Annamaria Palmieri, Maestri di scuola, maestri di pensiero (Aracne, Ariccia-RM, 2015)
Annamaria Palmieri, Teachers of school, masters of thought
Paola Massaro
Tutor Supervisore di Tirocinio, Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Urbino
Ogni libro come ogni persona si presenta attraverso il proprio “nome”, il proprio titolo, mettendoci nella disposizione d’animo dell’attesa e della curiosità. Questo libro, va detto subito, mantiene le aspettative e le domande che solleva. Siamo davanti a una scrittura densa, ma agevole, dove i riferimenti bibliografici sono ricchi e puntuali; la cornice storica in cui collocare le tre figure di maestri, scrittori, intellettuali è ricostruita con accuratezza.
La storia di tre autori, educatori, pensatori, ma l’ordine di queste definizioni può essere modificato, dentro il tempo della scuola popolare e pubblica diventa la linea-guida lungo cui la trattazione si sviluppa, fra due poli solo in apparenza lontani: un luogo fisico di esperienze, la scuola, e uno spazio di identità e libertà, il pensiero. In mezzo un medium che assume per Pasolini, Sciascia e Mastronardi una straordinaria potenza: la scrittura.
Da questo riferimento radicato in singoli corpi e vite, l’autrice – in un’efficace alternanza tra dimensione personale e sociale – ci porta dentro intrecci tematici, che identificano per ciascuno degli autori il rapporto con sé, con la propria storia biografica e con la società e il mondo, ma apre, nello stesso tempo, questioni culturali e politiche ampie, che ancora ci riguardano.
Attorno a Pasolini, Sciascia e Mastronardi, l’autrice ricompone i legami sociali e personali, nominando altre figure significative fra i maestri – Dewey, Don Milani, Rodari, Bernardini – e fra gli scrittori – Calvino, Vittorini –, senza dimenticare di mettere in luce gli scambi che fra i tre sono intercorsi, in vario modo.
Le note critiche sulla scrittura e le opere letterarie sono interessanti, derivate dalla triangolazione fra narratore/autore, maestro, personaggio. Attenzione e cura vengono poste nel definire la cifra stilistica e la ricerca della scrittura di ciascuno. Le opere di Pasolini, Sciascia e Mastronardi vengono rilette e riproposte per evidenziarne i tratti narrativo-espressivi e per meglio accedere alle loro tematizzazioni, tenendo insieme la forma e il contenuto. Siamo, infatti, di fronte a tre autori che hanno rinnovato la narrativa e la saggistica italiane.
Ci vengono proposte storie biografiche emblematiche, tre testimonianze eccellenti, che aprono su specifici spaccati sociali e diventano il filtro attraverso cui interpretare il presente vissuto e la storia italiana in rapporto all’educazione
La scuola è un’altra protagonista di questo libro, di cui si parla senza appiattire l’intensità della vita che vi si svolge, proprio grazie “all’ingresso” prescelto: le esperienze e le riflessioni critiche di questi tre scrittori/maestri che in aula hanno vissuto. Il libro ricostruisce una parte importante della storia della nostra Scuola, a partire dal loro sguardo critico. La loro “lezione” torna presso di noi con irruenza e forza, mostrandosi attuale.
Viene indagato quanto l’esperienza reale vissuta a contatto con bambini e bambine segni i nostri autori, come li abbia coinvolti così tanto intensamente, seppure diversamente, da voler/dover scappare da questa realtà.
Pasolini con coraggio provoca, invocando l’esigenza da parte dei maestri di essere difficili, di saper incuriosire e turbare, di essere mezzo d’amore, andando oltre le attese e l’orizzonte dello stesso allievo; è necessario l’esercizio di un’autorità consapevole e clemente. Va consegnato ai ragazzi tutto quello che come insegnanti siamo, tutto quello che abbiamo, allontanandoli dal conformismo, facendoli innamorare delle parole, sollecitando la loro coscienza linguistica, creando in loro una passione autosufficiente. Ne deriva il connubio tra poesia e pedagogia da indagare e praticare.
