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Il CLIL: un illustre sconosciuto

CLIL: an illustrious unknown

Flora Sisti1

Professore Associato Dipartimento di Studi Internazionali. Storia, Lingue, Culture, Piazza Rinascimento 7, 61029, Urbino (PU)



Il CLIL: un illustre sconosciuto

La grande famiglia CLIL

È ormai noto a tutti che il CLIL è quell’ambiente di apprendimento2 che richiede allo studente di affrontare lo studio di una disciplina non linguistica utilizzando una lingua che non è la propria lingua materna. L’introduzione di questa novità metodologica nell’ambiente pedagogico italiano ha causato tuttavia numerosi fraintendimenti che hanno portato sempre più docenti, genitori e studenti a parlare di CLIL in maniera approssimativa. Anche nel panorama internazionale il dibattito sul CLIL ha generato una serie di definizioni e relativi acronimi non sempre uniformemente accettate. Si riporta di seguito un esempio della grande famiglia dei termini collegati al concetto di CLIL in lingua inglese:3

  1. Bilingual Integration of Languages and Disciplines (BILD);

  2. Content and Language Integrated Learning (CLIL);

  3. Content and Language Integration in Primary (CLIP);

  4. Content-Based Instruction (CBI);

  5. Content-Based Language Instruction (CBLI);

  6. Content-Based Language Teaching (CBLT);

  7. English Across the Curriculum (EAC);

  8. English as an Academic Language (EAL);

  9. English as a Medium of Instruction (EMI);

  10. Foreign Language Immersion Program (FLIP);

  11. Foreign Languages as a Medium of Education (FLAME);

  12. Languages Across the Curriculum (LAC);

  13. Teaching Content Through English;

  14. Teaching English Through Content.

Come si intuisce dalle diverse epigrafi, alcune metodologie hanno come obiettivo quello di sollecitare l’apprendimento di contenuti utilizzando l’inglese come lingua straniera (4-13); la maggior parte concentra l’attenzione sullo sviluppo di competenze in lingua straniera attraverso contenuti disciplinari diversi (5, 6, 7, 8, 9, 11, 14) e in due casi si fa riferimento ai programmi di immersione utilizzati prevalentemente nelle zone di bilinguismo (10-12). Solamente nei primi tre acronimi è presente il concetto di integrazione tra i due obiettivi propri del CLIL, inteso in senso stretto: l’apprendimento di un contenuto nuovo e di una lingua diversa dalla propria lingua materna.

La differenza sostanziale tra il CLIL e le altre metodologie simili è dunque nell’integrazione tra le componenti disciplinare e linguistica che richiede l’applicazione di strategie didattiche che possano sollecitare efficacemente la creazione di nuove conoscenze e abilità spendibili in un contesto linguistico straniero.

La lezione di matematica, scienze o filosofia con metodologia CLIL non potrà quindi mantenere le stesse caratteristiche ed essere semplicemente svolta in lingua straniera, ma dovrà arricchirsi di una serie di adattamenti pedagogici che tengano conto del mezzo di comunicazione utilizzato e del conseguente carico cognitivo imposto allo studente. Pur non essendo una lezione di lingua, il codice espressivo rappresenterà un cardine importante sul quale far ruotare le attività didattiche e uno strumento di lavoro per gli studenti che vedranno migliorare la propria competenza d’uso in lingua straniera. Questa è l’accezione del termine CLIL accettata dalla normativa italiana che introduce tale tipo di didattica nei nostri programmi ministeriali.

 

Il CLIL nella scuola italiana

 

La pratica di insegnare una disciplina in una lingua “altra” non è certo una novità del nostro tempo: basti pensare alla consuetudine degli antichi romani di far educare i propri figli in greco o dei nobili europei di assumere un pedagogus che insegnasse le scienze e le arti in latino alla propria prole. Senza andare così indietro nel tempo, anche in epoca moderna nelle zone di bilinguismo la politica linguistica ha spesso favorito un tipo di educazione che salvaguardasse il patrimonio linguistico dell’area geografica interessata.

