Test Book

Recensione

Manuela Ladogana Progettare la vecchiaia. Una sfida pedagogica, Bari, Progedit, 2016


Giusi Antonia Toto



Il Saggio sul principio di popolazione di Malthus del 1798 aveva ipotizzato in campo economico le possibili fasi di sviluppo di una popolazione indicando nella quarta, la fase di invecchiamento non solo bio-fisiologico del genere umano ma delle società definite avanzate. Questa teoria ancora oggi molto dibattuta, soprattutto nelle scienze economiche, non soltanto rivela un’interpretazione negativa del processo di invecchiamento, ma diviene latrice di una costruzione pregiudiziale di un fenomeno umano in un’opera che si affaccia in un milieu storico positivista. Il carattere pregiudiziale di questa categorizzazione la rende, dunque, scevra da qualunque pretesa di universalità concettuale: l’assunzione di una prospettiva diacronica consente, invece, di notare come in epoche passate o in contesti socio-culturali diversi questa fase dell’esistenza si carica di significati completamente opposti in quanto il concetto di anziano è anche associato alla virtù della saggezza e a un’idea di appartenenza.

In questa prospettiva socio-culturale, proteiforme se analizzata da un punto di vista storico, il volume pone in posizione incipitaria un interrogativo pedagogico affascinante: «Quale educazione promuovere durante il corso della vita per apprendere a invecchiare? Quali spazi di intervento e quali pratiche per educare all’età anziana?» (p. 3). Una risposta mai definitiva, sempre pronta a ripensamenti e ridefinizioni viene indicata da Ladogana che pone nell’educazione il discrimen di tale mutamento di prospettive; secondo l’autrice, infatti, la questione è squisitamente pedagogica, non solo nelle forme e nei contenuti dell’educazione, ma capillarmente nell’architettura della formazione. Il cambiamento nei confronti della vecchiaia deve altresì essere cognitivo e comportamentale, in modo da consentire il superamento di un pregiudizio culturale e, soprattutto; di una cultura del disinteresse e dell’emarginazione che tale gap formativo ha prodotto nella società di oggi.

Come definire, allora, la percezione di un’età? Un processo, e in quanto tale difforme e individuale, al pari dell’adolescenza, caratterizzato da modificazioni fisiologiche, cognitive e comportamentali. Rispetto a questo sistema di concetti, l’autrice si sofferma emblematicamente sull’idea che pervade le scienze esatte basata cioè, sull’antitesi sviluppo/involuzione attribuita in maniera classificatoria a questa fase della vita dell’uomo. La descrizione medico-clinica di questa età si basa esclusivamente sugli elementi tipologici che la caratterizzano, superata nel testo dall’edificazione di un costrutto arricchito, positivo e creativo di questa fase del ciclo di vita. L’invecchiamento diventa terreno fertile di studio e viene indagato da una pluralità di punti di vista, da quello biologico a quello psichico, fino a quello patologico. Un’interessante chiave di lettura viene ricercata dalla studiosa nel settore delle neuroscienze che, mediante la rivoluzione copernicana della scoperta dell’evoluzione e plasticità del cervello umano hanno permesso, come è ampiamente sottolineato nel volume, di costruire identità, percorsi e proposte educative inedite, campo fecondo per le nuove ricerche pedagogiche.

Il ricco repertorio bibliografico proposto a supporto scientifico delle decennali ricerche su cui si intesse l’architettura complessiva del volume, testimonia la presenza nel panorama scientifico di questa categoria ermeneutica letta come età di scissioni, divisa tra attività e decadenza, tra salute e malattia, proponendo una visione complessiva sul patrimonio di studi oggi posseduti. Il volume supera queste dicotomie indicando alcune piste innovative per la futura riflessione ermeneutica: mediante la centralità dell’educazione alla salute, i soggetti in questa fase nuova della loro esistenza negoziano significati e ridefinizioni e diventano consapevoli e responsabili delle proprie soggettività, rivelando la capacità di adattarsi continuamente all’ambiente in cui vivono. Prevenzione e benessere diventano gli indicatori di tale riscatto.

Di più ampio respiro, l’ultima parte del volume che indaga da una prospettiva sociologico ed esperienziale gli aspetti dell’educazione alla vecchiaia, mediante i quali diviene possibile riprogettare, (questo il compito del pedagogista impegnato), i vissuti in un’ottica trasformativa e valoriale, ridefinendo il curriculum culturale di ciascun individuo che dalla nascita viene proiettato verso un’età ricca di possibilità. La riflessione non si esaurisce, però, solo in una ridefinizione dell’educazione alla vecchiaia, ma il focus della ricerca si concentra anche nell’inedita declinazione dell’educazione per la vecchiaia, in cui il gioco lessicale definisce in questa seconda dimensione la struttura portante di un più complesso progetto di lifelong learning. La formazione, allora, deve accompagnare questo momento di appagamento per la vita e gli obiettivi conseguiti e si deve tingere di istanze nuove quali l’educazione alla memoria, alle emozioni che devono completare questo nuovo salto evolutivo nella vita dell’uomo.

 



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ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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