Test Book

Teorie e modelli dei servizi educativi / Theories and models of educational services

Metacognizione e scuola dell’infanzia
Metacognition and school of childhood

Nicoletta Rosati

Ricercatore confermato di Didattica generale e Pedagogia speciale



Sommario

Gli studi sulla metacognizione consentono di conoscere più a fondo sia lo sviluppo del pensiero, sia i fattori che possono influenzare il successo scolastico. Formare alunni cognitivamente maturi è una sfida cui la scuola deve rispondere fin dalla scuola dell’infanzia. La didattica consueta può essere rivista per aiutare gli alunni a sviluppare conoscenze e processi metacognitivi. La competenza metacognitiva inizia già dall’infanzia, età in cui si possono individuare alcune criticità nell’apprendimento. È inoltre possibile progettare un percorso di conoscenza della mente e del suo funzionamento, reso attraverso giochi psicomotori e di simbolizzazione, attività di orientamento, esplorazione e manipolazione adatte ai bambini dell’età di tre-sei anni. L’articolo presenta una riflessione sulle diverse opportunità offerte dalle attività didattiche della scuola dell’infanzia per favorire l’apprendimento in ottica metacognitiva e sviluppare atteggiamenti metacognitivi che costituiscano valida premessa di successo scolastico e di sviluppo olistico della personalità.

Parole chiave

apprendimento, metacognizione, scuola dell’infanzia, teorie e modelli didattici


Abstract

Recent studies about metacognition and the factors influencing scholastic success have provided us with greater insight regarding the development of the mind. Starting from early childhood education, the school must learn how to meet the challenge of forming metacognitive-mature children. Ordinary teaching can be seen from a metacognitive aspect as helping pupils to develop knowledge and metacognitive processes. Metacognitive competence begins in early childhood when the first traces of learning disorders become evident. It is also possible to plan a specific metacognitive syllabus to discover mind functioning, using psychomotor and symbolic games, orienteering, as well as exploring and manipulating activities suitable for three to six-year-olds. The article presents comments concerning the opportunities for pupils in pre-primary school to develop metacognitive skills and attitudes which will lead to achievement in their further education and to becoming mature in a holistic development of personality.

Keywords

learning, metacognition, pre-primary school, theories and teaching models


La ricerca sugli atteggiamenti metacognitivi e gli studi sui processi mentali, sulle abilità metafonologiche e sulla metamemoria hanno permesso di comprendere le modalità di sviluppo dell’apprendimento e come questo sia strettamente connesso con le componenti emotivo-motivazionali della personalità infantile (Borkowski, Day, 1994; Pellerey, 1996; Schoenfeld, 1985; 1992; Zan, 1996; De Beni et al. 2001). La metacognizione può aiutare a scoprire lo sviluppo del pensiero e gli elementi che favoriscono il successo scolastico.

Gli studi più recenti sui problemi di apprendimento in presenza di disturbi specifici di apprendimento hanno guardato ai processi metacognitivi come a un’efficace possibilità di compensazione, grazie alla messa in atto di comportamenti strategici che consentono di raggiungere buoni risultati nelle prestazioni scolastiche (Caponi et al. 2012). L’interesse della scuola per l’applicazione della didattica metacognitiva appare, tuttavia, limitato alla ricerca di misure compensative in presenza di DSA, visto che la didattica metacognitiva risulta particolarmente efficace nella presa di coscienza delle strategie vincenti attuate dagli alunni con DSA (Cornoldi, 1995; De Beni, Pazzaglia, 1993).

Grazie ai processi metacognitivi, gli alunni riescono a elaborare un metodo di studio personale. Questa «utilizzazione» della metacognizione, però, non trova rispondenza nelle finalità della scuola dell’infanzia, che, mentre promuove nei bambini «lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza e li avvia alla cittadinanza» (Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, 2012), non attua percorsi di prima alfabetizzazione culturale.

