Vol. 6, n. 2 ottobre 2020

Teoria dell’educazione

Orientamento

Una pratica educativa tra soggettività, saperi, linee guida e condizionamenti

Maria Grazia Riva1

Sommario

L’orientamento viene spesso visto nel discorso comune come un concetto chiaro e definito, su cui c’è ormai accordo e consenso nella definizione, nelle teorie e nei modelli di riferimento, nelle metodologie e nelle pratiche messe in atto. In realtà questa visione è piuttosto un luogo comune, non corrispondente alla realtà dei fatti. L’orientamento, infatti, può essere definito a partire da diverse visioni del mondo e/o ideologie, alcune più attente all’inclusione e alla democraticità dei processi di supporto alla crescita delle persone e delle società, altre più rivolte a criteri di selezione darwinistica. Proprio per questi possibili livelli ideologici meno visibili occorre riconsiderare il processo e le pratiche di orientamento in modo non scontato, non banale, decostruendo i suoi molteplici livelli di condizionamento, positivi o negativi che siano.

Parole chiave

Orientamento, educazione, condizionamenti, soggettività.

theory of education

Guidance

An educative practice: subjectivity, ideologies, guidelines and levels of conditioning

Maria Grazia Riva2

Abstract

Guidance is often used in every-day speech as though it were a clear and defined area, on which there is by now agreement and consensus on its definition, its theories and models of reference, its methodologies and practices implemented. In actual fact, this vision turns out to be somewhat of a cliché, which does not correspond in full to the reality of the situation. Guidance can be supported by several visions of the world and/or ideologies, some more attentive to inclusion and the democratic nature of the processes supporting the growth of people and societies, and some more aimed at the criteria of Darwinian selection. It is precisely because of these potential, less visible ideological levels that the process and practices of guidance must be reconsidered in a way that is neither predictable nor banal, by deconstructing its multiple levels of conditioning, whether they are positive or negative.

Keywords

Guidance, education, conditioning, subjectivity.

L’orientamento viene spesso indicato nel discorso comune in ambito scolastico, universitario, sociale e educativo come un concetto chiaro e definito, su cui c’è ormai accordo e consenso nella definizione, nelle teorie e nei modelli di riferimento, nelle metodologie e nelle pratiche messe in atto. Questa visione è piuttosto un luogo comune, non corrispondente alla realtà dei fatti.

Una delle cose che continuano a mancare nel nostro Paese — malgrado l’impegno dei professionisti dell’orientamento… — è la possibilità di garantire ai giovani e a coloro che ne hanno necessità un effettivo sostegno orientativo: la possibilità, cioè, di confrontarsi con le proprie capacità e con le proprie potenzialità in vista delle scelte che debbono essere affrontate, relative alla formazione o al lavoro, ma anche di ottenere «semplicemente» un supporto professionale per potenziare la propria capacità di affrontare positivamente la progressiva costruzione del proprio percorso di sviluppo. Malgrado l’orientamento, da tempo, si sia rivelato un supporto prezioso (e talvolta unico) per aiutare i giovani a conoscere meglio se stessi e ad affrontare in maniera consapevole e attiva il proprio futuro, di fatto mancano tutt’ora, soprattutto nella Scuola, adeguate iniziative di orientamento che vadano al di là di qualche job day o della mera presentazione di Corsi di Laurea (Sangiorgi, 2020).

Non è semplice progettare e realizzare un percorso di orientamento efficace, innovativo e creativo al tempo stesso, realmente capace di porre attenzione ai bisogni dei ragazzi e delle ragazze, sia nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado, sia nel passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all’università e nella transizione al mondo del lavoro. Per un verso le variabili da considerare sono veramente moltissime — dovendo considerare sia la dimensione soggettiva (delle aspirazioni, dei desideri, dei sogni, ma anche delle capacità e dei talenti) sia la dimensione socioeconomica e le caratteristiche del mondo del lavoro — e per l’altro verso l’orientamento richiede una professionalità complessa ed esperta per poter essere veramente efficace.

Vanno considerate:

La missione sociale dell’orientamento, la sua valenza sociale ed etica, l’attenzione alle condizioni di maggiore vulnerabilità. Particolare attenzione è data alla necessità di investire in progettazioni professionali improntate a inclusione e sostenibilità e basate sulla giustizia sociale, per allenare le persone a riconoscere le discriminazioni, le disuguaglianze, le barriere, gli sfruttamenti, e ad agire per combatterli, ridurli, creare alternative a vantaggio del benessere complessivo dell’umanità e del mondo nel quale viviamo. Tutto questo affinché i nostri contesti di vita si strutturino in modo da avere le capacità di consentire a tutti partecipazioni attive e livelli soddisfacenti di vita professionale e personale (Società Italiana Orientamento, 2020).

