Test Book

Teorie e modelli didattici / Theories and teaching models

Promuovere competenze: limiti e possibilità
Promoting competences: limits and possibilities

Silvia Fioretti

Ricercatore (M-Ped/03) - Università di Urbino



Sommario

Il contributo esplora il concetto di competenza mettendo in evidenza diversi limiti ed esaminando alcune possibilità di applicazione concreta. Vengono indagate, in particolare, le ambiguità interpretative, sul piano pedagogico, e le difficoltà di realizzazione, sul piano didattico, del costrutto di competenza. Lo scopo è mettere a punto una riflessione sugli elementi sostanziali e irrinunciabili dell’approccio per competenze che meritano di essere valorizzati e potenziati.

Parole chiave

Competenze, curricolo, pratiche educative.


Abstract

The paper explores the concept of competence highlighting the limits and examining some possibilities of a concrete application. The passage analyzes deeply: the interpretative ambiguities, from a pedagogic point of view, and the difficulties of realization, on the didactic plan, of the construction of competence. The aim is to develop a reflection on the substantial and inalienable elements of the approach for competences, that deserve to be promoted and enhanced.

Keywords

Competences, curriculum, educational practices.


Il concetto di competenza è ancora, dopo diversi anni, al centro del dibattito educativo, professionale e scientifico. Tale ricorrenza non è riuscita però a liberarlo da una profonda ambiguità. La competenza risulta essere un concetto complesso e sfuggente, sia in merito al suo significato e della sua definizione, sia per quanto riguarda il suo utilizzo operativo, nel mondo della ricerca e della scuola. Sembra quasi che la promozione delle competenze, pur essendo centrale nel dibattito educativo, rimanga di “facciata” senza riuscire a entrare, per non dire modificare o innovare, le consuete pratiche educative. Tutto ciò nonostante ogni documento, sia di emanazione ministeriale, sia prodotto dagli insegnanti negli istituti, riporti riferimenti sistematici alle competenze chiave europee, ai traguardi di competenze delle Indicazioni nazionali e alle rubriche per la valutazione autentica (Benadusi e Molina, 2018).

Si osserva, in particolare, un grande divario fra il discorso pedagogico sullo sviluppo delle competenze e le pratiche tradizionali di insegnamento nei diversi gradi scolastici. Le pratiche attuate sembrano resistere ai cambiamenti strutturali che sono richiesti da una promozione delle competenze secondo le esigenze proprie di questo approccio. Il concetto di competenza è veicolato da una riforma del sistema educativo, tale riforma è generalmente attesa, in linea con le riforme degli altri Paesi, ed è sostenuta dalle difficoltà emerse nelle comparazioni internazionali. In questo panorama tutte le reazioni contrarie all’adozione di linee guida ispirate alla progettazione e alla valutazione per competenze rischiano di essere interpretate come segnali di timore o di reticenze immotivate che si riscontrano frequentemente di fronte ai cambiamenti e alle innovazioni.

È opportuno chiarire le reticenze, se non resistenze, messe in campo dagli insegnanti non sono in relazione ai cambiamenti e alle innovazioni ma sono, nella maggioranza dei casi, reticenze nei confronti delle condizioni in cui si chiede di applicare questi cambiamenti. È anche opportuno sottolineare come gli atteggiamenti prudenziali messi in atto dal mondo della scuola e, soprattutto, dagli insegnanti si siano, in passato, rivelati quanto mai opportuni di fronte a tante proposte passeggere, prive di fondamenti epistemologici e teorici che, periodicamente, hanno provato a intercettare le intenzioni di innovazione e cambiamento del mondo educativo. In più l’attuale dibattito mette in forte discussione l’opportunità delle recenti riforme legislative e le modalità di monitoraggio e valutazione condotte a livello nazionale e internazionale (Legge 107, prove Invalsi, ecc.).

