Test Book

Scuola e società. Educare alla cittadinanza in Irlanda del Nord

School and society. Educate for citizenship in Northern Ireland

Raffaella Santi

Ricercatrice a tempo determinato Università di Urbino Dipartimento di Scienze dell’Uomo, via Bramante 17, Urbino



Verso una difficile riconciliazione: centralità della scuola[1]

Nella fase di transizione successiva al conflitto tra protestanti unionisti e cattolici nazionalisti, le cui vestigia ornano ancora i muri e le strade di Belfast, ravvivando giornalmente la memoria collettiva delle due comunità (Santi, 2009), la scuola si propone come agenzia di socializzazione di cruciale importanza, per portare a compimento il processo di riconciliazione e per consolidare la pace in Irlanda del Nord.

In questo particolare contesto, educare alla cittadinanza non significa solo puntare sull’apprendimento di quei valori, diritti e doveri che indirizzano al rispetto reciproco e a quello delle leggi e delle regole comuni, ma vuole dire anche portare i ragazzi ad accettare di dover condividere lo spazio sociale con coloro che sono considerati non solo “diversi”, ma anche “nemici” e non solo nemici, ma anche “nemici storici”.

Ciò ovviamente comporta degli sforzi ulteriori nella modulazione delle attività e nella gestione in classe delle cosiddette controversial issues (Smith, 2003), ma la percezione, da parte degli operatori del settore educativo e degli organi ministeriali, è che la scuola possa contribuire a un mutamento di atteggiamento (da ostile a tollerante a collaborativo) nella società nordirlandese. In effetti, c’è uno stretto legame tra educazione e coesione sociale e un «contributo al miglioramento del capitale sociale» può venire da «processi organici che spesso hanno le loro fondamenta nella scuola» (O’Connor, 2012, p. 44);[2] questo è riconosciuto anche a livello centrale: fra gli obiettivi strutturali fissati dal Dipartimento per l’Educazione (DENI) si riscontra anche quello di «migliorare l’ambiente di apprendimento (learning environment)», attraverso investimenti strategici e interventi mirati, affinché «l’ambiente sia portatore di opportunità di condivisione (sharing), per costruire una società più coesa» (Department of Education - Northern Ireland, 2013, pp. 3-4).

Nonostante il positivo incremento delle scuole miste, con la compresenza di alunni (e di docenti) protestanti e cattolici, è soprattutto alle scuole separate che si deve guardare se si vogliono ottenere dei risultati, visto che tali scuole sono frequentate dalla maggioranza dei ragazzi e delle ragazze (circa il 93%). Pertanto, alla riflessione sulle scuole miste (integrated schools) e all’efficacia delle strategie didattiche in esse adottate (si vedano McGlynn, 2009; Hansson, O’Connor Bones e McCord, 2013) si sta accostando, in maniera sempre più prevalente negli ultimi due anni, quella sull’«educazione condivisa» (shared education).

Questo cambiamento di indirizzo è il frutto di una precisa scelta politica (cfr. Nolan, 2014, pp. 117-121) mirante a mantenere intatto il sistema scolastico dualistico (protestanti/cattolici) che riproduce la divisione della società, incentivando però nello stesso tempo forme di contatto e di collaborazione (cfr. Vani e Knox, 2013).

L’educazione condivisa prevede contatti di vario tipo e attività in comune fra scuole (e fra scuole, istituzioni e organizzazioni sociali) cattoliche e protestanti. La scelta politica di sostenere progetti e iniziative che vanno più in tal senso che verso l’integrated education non soddisfa i sostenitori di quest’ultima e, in particolare, i dirigenti del Consiglio Nordirlandese per l’Educazione Integrata (cfr. NICIE, 2013, p. 3). Infatti, le recenti politiche non prevedono la riorganizzazione dell’intero settore educativo nordirlandese in base a una trasformazione sistematica delle scuole in integrated, come auspicato invece dal NICIE — anche se la nuova legge sull’istruzione, l’Education Bill, non è stata approvata dal Parlamento di Stormont, per l’incapacità dei maggiori partiti di trovare un accordo, con la conseguente mancata istituzione dell’ESA: Education and Skills Authority.