Le regioni italiane a statuto speciale rappresentano esempi di esperienze didattiche che vanno nella direzione del CLIL. La doppia lingua viene, infatti, inserita nel percorso curricolare per insegnare le diverse materie scolastiche e facilitare il mantenimento di una cultura bilingue. Non vi è ancora tuttavia alcuna sensibilità didattica specifica per i bisogni degli studenti che, il più delle volte, vivono una situazione di bilinguismo naturale o acquisito fin dall’età precoce. Il quadro cambierà con l’introduzione di insegnamenti in lingua straniera anche in zone senza alcuna tradizione bilingue specialmente grazie alla nuova spinta europeista. Dopo il trattato di Maastricht, infatti, la conoscenza di una o più lingue straniere diverrà una prerogativa del cittadino europeo destinato a competere in un mercato del lavoro dai confini allargati all’intera Comunità Europea.

In Italia si passerà dall’istituzione dei Licei Linguistici Europei degli anni ’90 all’idea che una cultura plurilingue possa essere estesa a tutti gli studenti. Un primo segnale di questo cambiamento si rintraccia nel DPR n. 275/994 sull’autonomia scolastica, che sancisce che “nell’ambito dell’autonomia didattica possono essere programmati, anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi formativi che coinvolgono più discipline e attività nonché insegnamenti in lingua straniera in attuazione di intese e accordi internazionali”. Anche nel ben noto Progetto Lingue 2000 del ministro Berlinguer si fa più volte riferimento ad attività didattiche condotte in lingua straniera: “moduli di mantenimento e consolidamento […] che permettano attività in LS quali conferenze, cineforum […] ricerche finalizzate, seminari su argomenti specifici dell’indirizzo di studio”; “sin dal conseguimento del livello B1 […] e sicuramente dal B2 […] si possono veicolare contenuti tematici e disciplinari nella LS facendo tesoro delle esperienze in campo già avviate”.

Con la riforma della scuola superiore del marzo 2003 l’acronimo CLIL entra nella legislazione italiana: “Nel 5° anno di tutti i licei, inoltre, l'insegnamento di una disciplina non linguistica è veicolato in lingua inglese (CLIL – Content and Language Integrated Learning). Nel liceo linguistico sono previste 33 ore annue di conversazione con il docente di madrelingua. Inoltre il CLIL in inglese inizia dal 3° anno, cui si aggiunge il CLIL in lingua 2 a partire dal 4° anno”.5

La riforma Gelmini conferma la normativa del ministro Moratti e definisce i percorsi di formazione per i docenti che intendano conseguire la specializzazione per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera. Secondo tale normativa il CLIL in Italia dovrebbe essere introdotto per legge in tutti i licei e in tutti gli istituti tecnici fin dall’anno scolastico 2012/2013. In realtà, come si dirà in seguito, la formazione degli insegnanti, prevista a partire dal 2010, subirà tre anni di ritardo e i docenti formati per insegnare una materia in lingua sono attualmente solo un migliaio rispetto ai diciassettemila che servirebbero a regime. Ciononostante in quasi tutte le regioni italiane si svolgono sperimentazioni CLIL nei diversi gradi di istruzione inferiore e superiore e il dibattito scientifico è intenso e interessante.

La mobilitazione è dunque capillare, le aspettative sono altissime ma, come spesso accade in momenti di innovazione, la pratica stenta a decollare per i vari ostacoli burocratici ed economici e non sempre la preparazione degli attori di questa innovazione risulta essere all’altezza delle aspettative. Compito della ricerca è quello di guidare tale delicato cambiamento cercando di chiarire gli obiettivi di questa pratica di insegnamento e di riflettere sugli eventuali limiti e sugli ostacoli da rimuovere.6

Ricerca: il progetto CLIL for Computer Science

Come già detto, l’insegnante CLIL è consapevole di promuovere l’apprendimento di contenuti, abilità e competenze disciplinari utilizzando uno strumento di comunicazione che non è familiare per i propri studenti. Questa consapevolezza produce un effetto immediato ed estremamente positivo, che è quello di far riflettere il docente sulle proprie strategie didattiche e di indurlo a raffinare e bilanciare i propri interventi in classe in modo da rendere la lezione fruibile da parte di studenti che potrebbero avere gradi diversi di conoscenza della lingua straniera.