L’orientamento dimostra chiaramente, in tal modo, che può essere ispirato da diverse visioni del mondo e/o ideologie, più attente all’inclusione e alla democraticità dei processi di supporto alla crescita delle persone e delle società o più rivolte a criteri di selezione darwinistica, che decide di portare avanti chi è già bravo e dotato di competenze. Proprio per questi possibili livelli ideologici meno visibili occorre riconsiderare il processo e le pratiche di orientamento in modo non scontato, non banale, senza dare per acquisito ciò che invece richiede, continuamente, di essere vagliato e decostruito nei suoi molteplici livelli di condizionamento, positivi o negativi che siano.

Orientamento e life-long learning: le linee guida europee

Sebbene a livello di conoscenza e di pratiche diffuse non sia ancora stato ben interiorizzato, l’orientamento in questi ultimi decenni è divenuto un tema centrale delle policies educative europee e italiane, in particolare analizzato e promosso nelle Raccomandazioni del Consiglio europeo e nelle Linee guida ministeriali italiane, che lo collegano strettamente allo sviluppo delle competenze trasversali e per l’orientamento.3 Il Consiglio europeo afferma che i Paesi membri dovrebbero promuovere il diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente qualitativamente elevati e di tipo inclusivo, allo scopo di garantire a tutti le opportunità di costruire le competenze chiave, così come indicate nel quadro di riferimento europeo Competenze chiave per l’apprendimento permanente. Esse sono precisate come:

1.1. sostenere e rafforzare lo sviluppo delle competenze chiave per tutti, a partire dalla giovane età e durante tutto l’arco della vita, nel quadro delle strategie nazionali di apprendimento permanente; 1.2. fornire sostegno a tutti i discenti, compresi quelli in condizioni svantaggiate o con bisogni specifici, affinché esprimano appieno le proprie potenzialità; 2. sostenere lo sviluppo delle competenze chiave prestando particolare attenzione a quanto segue: 2.1. innalzare il livello di padronanza delle competenze di base (alfabetiche, matematiche e digitali) e sostenere lo sviluppo della capacità di imparare a imparare quale presupposto costantemente migliore per apprendere e partecipare alla società in una prospettiva di apprendimento permanente; 2.2. aumentare il livello di competenze personali e sociali nonché la capacità di imparare a imparare, al fine di migliorare la capacità di gestire la propria vita in modo attento alla salute e orientato al futuro (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 2018, p. 4).

Si fa riferimento anche a sostenere l’implementazione di competenze in materia di cittadinanza per rinforzare la consapevolezza dei comuni valori europei per i soggetti in apprendimento e per tutti i componenti del sistema formativo, collegando la cittadinanza con l’acquisizione di tutte le competenze chiave e con la comprensione delle loro relazioni con la società. Occorre dunque fornire supporto «al personale didattico e agli altri portatori di interesse che supportano i processi di apprendimento, comprese le famiglie, affinché rafforzino le competenze chiave dei discenti nel quadro dell’approccio per l’apprendimento permanente nei contesti educativi, formativi e di apprendimento», promuovendo la collaborazione, continua a livello orizzontale e verticale, tra contesti educativi, formativi e di apprendimento nelle diverse dimensioni e livelli. In tal modo si veicolano nei percorsi di istruzione, formazione e apprendimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDG) (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 2018, p. 5). Tutti e ciascuno hanno diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente efficace e in grado di accogliere le differenze individuali, perché una concezione democratica della società punta alla costruzione di competenze necessarie per partecipare a pieno titolo alla società condivisa, tra cui quelle indispensabili per attraversare con soddisfazione le transizioni nel mondo del lavoro. Ognuno ha diritto a un supporto competente, professionale e su misura per accrescere le prospettive di occupazione.

