inserito in uno spazio accademico di formazione monodirezionale, Knowles scelse di optare per lavori in piccoli gruppi, ricordando ai partecipanti che: «1) si parte sempre con gli allievi nel punto da cui loro stanno partendo, rispetto ai loro interessi, problemi e preoccupazioni del momento; 2) ci si ingaggia con gli allievi in un processo di indagine attiva» (Knowles, 1996, pp. 38-39).

Conoscenza ed esperienze

«Non c’è dubbio che ogni nostra conoscenza incomincia con l’esperienza; da che infatti la nostra facoltà conoscitiva sarebbe altrimenti stimolata al suo esercizio, se ciò non avvenisse per mezzo degli oggetti che colpiscono i nostri sensi, e , per un verso danno origine da sé a rappresentazioni , per un altro, muovono l’attività del nostro intelletto a paragonare queste rappresentazioni, a riunirle o separarle, e a elaborarle per tal modo la materia greggia delle impressioni sensibili per giungere a quella conoscenza degli oggetti, che chiamarsi esperienza? Nel tempo, dunque, nessuna conoscenza in noi precede all’esperienza, e ogni conoscenza comincia con questa» (Kant, 1959, p. 34).

Con l’incipit della Critica alla ragion pura diviene necessario recuperare la comprensione dell’esperienza attraverso una dinamica cosciente e di conoscenza empirica, quand’anche esplorativa della realtà.

Prende dunque spunto da un orientamento originariamente teorico-filosofico che cerca di chiarire, e in determinati momenti, colmare una esistente distanza e dissomiglianza tra le due questioni di rilevante attenzione teoretico e sociale: l’etica e la morale in un contesto di piena socialità. Queste riflessioni iniziali hanno condizionato il percorso di ricerca attiva, basata dunque su problemi teorici, riflessivi e pragmatico-epistemici. L’evidenza del percorso aperto da autori, come Bertin, in piena definizione del problematicismo pedagogico, che diviene in questo contesto un vero e proprio punto di riferimento, quando non anche direttrice euristica di un agire dubitativo. In reazione e chiarificazione, iniziale, rispetto al precedente maestro vimercatese, Banfi, ci orienta in una riflessione trascendentale centrata sul necessario equilibrio di io, da intendersi come persona ed essere esistente e pensante, rispetto al mondo, inteso come società, cultura, luoghi, come richiama Baldacci nel Trattato di Pedagogia generale (2012).

La riflessione a monte della proposta progettuale, che qui viene a conformarsi in risposta ad alcune delle principali istanze, queste ultime evidenziate all’interno dell’approccio teorico indicato nel progetto PRIN riferito al Curricolo di Educazione etico-sociale (Baldacci, 2020).

«Fino a questo punto abbiamo considerato la problematica dell’esperienza morale e dell’educazione morale su un piano generale, senza considerare il suo contesto sociale di svolgimento se non per cenni. Adesso si tratta di pensarla in rapporto alla scuola e alla sua specificità istituzionale. A questo proposito, la scuola è una istituzione formativa caratterizzata da uno specifico compito: l’istruzione (l’acquisizione di conoscenze e abilità inerenti ai vari saperi); e l’educazione intellettuale (la strutturazione di abiti cognitivi generali e specifici). Indubbiamente, l’esperienza intellettuale si svolge anche a livello extrascolastico, e vede orami un contributo ingente dei mezzi di comunicazione (dalla televisione al web), al punto che la maggior parte delle conoscenze è assorbita dai ragazzi entro questi ambienti» (Baldacci, 2020, p. 53).

Le considerazioni fin qui proposte fungono da struttura epistemica per lo sviluppo della principale questione sistemica, in merito all’approccio proprio del pragmatismo peirciano e alla considerazione applicativa che dobbiamo realizzare per poter concretizzare un’attività qualitativa che funga da riferimento critico per l’adeguamento del pensiero curricolare in un’ottica etico-sociale.