L’attenzione si sposta dunque necessariamente dalla trasmissione del contenuto al processo di apprendimento. Questo credo sia il valore aggiunto più rilevante dell’approccio CLIL: non si può più fare a meno di considerare la qualità della didattica utilizzata in aula. Partendo da questa considerazione di base, il nostro percorso di ricerca è stato volto ad appurare i vantaggi del CLIL in un corso universitario. Nel 2006 un team di docenti dell’università di Urbino ricevette un finanziamento nazionale per un progetto di ricerca (PRIN) che intendeva verificare l’applicabilità della didattica CLIL a un corso di laurea triennale in informatica applicata. Il progetto CLIL for Computer Science: Using a Foreign Language in Online Higher Education analizzò nello specifico:

  1. l’efficacia del CLIL nell’apprendimento dei contenuti;

  2. l’efficacia del CLIL nell’apprendimento della lingua (reading & writing);

  3. la percezione del valore aggiunto dell’approccio CLIL da parte di studenti e docenti;

  4. le caratteristiche dell’inglese scritto informale prodotto nelle chat dagli studenti del corso di computer architecture.7

La ricerca fu particolarmente innovativa poiché, per la prima volta, criteri di analisi quantitativi e qualitativi furono applicati al CLIL sviluppato a livello universitario. Inoltre il corso triennale in Computer Science rappresentò un caso di studio originale, in quanto era l’unico corso in Informatica Applicata in Italia a essere interamente erogato in inglese con modalità online e a prevedere un percorso parallelo tenuto in lingua italiana, in presenza, presso lo stesso Ateneo. Fu per noi dunque possibile raccogliere dati relativi a un intero corso di laurea al suo terzo anno di attivazione, con un centinaio di studenti online avendo anche la possibilità di avvalerci di un campione di controllo rappresentato dal corso identico erogato, in lingua italiana, in presenza.

Un altro vantaggio fu rappresentato dalla possibilità di accedere all’apparato di documentazione proprio di un percorso universitario dotato di certificazione di qualità (ISO 9001) e, quindi, ai dati relativi a tutta una serie di strumenti di validazione e di monitoraggio sistematico del grado di soddisfazione degli studenti e dei docenti.

Da ultimo la modalità online8 rappresentò per noi un limite e un vantaggio: da un lato, infatti, potemmo sfruttare solo dati relativi alla produzione scritta di studenti e professori (chat scritte, dispense preparate dai docenti delle diverse discipline, trascrizione di scambi avvenuti sui forum di discussione), dall’altro tuttavia questo ci consentì di studiare più a fondo i progressi compiuti nella sola abilità di scrittura e di restringere il campo alla modalità di erogazione online mai indagata prima in ambito CLIL.

Nello studio comparativo del campione sperimentale (gli studenti del corso online tenuto in lingua inglese con approccio CLIL) e del gruppo di controllo (gli studenti del corso in presenza tenuto in lingua italiana) furono naturalmente definite delle costanti costituite dall’articolazione del piano degli studi (stesse discipline), dai contenuti dei diversi corsi (stessi materiali di studio forniti nelle due lingue) e dalle prove d’esame.

I risultati conseguiti confermarono quanto già in parte appurato dalla comunità accademica e in particolare:

  • l’apprendimento dei contenuti non fu per nulla compromesso dall’approccio CLIL, anzi gli studenti del gruppo sperimentale conseguirono votazioni mediamente più alte di quelle ottenute dal gruppo di controllo;

  • gli studenti del gruppo CLIL ottennero migliori risultati nel test d’inglese del campione di controllo e l’incremento della loro competenza d’uso della lingua fu evidente, anche se da un punto di vista strettamente grammaticale il grado di correttezza lessicale, sintattica e ortografica non mostrò un miglioramento sensibile in termini longitudinali;

  • la percezione del valore aggiunto dell’approccio CLIL fu da tutti ampiamente manifestata;

  • il grado maggiore di difficoltà costituito dalla lingua straniera9 impiegata non fu avvertito come un grosso ostacolo, ma fu invece apprezzata l’opportunità aggiuntiva offerta dal corso di laurea.

Nel complesso dunque, nonostante il numero degli studenti coinvolti nella sperimentazione CLIL non sia stato statisticamente molto rilevante, il progetto di ricerca confermò l’efficace applicabilità dell’ambiente CLIL all’insegnamento universitario.

