Test Book

Il museo d’arte e i bambini Primi passi per una ricerca sull’educazione estetica e sugli sviluppi della didattica dell’arte in Italia

Art museums and children. First steps for a research on the aesthetic education

Laura Detti

Dottoranda di ricerca Libera Università di Bolzano Facoltà di Scienze della Formazione Viale Ratisbona, 16 39042 Bressanone (BZ)



Introduzione

Il tema “arte e bambini” tiene occupati da qualche tempo ricercatori e educatori. Per parlare del rapporto tra arte e bambini è sicuramente necessario reinserire il tema nella concezione più generale di “educazione estetica”, così com’è stata formulata in ambito filosofico. Come sostiene Marco Dallari, esperto di arte e educazione, ciò di cui si ha urgentemente bisogno oggi — momento storico e culturale in cui siamo tutti soggetti a una sovraesposizione di stimoli, soprattutto visivi — è la ricerca e la costruzione di strumenti che diano a bambini e giovani la possibilità di orientarsi e di muoversi con consapevolezza nell’esperienza (Dallari, 2005, pp. 21-22).

L’incontro e il rapporto con l’arte rappresenterebbero, secondo Dallari e altri studiosi, l’opportunità per costruire tali strumenti. L’arte potrebbe cioè essere “presa in prestito” per intraprendere un percorso di educazione estetica, intesa ad ampio raggio, che faccia riferimento e riprenda il concetto originario di estetica così com’è stata ripensata a partire dal Settecento da pensatori come Baumgarten, Burke, Batteux, Kant, ecc. Ritornando al significato originario di estetica, infatti, si considererebbe l’arte non come un ambito relegato a un mondo a parte, “museale”, distaccato dall’esperienza in genere, ma come un ambito che se “abitato” e vissuto dà la possibilità, diciamo così, di “educare i sensi” e di fornire strumenti per la conoscenza.[1]

Inoltre, gli studi sul cervello condotti dalle neuroscienze negli ultimi cinquant’anni (le neuroscienze hanno recentemente raggiunto grandi risultati nella conoscenza del cervello) confermano l’importanza delle esperienze dei primi anni di vita nella formazione delle nostre capacità di apprendimento e di orientamento nell’esperienza. «Lo sviluppo del cervello è in gran parte un processo che dipende, oltre che da un programma genetico, dall’esperienza, in termini sia positivi sia negativi. L’educazione ha quindi il compito di “dare forma” al cervello», ci dice Alberto Oliverio, nel suo ultimo volume Neuropedagogia. Cervello, esperienza, apprendimento (Oliverio, 2015). È importante attivare l’educazione all’arte, soprattutto alla musica, si evince leggendo il testo di Oliverio, sin dai primi anni di vita, perché solo gettando le basi nell’infanzia potremo avere individui capaci di vivere diversi linguaggi espressivi.

Abbiamo deciso di indagare la questione del rapporto tra arte e infanzia all’interno di un ambito particolare, quello dei musei d’arte italiani. La pedagogia dell’arte in ambito museale è legata al concetto e alla pratica più generale di “didattica museale”. Brevemente, il tema “educazione e museo” comincia a essere dibattuto a livello internazionale negli anni Cinquanta in seguito al diffondersi di «una nuova sensibilità volta a promuovere la conoscenza dei musei presso il grande pubblico» (Cataldo e Paraventi, 2007, p. 205). Tra Europa e America si svolgono nel secondo dopoguerra una serie di incontri e convegni organizzati dall’ICOM (International Council of Museums) e dall’UNESCO sul ruolo educativo del museo. Il dibattito coinvolge anche l’Italia, anche se un po’ in ritardo rispetto agli altri Paesi (ritardo che si registra ancora oggi, nonostante negli ultimi anni le esperienze nel nostro Paese si siano moltiplicate e arricchite). Le prime sperimentazioni in Italia vengono svolte presso musei come la Pinacoteca di Brera, la Galleria nazionale d’arte moderna e la Galleria Borghese di Roma, la Galleria degli Uffizi di Firenze.

Un anno importante per la didattica museale in Italia è il 1971, quando si svolge il convegno “Il museo come esperienza sociale”, in cui «si studiano i mezzi più adatti per avvicinare il museo al pubblico a fronte della profonda trasformazione delle strutture sociali e della massificazione della cultura» (Cataldo e Paraventi, 2007, p. 206). Inoltre, nel 1974, dal momento in cui viene istituito il Ministero per i beni culturali e ambientali, in pochi anni vengono realizzate sezione didattiche in molti importanti musei italiani.

In questo modo il museo si apre al territorio, si ragiona sulla necessità di rendere il museo uno spazio aperto capace di rappresentare un luogo vivo, da vivere, e non un semplice archivio di oggetti, luogo di conservazione. Da allora, il pubblico è divenuto uno degli aspetti centrali nella programmazione e nell’organizzazione degli spazi museali. La centralità del pubblico è andata di pari passi con la differenziazione delle attività secondo la tipologia di utenza: il museo si rivolge a diversi tipi di pubblico, dagli adulti ai bambini, dagli esperti (ricercatori, insegnanti) alle persone diversamente abili. Anche se tutt’oggi l’infanzia — il pubblico delle scuole e in anni più recenti il pubblico delle famiglie — rimane uno dei pubblici privilegiati.