In questa ottica ispirata a una visione sociale che ha come cardine il principio dei diritti sociali per tutti, l’orientamento diventa un diritto alla formazione e alla riqualificazione. Secondo tale modello europeo, le competenze — necessarie per l’inserimento sociale e lavorativo nella società attuale in rapida trasformazione — si saldano ai diritti sociali, ai valori della democrazia e dell’inclusione, della coesione sociale. La formazione, nelle sue declinazioni di istruzione, educazione, orientamento, consulenza, coaching diviene strumento indispensabile per la costruzione al contempo di competenze e di valori democratici, necessari entrambi nella società dei diritti (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 2018, Allegato, p. 1). L’orientamento viene ad assumere un ruolo centrale, come snodo per poter realizzare concretamente quei principi; lasciati a sé senza percorsi formativi che ne costituiscono, di fatto, il motore d’avvio, rischiano molto spesso di rimanere dichiarazioni fini a se stesse, l’ennesimo guscio vuoto di un modo di fare politica ispirato al politically correct più che alla verifica della qualità e profondità dei processi necessari per la realizzazione di tali principi.

Orientamento: un pensiero divergente rispetto alle linee guida europee

Tale modello educativo e formativo ovviamente include una certa idea di soggetto e di società, e sicuramente la richiesta di un certo tasso di adeguamento funzionalistico a una certa strutturazione della società secondo determinati schemi e livelli decisionali. Nello stesso tempo, tale modello apre ad ampi spazi per la formazione, riconoscendone le enormi potenzialità, che sta poi a tutti noi direzionare in un senso o nell’altro. L’orientamento può cambiare direzione? «Può, rinnegando l’homo adaptus, oeconomicus e competens, promuovere l’homo prospectus, visionarius e sapiens?» (Soresi, 2020).

I peggiori «nemici» di un orientamento di qualità sono gli estensori di quei documenti e di quei programmi di orientamento che, in modo più o meno consapevole e implicito (sono generalmente privi di aggiornati richiami bibliografici), continuano a ispirarsi ad alcune visioni nocive quali quelle che si focalizzano sui dictat dell’uomo giusto al posto giusto (homo adaptus), dell’uomo del primato dell’economia di mercato (homo oeconomicus) a scapito della partecipazione e della convivenza sociale, e dell’uomo delle competenze (homo competens) a proposito del valore che va riconosciuto al merito, alle eccellenze e a quelle competenze che potrebbero garantire un futuro di successo (Soresi, 2020).

Un modello di formazione e orientamento differente, attento ai bisogni profondi del soggetto, di qualità, va piuttosto concepito nel senso di insegnare a lottare per un futuro realmente equo, sostenibile e inclusivo per tutti, al di là del politically correct imperante, in grado di creare le condizioni per l’emergere di un «homo effettivamente sapiens, che sia al contempo marcatamente previdente e lungimirante (homo prospectus) e generoso e solidale (homo solidalis)» (Soresi, 2020). In tale ottica, l’orientamento può mettere a punto percorsi formativi che sviluppino nel soggetto il senso della necessità di oltrepassare un approccio narcisistico a se stessi e ai propri ambiti ristretti, nella direzione dell’attenzione alla tutela e alla salvaguardia del pianeta, e pertanto di tutti noi e del comune futuro. Percorsi formativi, dunque, che accompagnino con metodi attivi e partecipativi a individuare responsabilità, impegni, compiti da assumere e imprese da avviare. Il rapporto tra competenze trasversali, diritti, democrazia, formazione si viene così a consolidare ritagliando un modello di orientamento ispirato allo sviluppo sostenibile, guidato valorialmente dalle categorie di homo sapiens, homo prospectus e solidalis. Ecco, dunque, che un orientamento così rinnovato concettualmente ha come temi guida da rivolgere ai soggetti in orientamento, bambini, ragazzi e adulti non tanto «Cosa vorrai fare da grande o qual è la tua professione ideale?», ma «Di quali problemi intendi occuparti, a quale missione per un futuro migliore intendi partecipare?». Non si tratta di chiedere «Quali competenze hai maturato?» o «In cosa ti senti di eccellere?», ma «Cosa vorresti apprendere ancora e di nuovo, in cosa vorresti perfezionarti?»; «E noi, come gruppo, come laboratorio, di cosa potremmo occuparci?», «A proposito di ciascuna di quelle sfide ed emergenze che ci aspettano, quale potrebbe essere il tuo, il nostro contributo?», «Come cittadino potrei…; come figlio/a potrei…; come amico/a di… potrei; come studente potrei…; come Istituto potremmo…» (Soresi, 2020). Concentrandosi dunque sulla dimensione educativa dell’orientamento, con le sue metodologie, pratiche, strumenti, si rende evidente una via formativa che, senza negare le storie passate di vita con le sue ferite, i suoi svantaggi, i suoi blocchi personali, contestuali, sociali, possa creare ambienti di apprendimento volti al futuro. Vanno aperte le porte alle possibilità senza rinchiudersi nelle etichette del passato — si pensi a certi giudizi degli insegnanti sulle scelte di percorsi scolastici futuri —, attraverso la riflessione sul futuro, l’esperimento mentale anticipatorio, la ricerca di modelli e opportunità per incontrare novità, anche spiazzanti, visioni del mondo e relazioni in grado di condurre verso nuovi progetti, nuovi percorsi di vita e di lavoro. L’orientamento, declinato concretamente in percorsi formativi accurati e ben progettati, può consentire di realizzare nuove traiettorie in storie che sembravano già decise.