Le riforme legislative, e le attività di valutazione sistemica introdotte, prendono in esame una complessità e varietà di questioni (sistema di formazione integrato, piani di miglioramento, certificazione delle competenze, alternanza scuola-lavoro, ecc.) e stanno incontrando grande resistenza e fortissime critiche. Nello spazio di questo articolo si tenterà di prendere in esame il concetto di competenza, cercando di evidenziarne i limiti e le difficoltà di attuazione, allo scopo di individuarne alcuni elementi costitutivi ed irrinunciabili. Tali elementi di possibilità, riconducibili alle peculiarità dell’approccio per competenze, non rappresentano una proposta passeggera e meritano di essere mantenuti e potenziati, senza rischiare di essere annullati o cancellati dalle forti e, in alcuni casi, legittime richieste di revisione dei processi di riforme educative attualmente in atto.

 

Limiti: definizioni, risorse, saperi, conoscenze, situazioni

La ricerca pedagogica ha progressivamente analizzato e approfondito il costrutto di competenza (Cambi, 2004; Pellerey, 2004; Baldacci, 2010) liberandolo dalle numerose ambiguità iniziali, ma diverse definizioni sembrano presentare, ancora, un carattere “globale” e piuttosto ampio. La competenza può essere definita come un insieme di saperi, di saper fare e saper essere che permette di esercitare, propriamente, un ruolo, una funzione o un’attività. Secondo Le Boterf (1994; 2001; 2008) la competenza sarebbe una capacità di mobilitare un insieme di “risorse cognitive” per affrontare una situazione. Potrebbe cioè essere descritta come “saper mobilitare”. Perrenoud (2002) la descrive come un “insieme di operazioni mentali complesse” che trasformano le conoscenze in relazione alle situazioni. In questa concezione, nonostante il sapere sia ogni volta trasformato dalla situazione, si parla di saperi teorici (conoscenze dichiarative e procedurali, in generale verbali), di saperi d’azione (saper fare routinari, difficilmente verbalizzabili) e di metaconoscenze, cioè delle conoscenze del soggetto sulle proprie conoscenze (Perrenoud, 2002, p. 54).

Joannert (2009), ad esempio, vede la competenza come la combinazione di un insieme di risorse che, coordinate fra loro, consentano di comprendere una situazione e di rispondere/agire in modo pertinente. In questo senso la competenza risulta essere specificata in una classe di situazioni. La competenza riconosciuta in una persona è il risultato della selezione e della coordinazione delle risorse, attraverso le quali questa persona ha risposto alle sollecitazioni della rappresentazione che si è costruita rispetto ad una data situazione. In questo senso si può quindi parlare di competenza come “intelligenza in situazione” o identificare la competenza come il rapporto della persona alle situazioni. Queste definizioni sono indubbiamente pertinenti ma conservano ancora un carattere generale e, quindi, nella traduzione operativa risultano approssimative, scarsamente operative, e si prestano a diverse interpretazioni. Infatti, com’è possibile tradurre in termini di proposte operative, in ambito educativo e scolastico, il rapporto delle persone alle situazioni?

La risposta è sicuramente complessa e potrebbe essere utile approfondire alcune questioni. In primo luogo una competenza si basa sulla mobilitazione di diverse risorse operata da una persona in situazione. Alcune risorse sono riferibili alla stessa persona e altre risorse sono relative alla situazione e al suo contesto. In secondo luogo, una competenza non si sviluppa al di fuori di una situazione concreta. Infine, la competenza sarà raggiunta solo in caso di un “trattamento” completo della situazione. Il “trattamento” positivo delle situazioni conduce al risultato atteso da colui che lo mette in atto. La competenza, quindi, potrebbe essere definita come la messa in atto, da parte di un soggetto in una situazione, in un contesto determinato, di un insieme diversificato ma coordinato di risorse. Questa messa in atto si basa sulla scelta, sulla mobilitazione (o sull’orchestrazione) di queste risorse e sulle azioni pertinenti che permettono un’efficace risoluzione della stessa situazione.

