Test Book

Modelli educativi / Educational models

Il sapere in mano
Knowledge in the hand

Manuela Valentini

Professoressa Associata

Andrea Murru

Laureato in Scienze Motorie, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo



Sommario

L’articolo prende in considerazione il forte legame tra mano e mente secondo la visione di vari autori che hanno affrontato nel tempo questo argomento. In particolare saranno trattati i pensieri di Maria Montessori e Immanuel Kant, che, partendo da presupposti simili, utilizzarono questo legame per ottenere risultati importanti in campi diversi come l’educazione infantile e la filosofia. Una riflessione che prende spunto da questi due grandi nomi per sottolineare ulteriormente quanto il fare, l’operatività e la coordinazione oculo-manuale favoriscano la conoscenza di sé, degli altri e dell’ambiente che ci circonda e quanto sia importante promuovere un’educazione sensoriale fin da piccolissimi. Un connubio perfetto quello tra mente e mano, che rende l’uomo capace di svolgere innumerevoli attività e pronto a trovare soluzioni che, attraverso la prensione e l’opposizione pollice-indice, lo portino ad avere un controllo motorio davvero geniale nella sua unicità.

Parole chiave

Metodo Montessori, gnoseologia kantiana, lavoro manuale.


Abstract

The article considers the strong link between hand and mind seen through the points of view of different authors, which treated this argument in the course of time. In this particular case, we will analyze the concepts of Maria Montessori and Immanuel Kant, which starting from similar assumptions, took advantage of this relationship to get important results in very different sectors like the childhood education and the philosophy. A reflection that is based on these two great names to emphasise once again how doing, the operability, the oculo-manual coordination encourage the self-knowledge, the knowledge of others and of the environment around us and how a sensory education is essential since we were kids. Mind and hand are the key of the perfect combination that makes a man capable of carrying out countless activities and ready to find solutions; the grip strength and the thumb to forefinger opposition are crucial, thanks to which we succeed to have a brilliant and unique (fine) motor control.

Keywords

Montessori Method, Kantian Nosology, Hand Labour.


Il presente lavoro, pur essendo frutto di comune elaborazione e di condivisione di impostazione e contenuti, può essere così attribuito: i primi 3 paragrafi a Manuela Valentini, gli ultimi 2 ad Andrea Murru, equamente, in parti uguali.

 

La Mano e l’Arte

«Le nove figlie nate da Giove signore possente, Tersícore, Polímnia, Melpòmene, Urania, Talía, Euterpe, Erato, Clio, Callíope…» (Esiodo – La Teogonia vv 74-76, 700 a. C.), private delle loro mani, poche di queste muse avrebbero potuto continuare a simboleggiare le nove arti. Questo perché scrivere, dipingere, suonare sono la perfetta espressione del forte legame che è presente tra la mano e la mente e di come un giusto allenamento, unito a una giusta predisposizione, possa portare l’uomo a elevarsi a tal punto da creare un’arte. L’artista stesso è definito da Kandinskij come la mano che suona e che tocca i tasti causando le vibrazioni dell’anima (Kandinskij, 2005, p. 124).

Michelangelo Buonarroti, uno dei più famosi artisti polivalenti di tutta la storia dell’umanità, con uno dei suoi più celebri capolavori La Creazione di Adamo, presente nella volta della Cappella Sistina, mostra come Dio in persona condivise la sua essenza ad Adamo, passando se stesso e la vita al genere umano, sfiorando con la mano le dita della sua creazione.

La mente pensa e la mano crea: questo stretto legame ha consentito all’uomo di distinguersi dagli animali ed estendersi a tal punto da ideare e progettare eccellenze, bellezza. L’uomo ha fatto la mano, nel senso che a poco a poco l’ha emancipata dai vincoli del mondo animale liberandola da un’antica schiavitù imposta dalla natura; ma è altrettanto corretto asserire che la mano ha fatto l’uomo. Gli ha permesso di avere certi contatti con l’universo che gli altri organi e le altre parti del suo corpo non gli garantivano (Focillon, 1987, p. 109). Infatti noi esseri umani usiamo le mani per accendere un fuoco o cucire coperte, per pilotare aerei, scrivere, scavare, asportare tumori, tirare fuori conigli dal cilindro. Sarà anche il cervello, con la sua creatività illimitata, a renderci unici tra tutte le specie, ma senza le mani tutte le grandi idee che escogitiamo sarebbero solo una lunga lista di propositi irrealizzabili (Zimmer, 2012).