Gli apprendimenti tipici dei bambini che frequentano tale scuola, infatti, si realizzano attraverso attività spontanee (ad es. di gioco, di orientamento spazio-temporale, di narrazione e di espressione attraverso l’uso di vari linguaggi).

Lo sviluppo delle competenze promosso nella scuola dell’infanzia investe la dimensione cognitiva e quella emotivo-affettiva dell’apprendimento e, quindi, anche i processi metacognitivi, ma la didattica del lavoro programmato non ricalca quello per gli apprendimenti sistematici di natura disciplinare propri degli ordini di scuola successivi.

La metacognizione

L’American Psychological Association definisce la metacognizione come «la consapevolezza dei propri processi cognitivi, che spesso implica un tentativo conscio di controllarli» (APA, 2007, p.572). Il bambino di quattro o cinque anni che pensa di essere o di non essere bravo a saltare utilizza una conoscenza metacognitiva. La metacognizione è stata definita proprio come una «conoscenza sulla conoscenza» (Bombi, Pinto, 2001, p.186), oppure come uno «stato di conoscenza sul funzionamento mentale» (Cornoldi, 1995, p.17).

Il termine viene usato per la prima volta da Flavell (1971) per indicare la conoscenza del processo cognitivo della memoria.

Dalla fine degli anni Settanta vengono elaborati vari modelli esplicativi, attraverso i quali sono rilevate le variabili cognitive, motivazionali e situazionali presenti nei processi di apprendimento.

Il modello di Flavell e Wellman (Flavell, Wellman, 1977) evidenzia la necessità di padroneggiare quattro tipologie di informazioni: gli attributi personali, le caratteristiche del compito, le strategie per affrontarlo, le condizioni nelle quali si affronta il compito. Non spiega, però, come si collegano tra loro tali differenti conoscenze metacognitive (Antonetti, Cantoia 2000).

Nel 1988 Flavell propone un modello centrato sul controllo, che considera cinque variabili: gli obiettivi dell’azione e, sempre in senso metacognitivo, le conoscenze, le esperienze e gli atti, cioè le strategie e le funzioni specifiche per l’azione che si intraprende.

Wellman (1983) propone un modello che considera cinque livelli di conoscenze: il riconoscimento dell’espletarsi di processi cognitivi, la conoscenza della natura e delle principali caratteristiche di tali processi, i fattori che influenzano le prestazioni cognitive, le interazioni tra i processi e il controllo durante e dopo il processo di apprendimento.

Brown (1983) propone un modello basato sul concetto di metacognizione come controllo dei processi e analisi dei meccanismi di base. La psicologa distingue alcuni aspetti che condizionano il controllo: prendere coscienza di un problema, predire la propria prestazione, pianificare l’attività mentale, guidare tale attività in funzione degli obiettivi.

Il gruppo di Borkowski evidenzia le caratteristiche cognitive, motivazionali e di contesto alla base della conoscenza e del controllo metacognitivi (Borkowski, Peck,1985): la conoscenza di diverse strategie di apprendimento, la capacità di utilizzarle in modo adeguato, la fiducia nel proprio impegno e nella propria capacità attentiva, la consapevolezza dell’impegno, il possesso di conoscenze approfondite e il modo di accedere rapidamente a queste.

Cornoldi e collaboratori (Cornoldi, 1990; Cornoldi et al.1995; Cornoldi e Caponi,1991) distinguono le conoscenze metacognitive di base e i processi cognitivi di controllo. Nella prima categoria si trovano le impressioni, le percezioni, le nozioni, i sentimenti, le intuizioni che ciascuno possiede rispetto al funzionamento della propria mente; i processi metacognitivi di controllo svolgono la funzione di supervisione del funzionamento cognitivo.

Tra le conoscenze metacognitive si riconoscono quelle sulle persone, sui compiti e sulle strategie (Flavell, Miller, Miller, 1996). Le conoscenze sulle persone consentono di cogliere gli atteggiamenti metacognitivi nelle persone, tra le persone e in riferimento agli universali cognitivi. In merito ai compiti, si possono evidenziare due sottoinsiemi: la natura delle informazioni e quella delle richieste. Esiste infine la consapevolezza metacognitiva riguardo alle strategie, cioè con quali modalità sia più semplice eseguire un determinato compito, cui segue l’attività di controllo che valuta l’adeguatezza della scelta strategica per il successo dell’attività stessa.