Una competenza si sviluppa in situazione sulla base delle azioni realizzate da una persona, in funzione di diverse risorse. L’azione stessa è una conoscenza autonoma, costruita in situazione. Tutte le risorse della situazione, del contesto e della persona sono potenzialmente utili allo sviluppo dell’azione e della competenza in situazione. Si tratta di un insieme molto vasto di risorse che una persona apprende a utilizzare in situazione attraverso la sua esperienza. In particolare Joannert (2006) suddivide le risorse in interne ed esterne. Fra le risorse di origine interna non colloca soltanto le conoscenze come risorse di ordine cognitivo adattate e ricostruite in situazione. Inserisce anche le risorse d’ordine conativo, quali la motivazione di un soggetto a impegnarsi in una determinata situazione. Prende in esame anche le risorse di ordine corporeo, ad esempio i movimenti coordinati utilizzati per affrontare la situazione. Così come considera le risorse d’origine esterna di tipo sociale (far ricorso a un esperto esterno, ecc.), di tipo spaziale e temporale (utilizzo e organizzazione dello spazio, ecc.) o ancora di tipo materiale (utilizzo di libri, strumenti, computer, ecc.).

Queste risorse esterne sono variabili a seconda della situazione, delle potenzialità e delle esigenze. Dipendono dalla persona che agisce e dalle azioni che sceglie di mettere in atto nella situazione. Le risorse esterne non possono essere considerate neutre o dissociate dai soggetti, in quanto vengono necessariamente ricostruite e adattate alle esigenze specifiche. Pur utilizzando una differenziazione di comodo fra risorse esterne e interne, nell’ambito dello sviluppo della competenza, in una prospettiva situata, l’allievo è sempre impegnato a partire dalle proprie costruzioni. Un insieme di risorse diversificate e mobilitate nell’azione può attualizzare la competenza. Nella prospettiva della cognizione situata (Lave, 1988; Lave e Wenger, 1991) queste risorse sono “strutturanti” per l’azione e per il soggetto in una relazione dialettica. Queste “risorse strutturanti” comprendono tutti gli elementi della situazione senza individuare barriere fra gli aspetti interni ed esterni dell’esperienza (Lave, 1988, p. 179).

Secondo l’approccio della cognizione situata l’individuo e la sua azione diventano necessariamente risorse per l’apprendimento. L’insieme delle risorse strutturanti assume così una funzione di mediazione, contribuisce a modellare le possibilità di apprendimento, i significati e le prospettive attribuite alla situazione, per la persona in azione. Secondo questa prospettiva le risorse strutturanti assumono forme molto ricche e diversificate. Fra queste forme troviamo: il pensiero, l’attività, la pratica, le relazioni e gli scambi sociali. Le risorse, collocate nei campi delle relazioni e dell’apprendimento in pratica, sono anche l’accesso al sapere, agli artefatti (strumenti e tecnologie), alla cultura e ai sistemi simbolici e semiotici (Lave e Wenger, 1991). Le risorse strutturanti hanno un carattere sociale e culturale, le persone non sono mai separate dal mondo in cui vivono e dalle loro pratiche in situazione. Nella prospettiva della cognizione situata le risorse strutturanti non sono limitate alle sole capacità cognitive ma sono molto più ampie. Il concetto di risorsa strutturante è, ovviamente, di difficile attuazione in contesti di simulazione scolastica.