 

La Mano e la Scienza

Le doti di questo segmento corporeo sono risultate così stupefacenti che, nel corso della storia, numerosi studiosi hanno cercato di comprenderne a pieno il funzionamento. Osservandone la struttura ossea si capisce subito che non si tratta di una porzione del corpo comune. Infatti all’interno di una sola mano sono contenute ben 27 ossa (una in più in confronto al piede), ognuna delle quali è messa in articolazione con le altre in modo da garantire un’ampia gamma di movimenti, il più importante dei quali è quello di prensione (Martini, Timmons e Tallitsch, 2010).

Più che l’anatomia, della mano stupisce la complessa neurofisiologia, poiché presenta una grossa densità di recettori tattili, termocettori e nocicettori, in particolare sulla punta delle dita in cui ci sono piccoli campi recettivi. Questo tipo di sensibilità tattile è detta epicritica, cioè permette di apprezzare in modo fine e discriminato con il tatto la durezza, la forma e le caratteristiche della superficie di un oggetto. Grazie ad essa toccando un'arancia siamo in grado di dire che è un oggetto tondo, più duro di un'albicocca ma meno di una noce, e caratterizzato da una superficie irregolare (N.P., 2012).

Le informazioni ricavate da questi recettori vengono incanalate in nervi specifici della mano, che passano per i vari centri di elaborazione dell’informazione del sistema nervoso centrale, fino ad arrivare ai centri corticali del telencefalo. Qui troviamo l’area somatosensitiva primaria che rappresenta l’ultimo centro di elaborazione delle vie della percezione somatica. Questa parte della corteccia è divisa in aree secondo una disposizione detta somatotopica, cioè ognuno dei suoi segmenti è specifico per una parte anatomica. L’estensione della regione di corteccia somatosensitiva, destinata a ogni parte del corpo, è proporzionale alla finezza della discriminazione in quella parte (Silverthon, 2010, p. 351).

Scoperta questa particolarità del nostro cervello, i neurochirurghi W. Penfield e T. Rassmussen nel 1950 elaborarono una mappa della corteccia detta homunculus sensitivo raffigurante le parti corporee misurate in base all’ampiezza dell’area che ne riceve le afferenze. Questa rappresentazione mette in mostra come gran parte della corteccia sia dedicata alla mano. Infatti quest’area risulta essere più grande rispetto alla somma delle aree dedicate al corpo, dal collo in giù. Nell’evoluzione della specie umana, la mano ha rappresentato uno strumento così utile da incrementarne le prestazioni pari all’aumento delle funzioni e dimensioni cerebrali. Viene spontaneo scrivere che nella mano è contenuta la nostra stessa essenza.

 

La Mano e Kant

Sul dibattito a proposito della grande importanza della mano come strumento di realizzazione dell’uomo non si può non citare Immanuel Kant. Il filosofo tedesco, celebre per le sue tre critiche alla ragione, fu affascinato da quest’appendice del nostro corpo, così lontana dal cervello, ma connessa ad esso in modo talmente accentuato da risultare come il «cervello esterno dell’uomo» (Kant, 2006, p. 38). Ma com’è possibile che un filosofo come Kant, che incentrò il suo pensiero sullo studio della ragione e della mente, si sia soffermato sul tema della mano a tal punto da dedicare ad essa una parte delle sue riflessioni?

La spiegazione sta nella forma e nell’organizzazione della mano, delle dita e delle estremità delle dita, la cui struttura e il cui senso delicato dimostrano che la natura l’ha creata non per una specie di lavoro manuale, ma per tutti i lavori, e quindi anche per l’uso della ragione (Kant, 2006, p. 38). L’uomo, non avendo né artigli, né zanne e, di conseguenza, non avendo armi (esclusa la ragione), per natura deve essere considerato un animale da preda. Quest’unica arma, la ragione e quindi la mano come sua materializzazione esterna, è stata talmente potente da surclassare tutte le altre presenti in natura.