La nuova politica della shared education: caratteri e prospettive

A livello della ricerca pedagogico-didattica, la politica della shared education è supportata dal Centro per l’Educazione Condivisa attivato presso la Queen’s University di Belfast e diretto dalla professoressa Joanne Hughes. Il Centro progetta, coordina e valuta le iniziative del programma, lanciato nel 2007 (per una prima valutazione dei risultati si veda: Sharing Education Programme, 2012, passim),

Sviluppando l’ipotesi del contatto, elaborata in psicologia sociale, si pensa che facendo incontrare insegnanti di diverse scuole, protestanti e cattoliche, che collaborano a vari livelli (per la programmazione delle attività, per lo svolgimento delle lezioni, ecc.) e anche alunni, che apprendono attivamente insieme e partecipano a progetti in comune, si otterranno una diminuzione dei pregiudizi e una fruttuosa cooperazione, con ricadute positive sulla società nel suo complesso.

In un contesto caratterizzato non solo dalla divisione etnico-religiosa, ma anche (come accade in tutti gli altri contesti sociali stratificati) dalla disuguaglianza sociale, la shared education viene individuata come lo strumento più adeguato sia per migliorare i risultati scolastici degli alunni — grazie alla tipologia di attività, molte delle quali implicano un coinvolgimento personale e diretto — che per preparare questi ultimi «a svolgere un ruolo pienamente attivo nella costruzione e nel sostegno di una società aperta, inclusiva e sicura» (Hughes, 2013, p. 1).

Il valore aggiunto rispetto all’integrated education viene individuato nella possibilità che viene lasciata ai genitori di educare i figli nelle scuole che più rappresentano i valori delle rispettive comunità, secondo uno spirito di pluralismo democratico, ma senza rinunciare a momenti di incontro e di collaborazione con gli altri ragazzi; uno schema operativo, questo, che è percepito come valido in tutte le situazioni di divisione sociale (cfr. Blaylock e Hughes, 2013).

Nel rapporto recentemente stilato per volontà del Ministro dell’Istruzione — John O’Dowd, MLA — emerge chiaramente che «il Gruppo di Consulenza Ministeriale considera l’educazione condivisa non come un’altra iniziativa educativa, ma come il motore principale per rafforzare la qualità dell’educazione, attraverso l’incremento degli standard e dei risultati ottenibili per i bambini e per i giovani e tramite un approccio diretto nei confronti degli elementi di divisione, nell’ottica della promozione di una società rispettosa e inclusiva» (Connolly, Purvis e O’Grady, 2013, p. 111).

Tra i venti suggerimenti per il Ministro (elencati e discussi alle pp. 111-124), spicca la necessità di sviluppare una rete di collegamento che possa fornire supporto alle scuole e alle altre istituzioni educative, garantendo una consulenza diretta e permettendo la diffusione della buone pratiche sperimentate, per rendere possibile un dialogo proficuo e sistematico tra le scuole (e cioè attuare il principio di base dell’educazione condivisa). Inoltre, è rilevata l’esigenza di strutturare un adeguato processo formativo per i docenti, che fornisca corsi di qualità e produca materiali didattici adeguati e aggiornati con continuità.

Il programma Local and Global Citizenship nella scuola dell’obbligo

Il Gruppo di Consulenza Ministeriale indica anche la necessità di vigilare, tramite ispezioni ufficiali nelle scuole, sull’effettiva attuazione del programma Cittadinanza Locale e Globale (LGC), evidentemente considerato rilevante anche nella prospettiva della shared education (ibidem, p. 118).

La dimensione globale della cittadinanza nell’insegnamento-apprendimento scolastico si basa su otto concetti principali (cfr. Oxfam, 2006): valori e concezioni (aiutare i giovani a sviluppare prospettive multiple, sfidando preconcetti e stereotipi); diversità (comprendere le diversità e il rispetto nella società); giustizia sociale (comprendere le conseguenze della diseguaglianza e dell’ingiustizia sociale e il loro impatto sulla politica); risoluzione dei conflitti (sviluppare le abilità comunicative e di mediazione); diritti umani (comprendere e valorizzare la comune umanità tra tutti gli esseri umani); sviluppo sostenibile (capire che l’ambiente deve essere rispettato, che le risorse della terra sono limitate ed esistono connessioni tra la sfera economica e quella ambientale); cittadinanza globale (apprezzare il contesto globale dei problemi locali e nazionali); interdipendenza (recepire che persone, luoghi, economie e ambiente sono interconnessi e che scelte ed eventi locali possono avere ripercussioni su scala globale).

