Vol. 6, n. 1, aprile 2020

Soggetti sociali e bisogni educativi

Tutori Volontari e MSNA1

Costruire una relazione a tempo determinato tra bisogni formativi e pratiche di accoglienza. Un approccio grounded

Francesca Audino2 e Lavinia Bianchi3

Sommario

I MSNA (minori stranieri non accompagnati) rappresentano un segmento del panorama infantile dalle caratteristiche del tutto particolari: anagraficamente hanno meno di 18 anni, ma come esperienze di vita e progetti migratori sono paragonabili agli adulti. La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, riconoscendo tutti i minori del mondo come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici, si pone come strumento giuridico e punto di riferimento, imponendo agli Stati che vi hanno aderito il rispetto degli obblighi in essa riportati. Alla luce di queste considerazioni, viene proposta una riflessione su quanto e come, nel caso dei MSNA, i principi e i diritti citati nella Convenzione si traducano in norme attuative di cui sia possibile verificare il rispetto formale e sostanziale. Nello specifico verrà posto l’accento sul delicato passaggio ai 18 anni che fa decadere la tutela nei confronti dei MSNA, nonostante la Legge Zampa (Legge 7 aprile 2017, n. 47) abbia previsto il prolungamento della tutela fino ai 21 anni qualora in possesso di un contratto di lavoro o di un corso di studio avviato. Attraverso uno studio di caso viene indagato il difficile passaggio alla maggiore età mediante una serie di interviste intensive ai Tutori Volontari (TV) e al Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Lazio. Emergono così le esperienze, le pratiche e le reti attive a sostegno dei MSNA. Dalle primissime elaborazioni emerge un limbo multidimensionale: legislativo, operativo e relazionale. Se i bisogni formativi dei TV e quelli dei minori si palesano in direzione di una maggiore competenza educativa e identitaria, i Comuni di presa in carico rispondono con farraginosa operatività.

Parole chiave

Minori stranieri non accompagnati, Tutori Volontari, formazione pedagogica interculturale, Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Social subjects and educational needs

Voluntary guardians and MSNA

Building a relationship in fixed term between formative needs and hospitality practices. A grounded approach

Francesca Audino4 and Lavinia Bianchi5

Abstract

MSNA is a segment of the child scene with very special characteristics: they are under 18 years of age, but as life experiences and migration projects are comparable to adults. The UN Convention on the Rights of the Child, recognizing all children in the world as holders of civil, social, political, cultural and economic rights, acts as a legal instrument and point of reference, requiring States that have signed the Convention to comply with its obligations. Considering all these, we question how the UN Convention principles can implement rules whose formal and substantial compliance can be verified. Specifically, emphasis will be placed on the delicate passage of the age of 18, which causes protection against MSNA to lapse despite the fact that the law 47/2017 has provided for the extension of protection until 21 years if in possession of a contract of employment or a course of study started. Thanks to a case of study, the difficult transition to adulthood is investigated, through a series of semi-structured interviews (intensive interviews) with voluntary guardians and the «Garante per l’infanzia e l’adolescenza» of the Lazio Region. In this way, the experience, practices and active networks supporting MSNA emerge. From the first elaboration a multidimensional limbo emerges: legislative, operational and relational. If the training needs of guardians and those of MSNA show evidence toward greater educational competence and identity, the Municipalities respond with cumbersome operations.

Keywords

Unaccompanied foreign minors (MSNA), Voluntary guardians, intercultural pedagogical training, UN Convention on the Rights of the Child and Adolescent.

Chi sono i Tutori Volontari e quali motivazioni li spingono ad assumere il ruolo

La grande novità del Tutore Volontario (TV), figura istituita dalla Legge 7 aprile 2017, n. 47, nota come Legge Zampa, è l’introduzione della funzione d’integrazione sociale che va a sommarsi ai precedenti mandati legali e istituzionali, già ricoperti dal tutore pubblico.

Il tutore volontario è un semplice cittadino che, dopo aver risposto a un bando e aver seguito una formazione,6 assume la tutela di un MSNA garantendogli ascolto, credibilità e senso di sicurezza. I compiti principali a cui deve assolvere riguardano: la cura della persona; la rappresentanza legale in tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione; l’amministrazione dei beni, dove presenti.