Egli vede un grandissimo potenziale nella ragione, ma a suo parere questo potere viene poco sfruttato dall’uomo. Dato questo presupposto decide di trovare i limiti entro i quali questo potenziale possa esprimersi. Per trovarli realizza le tre critiche che l’hanno reso famoso. Nella prima di queste, la Critica della Ragion Pura, dà il via a un cambiamento rivoluzionario nel modo di considerare la conoscenza, paragonabile a quello che attuò Copernico in campo astronomico. Lo studio filosofico nel campo conoscitivo, che fino a quel tempo si era incentrato sul cosa l’uomo potesse conoscere e comprendere, viene spostato sul come, quindi attraverso quali strumenti l’individuo può arrivare alla comprensione o alla decodificazione della realtà. Kant mette così al vaglio del suo giudizio i mezzi che l’uomo possiede per arrivare alla conoscenza che lui definisce appunto pura.

Lo studioso tedesco individua un criterio fondamentale affinché un’esperienza possa essere riconosciuta come pura: essa dovrà rispondere contemporaneamente ai parametri di Spazio e Tempo. Effettua una distinzione dividendo in due categorie i tipi di esperienza tramite le quali l’uomo può arrivare alla conoscenza:

  • esperienza interna, data dalle intuizioni interne;
  • esperienza esterna, data dall’esperienza sensibile.

Secondo il filosofo, a causa della sua costituzione intrinseca, l’esperienza interna risulta inferiore rispetto a quella esterna: infatti se le intuizioni interne sono sottoposte unicamente alla forma del tempo, quelle esterne lo sono anche a quella dello spazio (Kant, 2005). A questo punto Kant focalizza la sua attenzione sullo studio dell’esperienza esterna, riscontrabile nelle informazioni che provengono alla nostra mente dagli organi di senso.

La sensibilità è la capacità di fornire dati all’esperienza, scegliendo le informazioni di suo interesse, dalla relazione tra sensi e mondo esterno. Senza di essa non ci sarebbe materia che possa essere elaborata a uso dell’intelletto (Kant, 1900). Quindi sono la sensibilità e l’esperienza a fornire il ponte che unisce lo studio filosofico kantiano al corpo, all’educazione sensoriale. Sensibilità che lo studioso divide in:

  • vitale, riguardante la sensibilità interna;
  • organica, riguardante la sensibilità esterna.

La sensibilità organica viene suddivisa a sua volta in 5 parti, in base ai 5 sensi: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Tra questi individua nel tatto «l’organo che la natura ha dato solo all’uomo, perché possa con il tocco formarsi il concetto della forma di un corpo» (Kant, 2006, p. 39); infatti occorre sottolineare che solo l’uomo, secondo il filosofo, è capace di appropriarsi del concetto di forma di un corpo. Inoltre il tatto è il senso più importante perché «informa in maniera più sicura». Vista, udito, olfatto e gusto fanno arrivare informazioni non considerabili come oggettive, in quanto le informazioni che provengono dai loro organi di senso vengono elaborate in maniera diversa da una persona all’altra, oltre a essere soggette a inganno della mente stessa (miraggi). Anche le informazioni tattili possono essere soggettive (una superficie può risultare più o meno liscia a seconda di chi la tocca), ma se si stringe tra le mani un oggetto, a prescindere dai dati superficiali come peso o consistenza, si ha la certezza che quell’oggetto esista e che sia sul palmo della mano.

Questo senso tanto importante ha la sua sede prediletta nella mano, che Kant definisce come «il cervello esterno dell’uomo» (Kant, 2006, p. 38) perché è ciò che consente a tutto il corpo di liberarsi nella manipolazione del mondo. Quindi per Immanuel Kant la ragione dovrà avere alla base esperienze tattili, al fine di ottenere un sostegno empirico valido da cui partire, affinché i suoi calcoli portino a soluzioni.

 

La Mano e Maria Montessori

Il pensiero della Dottoressa marchigiana, per quanto riguarda questa parte anatomica, ha trovato molti punti di contatto con le teorie del Filosofo tedesco, in quanto anch’ella vide in questa porzione del corpo umano qualcosa di speciale. Se Kant definisce la mano come «il cervello esterno dell’uomo», la parte visibile del cervello, la Montessori ne parla come «l’organo della mente» (Montessori, 1999).