In Irlanda del Nord — come nelle altre società divise (cfr. Niens e Chastenay, 2008) e anche nelle normali società multietniche — la dimensione globale della cittadinanza può essere affrontata in tutti i suoi aspetti, anche in correlazione con quella locale, utilizzando le strategie didattiche suggerite dagli studiosi più sensibili al problema della crescita cognitiva e insieme sociale e morale degli alunni (come McGregor, 2007).

In un circolo virtuoso, l’educazione alla global citizenship può anche aiutare ad attivare quei meccanismi psicologici di «de-essenzializzazione» della figura del “nemico”, imprescindibili per la pacifica convivenza (cfr. Bekerman, Zembylas e McGlynn, 2009). Ciò ovviamente è possibile solo se gli insegnanti operano con consapevolezza e cognizione rispetto ai propri pregiudizi e alle proprie visioni personali; altrimenti c’è il rischio che la pur positiva esplorazione della cittadinanza globale risulti disconnessa rispetto alla dimensione locale, con il risultato negativo che non si promuovono i valori della pace e del rispetto a livello locale, mettendo a rischio il futuro del processo di pace (cfr. Niens, O’Connor e Smith, 2012).

Così, se «il Nuovo Programma Nordirlandese intende rafforzare nei giovani la capacità di esprimere tutto il proprio potenziale, nonché di prendere decisioni informate e responsabili nel corso della propria vita: come individui, come membri della società e in quanto contribuiscono al benessere economico e ambientale; allora, il ruolo del programma di educazione alla Cittadinanza Locale e Globale risulta centrale per la realizzazione della finalità e degli obiettivi del Nuovo Programma» (Northern Ireland Council for the Curriculum Examinations and Assessment, s.i.d., p. 4) e una sempre più specifica formazione degli insegnanti è dunque auspicabile.

La scuola dell’obbligo, in tutto il territorio nordirlandese e in ogni tipologia di scuola, va dai 4 ai 16 anni di età e si scandisce su un livello base (foundation stage: da 4 a 6 anni) e su quattro livelli successivi, ognuno denominato key stage: il primo da 6 a 8 anni; il secondo da 8 a 11 anni; il terzo da 11 a 14 anni e il quarto da 14 a 16 anni. A ognuno di questi livelli corrisponde una serie di conoscenze e di competenze che vanno obbligatoriamente apprese.

L’educazione alla cittadinanza è prevista come tale solo negli ultimi due livelli, anche se alcuni suoi aspetti sono inclusi nell’area curricolare «Sviluppo personale e reciproca Comprensione», appartenente ai primi due livelli chiave, in cui si stimolano i ragazzi più piccoli verso una crescita sociale e affettiva, per renderli capaci di divenire cittadini responsabili, in grado di prendere decisioni ponderate in modo autonomo. Nei key stages 3 e 4 è invece prevista una specifica area di apprendimento chiamata «Apprendere per la Vita e per il Lavoro» e, all’interno di questa, una sottoarea denominata appunto «Cittadinanza Locale e Globale», che prevede una serie di attività da svolgersi all’interno dei programmi delle varie discipline, per raggiungere gli obiettivi indicati negli statutory requirements (si veda Northern Ireland Curriculum, 2014).

Il programma LGC esige che gli alunni, con la guida di insegnanti motivati e preparati, interroghino in modo attivo i temi e i problemi collegati al concetto di Cittadinanza, adottando un inquiry-based approach in classe e lavorando su veri e propri action projects, che implicano uscite dalla scuola, per raccogliere interviste e somministrare questionari, per svolgere indagini e ricerche si piazza o di archivio, da documentare in elaborati scritti, CD Rom, pagine web, produzioni fotografiche e visuali e così via. In questo modo, gli alunni non solo acquisiscono altre conoscenze e maturano ulteriori competenze, anche socio-relazionali, ma svolgono anche essi stessi un ruolo attivo nella società, coinvolgendo altri attori sociali e divenendo così, nella migliore delle ipotesi, portatori di cambiamento (ad esempio, un ragazzo protestante che intervista dei cattolici può produrre in questi una diminuzione del pregiudizio verso la comunità protestante e viceversa).