Coinvolti in questo processo sono i Dipartimenti Educazione dei musei che hanno messo a punto via via negli anni strategie di comunicazione, mediazione e formazione sempre più affinate, accogliendo anche i nuovi esiti della ricerca in ambito pedagogico. Ad esempio, da qualche anno i Servizi Educativi accolgono le riflessioni pedagogiche sul lifelong learning, dell’apprendimento durante e per tutta la vita.

Bambini al museo 

La pedagogia dell’arte nell’ambito dei musei italiani si sviluppa all’interno di questa cornice. Nel nostro Paese sono ormai molti i musei d’arte che posseggono un Dipartimento Educazione. Dalle origini (le prime esperienze ricordate alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, agli Uffizi di Firenze, alla Pinacoteca di Brera), si è assistito negli anni a una grande crescita e a un grande sviluppo delle attività educative sull’arte rivolte al pubblico. Oggi i principali musei d’arte italiani posseggono un Dipartimento Educazione che programma un intenso calendario di iniziative didattiche. Ecco alcuni esempi:[2] MAMbo di Bologna, Mart di Rovereto, Castello di Rivoli, Palazzo delle Esposizioni e Scuderie del Quirinale di Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, Museion di Bolzano, MADRE di Napoli, MAXXI di Roma, Museo d’arte per bambini di Siena, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. Alcune di queste realtà si confrontano ormai da tempo con il panorama delle esperienze educative di grandi musei d’arte europei, punti di riferimento nel settore: dal Centre Pompidou di Parigi alla Tate Modern di Londra, al Guggenheim Museum di Bilbao (solo per citarne alcuni).

I Dipartimenti Educativi dei musei italiani citati programmano attività per diversi tipi di pubblico, iniziative di formazione (conferenze, workshop, incontri con artisti) per gli insegnanti e altre categorie professionali, svolgono attività di ricerca sul tema della pedagogia dell’arte. Come abbiamo già sottolineato, i bambini continuano a essere un pubblico privilegiato per i servizi educativi dei musei. Ogni anno vengono programmate molte e variegate attività per il pubblico delle scuole (dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di primo grado) e per il pubblico delle famiglie, si organizzano centri estivi nei mesi di chiusura della scuola, si dà la possibilità di organizzare feste di compleanno all’interno degli spazi del museo.

L’obiettivo della presente riflessione è di comprendere in che direzione si sta sviluppando la didattica dell’arte per l’infanzia nei musei e quali sono attualmente le linee educative e le strategie per l’avvicinamento dei bambini all’arte messe a punto all’interno degli spazi espositivi italiani. Da una prima indagine[3] emerge che le pratiche portate avanti dai diversi Servizi Educativi dei musei sono molto diverse tra loro, e ciò vale anche per i musei appartenenti alla stessa città o regione. Le motivazioni sono di diversa natura: la struttura generale dei musei (alcuni posseggono una collezione permanente, altri ospitano solo esposizioni temporanee, altri ancora hanno una struttura mista tra collezione permanente e mostre temporanee); il territorio in cui nascono e operano, le strutture amministrative e di gestione a cui appartengono gli spazi. Questo aspetto da una parte rende difficile fare un discorso generale sulle esperienze di didattica dell’arte nel nostro territorio, dall’altra fornisce una ricchezza di proposte interessante.

Nonostante la diversità esistono comunque degli elementi comuni tra le attività educative per i bambini proposte dai diversi musei. Innanzitutto la presenza del laboratorio. Il laboratorio è presente in tutti i musei finora considerati. L’offerta in questo campo è molto ricca. La maggior parte dei Servizi Educativi organizza laboratori legati alla visita della mostra temporanea ospitata in quel momento dal museo o alla visita di una parte della collezione permanente. Solo qualche museo offre attività che non hanno a che vedere con la visita di opere esposte. Si tratta di laboratori che riguardano tecniche artistiche per la realizzazione di opere d’arte.

Un aspetto importante è che sempre di più oggi, a differenza del passato, i laboratori vengono svolti all’interno delle sale del museo. Il laboratorio non è quindi considerato un luogo fisico, distaccato dalle sale del museo e dalle opere. Il workshop sono le attività stesse, “il fare” che spesso va a coincidere con la visita delle opere nelle sale del museo.

La visita animata è l’altro aspetto che accomuna le attività dei diversi Servizi Educativi.  La gran parte dei Servizi Educativi dei musei ha abbandonato, soprattutto per quanto riguarda il pubblico dei bambini, la visita guidata classica e ha messo a punto nuove tecniche di veicolazione e presentazione delle opere d’arte. In genere, oggi gli operatori museali accompagnano i gruppi di bambini alla visita di una parte (vengono selezionate in genere solo alcune opere) delle collezioni permanenti o delle mostre temporanee e durante la visita per presentare l’artista e le opere utilizzano diverse tecniche: la narrazione, la drammaturgia, la musica, il gioco, la manipolazione (vengono coinvolti i bambini in attività di disegno, ritaglio e uso di diversi materiali da manipolare). Quindi spesso il laboratorio si svolge contemporaneamente alla visita animata, tra le sale del museo. Questo aspetto di innovazione è interessante e conferma la nuova veste del museo come spazio sociale, aperto ai differenti tipi di pubblico.