Il filosofo Rorty, nel contributo intitolato Pragmatism, Categories and Language (1961), poi riproposto da Bernstein (2015), si è soffermanto su temi e aspetti per noi rilevanti, quali lo sviluppo della questione pragmatica, e nello specifico il riferimento a dinamiche conoscitive esplorate da Peirce e Wittgenstein. Sotto l’egida di Scheffler (1974), quest’ultimo contributo si definirà con il ricorso ad alternative e dinamiche emozionali, come In praise of the cognitive emotions (1981), o potenziali, come in Of Human potential. Mentre nella successiva proposta insita in An essay in the Philosophy of Education (1985), si conformerà la necessità di un agire riflessivo, affine all’area pedagogica, riportando l’attenzione su di un complicato periodo di sollecitazioni e riflessioni epistemiche.

«Il pensiero di Peirce delineò e rifiutò in anticipo le tappe dello sviluppo dell’empirismo rappresentate dall’empirismo logico, e terminò con una serie di intuizioni e con un atteggiamento filosofico assai simili a quelli che troviamo nelle Ricerche logiche e negli scritti di coloro che furono influenzati dall’ultimo Wittgenstein» (Rorty 1961, pp. 197-198 in Bernstein, 2015).

Gli orientamenti teorici che fin qui ci hanno permesso di definire e delimitare un percorso di ricerca, che si focalizza sugli aspetti di maggior attenzione per lo sviluppo della persona in quanto tale, ma a oggi ancora limitatamente affrontati e compresi, quali il medesimo sviluppo delle relazioni emozionali in contesti di scuola primaria. L’interesse rivolto all’espressività emozionale e all’interazione non verbale tra pari, in un contesto che prevede l’ingresso a ridosso dei 6 anni, non ancora compiuti e l’uscita in prossimità dei 10 anni, durante i 5 anni di percorso dell’obbligo, non riesce a soffermarsi su aspetti che con eccessiva frequenza sono rimasti ai margini della programmazione curricolare. Non vi sono discipline specifiche su cui fondare una sperimentazione concreta all’interno del contesto educante di primaria, non vengono ipotizzate delle proposte sistematiche delle ore curricolari di alfabetizzazione emozionale, o di approccio etico-sociale, all’interno di una previsione oraria che non riesce nemmeno a valorizzare aspetti artistici, motori, creativi, a discapito della riduzione cronologica di altre discipline che rimangono, come è evidente, fondamentali. Partendo da quanto Faure, nel rapporto UNESCO del 1972, rimarcò in merito all’apprendere a essere come educazione per il futuro, conosciuto nella maggior parte dei casi con: learning to be, apprendre à être o aprender a ser, è quindi imprescindibile tornare alla considerazione della persona secondo uno sguardo primitivo. L’essere senziente all’interno di un contesto sociale disgregante si ispira alla sete di apprendimento, di sapere, a quella che Faure ripropone con il riferimento ad Agostino D’Ippona, la libido sciendi. Una questione viscerale connessa alla continua e improcrastinabile richiesta di sapere, di conoscenza e di sperimentazione per colui e colei che identificano nel contesto le primigenie ragioni e motivazioni del conoscere. Quella consapevolezza biologica, sociale e primitiva che Faure (1972) ripropose come elemento di unione delle differenti rappresentazioni sociali, ricorrendo così a dei topici condivisi da paesi tra loro geopoliticamente distanti.

Partendo da un’evidenza empirica, qual è la problematica ambientale e contestuale, si è avviata la sperimentazione, che stiamo qui proponendo, necessariamente suddivisa in più parti e momenti, nonché in differenti approcci educativi e organizzazioni scolastiche a livello nazionale. Come osserva Benasayag (2020), ci troviamo all’interno di un contesto in piena «[…] emergenza storica della complessità. Si tratta di un’emergenza autonoma, di un evento con cui è avvenuto un incontro non voluto o cercato. Non presenteremo quindi la complessità come produzione di un nuovo tipo di pensiero o come un nuovo strumento di analisi da laboratorio. La complessità non è per noi un nuovo sistema teorico che ci permette di capire meglio e di conoscere in maniera più accurata un oggetto, ma un cambiamento dell’oggetto stesso» (2020, p. 21).