Il controllo metacognitivo consente di esercitare scelte, valutazioni e applicazioni delle strategie di soluzione di qualsiasi compito, permettendo di realizzare una proficua attività di problem solving.

Cornoldi (1990, 1995) evidenzia i processi metacognitivi di controllo, tra i quali l’orientamento generale, la problematizzazione, l’attivazione di conoscenze implicite, il coordinamento dei processi, la valutazione dei risultati, la spiegazione di un insuccesso, il proporre un nuovo piano.

Tra l’atteggiamento metacognitivo e il controllo dei meccanismi cognitivi esiste un continuum, in quanto le conoscenze di una persona influenzano il controllo dei meccanismi cognitivi e possono altresì orientare un apprendimento strategico. Tale stretta relazione determina un potenziamento dell’apprendimento anche in vista dello studio formalizzato delle discipline (Caponi et al, 2012).

La ricerca psicopedagogica ha evidenziato come il successo in un compito di apprendimento sia legato alla consapevolezza della persona riguardo alla propria cognizione e regolazione della mente in uno specifico compito. Queste due componenti determinano una sorta di teoria della mente in grado di guidare la messa a punto di comportamenti strategici con buoni risultati nelle prestazioni (Wellman, Gelman, 1992; Borkowski, Muthukrishna, 1994).

Esistono infine studi sull’influenza che le idee metacognitive legate alla sfera emotivo-motivazionale della persona esercitano sui processi di controllo.

Metacognizione e componenti emotivo-affettive

La capacità di «pensare il pensiero» è un’abilità evolutiva e richiede uno sviluppo graduale e continuo sin dall’età pre-scolare. La «teoria della mente», grazie alla quale il bambino riesce a prevedere azioni e a pianificare comportamenti anche in assenza di un’esperienza diretta, inizia a partire dall’età di quattro anni, ma già all’età di un anno si osservano comportamenti preparatori allo sviluppo di abilità metacognitive (Lecciso, 2005).

I bambini possono realizzare le loro attività con successo se sono educati a controllare l’efficacia del procedimento, le azioni messe in atto e a verificare le conoscenze circa l’esatta esecuzione del compito. Diventano così consapevoli del procedimento che ha consentito il successo e capaci di trasferire tale competenza in compiti uguali o analoghi.

L’uso «vincente» di una strategia di progettazione o di azione sviluppa, inoltre, il piacere di fare e di apprendere, nonché un positivo senso di autoefficacia (Cangià, 2013), che agisce come catalizzatore per determinare forme sempre più raffinate di controllo, con benefici effetti anche sul piano dell’apprendimento. Prendere coscienza fin dalla scuola dell’infanzia dei propri successi sviluppa un’attitudine a riflettere sui propri processi di pensiero e rende capace di trasferire questa abilità in altre situazioni di apprendimento.

Questo habitus mentale predispone un buon atteggiamento metacognitivo che, consentendo di approcciare lo studio con maggiore flessibilità e minore ansia da prestazione, renderà più facile apprendere nozioni nuove e collegarle a quelle esistenti.

Si è notato che l’autostima degli alunni influenza la prestazione nelle varie aree di apprendimento (Wilson, Wright, 1993) e che alunni con un alto livello di stima nelle proprie abilità guardano con fiducia alle nuove sfide cognitive (Sungur, 2007). Sungur ha sottolineato l’importanza del ruolo del docente nell’aiutare l’alunno a vivere anche i momenti di insuccesso come opportunità per sperimentare nuove strategie cognitive, gettando le basi per facilitare l’apprendimento, reagire alle frustrazioni e alimentare la resilienza a contenimento dell’insuccesso.