La presenza del laboratorio e l’elemento del “fare” che accomunano le attività educative dei diversi musei d’arte ci rimandano a un riferimento importante della didattica dell’arte in Italia: Bruno Munari. A Milano nel 1977 presso la Pinacoteca di Brera Bruno Munari presenta il suo primo laboratorio in ambito museale. Riceve quell’anno infatti l’incarico di progettare uno spazio per bambini nel museo. Presentando il laboratorio dirà: «Ciò che distingue questo laboratorio da tutti gli altri laboratori esistenti in altri musei d'arte nelle grandi città del mondo è il metodo. In molti musei di vari Paesi esistono dei parcheggi per bambini, dove i genitori che visitano il museo possono lasciare i figli a giocare con i pennelli e i colori a tempera: qualche volta anche con la creta e con le carte colorate. I bambini sono lasciati liberi, come si dice, di fare quello che vogliono avendo di fronte alcune riproduzioni a colori delle opere esposte nel museo» (Munari, 1981, p. 4). Il laboratorio pensato da Munari era uno spazio in cui i bambini potevano essere guidati al fare, a scoprire l’opera attraverso giochi che rimandavano alle tecniche e agli strumenti usati dagli artisti. «Noi crediamo […] che sia necessario — scrive Munari[4] —  anche insegnare, sotto forma di gioco, quegli elementi formatori del linguaggio visivo, senza i quali la comunicazione è balbettata e non arriva a chi la dovrebbe ricevere». Nei laboratori di Munari si impara “giocando” e “facendo”, e ciò permette di conoscere le caratteristiche di un’opera d’arte, i materiali e gli strumenti usati. Ovvero conoscere l’arte attraverso tutti i sensi, e l’attività in cui i bambini utilizzano tutti i sensi è il gioco. Il ruolo dell’adulto, dell’operatore, sosteneva l’artista, è di “far vedere come si fa” e non cosa fare. Al laboratorio di Brera seguirono molte altre esperienze: nel 1979 il laboratorio a Faenza presso il Museo Internazionale delle ceramiche, sempre nel 1979 i Laboratori Tattili a Palazzo Reale a Milano, nel 1988 “Giocare con la natura” al Museo di Storia Naturale a Milano, nel 1992 il Lab-Lib al Museo Pecci di Prato...

Bruno Munari[5] è ancora un riferimento importante per chi si occupa di educazione all’interno dei musei, lo sostengono espressamente molti dei responsabili dei Dipartimenti Educazione. Ciò che si vorrebbe tentare di comprendere, anche se come dicevamo siamo ancora all’inizio della ricerca, è cosa è successo “dopo Munari”, quali sono gli elementi d’innovazione introdotti negli ultimi anni nella programmazione educativa dei musei rispetto al tema dell’arte.

Analisi di tre casi

Cominciamo la nostra indagine presentando il caso e le attività educative di tre musei italiani: il Museo d’arte per bambini di Siena, il Palazzo delle Esposizioni di Roma e il Mart di Rovereto. Le informazioni che riportiamo di seguito sono state recuperate tra settembre 2014 e febbraio 2015 attraverso interviste ai responsabili dei Dipartimenti Educativi dei musei, osservazione delle viste animate e dei laboratori per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, analisi dei materiali informativi e didattici e dei report annuali prodotti dai Servizi Educativi, visita e analisi degli spazi dei Dipartimenti.

Museo d’arte per bambini (Siena)

Il Museo d’arte per bambini di Siena rappresenta in Italia l’unico caso di museo d’arte rivolto all’infanzia. Il progetto nasce nel 1998. Inizialmente il museo non ha una sede fissa, in seguito riesce a ottenere uno spazio dedicato. Attualmente risiede nel complesso museale di Santa Maria della Scala (importante museo senese), in cui si è trasferito nel 2007. All’interno del complesso il museo possiede uno spazio autonomo, la Sala San Leopoldo del complesso e altri spazi attigui. La particolarità di questo museo è rappresentata dal fatto che è l’unico in Italia a possedere una collezione permanente autonoma e a portare avanti il progetto di museo d’arte nato per il pubblico dell’infanzia. Gli altri casi italiani che abbiamo citato sono infatti rappresentati dai progetti e dalle attività di dipartimenti educativi di grandi musei d’arte contemporanea.

Nella gran parte dei casi i servizi educativi hanno uno spazio autonomo all’interno dei musei in cui operano, è lo spazio dove in genere vengono programmati e realizzati i laboratori. Ma le attività sono quasi sempre legate alle esposizioni e alle mostre del museo. Il Museo d’arte per bambini di Siena ha invece una natura autonoma, possiede uno spazio completamente autonomo all’interno del Santa Maria della Scala. Possiede inoltre una collezione permanente — che si è andata via via arricchendo nel corso degli anni — composta da opere rivolte all’infanzia. Sono opere di artisti che sono stati ospiti del museo con esposizioni temporanee ed eventi particolari. I piccoli visitatori vivono quindi principalmente lo spazio del museo a loro dedicato. Poi una parte delle attività è legata alle collezioni permanenti del complesso di Santa Maria della Scala, che possiede collezioni che vanno dall’antichità all’epoca moderna sintetizzando la storia della città di Siena.