Nelle pratiche educative si osserva, frequentemente, una grande confusione sull’utilizzo dei concetti di risorsa, sapere e conoscenza. Le risorse possono essere considerate come i mezzi necessari all’esercizio di una competenza. Sono specifiche e relative ai soggetti che apprendono, alle situazioni e ai contesti. Possono essere suddivise in interne o esterne all’allievo che le utilizza (Joannert, 2009). Le risorse interne sono d’ordine cognitivo, conativo o corporeo. Le risorse esterne dipendono dalla situazione e dal contesto, possono essere di natura cognitiva, materiale o temporale. Il sapere codificato è una risorsa esterna perché si tratta di un enunciato decontestualizzato e di un contenuto che fa parte di un dominio di apprendimento, è descritto in un programma di studio, in un manuale scolastico o in altri materiali. I saperi codificati sono, o dovrebbero essere, organizzati per essere insegnati e appresi da tutti. Il sapere codificato è determinato socialmente e stabilito culturalmente. Il sapere codificato di un programma disciplinare è l’oggetto di una trasposizione didattica.

Se i saperi sono così definiti e codificati in un programma e sono esterni ai soggetti che apprendono, le conoscenze sono di un’altra natura. Le conoscenze compongono il patrimonio cognitivo di un allievo. Le conoscenze non sono più soltanto delle costruzioni sociali come i saperi, gli studenti le hanno costruite attraverso le esperienze vissute. Si tratta quindi di risorse interne, costruite autonomamente. Una risorsa è un mezzo, mobilitato dal soggetto, per attivare una competenza. I saperi e le conoscenze sono delle risorse al servizio dello sviluppo delle competenze. Le risorse non si limitano, però, né ai saperi né alle conoscenze. I saperi codificati in discipline rappresentano delle risorse esterne al soggetto. Le conoscenze sono risorse cognitive e interne all’individuo. Risorse, saperi e conoscenze non possono essere fraintesi, si tratta piuttosto di comprendere il rapporto che potremmo definire “gerarchico”, o di inclusione, che si stabilisce fra questi concetti. Il concetto di risorsa include rispettivamente quello del sapere e della conoscenza. Quando un allievo segue un percorso di apprendimento a proposito di un sapere codificato lo mette in interazione con quello che già conosce, le sue conoscenze. Attraverso questa interazione si costruisce delle nuove conoscenze. Si tratta, in questo caso, di un rapporto dialettico e costruttivo che si stabilisce fondamentalmente tra “sapere codificato” e “conoscenza”, fra “risorse interne” e “risorse esterne”. Le conoscenze possedute si modificano e si ricostruiscono per giungere, al termine, aduna conoscenza personale e originale che è, per il soggetto, una sintesi delle sue conoscenze e del suo sapere codificato. Si tratta allora, nella predisposizione di un programma di attività volto alla promozione delle competenze, di organizzare il “sapere”, le “conoscenze”, le “risorse interne” e le “risorse esterne”.

In una prospettiva della cognizione situata le situazioni contestuali e problematiche sono indispensabili per la promozione delle competenze. Rappresentano, però, una condizione necessaria ma non sufficiente. Non si può pensare di promuovere l’acquisizione di competenze a partire da aspetti esclusivamente simbolici e mnemonici, ma nemmeno a partire soltanto da situazioni contestuali. Per promuovere l’apprendimento competente è necessario organizzare delle situazioni contestuali e degli aspetti simbolici e poi legarli all’azione dello studente in situazione. L’allievo costruisce il senso e il significato di quello che realizza sulla base di quello che conosce già e in merito allo scopo che attribuisce alla realizzazione e alla soluzione della situazione. La situazione è un elemento insostituibile per la costruzione del significato ma, anche in questo caso, non è sufficiente. Possono essere individuati due momenti, o due livelli dinamici per la promozione della competenza (Thompson e Varela, 2001).

Il primo livello vede l’individuo coinvolto completamente nella coordinazione dell’azione in situazione. È totalmente immerso nell’agire, nella situazione e nel suo contesto, non se ne allontana. Sembra catturato dall’azione e dal suo contesto. Il secondo livello dinamico, della competenza esplicitata, vede l’individuo mettere in atto quello che ha realizzato in situazione, mentre è già lontano da quella situazione. Può riflettere sulla sua azione, senza ripetere i gesti o tornare fisicamente sul luogo, senza bisogno di riferirsi alla situazione nella quale ha agito. Il soggetto accompagna mentalmente le azioni, al di fuori della situazione e del contesto. Riflette su quello che fa e lo traduce in parole, decontestualizza il suo saper fare, rende la competenza che ha acquisito adattabile e trasferibile ad altre situazioni.

