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Recensione

Philippe Meirieu, Fare la Scuola, fare scuola. Democrazia e pedagogia, Milano, FrancoAngeli, 2016


Silvia Fioretti



Il volume Fare la Scuola, fare scuola. Democrazia e pedagogia[1] è un libro prezioso per tutti coloro che sono interessati alle dinamiche educative e per i protagonisti del mondo della scuola. Prezioso perché, indicando e tracciando una strada da percorrere, offre una via d’uscita educativa e democratica dalla multiforme e sfaccettata crisi del presente. Il presente è caratterizzato «dal trionfo degli individualismi», da relazioni personali, sociali, economiche e politiche immediate ed effimere quando non frantumate e parcellizzate, dalla «produttività» senza limiti, ecc. In questo contesto, con queste derive che investono il sistema educativo nella sua interezza e lo conducono alla disintegrazione, i protagonisti del fare scuola, gli insegnanti, si trovano in una situazione paradossale. Il sistema educativo ha perso la sua legittimità e, di conseguenza, la sua autorità, diventando luogo aperto di confronto e di conflitto permanente. L’apparente libertà pedagogica di cui sembrano beneficiare gli insegnanti li pone di fronte alla propria responsabilità personale ormai non più protetti da un progetto istituzionale. Le relazioni personali si traducono in «rapporti di forza», l’autorità degli insegnanti è in crisi e la crisi è individuabile nella «difficoltà costitutiva della democrazia moderna, in cui il diritto di ogni individuo alla sua autonomia produce una frattura nelle istituzioni che dovrebbero lavorare per il bene comune[2]».

L’autore del volume, Philippe Meirieu, intende restituire alla Scuola la sua legittimità e la sua missione, il suo compito fondamentale di istituzione, di luogo deputato alla costruzione di un’autentica democrazia. Rifugge dall’idea di una scuola «mercantile», fondata sulla performance e sulla competizione concorrenziale. Si dichiara a favore di una Scuola che risponda all’esigenza di formare cittadini autonomi e critici, che sappia guardare al futuro delle nuove generazioni, che possa offrire uno spazio di democrazia a soggetti diversi per origine sociale, familiare, etnica, religiosa. Riesce, in modo razionale ed estremamente logico, in questo difficilissimo intento. Capitalizza la storia dell’educazione e dei sistemi educativi, ne estrapola i principi fondanti, le categorie esplicative, le più efficaci metodologie, porta a compimento la personale esperienza di insegnante e di accademico, riuscendo a sostenere la Scuola ed i suoi protagonisti, per orientarli in un percorso che li conduca lontano dalle derive e dagli ostacoli del presente.

La struttura del volume costituisce una forma di regolamento, o di atto normativo fondamentale, del mestiere di insegnante, in quanto fornisce la definizione della natura, della struttura, dei principi fondamentali e delle attività dell’istituzione scolastica.

La prima parte, intitolata «La Scuola: principi per un’istituzione» determina le finalità che danno senso all’azione quotidiana. La scuola è uno spazio pubblico e laico, non è un’azienda. Ha il compito di trasmettere ai giovani gli apprendimenti obbligatori, progressivi ed esaustivi, senza escludere nessuno in nome del fondamentale principio di educabilità. Deve trovare al suo interno le risorse per il recupero delle differenze perché è importante comprendere e non solo riuscire.

La seconda parte, dedicata a «L’insegnante: tensioni per un mestiere», affronta le contraddizioni e i paradossi dell’insegnamento: educabilità e libertà; trasmissione della conoscenza e rispetto del desiderio di apprendere e delle motivazioni; organizzazione rigorosa e attenzione all’autonomia; valutazione dei bisogni di ciascuno e progressione per tutti, imposizione delle regole o costruzione progressiva, ecc.