Sono due i concetti chiave alla base del progetto del Museo di Siena. Lo spiega Michelina Simona Eremita, fondatrice e direttrice del museo. Innanzitutto il museo nasce da un progetto «basato sull’educazione all’arte e non sulla creatività come valore da far emergere», scrive la direttrice (Eremita, 2003, p. 4). «Il museo — scrive ancora (Eremita, 2003, p. 5) — non come luogo dell’espressione creativa tout court, ma come luogo dove la creatività è raccolta o presentata per segmenti di consapevolezze, passaggio fondamentale, rappresentati dalle opere d’arte. Tutto questo per distinguersi dai luoghi, in genere, dedicati all’infanzia, dove i bambini sono sollecitati a far emergere il proprio aspetto creativo». Con queste parole la direttrice del museo dichiara esplicitamente la sua distanza da un certo modo di intendere la didattica dell’arte, centrata sulla creatività del bambino e non sull’arte in genere. Tale approccio si comprende bene osservando la natura dei laboratori proposti dal museo, che andremo in seguito ad analizzare più nel dettaglio.

Il secondo concetto alla base del progetto del museo senese è la necessità di lavorare sullo spazio che esiste tra il bambino e l’opera nel momento della fruizione. In che modo si può intervenire su quella “distanza”, su quello spazio che esiste tra il fruitore e l’opera? A questa domanda intende rispondere il progetto del Museo di Siena. Lo spazio tra il fruitore e l’opera è, da una parte, quello creato dall’energia comunicativa dell’opera e dall’energia del bambino e, dall’altra, lo spazio rappresentato dal museo stesso. Il Museo d’arte di Siena lavora costantemente su due fronti: sulla cura e sulla crescita dello spazio museale e sugli eventi organizzati per fare incontrare l’opera d’arte e il giovane pubblico. Entrambi questi aspetti, ci spiega Michelina Simona Eremita, sono necessari per “creare la magia della fruizione”. Uno degli slogan del museo è, infatti, “lungo la linea rossa, dallo spazio del museo allo spazio dell’opera”.

Lo spazio del museo è costruito seguendo questo principi. È ospitato in una sala al piano terra del complesso Santa Maria della Scala. L’ingresso al museo è anticipato da uno spazio antistante alla sala. Uno spazio di accoglienza libero in cui ci sono disegni di bambini, tappeti per sedersi. All’interno della sala grande, dai soffitti alti, la collezione permanente, composta da opere varie (installazioni video, dipinti, disegni, sculture), si snoda in percorsi che ritagliano spazi su misura, quasi delle piccole sale ritagliate nel grande spazio. Ad esempio, la scatola cinese rappresenta uno spazio circolare, quasi un’altra piccola stanza dentro quella grande del museo, in cui i bambini possono entrare e visitare le opere poste alla loro altezza. In realtà la parete e lo spazio circolare creato sono un’opera d’arte realizzata da un artista per il museo e oggi diventata pezzo della collezione permanente. Infatti un’altra peculiarità di questo museo è che sia la collezione sia lo spazio che la ospita crescono e si modificano con le attività —  mostre temporanee ed eventi —  che vengono realizzate negli anni. A dimostrazione di come spazio e collezione, spazio e opera, siano strettamente collegati.

La collezione permanente, che va dalla scultura alla pittura, dalla fotografia al video fino all’installazione, comprende opere destinate all’infanzia o che hanno per soggetto l’infanzia. È una collezione che si è andata arricchendo nel tempo, attraverso le esposizioni temporanee e gli eventi. Le opere, realizzate da artisti di diverse generazione e di diversi Paesi, sono raggruppate per temi e generi. La sala del museo è infatti suddivisa in settori, ognuno con una tema diverso: le storie, i personaggi e i generi. Poi c’è la graffiti area, uno spazio libero riservato alla libera azione creativa, dove i bambini possono esprimersi come vogliono, senza restrizioni. La sezione storie presenta opere che hanno a che fare con le fiabe e le favole. Nella sezione personaggi invece si evidenziano alcuni personaggi che nella storia sono stati rappresentati con un corpo da bambino. Alcune opere presentate fanno parte di passate ricerche del Museo per bambini sulle figure del dio dell’Amore e dell’Angelo. Infine nella sezione generi è presentato un genere dell’arte: il ritratto, in particolare bambini con famiglia.

Durante le visite al museo i piccoli visitatori hanno perciò la possibilità di avvicinarsi alle opere attraverso percorsi sempre diversi e vicini ai loro interessi. L’interesse spesso non è concentrato sull’opera o sull’artista che l’ha realizzata ma si focalizza sul percorso all’interno del quale le opere sono inserite. Ad esempio, le stesse opere sono state utilizzate per un percorso sul cibo oppure per un itinerario sul tema della famiglia. Tutto ciò consente di far dialogare opere appartenenti a periodi storici completamente diversi e a realtà culturali e geografiche lontane.