La differenza tra i due pensatori è data dalle finalità delle loro ricerche che li portarono a canalizzare l’enorme potenziale della mano in diversi campi di utilizzo. Il Filosofo decise di adoperarla per arrivare a una certezza empirica dell’esperienza, mentre la Montessori preferì dare un’altra impronta e concentrare di più i suoi sforzi per sfruttare al meglio «la relazione tra mente e movimento e tra mano e cognizione» (Trabalzini, 2013) in campo pedagogico.

Nel libro Il Segreto dell’Infanzia, la Montessori (1981) descrive la mano come un organo fine e complicato nella sua struttura, che permette all’intelligenza non solo di manifestarsi, ma anche di entrare in rapporti speciali con l’ambiente: si può infatti affermare che l’uomo «prende possesso dell’ambiente con la sua mano» e lo trasforma, sulla guida dell’intelligenza, compiendo così la sua missione nel gran quadro dell’universo. Rapportando quest’affermazione alla dimensione del bambino, si può capire come il suo sviluppo psichico debba essere valutato in base al livello di espressione della sua motricità e dall’apparire di un’attività della mano, che aspira al lavoro (Montessori, 1981).

Grazie ai suoi studi e ricerche, l’approccio all’educazione, nel tempo, è profondamente cambiato; la possibilità che ha un bambino di esprimersi al pieno delle sue capacità è sicuramente aumentata grazie a basi scientifiche, formative, pedagogiche, educative e didattiche. Nella scuola si possono raggiungere altri e alti traguardi prendendosi cura dei piccoli, delle loro necessità sulle quali bisogna lavorare, prima tra queste l’autonomia. Il bambino per diventare indipendente deve quindi imparare a capire, interpretare, manipolare il mondo che lo circonda, conoscere attraverso questo, sperimentare forme, pesi, dimensioni, colori, profumi, suoni che trasmettono sensazioni, emozioni, stati d’animo, immagini, idee. Per fare ciò necessita però di essere affiancato, durante il suo percorso conoscitivo, da un adulto, da un insegnante capace di lasciarlo libero nel suo apprendere i segreti del suo stesso corpo e dell’ambiente in cui vive. Il maestro però non deve avere un ruolo passivo, come quello dell'astronomo che siede immobilmente innanzi al telescopio, mentre i mondi vorticosamente roteano per l'universo (Montessori, 1913, p. 28), ma deve stimolare continuamente l’allievo rendendolo attore, protagonista del suo vissuto; un regista educativo-didattico che sappia lasciare la scena al momento giusto lavorando dietro le quinte con maestria, anche in silenzio. Per favorire un corretto sviluppo sensitivo nelle scuole Montessori l’esperienza manipolativo-sensoriale assume un ruolo centrale in chiave evolutiva e la mano può essere considerata una sorta di protesi della mente. La Dottoressa[1] reputava infatti che fosse una forma di ragionamento e che percezione visiva e pensiero fossero connessi in maniera inscindibile (Montessori, 1999).

Attività semplici, ideate e personalizzate in base all’età e al grado di abilità già sviluppata dai bambini, proposte in forma ludica con sorpresa per motivare e gratificare, presentate gradualmente, propedeuticamente con materiale didattico adeguato, come ad esempio aprire e chiudere scatoline (13-15 mesi), per poi evolvere intorno ai 20 mesi con altri contenuti come ad esempio la matrioska, favoriscono lo sviluppo della manualità fine oltre a potenziare le dita e la mano in generale. Inoltre introducono alcune novità nel concetto di spazio, come la comprensione che un oggetto può essere contenuto in un altro.

Nel gioco di infilare e sfilare perle di legno in un laccio (20 mesi) si possono individuare gli stessi obiettivi del precedente, valorizzandone anche la fantasia e la creatività. Infatti il piccolo al termine della sua attività vede realizzato un oggetto che rappresenta il frutto del suo lavoro. Questo funge sia da elemento di gratificazione sia da stimolo per la realizzazione di lavori futuri. La cosa importante è utilizzare materiale abbastanza grande da non poter essere ingerito e comunque sempre sotto l’attento e vigile controllo dell’adulto.