Dentro a questo scenario i percorsi formativi di orientamento richiedono approcci, metodologie e pratiche non standardizzate ma personalizzate, con i tempi lenti dell’apprendimento riflessivo e trasformativo, che si realizza attraverso dispositivi che consentono il riattraversamento profondo di temi e questioni e l’elaborazione ampia di essi, secondo un modello circolare e ricorsivo di apprendimento formativo «in contesti educativi solidali e supportivi». Proporre l’orientamento a scuola e all’università allora non viene più inteso in termini psicoattitudinali. Non si tratta più di andare alla caccia

dell’uomo giusto al posto giusto (homo adaptus), di come soddisfare l’homo oeconomicus, o come ricercare quello competens (così come continuano a suggerire tante agenzie internazionali interessate allo sviluppo economico, all’auto-imprenditorialità e alle cosiddette management skills). Dovremo, smettendola di assecondare le pretese dell’homo oeconomicus, ricordare che l’orientamento punta all’homo sapiens, a quello che, come dice ormai tanta neuropsicologia e la cosiddetta social brain theory, far lavorare anche il suo cervello sociale, la sua capacità, cioè, di pensare, di intendere e farsi intendere dagli altri, tanto da essere sovente proteso a vedere, a immaginare il futuro (Soresi, 2020).

I percorsi formativi dell’orientamento in chiave di sostenibilità soggettiva e sociale formano quindi soggetti intelligenti — dal termine latino intelligere, comprendere, intendere — in grado di considerare le conseguenze future (Harari, 2017) delle proprie azioni, di anticipare le implicazioni e le latenze insite nelle pratiche attuate, di saper valutare preventivamente le caratteristiche dei contesti e delle situazioni e il livello dei loro condizionamenti materiali. I formatori possono predisporre e guidare progetti più sapiens, attraverso attività di orientamento attente soprattutto a quegli allievi che l’orientamento tradizionale troppo spesso tralascia «considerandoli/e sbrigativamente e colpevolmente poco adatti/e per lo studio e per la teoria. Chi fa orientamento, nelle scuole soprattutto, potrebbe forse dimostrarsi sapiens anche rifiutandosi di formulare giudizi e consigli di orientamento che non farebbero altro che “profetizzare” futuri poco soddisfacenti» per molti allievi, con il serio pericolo che essi vangano abbandonati ai loro destini. «Chi fa orientamento nelle nostre scuole potrebbe forse decidere che lo scopo dell’orientamento è l’incremento delle capacità di aspirare e che questo può essere perseguito solo a scuola, precocemente, con autentiche sensibilità educative, libere da pressioni derivanti dai mercati e, pertanto, molto tempo prima delle epoche di transizione e delle scadenze amministrative» (Soresi, 2020). Il modello di orientamento sostenibile si ispira dunque a un’idea di soggetto umano come homo sapiens, reciprocus solidalis, e anche specificamente prospectus, proprio perché si apre alla formazione per il futuro, all’anticipazione delle possibili conseguenze delle azioni proprie e della comunità, indirizzando il più possibile in tal verso la sua agenticità. Ai percorsi di orientamento occorrono competenze e professionalità dedicate e ben formate, proprio perché l’individuazione e la lettura delle «previsioni migliori di quelle casuali a proposito di ciò che avverrà in futuro diventa sempre più complicato man mano che il futuro considerato si allontana nel tempo» e occorre formare le strutture mentali indispensabili per maneggiare le informazioni «anticipatorie nell’azione, per l’immaginazione, la pianificazione e l’autocontrollo» (Railton et al., 2016). L’orientamento deve essere realizzato in modo da assumere un significato educativo e psicologico profondo e vitale per i ragazzi e i giovani, coniugando il pre-vedere e il pre-sentire caratteristico degli atti percettivi con la esplorazione delle proprie aspettative, desideri e attese, consentendo così di mostrare il valore aggiunto delle pratiche formative di orientamento e la loro rilevanza sociale. L’orientamento dovrà occuparsi dunque di aspirazioni, mostrando ai giovani l’importanza di aspirare a diventare delle persone sapiens, aperte alla reciprocità, alla solidarietà, alla sostenibilità, all’inclusione e al rispetto della diversità. I percorsi formativi di orientamento, peraltro, non si realizzano all’interno di un’esperienza solitaria, ma nel dialogo fertile anche se complesso e difficile costruito nelle interazioni intraprese, nell’esplorazione di contesti, ambiti e luoghi anche non familiari. Luoghi deputati a questo evento apprenditivo trasformativo sono dunque rappresentati da laboratori, lavori di gruppo, in cui l’apprendimento si genera anche dal basso, attraverso il dialogo, la riflessione in comune, in contesti appunto predisposti e progettati affinché la relazione possa diventare agente performativo e trasformativo. Le pratiche educative progettate intenzionalmente per realizzare l’orientamento in contesti relazionali e laboratoriali guidano i ragazzi e i giovani a immaginare il futuro, esplorare le aspirazioni, diventare profeti di sé proprio mentre si trovano nella tappa della vita in cui devono scegliere i futuri percorsi formativi e professionali. Gli orientatori, rappresentanti della società degli adulti, chiedono dunque ai ragazzi e ai soggetti in orientamento di apprendere a pensare e a comportarsi in modo saggio.