Oltre ai compiti stabiliti per legge di cui sopra, al tutore spettano altri incarichi, alcuni di tipo più relazionale: conoscere il minore, frequentarlo e stabilirci una relazione di fiducia; contattare la struttura in cui è accolto, comprenderne l’organizzazione e farsi conoscere; seguire l’andamento scolastico; informare tutti gli attori del sistema di presa in carico della propria nomina. Altri compiti hanno, invece, un carattere più burocratico: iscrizione al sistema sanitario nazionale; avanzamento della richiesta di permesso di soggiorno per minore età, di quella per la protezione internazionale e, eventualmente, di quella per il proseguo amministrativo (ex art. 13 della Legge Zampa); richiesta di indagini familiari per ottenere il ricongiungimento e di programmi specifici in caso di minori vittime di abusi o tratta. Infine, ci sono compiti che riguardano la rappresentanza legale e la serietà del ruolo: richiesta degli atti presso il Tribunale per i minorenni; studio della cartella sociale; redazione di una relazione entro sessanta giorni dall’apertura della tutela; partecipazione alla fase di identificazione e supporto durante l’accertamento dell’età.

Ma cosa motiva questi privati cittadini ad assumere l’incarico di TV? Dalle interviste rilasciate dai tutori emerge che gli aspetti che spingono a impegnarsi in questo ruolo sono molti e diversi: l’idea che le cose possano migliorare solo se ognuno fa un pezzettino mettendosi in gioco in modo generoso nei confronti di chi vive condizioni di svantaggio sociale; un senso civico ed etico; la condizione personale (vita di coppia serena, lavoro solido, non avere figli e aver voglia di un confronto con i giovani); la rabbia rispetto alla politica di accoglienza del nostro Paese; l’abitudine a frequentare altri ambienti dove si pratica l’accoglienza; il fatto che lo facciano anche altre persone che si conoscono; un sentimento di solidarietà nei confronti di giovani in difficoltà; il timore che questo appello possa restare senza risposta e la vergogna preventiva nel caso dovesse accadere; la curiosità nei confronti del mondo e il desiderio di confrontarsi con altre culture. Infine, il piacere di contribuire in parte a una crescita, di accompagnare per un tratto un ragazzo che ne ha bisogno, rendendosi disponibili alla relazione e mettendo a disposizione il proprio tempo mentale e materiale.

Chi sono i MSNA presenti oggi in Italia e che aspettative hanno nei confronti dei TV

Per comprendere meglio il ruolo dei TV, occorre vedere brevemente alcune delle principali caratteristiche dell’utenza verso la quale indirizzano il proprio operato, ovvero i MSNA.

Il fenomeno dei MSNA nasce in Italia negli anni Novanta. Grazie al riconoscimento dei diritti universali dei minori, questi giovani hanno la possibilità di trovare protezione in un Paese straniero che, conseguentemente, garantisce un percorso d’integrazione. Le motivazioni che spingono i minori ad allontanarsi dal proprio Paese d’origine sono molteplici: guerre e persecuzioni (per lo più minori provenienti dall’Afghanistan, dall’Eritrea, dal Gambia, dal Ghana o dalla Somalia); ragioni economiche; disgregazione sociale del Paese d’origine dovuta proprio allo spopolamento dei giovani; attrazione verso nuovi stili di vita.

Al 30 settembre 2019, i MSNA presenti sono 6798, in netto calo rispetto agli anni precedenti a causa della chiusura dei porti e dei corridoi umanitari, ma soprattutto a causa della reclusione nei campi di detenzione in Libia. I Paesi di provenienza più rappresentati sono: Albania, Egitto, Pakistan e Africa Sub-sahariana. Per quanto riguarda il genere e l’età, si conferma la prevalenza di maschi (93,8%) con un’età media compresa tra i 16 e i 17 anni.

Al di là dei dati, definire i MSNA non è un’operazione semplice. Si può dire che il già difficile passaggio all’età adulta venga amplificato, nel loro caso, dal dover badare a sé stessi psicologicamente e materialmente, rielaborando al contempo la propria identità. Non solo devono trovare un’occupazione per mantenersi e, molto spesso, farsi carico della famiglia garantendo «la rimessa», ma vengono anche valutati da un sistema che ne misura la capacità di integrarsi in una comunità ospitante non sempre accogliente.

Su queste premesse, il MSNA che attraversa le frontiere assume inediti significati sociologici e politici: come minore rispetto all’ordine «adulto» e come immigrato rispetto all’ordine statale-nazionale (Bianchi, 2019).