Nei contesti educativi è estremamente importante creare le condizioni per far sì che l’allievo possa adattare a delle nuove situazioni la competenza che ha costruito, per tradurla in parole, esplicitarla e concettualizzarla, mantenendo il senso e il significato originale attraverso il ricordo della situazione d’origine. Lo studente deve quindi poter “agire cognitivamente”: pensare alle azioni compiute senza dover più riprodurre concretamente i gesti; analizzare la situazione pur essendo già al di fuori dalla stessa. La concettualizzazione è possibile solo se lo studente riconosce sin dall’inizio, nel passaggio da una situazione a un’altra, una serie di “invarianti’, di elementi costanti, sulla base dei quali identifica e adatta le azioni successive. L’allievo potrebbe riuscire persino a modificare la competenza costruita in una situazione passata e adattarla alle condizioni e alle risorse della situazione attuale.

Per riuscire in questa modifica è necessario riconoscere nella situazione attuale degli elementi invarianti, cioè più o meno simili, o isomorfi, agli elementi presenti nella situazione affrontata e risolta in passato. In questa prospettiva la concettualizzazione è indispensabile per la promozione della competenza proprio perché consente, a un esperto, di adattare e ricostruire, probabilmente all’infinito, le proprie competenze alle nuove situazioni che incontrerà. Risulta però molto difficoltosa e complessa la predisposizione, in contesti educativi simulati come quelli scolastici, di situazioni contestuali utili allo scopo. L’organizzazione dei “compiti di realtà”, o “autentici”, dove poter realizzare queste attività funzionali, lascia troppo frequentemente lo spazio a interpretazioni fondate su una logica tradizionale, purtroppo priva delle risorse opportune, e basata ancora sulla ripetizione di elementi o di schemi e sulla memorizzazione.

 

Possibilità: cognizione situata, costruttivismo, interdisciplinarità

Le competenze si sviluppano in un contesto e la riflessione sviluppata in questo contributo si iscrive nella prospettiva teorica della cognizione situata. La cognizione situata lega la cognizione alla pratica sociale, distribuita sul corpo e sulle attività del soggetto coinvolto nella situazione e nel contesto, sociale e fisico, attraverso una rete di relazioni. L’apprendimento si realizza in situazione, in un contesto sociale, attraverso le costruzioni che realizza un soggetto mentre compie le sue pratiche quotidiane.

Lave (1988) definisce gli approcci tradizionali come “ideologie cognitiviste”, conoscenze astratte e decontestualizzate, in quanto separate dall’esperienza concreta e intuitiva dei soggetti in situazione e in azione. I presupposti della cognizione situata collocano le persone come agenti “pensanti” e situati socialmente. Le persone agiscono unitamente ai contesti d’azione reali, li determinano e ne vengono determinati. Un individuo è un tutto agente, impegnato nel reale, in un campo complesso di interazioni: person-acting-in-setting (Lave, 1988, p. 190). In questo contesto, per la promozione delle competenze, l’allievo agisce in una relazione costitutiva con la situazione e l’attività, partecipando attivamente anche alla costruzione dell’azione e della situazione.

L’opzione costruttivista sottesa alle riforme curricolari contemporanee richiede di porre al centro, in modo prioritario, il soggetto conoscente. L’individuo in situazione, attraverso la sua attività, costruisce le sue conoscenze a partire dalla propria, soggettiva e unica esperienza del mondo reale. Così tutte le conoscenze sono in relazione alla persona e non sono mai una copia conforme della realtà esterna. In un paradigma costruttivista la conoscenza non è trasmissibile, al contrario, si costruisce nella e attraverso l’azione in situazione, meglio e in complementarietà, con la riflessione sull’azione. Aderire a una programmazione per competenze significa organizzare la costruzione del contesto, la predisposizione dei saperi, lo sviluppo delle conoscenze del soggetto in situazione e impone di accantonare l’apprendimento meccanico e decontestualizzato.