La positività delle emozioni, la motivazione ad apprendere e lo scopo di tale processo costituiscono fattori importanti in grado di sostenere il processo di apprendimento (De Beni et al, 2001; Brophy, 2003).

Fin dalla scuola dell’infanzia si possono «far esercitare» gli alunni a prendere coscienza delle emozioni che accompagnano le esperienze scolastiche ed extra-scolastiche. La consapevolezza delle emozioni può sostenere la motivazione a portare avanti il proprio contributo esperienziale e a raggiungere lo scopo per cui l’attività è stata iniziata.

Metacognizione e Indicazioni nazionali per il curricolo

È opinione di chi scrive che la scuola già possieda i presupposti e alcune procedure necessarie per intraprendere un’azione didattica in vista dello sviluppo metacognitivo del bambino, soprattutto nella formulazione di alcuni obiettivi e di alcuni traguardi di sviluppo presenti nelle Indicazioni nazionali per il curricolo.

Infatti, la premessa delle Indicazioni alla sezione sulla scuola dell’infanzia richiama le principali finalità dell’agire pedagogico e didattico proprio di questa scuola: il consolidamento dell’identità, lo sviluppo dell’autonomia, l’acquisto di specifiche competenze e le prime esperienze di cittadinanza. Chi scrive ritiene che le modalità attraverso cui queste finalità sono perseguite rendano possibile l’attuazione di procedure finalizzate allo sviluppo dei processi metacognitivi.

Per il consolidamento dell’identità personale si suggerisce, infatti, tra le caratterizzazioni di un’identità matura, quella di «imparare a conoscersi e ad essere riconosciuti come persona unica e irripetibile» (Indicazioni nazionali per il curricolo, 2012, p.21), in cui si nota un processo di progressiva consapevolezza di sé che rappresenta l’avvio verso lo sviluppo di conoscenze metacognitive, incentivato dalla didattica che il docente metterà in atto. Sarà possibile avviare tra gli alunni brevi confronti tra le diverse modalità di ricordare le informazioni e scoprire le differenze in ordine alla conoscenza del funzionamento della mente.

Anche per quanto riguarda lo sviluppo dell’autonomia è possibile, secondo la nostra ipotesi, rintracciare modalità pratiche che consentano di attuare atteggiamenti metacognitivi, laddove si parla, ad esempio, del provare soddisfazione a far da sé, imparare a chiedere aiuto, elaborare risposte a situazioni frustranti, nonché «assumere comportamenti e atteggiamenti sempre più consapevoli».

Si può prevedere un percorso di riflessione che renda consapevole del successo raggiunto e consenta al bambino di comprendere come ci sia riuscito.

Le Indicazioni nazionali suggeriscono di far «imparare a riflettere sull’esperienza», «ascoltare e comprendere», «raccontare e rievocare azioni e esperienze», compiti che hanno in sé un aspetto metacognitivo che riguarda sia le conoscenze che i processi metacognitivi. L’insegnante progetterà tali attività in modo da perseguire sia il traguardo cognitivo dello sviluppo delle competenze (Curatola, 2012), sia quello metacognitivo di atteggiamenti di ricerca di senso, di formulazione di strategie, di assunzione di decisioni che rendano i bambini sempre più consapevoli.

Strettamente collegata a questi obiettivi è anche la finalità di sviluppo di una cittadinanza attiva, soprattutto in riferimento alla necessità di «rendersi sempre meglio conto della necessità di stabilire regole condivise».

Nell’esame dei campi di esperienza illustrati nelle Indicazioni nazionali, è possibile individuare obiettivi e traguardi di sviluppo la cui realizzazione può giovarsi di attività metacognitive che consentano ai bambini di prendere coscienza delle proprie abilità, di scoprire come funziona la propria mente e come si possono trovare strategie adatte a risolvere un problema pratico o a raggiungere una conoscenza.

Il lavoro svolto insieme agli altri bambini, anche secondo i principi del Cooperative Learning, consentirà di imparare a controllare il processo di costruzione delle conoscenze sia durante l’esperienza, sia al termine della stessa (Gibbs, 1994; Rosati, 2007).