La terza parte, riferita a «La classe: punti di riferimento per la pratica» tocca nel vivo la vita della classe. Si fa riferimento alla progettazione didattica, ai metodi attivi, all’organizzazione chiara, precisa e univoca delle consegne di lavoro che possono condizionare fortemente l’apprendimento. La classe è il luogo privilegiato della valutazione formativa ma è anche il luogo dove poter compiere errori per raggiungere la comprensione effettiva.

La conclusione, in modo estremamente razionale, puntualizza i nuclei più difficili e irrisolti, individuando nella competizione fra scuole, nelle disuguaglianze fra allievi, nella condivisione e nel rispetto delle regole, nella coerenza delle proposte, nel coinvolgimento dei genitori, le sfide per il futuro.

È un volume prezioso perché supera il classico divario fra teoria e prassi, riesce a coniugare la ricchezza teorica della filosofia dell’educazione, che permea la prima parte, con il rigore e la concretezza storica dell’analisi dei problemi educativi individuati nella seconda, trovando compimento nei principi didattici specificati nella terza parte. Le indicazioni teoriche della prima parte, permeate dai riferimenti ai classici della pedagogia (Comenio, Itard, Pestalozzi, Claparède, Montessori, Freinet, don Milani, ecc.) non rischiano di rimanere astratte ma vanno a nutrire le tensioni della seconda parte. Allo stesso modo le indicazioni e le ipotesi pratiche della terza parte risultano illuminate dalle finalità, dai principi generali e dalle ipotesi metodologiche individuate nelle parti precedenti. Il volume, teorico e pratico allo stesso tempo, è puntualmente corredato da indicazioni e schede operative, chiare ed illuminati, pensate per favorire la riflessione necessaria alla complessa e continua preparazione (anche questa teorica e pratica senza sconto alcuno) degli insegnanti in formazione e in servizio.

Uno stile narrativo gradevole illumina la lettura del testo, si affrontano argomenti delicati e si ha la sensazione di essere accompagnati dai temi narrati, il fare scuola e i suoi problemi. L’autore ricorre a delle metafore per illustrare la situazione educativa ed il contesto di realizzazione. I protagonisti principali, gli insegnanti e gli allievi, non sono descritti in modo astratto ma sono colti nel pieno della congerie e della frenesia del lavoro, si può avvertire la tensione e il fermento della quotidiana attività di insegnamento e di apprendimento.

Philippe Meirieu è, probabilmente anche per questi motivi, uno dei più grandi pedagogisti europei, autore di numerosissime pubblicazioni tradotte in diverse lingue. Le sue riflessioni hanno influenzato e, in parte, trovato realizzazione nel sistema educativo e nella formazione degli insegnanti in Francia. Le sue teorie hanno contribuito alla formazione delle nuove generazioni di insegnanti e pedagogisti, non solo europei.

Philippe Meirieu è anche, forse soprattutto, un «uomo di Scuola» che si definisce «ecologista». Questo volume è un prodotto prezioso in quanto «ecologico» in senso lato. È un volume puro, pulito, privo di riferimenti a termini superflui come i vari tecnicismi (stakeholder, piano di miglioramento, ecc.) «inquinanti» perché molto spesso inutilmente abusati. Ed è un volume denso, materico, pieno di quella passione per la Scuola, capace di restituire ai suoi protagonisti la «bontà», originale e autentica, del «fare scuola». È un volume prezioso, quindi, perché è in grado di riconsegnare ai lettori interessati la conoscenza delle fonti della scienza educativa, di ricostruire razionalmente ed in modo esauriente gli strumenti concreti del fare scuola ma, più di ogni altra cosa, è in grado di riaccendere la speranza e la fiducia nella Scuola e nel «fare scuola» per poter continuare ad intraprendere, anche nel XXI sec., il difficile e complesso «mestiere della pedagogia».
 

[1] P. Meirieu, Edizione originale: Philippe Meirieu, Faire l’École, faire la classe, Paris, ESF, 2004 e 2007

[2] P. Meirieu, Fare la Scuola, fare scuola, Franco Angeli, Milano, 2016, p. 17.



© 2017 Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.
ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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