Ovviamente la scelta naturale di utilizzare l’inglese come LS contribuì a innalzare notevolmente la motivazione degli studenti. Infatti studiare informatica utilizzando quella che è ormai riconosciuta come lingua franca della disciplina rappresenta per tutti un’opportunità professionale aggiuntiva, ma questa considerazione può essere estesa a molti campi del sapere specialmente in ambito scientifico. Spesso i docenti di biologia, chimica, fisica o matematica si trovano costretti a tradurre in italiano dei materiali prodotti in lingua inglese, mentre sarebbe molto più gratificante aiutare i propri studenti ad affrontare lo studio dei testi direttamente in lingua originale.

Il valore aggiunto del CLIL non è rappresentato tuttavia, come già affermato, solo dall’impiego di una LS ma anche dall’attenzione rivolta alle strategie didattiche adottate affinché tale pratica possa dare dei risultati soddisfacenti.

Nel corso della nostra sperimentazione tutti i docenti e gli studenti del gruppo CLIL ricevettero una preparazione metodologica relativa a tale approccio e, per una disciplina in particolare, i materiali furono completamente rivisti e adeguati ai criteri metodologici dell’ambiente CLIL. In particolare gli interventi didattici furono i seguenti:

  1. fu creato un learning object sulla metodologia CLIL costituito da trenta diapositive commentate in forma scritta e orale per l’utilizzo autonomo da parte di docenti e studenti;

  2. fu organizzato un seminario sincrono online dal titolo English for Specific Purposes, durante il quale gli studenti furono sollecitati a discutere tra loro e con i loro insegnanti sui contenuti di un articolo precedentemente letto sull’argomento;

  3. fu creato un corso di inglese scientifico online costituito da trenta unità didattiche predisposte per esercitare le quattro abilità linguistiche nell’ambito della microlingua scientifico-disciplinare dell’informatica applicata;

  4. fu revisionato tutto il materiale preparato nelle diverse discipline del corso di laurea e, per un insegnamento, la dispensa preparata dal docente fu arricchita da attività adeguate alla metodologia CLIL;

  5. fu attivato un servizio di consulenza linguistica online durante le sessioni di chat sincrone per opera di docenti madrelingua esperti in CLIL.10

Non si può quindi affermare che le materie furono semplicemente erogate utilizzando l’inglese (nell’ottica dell’English Mediated Instruction11) ma, allo stesso tempo, risulta difficile stabilire quanto i vari docenti seppero davvero mettere in pratica i consigli ricevuti e quanto la loro lezione online coincidesse con l’ambiente d’apprendimento CLIL. L’analisi quantitativa, come spesso accade in ambito glottodidattico, fu arricchita e sostenuta da quella qualitativa. Furono intervistati colleghi e studenti per capire il loro grado di soddisfazione e autogratificazione e valutare l’efficacia delle varie azioni didattiche intraprese.

Il questionario di soddisfazione somministrato mostrò una netta preferenza per il corso di inglese scientifico offerto a latere del percorso online e, all’interno di esso, la predilezione per le note grammaticali e per l’intervento attivo del docente madrelingua a fianco del collega disciplinarista durante le lezioni sincrone online. Gli studenti apprezzarono dunque gli approfondimenti linguistici e il tutorato mirato alla risoluzione di difficoltà concrete sorte durante le lezioni e direttamente riconducibili ai materiali studiati, mentre tutto l’apparato di attività offerte nelle fasi antecedenti e successive alla lettura dei materiali fu in parte trascurato a causa della mancanza di tempo.12 Questo a dimostrazione del fatto che l’enfasi nell’approccio CLIL è sempre sul contenuto e non sulla lingua e che i vantaggi derivanti dall’impiego di una LS sono maggiormente riscontrabili a livello di strategie d’uso piuttosto che di conoscenza del codice lingua. Gli studenti imparano a utilizzare con più destrezza e flessibilità l’inglese abbassando quel filtro affettivo che spesso li inibisce, sono incoraggiati a “osare”, utilizzando espressioni note in contesti nuovi e a sviluppare quelle strategie di “evitamento” e negoziazione13 così utili nella conversazione di ogni giorno.

I risultati ottenuti durante il progetto CLIL-CS hanno incoraggiato il team di ricerca a sviluppare un’ulteriore proposta didattica: quella di espandere l’esperienza CLIL anche ad altri insegnamenti erogati in presenza nei diversi corsi di laurea dell’Università di Urbino. La commissione per l’Innovazione Didattica, che presiedo, ha dato così l’avvio, nel 2010, a un progetto denominato “Didattica in LS @ uniurb” con l’intento di attivare corsi tenuti nelle diverse lingue di studio dei nostri studenti.