Che la saggezza c’entri con l’orientamento lo afferma, indirettamente ovviamente, anche il vocabolario Treccani quando la definisce in termini di “capacità di seguire la ragione nel comportamento e nei giudizi, moderazione nei desideri, equilibrio e prudenza nel distinguere il bene e il male, nel valutare le situazioni e nel decidere, nel parlare e nell’agire, come dote che deriva dall’esperienza, dalla meditazione sulle cose, e che riguarda soprattutto il comportamento morale e in genere l’attività pratica”. Come si intuisce facilmente la «saggezza» mobilita una serie complessa e variegata di processi e fenomeni di natura sia cognitiva che emozionale, valoriale, culturale e sociale, il riflettere, l’immaginare, il fantasticare e l’analizzare, l’interpretare e il valutare, il condividere e il provare empatia, tutto ciò che, in un’unica espressione, consente all’essere umano di entrare in contatto, di «essere in comunicazione» con se stesso e il mondo esterno, con gli eventi passati e presenti e, persino, con quelli che potrebbero riguardare il futuro. Non dovrebbe sorprendere che, per quanto sopra, l’orientamento, come tanta educazione e tanta psicologia, dovrebbe occuparsi massicciamente anche di saggezza (Soresi, 2020).

In tal senso, le pratiche formative di orientamento conducono verso lo studio e la messa in atto concreta della saggezza, mostrando di essere in grado di offrire un esempio eccellente di sostenibilità sociale, al di là degli slogan e delle parole a volte logore delle organizzazioni internazionali che promulgano linee guida, spesso mal interpretate quando si tratta di realizzarle.

Le latenze che orientano: materialità, storie di vita e condizionamenti che orientano