Il compito degli insegnanti è quello di individuare e selezionare i temi più appropriati e di proporre attività che permettano di indagarli a fondo e in maniera critica, in ambiente scolastico ed extrascolastico. Per sviluppare negli alunni autonomia e capacità di autovalutazione, si incoraggia anche la produzione di un diario di bordo che registri le attività svolte e di una sintesi finale dei risultati ottenuti, in formato scritto e/o visuale, possibilmente da mostrare all’esterno per coinvolgere altri settori della società (famiglie, gruppi, ecc.).

Gli statutory requirements sui quali lavorare sono racchiusi in quattro «concetti chiave», modulati come segue (cfr. UNESCO Centre - School of Education, 2014, p. 19):

  1. Diversità e inclusione. Concedere ai ragazzi l’opportunità di investigare: «i fattori che influenzano l’identità, individuale e di gruppo»; «le modalità con cui individui e gruppi esprimono la loro identità»; «le cause e i modi in cui il conflitto (compresi pregiudizi e stereotipi, settarismi e razzismi) può nascere nella comunità»; «le modalità di gestione dei conflitti e la promozione delle relazioni all’interno della comunità, fino alla riconciliazione» – quest’ultimo punto può essere particolarmente interessante, perché coinvolge la codificazione critica del processo inclusivo all’interno della stessa scuola.

  2. Diritti umani e responsabilità sociale. Offrire l’opportunità di investigare: «l’importanza del rispetto dei diritti umani nella società contemporanea»; «i princìpi fondamentali» e le Carte che li raccolgono a livello giuridico; «perché alcuni diritti vanno limitati e bilanciati nella società»; «scenari locali e globali» in cui sono o non sono applicati i diritti umani; «i princìpi della responsabilità sociale».

  3. Uguaglianza e giustizia sociale. Scoprire: «come si originano le disuguaglianze nella società»; «in che modo individui e gruppi subiscono la disuguaglianza e l’esclusione sociale, a livello locale e globale»; «il lavoro di promozione dell’uguaglianza e della giustizia sociale svolto da organizzazioni, governative, intergovernative e non governative».

  4. Democrazia e partecipazione attiva. Conoscere e valutare: «le caratteristiche fondamentali della democrazia»; «le varie modalità di partecipazione attiva, nella scuola e nella società»; «perché c’è bisogno di regole e di leggi; come vengono rispettate e perché il non rispettarle ha conseguenze sulla comunità»; «una particolare tematica, considerata da diversi punti di vista, suggerendo azioni da intraprendere per migliorare e risolvere la situazione».

I risultati dell’apprendimento, rispetto ai suddetti temi, sono indicati nel modo seguente: «essere capaci di fare ricerca e di gestire le informazioni in modo efficace»; «dimostrare una comprensione profonda, attraverso un pensiero critico e flessibile, esplorando problemi e prendendo decisioni con cognizione»; «dimostrare creatività e iniziativa nello sviluppare idee e nel perseguirle»; «lavorare efficacemente con gli altri»; «mostrare controllo di se stessi, lavorando in modo sistematico e con determinazione rispetto al compito, autovalutandosi e sapendo migliorare la propria performance»; «comunicare in modo efficace in forma orale, visuale e scritta, in forma matematica o usando le TIC, mostrando una chiara consapevolezza dell’audience a cui ci si rivolge e dei degli scopi per cui lo si fa» (ibidem).

Tutto ciò facilita il processo di reciproca condivisione, poiché è proprio dalla conoscenza/analisi delle differenze (spesso non sostanziali, ma piuttosto inquadrabili come forma di retaggio storico) che può scaturire la consapevolezza di ciò che è simile o uguale; infatti, la metodica avvicina le persone e amplifica la possibilità di condivisione.

In conclusione, dato l’enorme potenziale irenico e di coesione sociale che trattiene in sé, occorre ribadire l’importanza per l’Irlanda del Nord (e non solo) della Citizenship education, che deve imporsi come priorità sia nella prospettiva dell’educazione «integrata» che in quella dell’educazione «condivisa».

Bibliografia 

Bekerman Z., Zembylas M. e McGlynn C. (2009), Working toward the de-essentialization of identity categories in conflict and post-conflict societies: Israel, Cyprus, and Northern Ireland, «Comparative Education Review», vol. 53, n. 2, pp. 213-234.

Blaylock D. e Hughes J. (2013), Shared education initiatives in Northern Ireland: A model for effective intergroup contact in divided jurisdictions, «Studies in Ethnicity and Nationalism», vol. 13, n. 3, pp. 477-487.