Le principali aspettative dei MSNA riguardano la possibilità di trovare un lavoro per aiutare la propria famiglia e l’opportunità di diventare indipendenti; tuttavia, condividono con i loro coetanei occidentali il desiderio di sentirsi connessi col mondo e di frequentare altri ragazzi.

Le aspettative nei confronti dei TV, invece, variano da ragazzo a ragazzo; gli intervistati riportano che da quando esiste il TV, i minori nutrono molte aspettative; ne parlano tra loro e chi ce l’ha è considerato privilegiato. Alcuni sembrano disposti ad accogliere quello che arriva senza aspettarsi niente di preciso; altri si aspettano che venga dedicato loro del tempo, di essere aiutati nello studio e nella conoscenza della lingua. Tutti, più o meno, si aspettano che i TV vigilino sul loro percorso e forniscano delle opportunità in più d’integrazione.

Il compimento dei 18 anni che sancisce l’entrata nel mondo adulto, anziché essere coronato da un sentimento di successo per avercela fatta, laddove non si abbia la certezza di poter prolungare l’accoglienza, rappresenta per i minori stranieri una scadenza minacciosa: se da un lato, per non essere rimpatriati, bisogna farsi trovare in possesso di un contratto di lavoro o di un corso di studio in fieri,7 dall’altro i corsi di studio che garantirebbero un’occupazione interessante risultano spesso troppo lunghi e impegnativi.

È importante che i TV attingano alla capacità di resilienza dei ragazzi perché il lavoro educativo per essere indirizzato al «poter essere» della persona deve necessariamente partire dalle risorse esistenti (Freire, 2004). Al riguardo, una TV racconta di come il suo minore inizialmente volesse fare l’elettrauto mentre poi, compresa la portata dell’impegno, abbia deciso di puntare sull’idraulica perché più semplice e aveva un parente nel settore.

Nota metodologica

Per questa ricerca in divenire abbiamo scelto una metodologia qualitativa coerente con il contesto indagato: la Grounded Theory costruttivista (GT) (Charmaz, 1991; 2014). Data la complessità delle relazioni e delle reti coinvolte nel processo di accoglienza dei MSNA, la GT, che ha come assunto di base la co-costruzione di significati, risulta particolarmente indicata per esplorare ambienti relazionali non definibili in modo statico.8

Secondo alcuni esperti (Sheridan e Storch, 2009; Romania e Zamperini, 2009), questo approccio si rivela adeguato a districare complesse interconnessioni all’interno di percorsi educativi in contesti migratori. La GT è inoltre orientata alla social justice education (Charmaz, 2014) ed è coerente con il paradigma della pedagogia critica che approfondisce temi e pratiche disvelatrici di ingiustizie e disuguaglianze implicite nella società, per renderle esplicite e predisporre interventi: ad esempio la sessualizzazione e razzializzazione (Hooks, 1990), le contraddizioni e i doppi vincoli nei processi di emancipazione da forme di acculturazione che non sollecitano il pensiero critico e l’insuccesso-abbandono scolastico.

Le caratteristiche formali del percorso di elaborazione di una teoria grounded non prevedono che il processo d’indagine parta dalla formulazione di un’ipotesi sperimentale o domanda di ricerca focalizzata: lo studio di caso prende avvio dall’individuazione di alcuni concetti sensibilizzanti (Blumer, 1969). I concetti sensibilizzanti costituiscono una guida di tipo euristico e sostituiscono concettualmente l’ipotesi sperimentale. La sensibilità teoretica delle ricercatrici, le esperienze professionali e la letteratura di riferimento hanno consentito una meta-riflessione continua che ha portato all’individuazione dei seguenti concetti:

  1. importanza della formazione per gli adulti che ricoprono un ruolo educativo per i minori;
  2. compresenza e necessaria collaborazione tra agenzie educative;
  3. consapevolezza delle aspettative (esplicite e nascoste);
  4. costruzione delle relazioni;
  5. educabilità in contesti di accoglienza, alfabetizzazione, percorsi di formazione professionalizzante per MSNA.

Il numero di interviste non è stato predeterminato, si è proceduto con un campionamento teorico a scelta ragionata (Charmaz, 2014): in questa fase iniziale abbiamo realizzato 10 interviste intensive9 a TV del Lazio e della Lombardia; si riporta una sintesi per macroaree tematiche dell’intervista:

  1. focus sulla formazione dei TV;
  2. motivazioni e aspettative dei TV;
  3. aspettative del minore;
  4. rapporto con gli altri nodi della rete di presa in carico;
  5. aspetti che non sono stati trattati che ritiene rilevanti.