Dopo aver illustrato diversi modelli e concezioni di orientamento, più adattativi agli scenari indicati dalle policies politico-amministrative o più direzionati all’ascolto profondo delle aspirazioni e dei talenti dei soggetti in orientamento, è opportuno riscontrare come l’orientamento sia di fatto estremamente sfaccettato e multidimensionale. Esiste un orientamento intenzionale, progettato, inserito dentro a percorsi istituzionali, con obiettivi definiti, metodi, pratiche e strumenti dichiarati e perseguiti, setting appositamente predisposti e contratti formativi definiti. Tuttavia, esiste anche un orientamento importante svolto nei fatti attraverso l’influenza della materialità dei contesti di vita e di formazione, degli ambienti culturali, economici, politici dentro cui si trascorre il tempo di vita, formazione e lavoro, dei momenti storici che si attraversa. Ci sono aspetti materiali, idee, mentalità, ideologie che condizionano i bambini, i ragazzi e i giovani in crescita, ponendoli a contatto con modelli sociali, culturali, educativi, per esempio connessi alle possibilità formative e lavorative diverse a seconda del genere, del ceto sociale di appartenenza, della religione e della cultura di riferimento. In certe culture ci sono azioni e aspirazioni che non sono pregiudizialmente consentite, in altre non lo sono apertamente ma di fatto sono vietate nelle pieghe implicite della mentalità sociale; si rivelano tabù insormontabili a livello familiare e sociale, spesso appartengono all’area del non detto, del segreto, del non conosciuto (Bollas, 2018). Sono attivi pertanto molteplici livelli di condizionamento in ogni essere umano che, nei fatti, diventano orientanti per il soggetto, la sua famiglia, il suo gruppo di riferimento: la pensabilità di aspirazioni possibili, di mestieri ritenuti possibili per le donne e per gli uomini, di modi di intendere la conciliazione o meno fra spazi/tempi di vita e spazi/tempi di lavoro, di valorizzazione o meno di certi saperi e di certe aree scientifiche, di pregiudizi e pre-assunzioni rispetto alla cultura scientifica o a quella umanistica. L’orientamento di fatto si realizza attraverso la materialità delle cose, degli spazi, della organizzazione delle città, dei rapporti tra centro e periferia, dell’organizzazione dei trasporti, dell’ammontare del costo delle iscrizioni a certe scuole o a certe università, dei costi degli affitti e del costo della vita in generale. Se ci si concentra sull’attuale situazione di pandemia, la materialità passa anche attraverso la situazione sanitaria e la capacità di certe organizzazioni di dotarsi o meno di tutele e dispositivi di protezione così come di metodi e tecnologie per la compensazione degli svantaggi, derivanti dal non poter accedere a scuole e università in libertà. Si pensi ad esempio alla possibilità di trasferirsi a studiare più o meno lontano da casa, specie in questo momento, con tutte le apprensioni per la salute. Pertanto, va riaffermata con forza la presenza di aspetti e dimensioni materiali e culturali che orientano inconsapevolmente, senza che il soggetto ne sia consapevole. Il contesto, con tutte le sue molteplici stratificazioni di condizionamenti sovrapposti, svolge un ruolo profondamente anche se inconsciamente orientante. Si ricordino i ragazzi e i giovani che provengono da aree fragili e vulnerabili, in condizioni di forte povertà educativa, che molto difficilmente potranno permettersi di realizzare aspirazioni di sviluppo culturale, sociale ed economico. Gli stessi saperi appresi dall’infanzia in poi svolgono un ruolo orientante, ponendoci in contatto e familiarizzandoci con certe strutture di pensiero, con certi modi di concettualizzare i problemi della società, del pianeta, della tecnica, del senso delle cose, con i conflitti culturali stessi che da secoli animano la dialettica fra i saperi, i movimenti culturali che li promuovono di volta in volta, i numerosi cambi di paradigmi scientifici che hanno costellato la storia dei saperi e della scienza. In questo senso è importante il recupero del senso profondo della paideia e della bildung, così come storicamente si sono sviluppate nell’antichità e nelle successive riprese storiche, anche nelle relazioni con la pedagogia critica (Cambi, 2011). Si è rilevata la differenza tra Kultur e Bildung, nel senso che Kultur indica l’educazione delle facoltà dell’uomo, i suoi talenti, che lo conducono all’acquisizione di abilità, mentre Bildung si riferisce alla «formazione» in senso originario, a quella dimensione di apertura di senso dentro alla quale ogni tipo di Kultur delle facoltà trova le condizioni per il suo darsi. Bildung consiste nell’ingresso

dell’animale umano in quell’universo simbolico in cui solamente egli può diventare consapevole di se stesso, del suo status in relazione-opposizione al mondo (l’oggettivo) e agli altri esseri (l’intersoggettivo). La Bildung è il ricco mondo simbolico dei concetti che, per un verso, determina, definisce, crea l’umano, per l’altro ne è invece definito, continuamente trasformato e arricchito. In questa particolare dinamica interattiva consiste il suo essere perennemente in divenire, il suo essere costantemente processo. Troppo spesso, però, di ciò si perde memoria (Gusmano, 2020, p. 2).

Proprio per questo, i percorsi formativi dell’orientamento vanno progettati nella direzione di una decostruzione dei condizionamenti impliciti in cui si è cresciuti, verso la definizione di aspirazioni e l’individuazione di scelte più libere.