Didattica: Progetto Didattica in LS @ uniurb

Una tale iniziativa14 non è certo passata inosservata nell’ambiente universitario e le reazioni sono state di vario tipo: entusiastiche, scettiche o addirittura avverse. A partire dall’a.a. 2010-11 si sono attivati, in maniera graduale, insegnamenti con metodologia CLIL senza aumentare il carico didattico dei docenti né le ore di lezione degli studenti. Ai nostri studenti è stata offerta l’opzione di scegliere corsi parzialmente15 o interamente tenuti in LS, oppure di sostenere il solo esame in LS seguendo le indicazioni bibliografiche fornite dal docente (corso definito “appoggiato” in LS). Tutto questo con un duplice obiettivo: da un lato quello di attrarre studenti e docenti stranieri che sempre più richiedono, accanto a corsi in lingua italiana, un’offerta formativa in lingua inglese16 che possa essere riconosciuta con il sistema dei CFU internazionali — pratica diffusa ormai da anni in quasi tutte le università europee — e dall’altro quello di fornire utili strumenti professionali ai nostri laureati e ricercatori per poter studiare e lavorare in una società ormai globalizzata.

Naturalmente si sono individuati obiettivi a breve, medio e lungo termine per facilitare il passaggio da un’offerta formativa monolingue a una plurilingue che segua i dettami europei. All’inizio l’intento era di sensibilizzare docenti e studenti all’esigenza di introdurre un’offerta didattica plurilingue e di coinvolgere i colleghi che avevano già mostrato interesse verso l’iniziativa. La risposta è stata pronta ed entusiastica: nell’a.a. 2010-11 si sono attivati 51 corsi interamente in LS, 60 corsi misti e 154 “appoggiati”. Per il lungo termine (5/6 anni) lo scopo è quello di operare una vera svolta che ci porti ad attivare: (1) almeno un insegnamento in LS in ciascun corso di laurea magistrale; (2) almeno un corso di laurea di secondo livello per ciascuna area scientifico-disciplinare interamente in lingua inglese e (3) dottorati che prevedano un periodo obbligatorio di 6-12 mesi da svolgere all’estero.

Naturalmente il primo anno è servito a chiarire dubbi e a fugare timori ma, grazie al finanziamento ottenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, si è potuto garantire un costante supporto metodologico e organizzativo all’iniziativa: tre esperti linguistici madrelingua (uno per ciascuna macro-area disciplinare) hanno offerto consulenza linguistica con incontri personalizzati atti a promuovere la lingua d’uso in aula (classroom management language) e la microlingua della disciplina di studio.

Si è così costituita la prima cellula di un Centro di Consulenza Didattica CLIL che ha analizzato i bisogni dei soggetti coinvolti nel progetto (tramite questionari ante e post corso), identificato lessico e strutture specifiche delle varie microlingue scientifico-disciplinari e progettato insieme ai docenti singole unità di apprendimento e percorsi CLIL tramite la creazione di materiali didattici da utilizzare in aula (attività, handout, slide). Sono state anche effettuate, su invito dei docenti, sessioni nelle quali gli esperti CLIL e/o madrelingua hanno osservato le lezioni fornendo poi il loro feedback ed è stato realizzato un sito, CLILteaching,17 per garantire una costante consulenza metodologica online a docenti e studenti.

A tutt’oggi, al quarto anno di esperienza, alcuni degli obiettivi di medio termine sono già stati raggiunti: quasi tutti i corsi di laurea hanno almeno un insegnamento CLIL e numerosi docenti e studenti si avvalgono del servizio di consulenza offerto in modalità online e in presenza. Molti docenti chiedono supporto linguistico perché, non essendo esperti conoscitori della lingua straniera, temono di offrire un esempio “imperfetto” ai propri studenti, altri — più sensibili all’aspetto metodologico — domandano di conoscere e sperimentare le strategie didattiche CLIL che impongono un intervento diverso da quello della lezione frontale di tipo trasmissivo. Gli studenti, infatti, devono essere aiutati a superare le difficoltà linguistiche per affrontare un carico cognitivo disciplinare che deve necessariamente rimanere lo stesso di quello trasmesso in lingua italiana. Tutti i colleghi coinvolti, comunque, mostrano sorpresa nei confronti della risposta inaspettatamente positiva degli studenti e manifestano gratificazione, grande senso di autoefficacia e piena soddisfazione. Ovviamente vorrebbero migliorare le proprie prestazioni e auspicano che vi sia la possibilità di recarsi con più frequenza all’estero e di ospitare visiting professors dalle università partner, per compiere ricerche e praticare la LS nel proprio ambito disciplinare.