Partendo dall’analisi — comparazione ed elaborazione — dei dati emergenti, ci siamo poste alcune domande sulla prosecuzione del campionamento; in particolare, abbiamo riflettuto sulla possibilità di integrare l’intervista al Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Lazio permettendo così quella saturazione teorica10 (Charmaz, 2014) necessaria per co-costruire una teoria sostantiva.

L’obiettivo della nostra GT è quello di costruire una teoria astratta e concettualmente densa relativa ai percorsi educativi e alla relazione tra TV e MSNA, radicata nei dati empirici, che possa migliorare sia la qualità dell’offerta formativa, sia la qualità della rete di co-progettazione.

Analisi dei dati

Il processo di analisi dei dati emergenti prende avvio dalla codifica aperta: abbiamo elaborato con il supporto del software NVivo 11 oltre 150 etichette nominali che corrispondono a espressioni letterali dei TV. Ad esempio, un’etichetta nominale è «diffidando dalle aspettative», efficace sintesi proposta da una tutrice. Nella fase di codifica focalizzata, le etichette sono scese a 42. Nella pagina successiva sono raffigurate alcune catture delle codifiche in NVivo 11.

Figura 1

Catture delle codifiche (Nodi) in Nvivo 11. Progetto TV 2019.

Nella codifica focalizzata le prime macroaree hanno iniziato a prender corpo e i livelli successivi di analisi comparativa hanno consentito l’emersione di alcune riflessioni-interpretazioni ricorrenti e concettualmente dense: l’area relazionale, le aspettative, le diffidenze, la formazione lacunosa, il bisogno (meta-ricerca della «giusta distanza»).

Verso le core categories

In questa fase del processo di ricerca attraverso analisi comparativa, scrittura di memo, riflessioni condivise, utilizzo di cluster e interrogazioni dei dati, si approda alla codifica teorica.11

Nel processo analitico di definizione delle core categories, passaggio conclusivo e fondamentale per la costruzione di una teoria fondata sui dati, gli aspetti riflessivi e le componenti di elaborazione e interpretazione condivise dalle ricercatrici ricoprono una posizione cruciale: la sensibilità teoretica trova uno spazio significativo nell’analisi e nella concettualizzazione dei risultati teorici emergenti.

Sono state dunque elaborate le cinque core categories di seguito descritte.

  1. La formazione pedagogica è assente nella progettazione formativa destinata ai TV: dalla cura della relazione, agli strumenti per orientare in modo consapevole una relazione comunque asimmetrica e complessa, sino alla mancanza di approfondimento in direzione interculturale. Questa categoria è caratterizzata dalle seguenti proprietà esplicative: mancanza della condivisione di «storie vere ed esempi pratici»; assenza di formazione relativa agli aspetti emotivo-affettivi che preservi dall’incorrere in proiezioni genitoriali da parte dei TV o, comunque, da un coinvolgimento invischiante; formazione di «sole 30 ore»; presenza di psicologi e avvocati ma non di educatori e pedagogisti; assenza di momenti di scambio con le altre agenzie educative e sociali della rete.

    I bisogni emergenti dei TV convogliano in direzione di una rinnovata e potenziata formazione educativa e interculturale: la formazione è descritta e vissuta come certamente interessante ma approssimativa, non pensata per essere un accompagnamento in itinere, né per avere momenti di restituzione.12 Importante sarebbe riflettere su come le differenze culturali, oltre all’esperienza migratoria, incidano nella relazione; appaiono dunque significative le competenze interculturali che i TV dovrebbero essere aiutati ad acquisire.

  2. La giusta distanza. I TV intervistati hanno manifestato in maniera originale e personale, sia pur con intensità diversa, le stesse consapevolezze: necessità di tempo per la creazione di una relazione di fiducia; rispetto della «giusta distanza». La giusta distanza, il senso del limite, il rispetto reciproco, l’attenzione alle competenze interculturali di entrambi, la delicatezza del «non invadere», l’allontanamento dal rischio di riversare sul minore aspettative e bisogni, il non «ingurgitare l’altro», la ferma convinzione di non riprodurre un modello materno-distorcente, la meta-riflessione sul proprio ruolo.