Per lavorare sullo spazio e sulla distanza tra il bambino e l’opera, ovvero sulla fruizione, la direttrice del museo e i suoi collaboratori programmano inoltre una serie di eventi e di attività, coerenti con lo spirito e l’idea dell’intero progetto. Durante le visite vengono utilizzati diversi mezzi per favorire la fruizione: il teatro, la narrazione, la danza, il gioco. Qualche esempio. Nel 2010, in occasione della mostra Picasso - I Saltimbanchi, che raccoglieva la serie completa di 15 incisioni originali, acqueforti e puntesecche che Pablo Picasso dedicò al mondo dei saltimbanchi, vennero organizzati per i visitatori — i bambini delle scuole durante la settimana e i bambini con le famiglie nei week end —  laboratori sulla giocoleria e altre tecniche circensi, spettacoli teatrali a cui i bambini potevano assistere e partecipare. Oppure, ad esempio, l’iniziativa Viaggiando con gusto, un progetto realizzato tra il 2013 e il 2014, in cui otto giovanissimi artisti del territorio senese “colloquiavano” con le opere degli artisti della collezione permanente del Museo sul tema del cibo. Un viaggio per conoscere attraverso il linguaggio artistico le tradizioni alimentari e il cibo di diversi Paesi del mondo. Oppure le iniziative realizzate per le festività natalizie. Ogni anno il museo in occasione del Natale organizza eventi particolari, gli “Alberi speciali”. Qualche esempio:  nel 1998 l’albero dei colori e dei materiali decorato dagli elaborati realizzati da 350 bambini delle scuole di Siena, sotto la guida di artisti senese; nel 1999 l’“Albero delle contrade”, decorato con 17 strisce rappresentanti il bestiario di ciascuna contrada; nel 2001 l’installazione di una casina con all’interno ombre proiettate di una mandria di renne.

Palazzo delle Esposizioni e Scuderie del Quirinale (Roma)

Proseguiamo questa breve perlustrazione con il caso del Palazzo delle Esposizioni, importante spazio espositivo romano. I Servizi Educativi del Palazzo delle Esposizioni e delle Scuderie del Quirinale nascono nel 2000 e sono gestiti dall’azienda speciale Palaexpo, un ente strumentale del Comune di Roma. Propongono durante la settimana attività per la scuola dell'infanzia e primaria, mentre nel weekend si rivolgono ai bambini dai 3 ai 6 anni accompagnati dai genitori e ai ragazzi dai 7 agli 11 anni.

Le attività proposte sono di vario tipo. Una parte è legata alle mostre temporanee del Palazzo delle Esposizioni. Gli operatori dell’area educativa propongono ai bambini visite animate delle mostre in corso e programmano attività laboratoriali che vengono realizzate in un’area del museo dedicata ai servizi educativi. In quest’area, che si trova in un’ala del museo dove sono anche presenti la libreria e la caffetteria (i cosiddetti servizi aggiuntivi del museo), ci sono l’atelier e il forum —  due spazi progettati e realizzati in collaborazione con giovani artisti e architetti — in cui si svolgono i laboratori, e uno spazio circolare nell’atrio che viene utilizzato come spazio espositivo per mostre allestite dagli operatori dei servizi educativi autonomamente rispetto alle grandi mostre del museo.

Gli spazi sono molto curati, e vengono via via trasformati coerentemente con il tipo di esposizione e di attività che viene proposta.

L’idea guida è che nella didattica dell’arte l’ambiente ha un ruolo fondamentale. «Munari ci ha insegnato — ci spiega Paola Vassalli[6] in un’intervista —  che è la qualità dello spazio che fa la qualità del progetto educativo. È lo spazio che è educativo in sé». All’atelier si accede ad esempio attraverso un tunnel di luce, Pénétrer l'invisible, installazione permanente di Nathalie Junod Ponsard, unica opera permanente dell’area servizi educativi. Dal tunnel di luce si passa al “cubo delle meraviglie”, un cubo che si apre e all’interno del quale vengono realizzate installazioni che rimandano alla mostra visitata e che introducono i bambini all’attività laboratoriale che si svolge nello spazio posteriore al cubo. Il Forum è invece un secondo spazio polifunzionale. Oltre a ospitare i laboratori, possiede lo Scaffale d’arte, una biblioteca specializzata in editoria internazionale d’arte per ragazzi, luogo di incontro tra il libro, gli artisti e i temi della storia dell’arte.

La biblioteca, inaugurata nel 2007 in occasione dei cento anni dalla nascita di Bruno Munari, si apre con una sezione omaggio a Bruno Munari per l’appunto per poi raccontare il Novecento e la storia dell’arte, esplorare il mondo dell’illustrazione e proporre percorsi a tema e attività. Una delle particolarità dei servizi educativi del Palazzo è, infatti, che tutte le attività rivolte ai bambini nascono mettendo insieme il tema della mostra in corso nel museo con l’ambito della letteratura e della editoria per ragazzi. I libri d’arte dello scaffale, oltre a essere uno strumento di consultazione e approfondimento per insegnanti, bibliotecari e altri operatori che lavorano in campo pedagogico, rappresentano un’importante fonte di ispirazione per gli operatori, che costruiscono, grazie agli artisti, agli illustratori, agli autori presenti in biblioteca, le attività da proporre ai bambini. Ad esempio, parallelamente alla visita della mostra sui numeri in programma al Palazzo da ottobre 2014 a maggio 2015, gli operatori hanno offerto ai bambini laboratori sui numeri prendendo spunto dagli straordinari libri illustrati di Anne Bertier, pubblicati dalle Éditions Memo. Anne Bertier ha anche ispirato la “scenografia” degli spazi che accompagnano in modo determinante il percorso didattico, ma soprattutto educativo, che si fa all’interno del museo.