Orientare come pratica educativa

L’orientamento va dunque concepito come un dispositivo per pensare il proprio futuro, definire la propria progettualità, comprendere meglio verso dove indirizzare i propri investimenti di tempo, energie, soldi, speranze di futuro e di buona vita; può realizzarsi attraverso diverse pratiche che consentono la riflessività e la presa di coscienza delle latenze personali, soggettive, sociali e gruppali, culturali. È evidente che occorre trovare di volta in volta le mediazioni opportune nella definizione e nella scelta dei percorsi di orientamento, sia per chi li progetta sia per chi ne ha bisogno. Per un verso occorre fare i conti con il quadro generale delle concezioni europee, per l’altro verso le pratiche orientative vanno ritradotte costantemente in percorsi che, per essere efficaci, devono toccare profondamente il cuore e la motivazione profonda dei soggetti in orientamento. L’orientamento rappresenta un percorso esteso a tutto l’arco della vita, come fu evidenziato dalla Raccomandazione del Congresso dell’Unesco (Bratislava, 1970) che, sebbene poi elaborata da ulteriori riflessioni, propone una interessante definizione: «Orientare significa porre l’individuo in grado di prendere coscienza dì sé e di progredire, con i suoi studi e la professione, in relazione alle mutevoli esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona umana» (Associazione Italiana Orientatori, 2020). Peraltro, la consapevolezza deve riguardare più dimensioni in gioco: l’orientamento facilita la conoscenza di sé ma anche delle dimensioni materiali (Massa, 2004; Barone, 2007) in gioco, quali il contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di appartenenza, le strategie attivate per relazionarsi e interagire con tali livelli; in modo da consentire l’acquisizione progressiva e lo sviluppo delle competenze opportune per essere in grado di individuare autonomamente mete personali e professionali, delineando un progetto di vita e individuando le scelte da compiere per perseguirlo (Mannese, 2020).

L’orientamento scolastico, universitario, professionale e la ricollocazione, detta anche outplacement, sono da sempre, ma soprattutto in un momento di crisi economica, strumenti in grado di fare la differenza per chi decide di pianificare la propria formazione e professione e di scegliere consapevolmente e responsabilmente il corso di studi e lavoro, sulla base di una acquisita conoscenza di sé e dell’offerta formativa e professionale di riferimento. L’azione orientativa ha come fine il supportare la persona nella costruzione di un progetto di vita personale e professionale che necessita sempre più anche di un’attività mirata alla costruzione del sé e alla partecipazione sociale al cambiamento, per saper gestire consapevolmente e attivamente opportunità e difficoltà del mondo formativo e professionale ed essere in grado di attuare il proprio progetto di vita in una realtà in continua e rapida evoluzione (Associazione Italiana Orientatori, 2020).

Se rimane dunque necessario questo sguardo, in contemporanea appare vitale per il soggetto essere inserito in contesti formativi che permettano di condividere modi diversi di pensare al presente e al futuro, anche grazie allo sviluppo di progetti collettivi e azioni comuni che disegnino futuri qualitativamente diversi per tutti e per i contesti storici di vita vissuta. Le pratiche formative dell’orientamento, secondo una lettura pedagogica, creano le condizioni per una interiorizzazione lenta e progressiva di un modello formativo orientativo con il ruolo di guida positiva, che indirizza senza premere, che aiuta, supporta e stimola alla costante riflessione. Questo processo orientativo fin dall’infanzia può allora, grazie all’interiorizzazione di una funzione educativa adulta di guida e mentorship, confluire progressivamente nella competenza auto-orientante del soggetto, capace di ascoltare le proprie esigenze e aspirazioni e, al contempo, di essere consapevole del ruolo dei molteplici condizionamenti esistenti nella propria storia di formazione individuale e sociale.

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1 Università di Milano-Bicocca, Dipartimento di Scienze Umane per la formazione «Riccardo Massa».

2 Università di Milano-Bicocca.

3 Vedi Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (2018), Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H0604(01) (consultato il 7 ottobre 2020); MIUR (2019), Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento linee guida, decreto 774 del 4 settembre 2019, https://www.miur.gov.it/web/guest/-/decreto-ministeriale-n-477-del-4-settembre-2019 (consultato il 7 ottobre 2020).

Vol. 6, Issue 2, October 2020

 

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