Queste evidenti necessità contestuali, legate sia all’approccio proprio della complessità teorica, come anzitutto vincolato all’aspetto emergente del problematicismo pedagogico, in rispetto dell’istanza bertiniana, si pone come condizionante la reinterpretazione dei medesimi luoghi dell’apprendere. Questi ultimi rappresentano alcuni dei vincoli contestuali, a cui dover fare riferimento, in merito alla proposta pedagogica. Nel momento in cui Bertin (1968), definendo l’educazione alla ragione, si soffermò sulla questione: fenomenologia e pedagogia. In quest’ultima proposta, oggi ripercorsa secondo una lettura critica da Baldacci e Fabbri (2020), ripercorre il suggerimento inizialmente offerto da Bertolini e Paci (1958), giustappunto, in Fenomenologia e pedagogia, dove condivide:

il giudizio di Husserl sul motivo della crisi del mondo culturale, come dovuta dall’«oggettivismo» della scienza moderna in tutte le sue forme, e perciò anche della pedagogia (sia idealistica, sia delle «scuole nuove»); e accetta l’impostazione fenomenologica, giacché, in quanto «scopre come dimensione tipica della coscienza umana l’intenzionalità, la fenomenologia si presenta come una filosofia progettante e operativa […] e pertanto veramente critica e razionalistica, dove tuttavia la razionalità di cui si parla venga intesa come attuantesi e non come già attuata» (Bertin, 1968, pp. 94-95).

Focus group come tecnica qualitativa

Tali premesse hanno portato alla necessità di rilevare, attraverso il seguente caso di studio nella scuola primaria, le modalità di comprensione, riflessione e concretizzazione delle proposte fin qui interpretate in merito al curricolo etico-sociale.

La modalità di ricerca e intervento adottata segue le dinamiche del lavoro trasversale previsto con l’attuazione dei focus group.

Come riportato da Albanesi (2004, p. 9), esistono differenti definizioni del focus group, inteso come:

Zammuner (2003): il focus group è una tecnica qualitativa di rilevazione dati utilizzata nella ricerca sociale che si basa sulle informazioni che emergono nella ricerca sociale che si basa sulle informazioni che emergono da una discussione di gruppo su un tema o un argomento che il ricercatore desidera indagare in profondità.

Corrao (2000): il focus group è una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale, basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità.

Abramczyk (1995): il focus group è una tecnica a base fenomenologica per la raccolta di dati qualitativi in un contesto di gruppo […].

Mentre secondo Wilkinson (1998, p. 182), l’uso del focus group corrisponde a:

[…] nella sua forma più semplice, «una discussione informale tra individui selezionati su argomenti specifici» (Beck et al., 1986, p. 73). Può coinvolgere, ad esempio, amici che discutono di un film che hanno appena visto insieme, abitanti di un complesso residenziale che confrontano le loro esperienze di vandalismo, uomini di mezza età che parlano del rischio di attacchi di cuore o potenziali consumatori che valutano una nuova linea di prodotti. Sebbene ci siano molte possibili variazioni sul metodo di base (Kitzinger 1990; Krueger 1998a), centralmente coinvolge una o più discussioni di gruppo, in cui i partecipanti si concentrano collettivamente su un argomento selezionato dal ricercatore e presentato loro (più comunemente) come un insieme di domande, anche se a volte come un film, una vignetta, un insieme di pubblicità, carte da ordinare, o un «gioco» da giocare.5

Queste sono solo alcune delle ragioni e motivazioni di orientamento teorico che hanno condotto verso un approccio euristico centrato sul focus group, da intendere come momento guidato di riflessione, dibattito, e confronto critico.