Il legame con il libro è un aspetto che è stato fortemente voluto e curato da Paola Vassalli, considerata la sua passata formazione e specializzazione nel campo dell’editoria. Non a caso i volumi presenti nello scaffale dell’arte sono selezionati con estrema cura e presentano i migliori e più raffinati prodotti presenti nel settore editoriale impegnato nel presentare l’arte e i bambini. Nello scaffale troviamo vari prodotti: il libro d’artista (un libro per bambini e per tutti realizzato da un artista) con i nomi di Bruno Munari, Katsumi Komagata, Leo Lionni, Enzo Mari, Luigi Veronesi, e libri di divulgazione dell’arte rivolti all’infanzia. Molto interessanti in quest’ultimo settore i libri dalle Éditions Palette, editore francese che confeziona libri raffinatissimi in cui l’opera d’arte presentata si integra alla perfezione con l’oggetto libro, in cui l’opera d’arte e l’artista non sono semplici contenuti da veicolare, ma diventano corpo del libro, ovvero una vera illustrazione d’arte. I libri dell’Éditions Palette rappresentano un buon esempio di libri di divulgazione artistica, settore delicato, dove non è facile trovare libri di qualità che si allontanano da un approccio didascalico.

Lo Scaffale dell’arte viene anche utilizzato come strumento di formazione per coloro che lavorano in ambito educativo. Una delle attività dei Servizi Educativi del Palazzo delle Esposizioni è, infatti, la formazione. Vengono periodicamente organizzati incontri, tavole rotonde, corsi di formazione per insegnanti, studenti, operatori e appassionati del settore. Incontri pratici e teorici per approfondire una metodologia di lavoro fondata sulla partecipazione attiva dell'osservatore, per capire l'importanza dell'allestimento, della qualità degli spazi, dei materiali didattici, elementi peculiari del laboratorio d'arte.

Infine, nel terzo spazio dell’area educativa dedicato alle piccole esposizioni, gli operatori organizzano mostre tematiche che nascono quasi sempre da spunti letterari. Nel 2014 sono state allestite qui la mostra I nostri anni '70, esposizione sui libri per ragazzi degli anni Settanta, e una mostra sul corpo organizzata sempre attraverso spunti letterari e editoriali. Le esposizioni allestite in questo spazio e le attività in genere sono tutte calibrate sulle diverse fasce d’età dei visitatori e sui temi che vengono affrontati in ambito scolastico. Ad esempio la piccola esposizione sul corpo, rivolta in particolare ai bambini della scuola dell’infanzia, rimanda al lavoro che viene realizzato a scuola, secondo gli orientamenti ministeriali. 

Mart (Trento e Rovereto) 

Altrettanto ricca e interessante è l’attività dell’Area Educazione del Mart di Trento e Rovereto, uno dei musei d’arte contemporanea italiani di rilievo europeo. Si tratta di un’attività che ha ormai trent’anni di esperienza alle spalle. L’Area Educazione nasce, infatti, insieme al Museo negli anni Ottanta. Come molti altri musei d’arte contemporanea, i Servizi Educativi del Mart si occupano della mediazione delle opere d’arte per un pubblico di tutte le età, dai bambini agli adulti. L’attenzione al pubblico degli adulti, dall’università in su, rientra nel quadro teorico del lifelong learning che ormai è uno dei riferimenti pedagogici che ritroviamo nei programmi educativi di molti luoghi di apprendimento. All’interno delle attività del museo di Rovereto una parte importante è dedicata a visite guidate, laboratori, workshop rivolti al pubblico adulto.

Tutte le proposte educative del Mart hanno come obiettivo un museo che sia luogo di socializzazione dell’arte e di accoglienza, in cui il pubblico viene accompagnato a “entrare” nell’opera d’arte. «Lavoriamo muovendoci all’interno di una pedagogia costruttivista —  ci dice Carlo Tamanini, responsabile dell’Area Educativa, in un’intervista — è lo sfondo teorico su cui costruiamo i nostri laboratori e i progetti per il pubblico». Un approccio, leggiamo nel report del 2012 (resoconto che viene stilato annualmente dal museo), “che mette in discussione il concetto di oggettività e che intende il sapere come una costruzione personale e l’apprendimento come un processo attivo e un processo collaborativo”.

Questa impostazione si ritrova nelle attività che vengono progettate per l’infanzia, area di rilievo in questa sede. Molti dei laboratori, ci viene spiegato, sono strutturati proprio per far muovere liberamente i bambini nel museo e per far incontrare l’opera d’arte attraverso il “fare”. Alcuni dei laboratori per i bambini, probabilmente quelli più interessanti, si svolgono proprio all’interno delle sale del museo. Ad esempio, racconta Carlo Tamanini, uno dei laboratori è strutturato sul percorso che si compie per arrivare all’opera d’arte. Un percorso fisico e spirituale che i bambini e i ragazzi effettuano utilizzando scarpe di vario tipo, messe a disposizione del museo. Attraverso queste scarpe i giovani visitatori costruiscono il loro percorso fisico e spirituale per arrivare all’opera.