La costruzione di una competenza si basa su un dialogo costruttivo fra risorse di diversa natura e appartenenti a differenti domini. La situazione significativa, o problematica, è complessa e interdisciplinare. Questa dimensione interdisciplinare, connaturata a una logica per competenze, affronta la suddivisione disciplinare e le partizioni dei domini di apprendimento della scuola. In una logica per competenze, approcciare le proposte formative in tante categorie impermeabili quante sono le discipline, o i domini di apprendimento, da considerare non è molto pertinente. L’approccio interdisciplinare consente una presa di coscienza della complessità degli oggetti del sapere e valorizza la pluralità dei saperi e dei metodi.

Non si tratta semplicemente di far convergere diversi punti di vista disciplinari attorno a uno stesso contenuto come tradizionalmente si osserva nei contesti scolastici. Per promuovere le competenze occorre mettere in situazione più discipline e organizzarle su più livelli: sia sul piano propriamente curricolare (la relazione con gli oggetti di apprendimento); sia su quello pedagogico/didattico (la relazione con i processi di apprendimento). Si stabiliscono così delle linee di complementarietà e d’interpretazione in relazione a diversi aspetti (finalità, oggetti di studio, concetti e nozioni, percorsi di apprendimento, abilità tecniche, ecc.) per favorire l’integrazione dei processi di apprendimento degli allievi.

L’approccio alla cognizione situata, il costruttivismo e l’interdisciplinarità rappresentano elementi costitutivi e irrinunciabili di una logica della promozione delle competenze. In particolare, secondo il costruttivismo, la conoscenza è costruita in una dialettica fra il soggetto che apprende e le situazioni in cui si impegna a partire dalle proprie esperienze. L’interdisciplinarità rappresenta un fattore di coesione fra le differenti risorse necessario alla promozione delle competenze. In questo senso l’interdisciplinarità permette un processo di valorizzazione delle diverse discipline che conduce all’emergere di un sapere interdisciplinare, costruito e situato. La cognizione situata consente di apprendere lo sviluppo delle competenze, ponendo al centro di un sistema complesso un soggetto in situazione che interagisce in un rapporto dialettico, attraverso le sue azioni, con l’insieme degli elementi della situazione e del contesto allontanandosi definitivamente dai saperi codificati e decontestualizzati.

Per concludere, un ulteriore aspetto pertinente all’introduzione dell’idea di competenza è proprio di un concetto più vasto, che supera ampiamente il quadro del curricolo scolastico. È opportuno ricordare che la cornice culturale che sostiene la scelta di introdurre la logica delle competenze nei percorsi educativi e scolastici è fondata sul “capitale umano”. Il “capitale umano” è il corredo di competenze incorporate dal soggetto e utilizzate nel mondo produttivo (Baldacci, 2014). In questa epoca di economia globale il “capitale umano” rappresenta, per i sistemi economici, un fattore indispensabile di competitività. Al di là dei legittimi dibattiti e delle opportune critiche sembra necessario ridefinire non solo il concetto di competenza ma anche un progetto politico-educativo globale, fondato da un punto di vista teorico ed epistemologico, le cui finalità siano precisate chiaramente, condivise. Tutto ciò per non ridursi a un allineamento alla logica dei sistemi economici, del mercato e dell’impresa, allo scopo di educare soggetti competenti, critici e, quindi, degni rappresentanti di uno “sviluppo umano” che costituisca un irrinunciabile fattore di progresso globale e democratico.

 

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Autore per la corrispondenza

Silvia Fioretti
Indirizzo e-mail: silvia.fioretti@uniurb.it
Dipartimento di Studi Umanistici, via Bramante, 17 - 61029 Urbino (PU)


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ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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