Gruppo, momenti di incontro e andamento delle sessioni

Il personale docente coinvolto in quest’attività di focus group, proveniente dall’I.C.S. Alda Merini di Milano, con specifico interesse rivolto alla scuola primaria, a cui i partecipanti afferiscono. L’adesione alla ricerca attiva è stata recepita sin da subito come occasione di confronto propositivo, alle cui attività hanno aderito 9 docenti interessate e interessati a vario titolo all’interno del contesto educativo di sperimentazione. Le e i partecipanti di cui 2 uomini e 7 donne, complessivamente garantiscono professionalità e competenze trasversali interessando nella totalità degli aspetti le 5 classi di scuola primaria, la docenza di sostegno e la titolarità, in un caso, di referenti di area per l’educazione civica. I momenti di confronto sono stati scanditi in 3 incontri, previsti, a modulazione mensile, avviati nel mese di ottobre 2021 e conclusisi nel dicembre del medesimo anno. Ciascuna sessione ha presso l’avvio a seguito di un’introduzione teorica iniziale, correlata dall’accompagnamento di contributi di ricerca, riferiti al PRIN in corso, e dunque agli sviluppi teorici ipotizzati in merito al curricolo etico-sociale e morale (Baldacci, 2020, 2021; Martini e Tombolato, 2021, Michelini, 2021), come si riferirà poi nei vari momenti di discussione. Durante gli incontri si è notato il riflesso anche di attività formative, e scolastiche che hanno cadenzato il momento di confronto. Il contesto educativo interessato dalle attività si colloca all’interno della zona 8 nel contesto metropolitano di Milano, particolarmente interessata da abitanti provenienti da contesti extra europei, come si rileva dal PTOF 2019-2022 del medesimo I.C.S. Durante le fasi di confronto previste, di cui la prima riconducibile alla questione teorica e di riconoscimento dello statuto epistemologico del curricolo etico-sociale, la seconda di riflessione e comprensione secondo anche le strumentazioni ipotizzabili per una interpretazione, come è stato anche il caso della tassonomia di Bloom (Fioretti, 2021). Nel terzo incontro, nonché il momento conclusivo del percorso di riflessione e ragionamento critico di tipo gruppale, si è optato per una proposta di reinterpretazione concreta, conoscendo anche le modalità offerte dalla lettura di strumenti docimologici, come è nel caso di D’Ugo (2021) per il PRaDEM.

Analisi dei dati: riflessioni e percorsi nella scuola primaria

Primo incontro: questioni teoriche

Sin dal primo incontro, al termine della presentazione della questione progettuale e del confronto sulla questione teorica a seguito di una prima condivisione, antecedente l’attività, riferita a Baldacci e «l’impianto di un curricolo di educazione etico-sociale».

Avviando la lettura e discussione dalle definizioni offerteci, e quindi: «Per rendere meno astratto il principio enunciato, lo si può riformulare nei termini dell’antinomia tra la sfera dell’eticità (l’ethos di una comunità, i suoi costumi) e quella della moralità (la coscienza morale personale) (Hegel, 2000; Banfi, 1934, pp. 516-17; Preti, 1968, pp. 205-09)» (Baldacci, 2021, p. 7).

Si è proposto l’approfondimento a questioni proprie del pensiero di Banfi e Preti spostando l’attenzione sulle problematiche etiche odierne, e le assenti modalità di azione e intervento nello spazio educativo, partendo da una domanda necessaria:

[…] b) Il ragionamento morale e la discussione. Il possesso di un corredo di abiti permette di agire in modo naturale nella vita quotidiana. Tuttavia, l’abito non determina meccanicamente l’azione, bensì genera l’impulso a comportarsi in un certo modo. L’essere umano è capace di inibire l’impulso e agire diversamente. In generale, la riflessione morale compare quando — invece di comportarsi impulsivamente — il soggetto si domanda «come devo agire?», «quale è la cosa giusta da fare?» (Nagel, 1999). E talvolta non è semplice rispondere a questa domanda, perché la situazione che l’ha suscitata può essere problematica o conflittuale (Baldacci, 2021, p. 8).