Dal canto loro gli studenti, dapprima riluttanti e scoraggiati, quando vengono informati degli obiettivi del progetto (abbiamo predisposto del materiale pensato per loro a questo scopo) e resi pienamente consapevoli della preziosa opportunità che gli si offre, dimostrano collaborazione e raggiungono risultati apprezzabili. Ricordo la testimonianza di una docente di metrica greca (una materia che molti stranieri vorrebbero imparare in un Ateneo italiano da docenti davvero esperti del campo) relativo al caso di uno studente poco attivo e spesso intimorito durante le lezioni in lingua italiana che, alle prese con la difficoltà comune di esprimersi in una LS, ha riacquistato sicurezza intervenendo prontamente nei dibattiti in lingua inglese e mostrando potenzialità inaspettate.

Non è una novità che un numero crescente di studenti sia sempre più attratto da interi corsi di laurea tenuti in lingua inglese, spesso organizzati a numero chiuso. Si tratta di investire sul proprio futuro pensando a un lavoro in un mondo ormai globalizzato in cui non basta un diploma di laurea ma occorrono abilità e competenze specifiche, a iniziare da quelle linguistiche. D’altra parte la legislazione italiana ed europea spinge in questa direzione18 e il rapporto CRUI19 sui corsi attivati in lingua inglese negli atenei italiani mostra che più del 70% degli atenei (57) nel 2011/12 ha erogato un totale di 671 corsi in lingua inglese distribuiti nelle seguenti tipologie:

  • 3% corsi di laurea triennale;

  • 34% dottorati di ricerca;

  • 25% corsi di livello superiore (laurea magistrale);

  • 20% master universitari, considerati tra I e II livello;

  • 18% Winter/Summer school.

Dai dati emerge la tendenza, già riportata, di considerare la formazione di base come più orientata al territorio nazionale e alle esigenze professionali locali e quella di secondo livello come più aperta al mercato del lavoro globale. I settori scientifici maggiormente coinvolti sono quelli ingegneristici e di scienze economiche e statistiche. I corsi in inglese, inoltre, che per circa il 75% sono a numero chiuso, presentano una maggiore concentrazione al Nord e sono più numerosi nei grandi centri urbani (Milano, Torino, Bologna e Roma).

L’indagine è rivolta a interi curricula e a corsi di studio svolti interamente in lingua inglese e non riguarda quindi esperienze come la nostra, in cui sono in LS solo singoli insegnamenti all'interno di percorsi prevalentemente in italiano; occorre tuttavia sottolineare che le perplessità sollevate sono simili. Nel nostro come negli altri Atenei italiani si è aperto un serrato dibattito dal quale sono emersi problemi e interrogativi. A fronte del vantaggio economico che potrebbe derivare alle famiglie che vedrebbero i propri figli compiere gli studi in inglese nel territorio nazionale, si evidenzia la possibile discriminazione — accentuata dall’introduzione del numero chiuso — verso quella parte consistente di studenti che ha una conoscenza solo scolastica dell’inglese avendo svolto la propria preparazione interamente in Italia.

Non a caso l'Italia — in una Ricerca effettuata da EF Education — figura al quart'ultimo posto su 19 nella classifica dei Paesi europei per il livello di preparazione in lingua inglese (dopo il nostro Paese si piazzano solo Spagna, Russia e Turchia) e nella classifica mondiale, capeggiata dalla Norvegia, scende al 23° posto, posizionandosi tra Costarica e Spagna. Una fattispecie debitoria, ulteriormente confermata anche dall'indagine del Censis e dal Sondaggio Eurispes 2011 “Conosci le lingue estere”, che evidenziano come due su tre intervistati attribuiscano le difficoltà nella conversazione proprio alla carenza del sistema scolastico (70,1%) e alle poche occasioni di scambio e di incontro in una prospettiva interculturale (Marino, 2012).