Sciascia porta l’affondo contro la scuola gerarchica e burocratica, che non riconosce e dunque non risponde in alcun modo ai bisogni reali dei suoi destinatari: “educare è una cosa impossibile quando l’ambiente resiste, quando quei valori che l’opera educativa illumina non esistono nell’ambiente”. Dietro questa analisi dura c’è una domanda di fondo sempre attuale: la scuola deve essere specchio della vita o invece maestra di vita? Deve adattarsi al presente o prefigurare un futuro migliore?
Mastronardi appare come il maestro più irriducibile, a cui le sofferenze personali non hanno impedito di leggere lucidamente i cambiamenti sociali e culturali, generatori, ieri come oggi purtroppo, di omologazione, grettezza e consumismo. Sono mutazioni che si ripercuotono sulla scuola, frenando e soprattutto banalizzando ogni reale spinta innovativa. Sono ripresi, a dimostrazione di ciò, i passaggi de Il maestro di Vigevano, in cui i principi della pedagogia attiva sono ridotti a ridicole pantomime da un Direttore Didattico a dir poco ignorante. È una rilettura opportuna, in tempi in cui sono spuntate nuove “scorciatoie pedagogiche” per fare fronte ai problemi educativi dell’oggi (per minimi accenni: l’abbassamento significativo delle capacità di lettura e comprensione degli studenti, il diffuso disamore per la scuola e gli abbandoni scolastici, la caduta a picco del riconoscimento sociale della figura dell’insegnante…).
Per ciascun maestro/autore, e per ognuno in forma personale, ciò che va salvato è il rapporto con i bambini. Mastronardi, il sarcastico, “con i bambini ci sapeva fare” ed era premuroso; tutti e tre mostrano passione per gli ultimi, unita al fastidio, o peggio all’ostilità, verso l’istituzione scolastica.
Tale critica è condotta attraverso la figura del maestro considerato specchio della società e dei suoi problemi; “il maestro pare un personaggio collettivo, poiché è nella comunità che si gioca la sua funzione, ma è nello stesso tempo un personaggio solo” (citando dall’introduzione).
Quale sia lo scopo dell’educazione e dell’istruzione è la questione critica che ognuno dei tre autori mantiene viva lungo la propria esistenza; questo libro rappresenta un invito a proseguire questa ricerca rivolto a ciascuno di noi, insegnanti o meno.
Dalle pagine, il pensiero viene spinto a spostarsi all’oggi – e questo è un merito indiretto, ma di lievitazione del testo – alle nuove forme di burocratismo, di verbalismo, di conformismo in cui l’istituzione scolastica può affondare. Siamo sollecitati a ripensare la posizione della scuola oggi, a riconsiderare – nonostante tutto (imperversare dei nuovi media, fiorire di altre agenzie educative) – la forza dell’azione educativa, a come mantenere la sua centralità sociale, culturale, politica.
Abbiamo una storia istituzionale e culturale, nel libro ricostruita per passaggi dirompenti, che indica come meta, a maestri/maestre, la riconquista del diritto di parola, per non lasciare decidere ad altri. La scuola, e questo libro con i suoi maestri/autori ce lo ricorda bene, è un luogo che segna la vita dei singoli bambini e bambine, incide sul tessuto sociale. Gli sguardi critici di Pasolini, Sciascia e Mastronardi sottendono un’idea alta di educazione da non tradire e che ci può guidare; hanno saputo analizzare il loro presente e denunciarlo, guardando oltre, soprattutto mostrandoci che per l’oltre bisogna impegnarsi e rischiare.
Questa è l’eredità lasciataci da questi tre maestri di scuola e di pensiero, “incontentabili” e schierati, che il libro ha raccolto e rilancia a ognuno.
Autore per la corrispondenza
Paola Massaro
Indirizzo e-mail: paola.massaro@uniurb.it
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