A partire da queste due evidenziazioni si è iniziato a riflettere sulle ragioni di un curricolo etico-sociale e sul perché di una questione morale.

Riflessione 1

Si riportano di seguito alcune frasi proposte dai partecipanti.

  • Mi ritrovo nell’impianto teorico proposto perché negli ultimi anni, quando possibile creiamo dei gruppi di bambini e bambine, di classe seconda per la discussione filosofica […].
  • Da parte dei bambini c’è sempre molto interesse nell’approccio filosofico-ludico.
  • Abbiamo la necessità di generare un contesto di riflessione condivisa, partendo da un’opera d’arte, un brainstorming, un testo da leggere insieme che poi si riverserà in un laboratorio.
  • I momenti ricorrenti della preparazione delle nostre attività sono dedicati alla riflessione iniziale, il circle time, una fase di rilassamento e coinvolgimento di tutta la classe, dopo aver rimodulato gli spazi a un lavoro libero.
  • Mi ha offerto ispirazione per tornare a pensare alla questione dell’educazione proposta da Rousseau, e la successiva condizione di libertà che viene poi proposta in confronto con la cultura e con le varie fasi di sviluppo del bambino […].
  • Si rileva la necessità di un approccio libero, un confronto con i bambini e bambine aperti al dialogo, a una riflessione non obbligata sin dalla classe prima […].
  • […] Come insegnante di sostegno rilevo l’aspetto implicito dell’etica e della morale, nell’offrire una modalità di emersione della maieutica, delle caratteristiche dell’individuo e la gestione, organizzazione dell’ambiente in quanto altro.
  • Credo che la creazione di contesti di riflessione sia oggi imprescindibile, ma dovrebbe essere sistematica e non saltuaria.

Figura 1

Sviluppo procedimento riflessivo. Include estratti dalle affermazioni delle e dei partecipanti di seguito proposte.

A questa prima occasione riflessiva sono poi seguiti gli altri due incontri.

Secondo incontro

Nel Secondo momento di incontro, ripartendo da questioni di intervento iniziale, ci si interroga sulle modalità di progettazione e di messa in atto di un curricolo etico-sociale alla luce delle numerose questioni aperte, come in Michelini: «La presenza di comunità scolastiche, impegnate nel proprio compito, rappresenta un presidio per la vita democratica e civile (IN, p. 20). L’idea che emerge è quella dell’essere la scuola avamposto della democrazia, istituzione organicamente impegnata a costruire una società democratica in quanto luogo aperto alle famiglie e a ogni componente della società, in un processo allargato e dinamico di elaborazione e costruzione del curricolo, attraverso la partecipazione e l’apprendimento continuo di tutti» (2021, p. 41).

Una delle tematiche centrali è legata alla scuola come avamposto della democrazia, dove con eccessiva frequenza, a causa di una crescente frenesia sociale come riporta a più riprese Han (2020). Mentre ancora prima del filosofo coreano, nel 2006, Hall riconduceva la problematica alla questione sociale e alle dimensioni di soggetto e differenza, ricordandoci quanto i situazionisti, nel 1968, chiamavano «lo spettacolo feticizzato della merce» riportando l’attenzione sulla privazione dell’aspetto democratico in risposta a una condizione economica ostentata e apparente. «Ma il fatto è che sempre più persone (uomini e donne) — magari anche con pochi soldi a disposizione — giocano al gioco di utilizzare gli oggetti per significare chi sono» (2006, p. 139). Le problematiche sociali, oggi si spostano su due realtà distanti tra di esse, la realtà e la virtualità, duplicando l’ordine delle problematiche relazionali e educative. Come ci ricorda Fioretti (2021) è indispensabile intervenire sulle caratterizzazioni dell’affettività come momento di sistematizzazione della proposta curricolare:

Oggi la dimensione etica, affettiva e sociale sembra essere di nuovo sommersa nei contesti educativi e formativi. La solidarietà è messa in discussione e l’intolleranza diventa, giorno dopo giorno, sempre più presente. La violenza, privata o pubblica, invade le notizie di cronaca e i media. L’individualismo sembra liberare dalle costrizioni etiche e morali ma, nello stesso tempo, genera un senso di inquietudine profonda. La diversità dei valori, se riconosciuta e discussa, può diventare una ricchezza preziosa per la formazione etico-sociale. Una vera formazione etico-sociale non consiste nell’affermare senza discutere valori particolari, legati a situazioni particolari.

Gli studi realizzati da Rogers (1986), Goleman (1996), come anche Freire (1984) in merito all’intervento delle emozioni nella relazione di apprendimento, ora ci invitano verso il recupero dell’atopos socratico, che è sia la persona amata come il proprio interlocutore, che secondo Barthes è «inclassificabile, dotato di una propria originalità sempre imprevedibile» (1979, p. 38). A partire da queste sollecitazioni si è iniziato a riflettere sulle ragioni di un curricolo etico-sociale in cui l’affettività e l’emozionalità divengono fondamentali.

Riflessione 2

Dibattiamo sulla possibilità di organizzazione di un curricolo nella primaria. Si riportano di seguito alcune frasi proposte dai partecipanti.

  • Non si può parcellizzare un lavoro sull’affettività a scuola, deve essere sempre presente e un insegnante deve essere capace di relazionarsi adeguatamente con i suoi studenti […].
  • Credo e penso che le persone siano diventate anaffettive […].
  • Dobbiamo gestire le emozioni che emergono in qualunque momento: durante un’attività che non si riesce a eseguire, nella difficoltà di gestire il tempo in relazione con gli altri e un insieme di molteplici dinamiche che emergono in una classe […].
  • Lavoro sulla sostenibilità e sull’educazione ambientale, ma quando svolgevo alcune attività non mi rendevo conto, fino al momento della espressione degli studenti della profondità emozionale con cui lo avvertiva uno studente.
  • […] Nella grande città siamo soggetti all’alienazione, ma c’è anche chi sceglie queste grandi città per rifugiarsi.

Figura 2

Sviluppo procedimento riflessivo e affettività. Include estratti dalle affermazioni delle e dei partecipanti di seguito proposte.

Terzo incontro

In questo terzo e ultimo incontro, previsto con l’approccio e la proposta metodologica del focus group, ci si è orientati verso l’interesse condiviso a partire dalle considerazioni precedenti per confluire in seguito verso una fase pragmatica, orientata alla possibilità di offrire un’alternativa applicativa e disambiguare eventuali criticità.

Partendo dunque dalla questione valutativa, docimologica rispetto al curricolo di secondo ordine e alla necessità, se e quando rilevata di prevedere un’azione sistematica, e strutturalmente prevista a PTOF, in maniera tale da poter intervenire concretamente nell’esperienza educativa, con un agire ricorsivo durante l’intero ciclo di scuola primaria.

Baldacci (2020), ci ricorda che: «Nel quadro di un curricolo di primo ordine, per designare queste forme si impiegano le espressioni valutazione formativa e valutazione sommativa. Rispetto al curricolo di secondo ordine, per evitare cortocircuiti semantici, tradurremo queste espressioni con quella di valutazione regolativa e bilancio valutativo» (2020, p. 131).

Queste indicazioni hanno accompagnato parte delle precedenti riflessioni e anticipato alcune delle seguenti, tenendo sempre presente che il contesto educativo, e il curricolo di secondo ordine risultano essere soggetti alle contestualizzazioni sociali e alle problematiche ambientali, come in più momenti richiamò Bateson (2000).