    Il lavoro educativo riguarda diversi ambiti: cognitivo, affettivo-relazionale, etico, sociale e operativo: per riuscire a esercitare una funzione educativa bisogna aver prima stabilito una relazione basata sulla fiducia — e perché no? — sul riconoscimento dell’autorevolezza data dall’essere un adulto investito di una responsabilità nei confronti del minore.

    Scrive Bateson in Mente e Natura (1984, p. 108):

    L’apprendimento dei contesti della vita è cosa che dev’essere discussa non come fatto interno, ma come una questione di relazione esterna tra due creature. E la relazione è sempre un prodotto della descrizione doppia. È corretto (ed è un grande progresso) cominciare a pensare le due parti dell’interazione come due occhi, che separatamente forniscono una visione monoculare di ciò che accade e, insieme, una visione binoculare in profondità [...] la relazione viene per prima, «precede».

    Dal vissuto dei TV emerge che i confini entro i quali muoversi nella relazione sono di fatto determinati in maniera intuitiva, grazie alla sensibilità e al buon senso, piuttosto che dall’assunzione del ruolo.

  3. Diffidando delle aspettative. Gli intervistati sanno quanto possano essere rischiose e invischianti le aspettative e, sanno anche, che questo rischio è multidimensionale e coinvolge entrambi gli attori della relazione.

    Int. 1: «[...] diffido molto delle aspettative».

    Int. 6: «[...] poi ci sono le motivazioni personali e puoi trovare eccessive cariche di desiderio di maternità o di iper-protezione».

    Int. 7: «[...] c’era chi si aspettava di diventare mamma e l’avvocato che voleva solo firmare le carte».

    Int. 4: «[...] io che criticavo gli altri dicendo questi sono tutti mitomani, forse anche io da qualche parte...».

    Diventa importante disvelare le epistemologie implicite e «imparare a individuare nel linguaggio quotidiano, ma anche all’interno dei propri immaginari, parole, etichette, concetti, mistificazioni che orientano le visioni della diversità culturale, tracciano le forme delle relazioni, segnano anche l’agire educativo di un “implicito” tutto da consapevolizzare e mettere in discussione» (Vaccarelli, 2019, p. 26).

  4. Fare rete. Questa categoria racchiude l’esigenza e la consapevolezza di dover potenziare la rete dell’accoglienza, connettendo in maniera seria, puntuale e strutturata i TV con le comunità, con le scuole, con i CPIA, con le ASL, con i Centri per l’Impiego, con le Questure e con i vari uffici che compongono il sistema-accoglienza. L’aiuto più prezioso che i MSNA possono ricevere per non farsi trovare impreparati al compimento dei 18 anni riguarda l’acquisizione dell’autonomia personale che richiede competenze di vita pratica: acquisto di beni di prima necessità, gestione di un alloggio, ricerca e mantenimento di un lavoro, conoscenza del proprio iter burocratico, familiarità col territorio. Affinché questi ragazzi possano acquisire tali competenze e percepire sicurezza nell’auto-efficacia occorre incentivare tutte le occasioni di quotidianità territoriale: pratica sportiva, associazionismo, frequentazione di centri ricreativi e culturali, svolgimento di compiti in autonomia. Solo una collaborazione onesta e intensa tra comunità di accoglienza e TV può mettere in condizione i ragazzi di arrivare meno impreparati e spaventati alla maggiore età. Nelle risposte viene suggerita l’utilità che potrebbe avere un affiancamento per il primo incarico (tutoring) e la presenza di momenti di condivisione con altri TV e attori coinvolti nella presa in carico del MSNA. In tal senso, un coordinamento di TV può rivelarsi prezioso soprattutto per chi si trova alla prima esperienza. In proposito, è bene sottolineare che «il lavoro educativo non dovrà in alcun modo ripiegare sulle apparenti necessità burocratiche e materiali, ma dovrà essere ampio e profondo, includendo tutte le coordinate proprie della relazione educative e di un lavoro pedagogico tout court» (Agostinetto, 2017).
  5. Il limbo. Un tema centrale, nevralgico e frustrante è relativo ai limiti della tutela volontaria. In particolare, la vertigine del compimento del 18° anno di età: il decadimento di qualsiasi tutela. Un’intervistata commenta che: «finché non trovi l’inghippo burocratico non ci sono problemi. I problemi sorgono quando i ragazzi compiono 18 anni. Lì, devi agire per tempo per cercare di farli restare in Italia» (Int. 7).