L’obiezione che ci è stata mossa con più decisione nel dibattito che si è svolto all’Ateneo di Urbino (di lunga tradizione umanistica) è stata quella che ci ha visto accusare del reato di “linguicidio”. L’argomentazione nasce dal desiderio di proteggere la nostra bellissima lingua dal rischio di una sua possibile estinzione. Secondo alcuni nostri colleghi, legittimando corsi in LS in un’università italiana, finiremo con l’essere tutti risucchiati nel vortice della lingua inglese che, da lingua predominante, diventerà l’unica lingua del genere umano. Inoltre la tendenza sempre più marcata degli atenei italiani ed europei a offrire percorsi di laurea e dottorato in lingua inglese porterebbe, secondo tale prospettiva, alla creazione di future generazioni di studenti che non conosceranno più nella loro lingua madre termini che avranno acquisito unicamente in LS nel corso della loro formazione universitaria. Questo timore è particolarmente sentito per le discipline economico-aziendali e scientifiche.

Il nostro centro di consulenza CLIL ha cercato di dare risposte a queste legittime preoccupazioni organizzando riunioni formali e incontri informali per trovare insieme soluzioni attuabili in ambito accademico. Potendo contare su fondi più ingenti, i corsi in LS potrebbero essere affiancati da lezioni e tutorati dedicati all’analisi contrastiva (italiano vs. LS) della microlingua scientifico- disciplinare dei diversi settori. Il corso CLIL potrebbe, in certi casi, approfondire quegli argomenti disciplinari già divulgati in LS nella comunità accademica internazionale, costituendo in questo modo un percorso formativo d’eccellenza opzionale e di potenziamento per gli studenti più preparati.20

L’idea di attivare corsi in LS soprattutto a livello di lauree magistrali e di alta formazione (Master, dottorati di ricerca) muove proprio dall’intento di fornire una preparazione disciplinare arricchita dalla competenza linguistica quando la formazione di base in lingua madre è già stata portata a termine. In questo modo non si tratterebbe di privare gli studenti delle competenze necessarie in lingua italiana, ma piuttosto di aggiungere la possibilità di utilizzare tali competenze in un panorama professionale internazionale. L’obiettivo è di tipo non esclusivo ma inclusivo: la conoscenza e la competenza d’uso della lingua italiana non si perderebbero in questo modo, ma verrebbero affiancate dalla possibilità di utilizzare altre lingue. Come sappiamo, in tutta Europa le università si stanno muovendo in questa direzione sempre nell’ottica del multilinguismo e della salvaguardia delle minoranze linguistiche percepite come fonte di ricchezza culturale.

Alla luce di queste riflessioni nel nostro ateneo abbiamo regolamentato l’attivazione di corsi in LS in modo che i docenti potessero svolgere il proprio insegnamento interamente in LS solo se la loro disciplina era sostituibile, nel piano di studi del corso di laurea, con un'altra equivalente in italiano, in quanto nella prima fase del progetto si è voluto evitare di obbligare gli studenti a questa pratica didattica. La scelta è stata quindi quella della gradualità — ovviamente fatte salve le realtà già consolidate come quella della Scuola di Lingue e Culture Straniere e del corso online di Informatica Applicata dove la didattica in LS era ormai una costante. Per quanto riguarda poi i corsi “misti” (parzialmente in LS) o solo “appoggiati” (con bibliografia ed esame finale in LS) non ci sono state restrizioni e numerosi docenti hanno scelto, all’inizio, proprio questa opzione.

Il quadro degli insegnamenti attivati nei vari corsi di laurea nei primi tre anni del progetto può essere visualizzato nella tabella 1.

 

TABELLA 1

Didactics in Foreign Language @ uniurb

Anni accademici 2010-11; 2011-12; 2012-121

Faculties

Corsi interamente in lingua straniera

Corsi misti (italiano e lingua straniera)

Corsi appoggiati (esami e bibliografia in lingua straniera)

Economia

3-3-3

3-4-1

28-23-24

Farmacia

//

10-0-7

28-0-31

Giurisprudenza

//

//

69-15-13

Lettere e Filosofia

//

5-12-4

2-0-4

Lingue e Letterature Straniere

23-18-23

18-12-15

2-12-19

Scienze della Formazione

3-1-1

8-4-4

//

Scienze Motorie

//

16-17-18

//

Scienze e Tecnologie

22-18-13

0-23-12

0-5-4

Sociologia

//

0-0-5

25-34-55

Scienze Politiche

//

0-0-4

0-0-2

 