«A questo proposito, consideriamo prioritario il profilo riflessivo e critico della valutazione, rispetto alla sua dimensione tecnica (di cui occorre però garantire alcuni standard minimi)» (Baldacci, 2020, p. 155). La strategia più idonea al nostro scopo, allora, e che guiderà la definizione degli strumenti qui presentati è quella della osservazione affidata a soluzioni sostenibili dal docente (come annotazioni diaristiche, scale di osservazione, batterie di domande) e guidata dalla strategia della domanda (Baldacci, 2020, p. 158), intesa come «frame osservativo», come cornice che crea una prospettiva da cui guardare le cose» (D’Ugo, 2021).

Riflessioni 3

Dibattiamo sulla possibilità di organizzazione di un curricolo nella primaria, si riportano di seguito alcuni interventi dei e delle partecipanti.

  • […] Anche nell’educazione digitale quando parliamo di cyberbulling e altre tematiche problematiche, si percepisce un problema morale, lo si nota con più evidenza nella scuola secondaria, ma l’educazione etica e sociale dovrebbe essere promossa a livello legislativo.
  • […] Come possiamo andare a valutare o riconoscere il raggiungimento degli obiettivi di etica, morale e sociale.
  • […] Le famiglie sono cambiate, le richieste educative sono differenti, così come le problematiche che si aggiornano e la società di oggi richiede di andare verso un riconoscimento della questione etica, morale e sociale.
  • La scuola cambia perché cambia la società e cambiano anche i modelli; quindi, a monte si rileva un problema difficile da strutturare […].
  • Siamo travolti sia come contesto educativo sia come famiglie da dei media sociali che diffondono fakenews e fanno sì che certe dinamiche si riflettano poi sull’ambiente sociale e scolastico.
  • […] Che umanità è questa che ancora oggi ha bisogno un’alfabetizzazione morale, dove i bambini sono amici dei dispositivi e non di altri bambini e bambine, dove sono tutti conoscenti perché visti online.

Figura 3

Sviluppo procedimento riflessivo con parole chiave. Include estratti dalle affermazioni delle e dei partecipanti di seguito proposte.

Riflessioni sull’esperienza di ricerca con focus group

L’occasione di sperimentazione e questionamento attivo richiesta dalla pratica del focus group, accompagnata dalla tematica particolarmente sentita nella scuola primaria, è risultata essere di considerevole attualità, viste le rilevanti dinamiche sociali contemporanee emerse nel dibattito. Il confronto con le e gli esperti del contesto educativo primario, proposto in quest’occasione di confronto da professionalità appartenenti alle numerose caratterizzazioni della scuola primaria e afferenti a differenti discipline, tanto umanistiche quanto scientifiche, ha consentito di proporre un percorso di ricerca riflessiva trasversale. Questa interazione tra più parti ha permesso di conoscere delle attività educative che, nonostante programmate e presentate, grazie all’autonomia di ciascuna e ciascun docente, oggi, non possono essere sistematicamente proposte e diffuse in quanto non prevedibili strutturalmente all’interno della programma zione scolastica. La presenza di discipline come educazione civica, che intervengono su alcuni aspetti, che in parte aprono ad alcune riflessioni presenti nel curricolo etico-sociale, non riescono tuttavia a interporsi come sfondo educativo e pedagogico che dovrebbe costituirsi con il curricolo di secondo ordine.

La presenza di discipline, come quelle relazionate alle questioni civiche, tuttavia non permettono di agire trasversalmente con continuità sulle tematiche oggetto di ricerca, ma aprono a ulteriori riflessioni dei partecipanti.

  • Gli studenti osservano l’insegnante e come si relazione con loro, se prende appunti mentre parlano i bambini […] i ragazzi sono straordinari nel porre le domande sull’uomo e sul cittadino e spesso le nostre risposte non sono all’altezza delle loro provocazioni, sono naturali le loro domande su: chi è l’uomo, qual è la cosa giusta da fare, dove andiamo.
  • A volte c’è l’intenzione di comprendere l’aspetto etico-sociale, come un intervento civico […].
  • Quindi si deve strutturare e progettare il percorso attraverso dei modelli.
  • […] Dobbiamo legittimare le tematiche, i dibattiti, dobbiamo strutturare le modalità di intervento.
  • […] È importante che la domanda nasca, che gli insegnanti si pongano le domande.