    Spaesamento e preoccupazione per una situazione al limite della comprensione: da un iper-protezione (di fatto a volte percepita dagli stessi minori come eccessiva) tutelante e restrittiva, a quello che viene vissuto come un abbandono (di fatto) al diciottesimo anno d’età. Da anni gli addetti ai lavori hanno segnalato che esiste un vero e proprio buco nel momento del passaggio alla maggiore età. Se l’ex MSNA è un richiedente asilo può accedere alla rete Siproimi, che gli consente una sistemazione abitativa e un progetto di inserimento individualizzato (oppure, se è in attesa del parere della Commissione, un accompagnamento legale). E se non è un richiedente asilo, se non è vulnerabile (cioè affetto da una malattia mentale), né affetto da patologia certificata?

    Con il raggiungimento del 18° anno di età si manifesta in maniera prepotente la situazione paradossale dello status di MSNA. Il ragazzo, infatti, passa dallo status di minore, ben tutelato dalla legislazione italiana, alla condizione di straniero, soggetto a una legislazione fortemente restrittiva. Tutto il complesso di tutele che aveva accompagnato il minore nel suo percorso in comunità non esiste più; entro poche ore deve lasciare il luogo dove gli è stato offerto vitto, alloggio e sostegno. Si ritrova così a essere candidato all’irregolarità in Italia se, durante il periodo di permesso di soggiorno per attesa occupazione (12 mesi), non trova un lavoro e un posto in cui vivere (Bianchi, 2019).

Considerazioni conclusive

Lo scopo principale dello studio di caso presentato è stato approfondire se e quanto la titolarità di diritti civili, sociali, culturali ed economici, sancita dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza,13 si traduca, nel caso dei MSNA, in norme attuative di cui sia possibile verificare il rispetto formale e sostanziale alla luce dei concetti sensibilizzanti riportati a p. 6. Basandoci sui dati fin qui emersi, la risposta è negativa.

Il superiore interesse del minore14 non dovrebbe avere un’applicazione standardizzata ma andrebbe valutato e garantito in relazione alle caratteristiche e alle esigenze di ogni minore tenendo conto della situazione socio-ambientale di provenienza, della storia pregressa, dei legami affettivi, delle attitudini e delle risorse personali.

Come riconosce Agostinetto (2017), i minori che migrano soli mettono a profitto la condizione di favore propria dell’essere minorenni potendo contare su una normativa di riferimento incentrata sulla protezione e il sostegno, ma il quadro normativo sull’immigrazione a cui si trovano dinnanzi non appena diventano maggiorenni risulta restrittivo e imperniato sul controllo.15 E, infatti, l’iter per ottenere il prosieguo amministrativo crea incertezza e angoscia nella maggior parte dei ragazzi e dei TV intervistati: l’iter risulta caotico e offre esiti differenti in base soprattutto alla disponibilità di risorse dei Comuni; l’acquisizione della capacità di autonomia e l’individuazione di percorsi di studio adatti alla ricerca di un lavoro richiedono tempo mentre per evitare di trovarsi impreparati al compimento della maggiore età, è necessario definire i percorsi con largo anticipo.

Le risposte alle interviste ci hanno persuaso che sia necessario rivedere i percorsi scolastici a cui hanno accesso i MSNA in un’ottica maggiormente professionalizzante in tempi brevi: i curricula proposti dai CPIA e le scarse occasioni di contatto con coetanei italiani che queste scuole offrono non aiutano il percorso di autonomia e non forniscono competenze spendibili in breve.

Sempre relativamente alla difficoltà del prosieguo amministrativo, l’affido familiare ci è parso uno strumento che andrebbe preso maggiormente in considerazione perché crea un legame che continua anche dopo il raggiungimento della maggiore età. Al di là della mancanza di decreti attuativi che senz’altro pesano su questo e altri aspetti della Legge Zampa, l’affido non decolla per la carenza di famiglie affidatarie a sua volta collegata alla mancanza di un sistema strutturato di collaborazione coi Servizi Sociali. Da un lato, non c’è una legislazione uniforme a livello regionale; dall’altro, la concentrazione dei MSNA in poche Regioni intasa i polo-affidi. I Comuni non fanno campagne di sensibilizzazione laddove incentivare la politica degli affidi porterebbe anche un risparmio di risorse pubbliche visto che il contributo alle famiglie affidatarie è di circa 500 euro a fronte della spesa di un minore presso una comunità che è di 100 euro al giorno.