Connolly P., Purvis D. e O’Grady P.J. (2013), Advancing Shared Education, Belfast, Queen’s University.

Department of Education - Northern Ireland (2013), Review of Corporate Plan for Education 2012-2015 and Department of Education 2013-2014 Annual Business Plan, DENI, Bangor.

Hansson U., O’Connor Bones U. e McCord J. (2013), Integrated education: A review of policy and research evidence 1999-2012, Belfast, Integrated Education Fund.

Hughes J. (2013), Contact and context: Sharing education and building relationship in a divided society, «Research Papers in Education», pp. 1-18.

McGlynn C. (2009), Negotiating cultural difference in divided societies: An analysis of approaches to integrated education in Northern Ireland. In C. McGlynn, M. Zembylas, Z. Bekerman e T. Gallagher (a cura di), Peace education in conflict and post-conflict societies: Comparative perspectives, Palgrave MacMillan, Basingstoke-New York, pp. 9-25.

McGregor D. (2007), Developing thinking, developing learning: A guide to thinking skills in education, Open University Press, Maidenhead.

Niens U. e Chastenay M.H. (2008), Education for peace? Citizenship education in Quebec and Northern Ireland, «Comparative Education Review», vol. 52, n. 4, pp. 519-540.

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Nolan P. (2014), Northern Ireland Peace Monitoring Report. Number Three, Belfast, Community Relations Council.

Northern Ireland Council for Integrated Education (2013), Me, We, Our World, NICIE, Belfast.

Northern Ireland Council for the Curriculum Examinations and Assessment (s.i.d.), Local and Global Citizenship. Guidance for Key Stage 4, Belfast, NICCEA.

Northern Ireland Curriculum (2014), www.nicurriculum.org.uk.

O’Connor U. (2012), Schools together: Enhancing the citizenship curriculum through a non formal education programme, «Journal of Peace Education», vol. 9, n. 1, pp. 31-48.

Oxfam (2006), Education for global citizenship: A guide for schools, Oxfam GB, Oxford.

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Sharing Education Programme (2012), Sharing Education Learning Forum Conference 2012 - Supporting the Programme for Government Commitments on Shared Education, SEP, Enniskillen-Antrim-Belfast.

Smith A. (2003), Citizenship education in Northern Ireland: Beyond national identity?, «Cambridge Journal of Education», vol. 33, n. 1, pp. 15-31.

UNESCO Centre - School of Education (2014), Evaluation of the Pilot Introduction of Education for Local and Global Citizenship into the revised Northern Ireland Curriculum, University of Ulster, Coleraine.

Vani B e Knox C. (2013), The Contribution of Shared Education to Catholic-protestant reconciliation in Northern Ireland: A third way?, «Educational Research Journal», vol. 39, n. 5, pp. 925-946.

 

 

[1] Si presentano sinteticamente i risultati della ricerca, svolta in parte in Irlanda del Nord, nell’ambito del progetto «Socializzazione, identità, educazione nelle società europee divise da conflitti etnico-politici» (secondo triennio-prima fase), Università di Urbino, DIPSUM. Tutor: Dott.ssa Emanuela Susca.

Per una sintesi dei risultati del primo triennio di ricerca si veda: R. Santi, Pluralismo, inclusione, educazione alla pace in Irlanda del Nord, «Pedagogia + didattica», gennaio 2013, pp. 27-32.

[2] Per non appesantire il testo, si è preferito tradurre le citazioni in italiano.




Sommario

L’articolo indaga gli sviluppi più recenti del settore dell’Educazione nella società divisa nordirlandese, evidenziando la nuova tendenza politica mirante all’«educazione condivisa», che sta sostituendo la visione dell’«educazione integrata» (scuole miste, con protestanti e cattolici). Viene anche considerato il programma per la «Cittadinanza Locale e Globale» nella scuola dell’obbligo, sottolineando il suo potenziale per la costruzione della pace e del mutamento sociale.

Parole chiave: Scuola, educazione, cittadinanza.



Abstract

The article explores the most recent developments in Northern Irish divided society’s sector of Education, highlighting the new political trend towards «shared education», which is supplanting the view of «integrated education» (mixed schools with protestant and catholic pupils). It also considers the programme for «Local and Global Citizenship» in compulsory education, and its potential for the construction of peace and social change.

Key words: School, Education , Citizenship.




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