Uno sguardo ai vari campi di esperienza suggerirà quali conoscenze metacognitive sollecitare e come educare gli atteggiamenti metacognitivi utili anche per il successivo percorso di crescita e per la formazione olistica della personalità.

Nel campo denominato «Il sé e l’altro» confluiscono le esperienze e le attività preordinate a comprendere la necessità di una convivenza umanamente valida. Il bambino ha già iniziato a maturare una capacità di riflessione e di interiorizzazione e si pone «tanti perché sulle questioni concrete, sugli eventi della vita quotidiana, sulle trasformazioni personali e sociali, sull’ambiente e sull’uso delle risorse, sui valori culturali», sul senso della vita, proprio partendo dall’esperienza nella famiglia e nella scuola.

Lavorare sulle attività di ricerca, scoperta, meraviglia e presa di coscienza, come porre domande, riflettere, orientarsi negli spazi e nel tempo, considerare un evento dal punto di vista di altre persone, consente di attivare conoscenze metacognitive, quali scoprire l’uso della memoria.

Nel campo di esperienza denominato «corpo e movimento» è possibile aiutare i bambini a imparare a «sentire» il proprio corpo e a scoprire le funzioni che possono essere realizzate con esso.

Nei campi di esperienza dedicati all’espressione e alla narrazione quali «Immagini, suoni, colori» e «I discorsi e le parole», il bambino viene guidato a scoprire una varietà di linguaggi: iconico, cromatico, sonoro, verbale; questa scoperta potrebbe essere accompagnata dalla consapevolezza delle modalità di comunicazione di esperienze, di emozioni, dei mezzi utilizzati per comunicare nelle situazioni in cui gli altri siano riusciti a comprendere meglio quello che si voleva esprimere. Le Indicazioni nazionali indicano tra i traguardi di questi due campi di esperienza «Sperimentare e combinare vari elementi […] producendo semplici sequenze […]»

Il bambino, inoltre, «ascolta e comprende narrazioni, racconta e inventa storie, chiede e offre spiegazioni, usa il linguaggio per progettare attività […]». Questi traguardi si possono tradurre in una serie di esperienze di scoperta e di presa di coscienza, unitamente a percorsi per i quali il bambino diviene consapevole del linguaggio scelto per comunicare un vissuto e può intuire che scrivere e leggere sono abilità importanti per comunicare con gli altri. Senza ricorrere a precocismi scolastici, può essere aiutato a scoprire l’utilità del codice verbale, a comprendere come la lettura sia scoperta di un’informazione o di un messaggio che qualcuno vuole trasmetterci (Di Clemente, Spagnolo, 2014).

Nella scuola dell’infanzia è possibile lavorare sugli aspetti fonologici e metafonologici del linguaggio favorendo la consapevolezza della diversa lunghezza delle parole, dei tratti distintivi dei fonemi, della segmentazione e della sintesi sillabica, attività metacognitive che preparano il futuro apprendimento della letto-scrittura nella scuola primaria (Drusi, Cornoldi, Friso, 2016).

Anche nei campi di esperienza di natura più scientifica si rilevano stimoli che ben si prestano alla progettazione di percorsi basati sulla metacognizione. Nel campo denominato «La conoscenza del mondo» sono indicati alcuni traguardi di sviluppo che abbracciano le prime esperienze di organizzazione fisica del mondo circostante anche come avviamento alla elaborazione di concetti scientifici e matematici che saranno presentati nella successiva scuola primaria.

Tutte queste attività si prestano a una riflessione metacognitiva che aiuti i bambini a diventare coscienti di ciò che imparano, di come lo imparano e di come possano rielaborare quanto appreso. Queste conoscenze richiamano l’azione del «conoscere sul conoscere» che è una delle caratteristiche della metacognizione e che può facilitare un corretto passaggio alla scuola primaria, così come, più specificatamente, può prevenire o compensare eventuali disturbi specifici di apprendimento.