Dalle interviste emerge l’importanza che la relazione tra TV e MSNA sia basata sulla fiducia. E qui si palesa la grande contraddizione: la creazione di una relazione di fiducia, tanto più con ragazzi che hanno alle spalle esperienze traumatiche, richiede tempi lenti, mentre è necessario che i TV siano in grado rapidamente di comprendere le caratteristiche e i progetti dei loro minori in modo da attivarsi per l’individuazione dei percorsi più efficaci.

Si può quindi concludere che i diritti sanciti nella Convenzione di New York vengano disattesi perché i MSNA non vengono percepiti come soggetti da tutelare dal punto di vista psicologico poiché si trascura l’importanza della sfera relazionale, unica valida per rispondere al mandato educativo.

Il secondo aspetto indagato nello studio di caso è stato l’iter formativo dei TV e si è rivelato strettamente collegato al primo. Il fatto che la formazione tratti la relazione tutore/minore con dei margini di ambiguità, se da un lato può giustificarsi col non volere irregimentare troppo un legame che può assumere connotati diversi a seconda delle persone coinvolte, dall’altro porge il fianco a quei TV che lamentano l’assenza di strumenti. Qual è il percorso in grado di sviluppare le competenze necessarie per intessere relazioni adeguate con i minori? E soprattutto, cosa s’intende per adeguate? La relazione viene considerata adeguata, secondo quanto è stato riportato ai TV durante la formazione, se è contenuta entro certi limiti.16 Se da un lato l’individuazione del limite non può essere demandato alla sensibilità personale, ma deve essere il frutto di conoscenze su ciò che comportano la fase adolescenziale, la cultura di provenienza e il viaggio migratorio, dall’altro ogni relazione è il risultato di un incontro (Buber, 2011) e quindi dipende da chi è il TV e chi è il ragazzo. Dal momento che educazione, protezione e cura non sono un optional ma rappresentano la risposta a un diritto legittimo dei minori, per essere agite adeguatamente, necessitano di una preparazione pedagogica appropriata.17

Una formazione adeguata dovrebbe inoltre comunicare in modo chiaro quali siano le aspettative prioritarie dei MSNA, fugando il campo da investimenti di altra natura (che, come si è già detto, qualora venissero espressi spontaneamente dai minori, potrebbero essere considerati legittimi, mentre non dovrebbero in alcun modo essere sollecitati dai TV).18

A onor del vero, il Garante del Lazio sostiene che moduli dedicati all’educazione saranno presenti nelle prossime edizioni dei corsi. Tuttavia, il fatto stesso che non siano stati considerati prioritari, dà la misura dei termini in cui sia stata concepita la figura del TV.

Un ulteriore aspetto che mina l’istanza di diritto dei MSNA è la loro percezione come migranti economici che oltre a non cogliere completamente il fenomeno, legittima da un lato lo strisciante biasimo nei loro confronti per essere «venuti a gravare su di noi», dall’altro l’attivazione di interventi sociali e educativi deboli e marginali (Agostinetto, 2017).

In conclusione, in base alle primissime elaborazioni delle nostre interviste emerge un limbo multidimensionale: legislativo, operativo e relazionale. Se i bisogni formativi dei TV e quelli dei MSNA si palesano in direzione di una maggiore competenza educativa e identitaria, i Comuni di presa in carico rispondono con farraginosa operatività.

In che modo proseguire la ricerca?

Dati gli aspetti emersi nel caso di studio, in coerenza con la metodologia GT, ci si propone, in primis, di proseguire con il disegno di ricerca:

  • ascoltando la voce dei minori accolti in strutture residenziali con tutela volontaria;
  • inserendo nel campionamento i neomaggiorenni che possono esprimere il proprio punto di vista rispetto al delicato passaggio alla maggiore età, alla luce delle criticità emerse (cfr. «limbo»);
  • individuando le cause che rendono lo strumento dell’affido previsto dalla Legge Zampa ancora poco utilizzato;
  • comparando la presa in carico dei MSNA in diversi Paesi europei in relazione soprattutto alle misure di accompagnamento alla maggiore età;
  • indagando l’efficacia del percorso scolastico offerto dai CPIA a fronte delle effettive esigenze dei MSNA;
  • individuando le modalità di superamento delle farraginose pratiche burocratiche che in diverse realtà italiane ostacolano ancora la messa in pratica della normativa.

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Vaccarelli A. (2019), Intercultura e formazione degli insegnanti: percorsi di decostruzione pedagogica, «Educazione Interculturale. Teorie, Ricerche, Pratiche», vol. 17, n.1.