Nel gioco del setaccio (22 mesi) viene dato al bambino un vassoio, contenente tre vasetti, due vuoti e uno riempito di chicchi di mais e di polenta. Gli alunni servendosi dei colini dovranno separare nei due vasetti il mais e la polenta. Se a prima vista può sembrare un compito facile, l’esercizio in realtà risulta generalmente complicato per i più piccoli. Di fatto vengono richieste abilità di concentrazione e di manualità fine, poiché dovranno mantenere con una mano il colino e con l’altra versare il contenuto del vasetto. L’obiettivo di questo esercizio è favorire lo sviluppo della bimanualità e potenziare la coordinazione oculo-manuale (Griso, 2014).

Abbiamo preso in considerazione solo alcuni esempi delle tantissime proposte educative e didattiche finalizzate al miglioramento dei seguenti aspetti: coordinazione oculo-manuale, determinazione traiettorie distanze, organizzazione spazio-tempo, coordinazione grosso e fine motoria, opposizione pollice-indice, che risultano così importanti per la crescita del piccolo e per i futuri apprendimenti.

 

Conclusioni

Il legame tra mano e mente è molto stretto: l’una tocca e l’altra impara in sinergia certosina e nello stesso tempo armonica. Il pensiero di Maria Montessori e Immanuel Kant a tal proposito è molto chiaro: occorre valorizzare l’enorme potenziale dell’organo mano, prensile e tattile, utile per il miglioramento a 360° dell’uomo e di quello che gli sta attorno. Se il Filosofo trovò in essa lo strumento di conoscenza certa per eccellenza e, quindi, «l’arma» che la natura ha concesso all’uomo per affrontare le insidie e le difficoltà del mondo, la Dottoressa impiegò questo potenziale per la crescita mentale e fisica dei suoi piccoli uomini, creando in loro i presupposti per una maturità libera da vincoli ma consapevole, il punto di partenza per la formazione di individui capaci di conoscere, di agire bene e di essere Persone pronte a definire progetti di vita positivi.

La mano, artefice, abile, creatrice di innumerevoli attività, che lancia-afferra, costruisce-disfa, mette-toglie, scrive-cancella, cuce-taglia, pulisce-sporca, alza-abbassa in una miriade di opposti, di contrasti ma anche di armonie, di unione (il significato della stretta di mano!) che solo la sua motricità sa compiere in virtuosismi perfetti che però hanno bisogno di esercizio, di sperimentazioni, di prove ed errori che il piccolo deve poter da subito provare, sperimentare prima in famiglia poi a scuola; una scuola che si metta completamente al servizio dell’alunno per strutture, materiali e competenze dei suoi professionisti, al fine di monitorare, stimolare, guidare la sua crescita rendendolo consapevole ed autonomo. «Il più grande segno di successo per un insegnante è poter dire: i bambini stanno lavorando come se io non esistessi» (Montessori, 2007).

 

Bibliografia

Esiodo (700 a.C.), Teogonia, cuma: s.n., 700 a.C., vv 74-76.

Focillon H. (1934), Éloge de la main, in Vie des formes, suivi de Éloge de la main, Paris, Presses Universitaires de France. Trad. it., Vita delle forme. Elogio alla mano, Torino, Einaudi, 1987.

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Martini F.H., Timmons M.J. e Tallitsch R.B. (2010), Anatomia umana, Napoli, Edises.

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N.P. (2012), Cosa è la sensibilità epicritica?, Focus, ottobre 2012, http://www.focus.it/scienza/salute/che-cosa-e-la-sensibilita-epicritica (consultato il 20 marzo 2019).

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Silverthon D.U. (2010), Fisiologia umana, Bari, Pearson.

Trabalzini P. (2013), Why Montessori today?, Roma, Opera Nazionale Montessori.

Zimmer C. (2012), In principio fu la mano, National Geographic Italia, maggio 2012, http://www.nationalgeographic.it/dal-giornale/2012/05/23/video/in_principio_fu_la_mano-1002227/1/(consultato il 20 marzo 2019).

 

[1] Maria Montessori, la Dottoressa, venne definita dal New York Tribune la «donna più interessante d’Europa». Il “Time” le dedicò una copertina nel 1930.

 




Autore per la corrispondenza

Manuela Valentini
Indirizzo e-mail: manuela.valentini@uniurb.it
Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, via Bramante, 17 61029 Urbino (PU)


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ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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