Imparare presto ad avere padronanza di strategie diverse per apprendere consente, infatti, di contenere le conseguenze di disturbi come la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. È possibile, grazie ad una didattica metacognitivamente orientata, individuare eventuali criticità e farsene carico anche a scopo preventivo fin dalla scuola dell’infanzia (Terreni e al., 2012; Savelli, Franceschi, Fioravanti, 2013; Cornoldi, Zaccaria, 2015).

L’approccio metacognitivo si propone di sviluppare nel soggetto la consapevolezza di quello che sta facendo, del perché lo fa, di quando è opportuno farlo e in quali condizioni. Tali processi possono essere attivati dall’insegnante della scuola dell’infanzia utilizzando quanto le Indicazioni nazionali per il curricolo prevedono circa lo sviluppo olistico e la maturazione globale degli alunni.

Lavorare metacognitivamente nella scuola dell’infanzia

Borkowski e Muthukrishna (Borkowski e Muthukrishna,1992) hanno identificato le principali caratteristiche dello studente metacognitivamente maturo nel possesso di un vasto repertorio di strategie, nella conoscenza e consapevolezza dello sforzo che la messa in atto di tali strategie richiede, nella scelta di quelle più adatte a seconda delle situazioni di problem solving da affrontare e nella capacità di pianificare il proprio comportamento, decidendo cosa debba essere fatto prima e cosa dopo una determinata azione.

Lo studente metacognitivamente maturo controlla le proprie prestazioni e capisce quando una strategia va cambiata o modificata; ha un sistema motivazionale positivo, perché ha già sperimentato un buon sostegno all’apprendimento quotidiano da parte dei genitori, della scuola e della comunità di appartenenza.

Incoraggiare e valutare la prestazione anche in riferimento all’impegno profuso, sostenere il bambino che si cimenta con una sfida sono, dunque, azioni che predispongono a divenire metacognitivamente maturi. Esiste inoltre una serie di accorgimenti didattici e di tecniche che, mediate dalle stesse attività tipiche della scuola dell’infanzia, creano una sorta di habitus mentale a pensare metacognitivamente.

Il primo accorgimento consiste nel concepire l’apprendimento come un processo di costruzione della conoscenza. Poiché l’apprendimento nasce dal bisogno di dare senso alle proprie esperienze, i bambini apprendono quando sono coinvolti in uno sforzo personale di ricerca del significato di ciò che vivono con l’esperienza.

L’apprendimento è un processo attivo, costruttivo, cumulativo e diretto verso un obiettivo (Shuell, 1988); chi apprende compie certe operazioni mentali mentre elabora le informazioni in arrivo al fine di apprendere il materiale in modo significativo. L’obiettivo dell’apprendimento deve sempre essere presente, perché il discente si sente motivato ad apprendere, con buone possibilità di successo, solo se è consapevole dello scopo per cui si impegna nel processo di conoscenza (Shuell, 1988).

L’insegnante dovrebbe organizzare l’ambiente di apprendimento in modo che il bambino possa muoversi, cercare, sperimentare e, crescendo, divenire più capace di controllo e di pianificazione dei propri comportamenti. Ciascuna di queste attività può divenire oggetto di riflessione per rendere il piccolo gradatamente consapevole di ciò che fa, di come lo fa, del perché lo fa, di quando è opportuno farlo e in quali condizioni; in sintesi si potrebbe affermare che la corretta realizzazione delle attività didattiche quotidiane conduce a sviluppare atteggiamenti metacognitivi.

Una tecnica particolarmente adatta a questo fine è quella del debriefing (Lederman, 1992) o dopogioco (Romano, 2002), che si sviluppa in tre fasi: descrizione dell’attività, analisi approfondita e applicazione, praticate attraverso domande-stimolo formulate dall’insegnante con lo scopo di guidare una riflessione sull’esperienza cogliendone gli aspetti metacognitivi e metaemozionali.

Un secondo livello di approfondimento consente di sviluppare la consapevolezza delle emozioni provate durante l’esperienza e un’ultima fase incoraggia un possibile transfert di quanto si è appreso, per una futura esperienza simile a quella esaminata.