1 L’intero lavoro è frutto di una ricerca congiunta delle due autrici. Nello specifico, Francesca Audino ha redatto i paragrafi «Chi sono i Tutori Volontari e quali motivazioni li spingono ad assumere il ruolo», «Chi sono i MSNA presenti oggi in Italia e che aspettative hanno nei confronti dei TV», «Considerazioni conclusive», mentre Lavinia Bianchi è autrice dei paragrafi «Nota metodologica» e «Analisi dei dati».

2 Assegnista di ricerca, Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre.

3 Dottore di Ricerca, Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre.

4 Researcher, Università degli Studi Roma Tre.

5 Researcher, Università degli Studi Roma Tre.

6 I corsi di formazione per TV, organizzati dal garante regionale, hanno una durata variabile di 24/30 ore.

7 A seguito del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (meglio conosciuto come «decreto sicurezza»), è stato abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari così che il rinnovo del permesso di soggiorno da minore a maggiore età (non richiedente asilo) può avvenire solo per: attesa occupazione; lavoro subordinato; studio. Tuttavia, la validità di queste condizioni è subordinata al parere favorevole (ex art. 32) che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali rilascia dopo aver valutato il percorso del MSNA. Il prosieguo amministrativo, invece, può coprire dai 6 ai 36 mesi (fino al raggiungimento dei 21 anni) ma di fatto viene «acconsentito» solo in casi di vulnerabilità certificata da una ASL e raramente se il minore sta concludendo un percorso scolastico. La sine qua non è la disponibilità economica del Comune di presa in carico.

8 Come sostiene Tarozzi (2006), la GT è un buon metodo per la ricerca in intercultura perché interroga i fenomeni e le categorie interpretative, esplicita in maniera significativa elementi problematici, fa confluire i diversi rivoli della ricerca nel fiume narrativo che tiene insieme tutto.

9 I teorici costruttivisti della GT propongono l’espressione «intervista intensiva» perché condividono con le persone intervistate la costruzione dell’intervista stessa, del racconto e dei silenzi. Un’intervista intensiva è progettata per guidare gentilmente la narrazione e rappresenta una tecnica emergente flessibile, è pensata come non direttiva e il suo focus è sulla comprensione delle proprietà dei dati: tutto si sviluppa per seguire il fiume narrativo in modo ampio e rispettoso; inoltre, il ricercatore chiede di essere a sua volta intervistato perché ambisce a maggiore efficacia e coerenza nella trama dei significati (Bianchi, 2019, pp. 133-134).

10 Quando nuovi dati non aggiungono ricchezza concettuale alle categorie elaborate, il processo di campionamento si interrompe; la costante comparazione tra dati elaborati predispone la saturazione teorica e cioè la situazione di stabilità in cui non ci sono nuovi «presi» da integrare nelle proprietà della categoria. Nelle conclusioni verranno esplicitate le direzioni che il futuro campionamento teorico seguirà in base ai risultati di questa prima fase di ricerca.

11 La codifica teorica può essere definita come un processo che porta all’elaborazione di un sistema interpretativo complesso risultante da molteplici descrizioni e descrizioni di descrizioni (Charmaz, 2014).

12 Nel paragrafo conclusivo si darà conto in maniera approfondita delle proposte che proprio i TV hanno condiviso: l’intervista intensiva si caratterizza per la circolarità e la co-costruzione.

13 Approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia nel 1991.

14 Convenzione ONU, art. 3.

15 Il riferimento, in Italia, è alle conseguenze della recente abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari sui MSNA.

16 L’individuazione dei limiti entro i quali attuare la relazione tra TV e minori risulta cruciale in pressoché tutte le interviste. Ciò stride fortemente con lo spazio dedicato alla trattazione dell’argomento nella formazione.

17 Come abbiamo visto la formazione pedagogica è risultata la grande assente nella nostra indagine poiché il percorso formativo comprende solo i seguenti moduli: legale, psico-socio-sanitario e fenomenologico.

18 L’aver dedicato in quest’analisi pari spazio e approfondimento alle aspettative dei TV e dei minori, non significa infatti ritenere che entrambi abbiano il diritto di vederle prese in considerazione nello sviluppo della relazione: il soggetto da tutelare è unicamente il minore, mentre il tutore, in quanto tale, deve provvedere al suo benessere.

Vol. 6, Issue 1, April 2020

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