Con la carta realizzano delle impronte che dispongono sul pavimento della sala del museo, per mostrare il percorso compiuto con il corpo per arrivare all’opera. Oppure il laboratorio “Arte dolce casa”, un laboratorio dedicato alla scuola dell’infanzia (come gli altri musei il Mart lavora sia con il pubblico delle scuole che con le famiglie). Anche questo è un laboratorio che si svolge all’interno delle sale del museo. Qui i bambini devono trovare la “casa” giusta per gli “artandoli”, omini di carta che vivono nelle opere d’arte. I bambini devono scegliere l’opera d’arte in cui mettere a vivere il loro artandolo. Vengono quindi invitati a perlustrare le opere in sala e a scegliere quella migliore per l’omino che è stato loro affidato. Quest’ultimo laboratorio è nato in seguito a una collaborazione con il Centro di ricerca psico-sociale nei servizi alla persona del Dipartimento di Psicologia e Antropologia culturale dell’Università di Verona.

Uno degli aspetti interessanti dell’Area Educazione del Museo di Rovereto è, infatti, la ricerca. Oltre alle attività e ai laboratori per il pubblico, gli operatori del Mart dedicano spazio e manifestano interesse per la ricerca nell’ambito della relazione tra arte e infanzia anche per rinnovare la didattica del museo. Il Museo porta avanti da alcuni anni un progetto di ricerca con il Centro Interdipartimentale Mente e Cervello dell’Università degli studi di Trento. La ricerca si muove su diversi fronti: gli effetti del contesto sulla percezione dell’arte e sulle emozioni, l’influenza delle informazioni sulla percezione dell’arte, la differenza tra i meccanismi percettivi che vengono messi in atto di fronte a opere d’arte originali e a copie. Nel 2012, inoltre, il progetto ha previsto alcuni esperimenti sulla percezione del movimento nelle opere d’arte della collezione del Mart e sulla percezione di forme irregolari e sul loro abbinamento cromatico.

Con il Centro d’Estetica Applicata dell’Università di Trento, invece, è stata intrapresa una collaborazione sul tema dell’ambiente e del benessere, il museo come luogo che contribuisce al benessere sociale e dell’individuo. 

Una parte importante delle attività dell’Area Educazione del museo di Rovereto è rappresentata dai progetti speciali. Si tratta di progetti per fare entrare in contatto l’arte contemporanea con chi vive situazioni di disagio. Sono iniziative che coinvolgono gli utenti dei centri di salute mentale, le residenze sanitarie assistenziali, il carcere, le comunità per il recupero di ex-tossicodipendenti.

Infine l’attività di formazione. Come altri spazi espositivi, il Mart organizza incontri e corsi di formazione sul tema dell’arte per i docenti della scuola, dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore. L’attività di formazione riguarda anche i mediatori e gli educatori museali che conducono i laboratori e le visite per il pubblico. La questione della formazione degli educatori riguarda tutti gli spazi museali italiani. La figura dell’educatore museale e del mediatore in Italia rappresenta infatti uno dei punti delicati della didattica. Da alcuni anni sono state attivate alcune proposte formative per questa figura professionale che rappresenta un po’ un ibrido tra l’esperto d’arte (storico dell’arte o diplomato in accademia) e lo specializzato in tematiche pedagogiche e educative. Ma la maggior parte della formazione avviene sul campo, come accade inevitabilmente per tutte le figure che operano in ambito educativo. La pratica sul campo e l’esperienza che si matura con il fare sono infatti fondamentali per sviluppare competenze sia sul piano teorico che sul piano della gestione dei laboratori. Ma per molti musei italiani, uno dei grandi problemi è la continuità professionale. Infatti in molti casi il mediatore non è una figura fissa, contrattualizzata per un lungo periodo dall’amministrazione che gestisce il museo. Spesso opera per un breve periodo o per periodi discontinui (alcune volte sono cooperative esterne che mettono in contatto l’operatore con la struttura museale), sviluppando una competenza che non ha la possibilità di mettere in pratica per lungo tempo nell’ambito dello stesso museo.

Bibliografia

Cataldo L. e Paraventi M.  (2007), Il museo oggi. Linee guida per una museologia contemporanea, Milano, Hoepli.

Dallari M. (1998) , L’esperienza pedagogica dell’arte, Firenze, La Nuova Italia.

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[1] Si confronti in proposito l’interpretazione e l’idea di estetica come “filosofia non speciale” di Emilio Garroni, in Estetica. Uno sguardo-attraverso, Milano, Garzanti, 1992.