Le abilità richieste nel debriefing possono rientrare nelle macro-categorie delle conoscenze e dei processi metacognitivi.

È anche possibile promuovere la consapevolezza di come ragioniamo, di come usiamo il pensiero e di come possiamo programmare azioni con l’uso della fiaba. Il pensiero narrativo utilizza una serie di processi cognitivi e prepara quelli di previsione, inferenza e pianificazione che si tradurranno più avanti in specifiche competenze metacognitive. Non si tratta di inventare nuove azioni didattiche, ma di utilizzare la didassi in funzione di come si sviluppano conoscenze e processi metacognitivi.

Analogamente, nelle attività legate all’esplorazione dell’ambiente, alla manipolazione di quantità e alla operatività matematica, è possibile sollecitare la consapevolezza delle strategie utilizzate, guidare a riconoscere quelle più funzionali allo scopo che ci si è proposto, riprovare la strategia se questa non è stata ben applicata, cercando di capire il perché.

È interessante notare, in proposito, le esperienze di Child Initiated Learning. Dopo l’osservazione compiuta dall’insegnante i bambini sono stimolati a fornire motivazioni sulla scelta dell’attività svolta, oppure spiegazioni di come sia stata svolta. Dalle risposte dei bambini nascono ulteriori domande che li aiutano a essere sempre più consapevoli di ciò che stanno facendo.

Questa fase precede l’attività di progettazione del percorso curricolare e si iscrive nel quadro dell’esercizio di attività metacognitive per i bambini. Consente, inoltre, l’impostazione di una didattica centrata sugli atteggiamenti di scoperta e di meraviglia, propri dei bambini della scuola dell’infanzia e prodromi di qualsiasi atteggiamento metacognitivo (Lindon, 2012; Aitken et al. 2015).

La scuola dell’infanzia è l’ambiente più adatto per iniziare alla consapevolezza di come pensiamo, di come agiamo, di come pianifichiamo; quindi si può sostenere l’ipotesi che il profilo dell’allievo «metacognitivamente maturo» si inizi a delineare fin dall’età pre-scolastica. Sarebbe auspicabile, al riguardo, un vero programma di avviamento alla metacognizione realizzata utilizzando le normali attività didattiche e di gioco.

In un’esperienza limitata a un campione di quaranta bambini, appartenenti a due scuole dell’infanzia di Roma[1], è stato applicato e adattato il percorso previsto da Friso, Palladino e Cornoldi (Friso, Palladino, Cornoldi, 2006) per la scuola primaria, prevedendo le stesse fasi di intervento: riflettere sulla mente; la mente in azione; controllare la mente; credere nella mente. Le attività proposte – soprattutto giochi psicomotori e di orientamento spazio-temporale, giochi di memoria, linguistici per le abilità fonologiche e metafonologiche e giochi matematici– sono state variate per rispondere alle caratteristiche dei bambini di quattro e cinque anni.

La sperimentazione attuata è ancora in fase di applicazione e necessita di un ampliamento del campione, ma i primi risultati, al termine di un anno scolastico, incoraggiano l’ipotesi che un approccio metacognitivo precoce possa favorire uno sviluppo più consapevole delle proprie capacità cognitive e possa accrescere una positiva immagine di sé come alunno che apprende, aumentando il livello di autoefficacia e di motivazione al lavoro scolastico. Questi elementi risultano essere anche i migliori pre-requisiti per i futuri apprendimenti disciplinari della scuola primaria e per uno sviluppo completo della personalità infantile.

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[1] Le sezioni di scuola dell’infanzia alle quali ci si riferisce fanno parte dell’Istituto comprensivo «Vibio mariano» di Roma- plesso di via al Sesto Miglio e dell’Istituto comprensivo «D.R. Chiodi» Roma.

 




Autore per la corrispondenza

Nicoletta Rosati
Indirizzo e-mail:
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ISSN 2421-2946. Pedagogia PIU' didattica.
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