Queste ultime riflessioni ci riportano alla necessità di un’azione e un agire consapevole, sistematico e dunque proponibile secondo i crismi del curricolo di secondo ordine. Le necessità di intervento all’interno dell’apparato educativo, che con eccessiva frequenza non riesce a proporsi come un sistema in continuità con le varie parti, o cicli scolastici, fa sì che non vi siano connessioni critiche e di rilevante complessità tra nido, infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo ordine. Questa assenza di dialogo tra le parti, non sistematizzata, ma necessariamente organizzabile e da ripensare in funzione della formazione e dell’educazione dei cittadini del XXI secolo, non deve essere demandata ai contesti di frammentazione digitale. Nonostante la pandemia, e le varie modalità di allontanamento tra persone e luoghi del vivere quotidiano abbiamo accentuato l’uso degli strumenti elettronici, e questi abbiano favorito la presenza di relazioni dematerializzate, non è stato comunque possibile sostituire i luoghi della scolarizzazione, dell’educare tra pari, del conoscere plurale.

Conclusione

Le riflessioni conclusive sono ancora oggi marginali, o meglio aperte alla modifica e integrazione di un percorso educativo che richiede una sistematizzazione di un curricolo di secondo ordine con il fine di poter favorire lo sviluppo di quelli che oggi vengono ridimensionati come goals, all’interno della macro-proposta globale di Education 2030, quando realmente stiamo rincorrendo queste necessità da ben prima. L’evidenza richiesta educativa, connessa a una crescita di difficoltà relazionali, emozionali e per questo apprenditive, data la diminuzione di interesse verso alcune discipline, se queste non riescono a proporre una lettura critica, calata nel contesto e nella contemporaneità del conoscere. Così la scuola, in questo caso la primaria, si converte in spazio di attenzione pedagogica, di confronto tra persone, esperti di discipline differenti, di conoscitori di dinamiche sociali, familiari e contestuali che molto spesso non vengono adeguatamente comprese, o analizzate secondo delle prospettive esterne. Il momento del focus group ha rappresentato una risposta, probabilmente incompleta, ma bensì in fieri, un momento di sperimentazione volto alla concretizzazione di dinamiche educative che devono essere orientate al superamento della sfida etico-sociale e per questo all’acquisizione di una posizione centrale e non decentralizzabile nell’ottiche di un percorso di complessità verso una scuola democratica.

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1 Ricercatore TDb di Pedagogia Generale e Sociale, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Urbino «Carlo Bo».

2 Università degli Studi di Urbino «Carlo Bo».

3 Traduzione dell’autore dalla prefazione del testo in lingua inglese.

4 Traduzione italiana dell’autore dal testo inglese «I would like to propose, as an hypothesis for consideration, that the major barrier to mutual interpersonal communication is our very natural tendency to judge, to evaluate, to approve or disapprove, the statement of the other person, or the other group» (Rogers, 1952).

5 Traduzione dell’autore del presente contributo dal testo proposto in lingua inglese da Wilkinson (1998), segue il brano originale «[…] at its simplest, “an informal discussion among selected individuals about specific topics” (Beck et al., 1986, p. 73). It may involve, for example, friends discussing a film they have just watched together, residents of a housing estate comparing their experiences of vandalism, middle-aged men talking about the risk of heart attacks, or potential consumers evaluating a new product line. Although there are many possible variations on the basic method (Kitzinger 1990; Krueger 1998a), centrally it involves one or more group discussions, in which participants focus collectively upon a topic selected by the researcher, and presented to them (most commonly) as a set of questions, although sometimes as a film, a vignette, a set of advertisements, cards to sort, or a “game” to play».

Vol. 8, Issue 1, April 2022

 

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