[2] Si tratta per la gran parte di musei che possiedono collezioni permanenti e/o propongono mostre temporanee di arte moderna e contemporanea. Abbiamo selezionato questa tipologia di musei per un interesse personale nei confronti di questo settore dell’arte. Nell’elenco riportato fanno eccezione il Palazzo delle Esposizioni e le Scuderie del Quirinale di Roma (gestiti entrambi dall’azienda speciale Palexpo, ente strumentale di Roma Capitale), che rappresentano spazi espositivi multidisciplinari, con particolare attenzione all’arte, e il Museo d’arte per bambini di Siena. Abbiamo posto in elenco il Palazzo delle Esposizioni e le Scuderie del Quirinale poiché, oltre a rappresentare importanti riferimenti culturali per la città di Roma, possiedono un’attività educativa per l’infanzia particolarmente ricca e interessante, tanto da essere sul piano della didattica dell’arte un riferimento non solo per la città ma anche a livello nazionale. Per quanto riguarda invece il Museo dei bambini di Siena lo abbiamo preso in considerazione poiché, pur non rientrando propriamente nel campo dell’arte moderna e contemporanea, rappresenta in Italia l’unico caso di museo d’arte nato specificamente per il pubblico dell’infanzia.

[3] Si tratta di una ricerca in corso, quindi ancora incompleta. Le riflessioni qui presentate sono frutto dell’analisi dei primi dati raccolti all’interno di un progetto di ricerca di Dottorato sul tema “Bambini e musei d’arte”, che ha avuto inizio nel 2014. Il progetto di ricerca si sta portando avanti attraverso interviste ai responsabili dei dipartimenti e agli operatori museali, osservazione delle viste animate e dei laboratori per le scuole dell’infanzia e primarie, visita e analisi degli spazi dei Dipartimento Educazione dei musei, analisi dei materiali informativi e didattici e dei report annuali prodotti dai Dipartimenti.

[4] B. Munari, Il museo come campo didattico, “Il diaframma. Fotografia italiana”, n. 227, 1977, pp. 36-39.

[5] Nel lavoro di Bruno Munari e nei successivi sviluppi della didattica dell’arte in ambito museale si ritrovano indubbiamente le innovazioni pedagogiche introdotte dalla filosofia e dalla pedagogia di John Dewey. Oltre alla pedagogia del “fare” —  alla base della filosofia di Dewey — , anche le riflessioni dello studioso americano sul museo e sulle altre istituzioni educative (altre rispetto alla scuola) si ritrovano nel nuovo ruolo rivestito oggi dagli spazi espositivi. Dewey sosteneva, sia sul piano teorico che sul piano della programmazione delle pratiche, l’importanza del museo. In sintesi, sosteneva che il museo, come le biblioteche, la casa e tutti gli altri luoghi che fanno parte dell’esperienza nella vita quotidiana, dovevano integrarsi con le attività della scuola. Ma entrambi i mondi, sia quello della scuola che quello dell’extrascuola — ovvero sia i luoghi di apprendimento formale (la scuola) sia i luoghi di apprendimento informali (ad esempio il museo) — dovevano, per avere valore, confrontarsi continuamente con l’esperienza diretta, con l’esperienza non strutturata nel mondo. Sul ruolo del museo nella filosofia di Dewey si confrontino anche i recenti studi di George E. Hein, studioso americano esperto di educazione nel museo.

[6] Paola Vassalli per anni è stata responsabile dei Servizi Educativi del Palazzo delle Esposizioni, progettando gli spazi e strutturando le attività che ancora oggi vengono realizzate.

 




Sommario

Arte e infanzia. In un’epoca come la nostra in cui siamo tutti, compresi i bambini, sottoposti a una grande quantità di stimoli, soprattutto visivi, la questione dell’educazione estetica si ripropone come tema centrale in campo educativo. La presente riflessione intende indagare l’incontro tra arte e bambini all’interno di un luogo di apprendimento particolare: il museo d’arte. In che direzione si muovono oggi i Servizi Educativi dei principali musei d’arte italiani? Quali sono gli elementi innovativi che sono stati introdotti negli anni nella programmazione educativa dei musei d’arte? Dopo una breve introduzione sulle origini della didattica museale e su alcuni riferimenti teorici che hanno contribuito a delineare il concetto e le pratiche di educazione estetica in Italia, si analizzano i casi di tre musei italiani. Si tratta dei primi dati raccolti nell’ambito di un progetto di ricerca (ancora in corso) sulla didattica dell’arte in ambito museale. I dati sono stati raccolti attraverso interviste ai responsabili dei Dipartimenti Educativi dei musei, osservazione delle visite animate e dei laboratori per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria, analisi dei materiali informativi e didattici e dei report annuali prodotti dai Servizi Educativi.

Parole chiave: Infanzia, Educazione estetica, Musei d’arte.



Abstract

Art and childhood. In an age of images, like the one we live in today, the issue of the aesthetic education becomes central again. This essay will investigate the encounter between art and children in the art museum. In which direction are moving today the Educational Services of the leading art museums in Italian? What are the innovative elements that have been introduced over the years in the educational programming of art museums? After a brief introduction on the origins of the museum education and on some theoretical references that have helped shape the concept and practice of aesthetic education in Italy, we analyze the cases of three Italian museums. These are the first data collected as part of a research project on art education in museums still ongoing. Data were collected through interviews with heads of Educational Departments of the museums, observation of animated visits and workshops for schools, analysis of educational materials and reports produced by the Educational Services.

Keywords: Children, Aesthetic education, Art museums.




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