Come si evince dalla tabella 1, il primo anno ha fatto registrare un grande entusiasmo da parte dei docenti che ha portato all’attivazione di 156 corsi, anche se ancora in forma del tutto sperimentale. L’anno successivo (a.a. 2011/12) il progetto ha ricevuto il primo finanziamento dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e si sono poste le basi per la costituzione del Centro di Consulenza CLIL. Questo ha comportato una serie di azioni volte a sviluppare tra i docenti e gli studenti una maggiore consapevolezza. Si sono promossi incontri per confrontare le esperienze del primo anno, si è discusso con presidenti di Scuole e di Dipartimenti per definire una strategia comune e si è sviluppato un ambiente web 2.0 (http://clilteaching.weebly.com/index.html) per promuovere una consulenza didattica e linguistica più capillare e specifica per ciascuna area disciplinare.

La presa di coscienza della differenza tra una didattica puramente trasmissiva che utilizzasse la LS come strumento di comunicazione22 e un ambiente di apprendimento che tenesse conto, invece, dei bisogni degli studenti determinò un cambio di passo da parte dei docenti coinvolti e il conseguente aumento di gradimento da parte degli studenti. Un numero sempre maggiore di colleghi si rivolse al nostro team di esperti sia per avere consulenza linguistica (correzione dei materiali redatti in LS, studio del linguaggio necessario per gestire la lezione in presenza, questioni di microlingua disciplinare), sia per ottenere indicazioni metodologiche: come facilitare la comprensione di argomenti particolarmente impegnativi sul piano cognitivo esposti in LS; come mantenere viva l’attenzione degli studenti; come verificare la loro comprensione; come valutare il loro grado di interesse e favorire la loro partecipazione; come aiutarli ad apprendere; quali materiali di supporto offrire prima, durante e dopo le lezioni. Da un lato, dunque, un approfondimento importante delle tematiche legate all’insegnamento CLIL, dall’altro un’indispensabile autoriflessione sulle caratteristiche del proprio metodo di insegnamento.

La conseguenza è stata quella di produrre un numero inferiore di corsi erogati in LS ma una qualità certamente più alta della didattica. Inoltre la ricaduta sulla pratica d’insegnamento in senso lato è stata davvero contagiosa: numerosi colleghi ci hanno, infatti, confessato di non avere mai prima d’allora riflettuto seriamente sui bisogni e sulle esigenze dei propri studenti, sulle pratiche più efficaci per promuovere un apprendimento che potesse essere duraturo e garantire un certo grado di autonomia. Ritorna il discorso già fatto sul valore aggiunto del CLIL anche e soprattutto in ambito accademico, un ambiente spesso chiuso alle innovazioni didattiche e poco sensibile ai dettami pedagogici, ritenuti erroneamente superflui con apprendenti adulti.

Questa riduzione del numero dei corsi ha determinato la costituzione di una squadra di docenti più coesa e informata che ha poi rinnovato, con poche eccezioni, la propria adesione al progetto nell’a.a. 2012-13. Dal questionario finale (2012-13) emerge, infatti, che l’85% dei corsi è già stato insegnato in LS e che il 90% dei docenti ha insegnato in precedenza un corso in LS.

Se si analizza il quadro generale si nota poi che alcune Facoltà, in seguito trasformatesi in Scuole,23 hanno partecipato solo timidamente, non avendo al proprio interno personale docente preparato o interessato all’iniziativa. Naturalmente il progetto ha ricevuto un’accoglienza diversa anche secondo il grado di adesione mostrato dai direttori di Dipartimento e dai presidenti dei Corsi di Laurea e il conseguente tipo di presentazione fatta durante i relativi consigli.

Considerando i corsi “appoggiati” in LS come marginali al progetto, in quanto mirati solamente ad attrarre un’utenza di studenti stranieri, se si considera l’andamento degli altri due tipi di corso nei tre anni si vedrà che il numero resta abbastanza costante: nel 2010, a fronte di un totale di 265 corsi, 111 erano interamente o parzialmente tenuti in LS; nel 2011, sui 201complessivi 112 erano in LS e, nell’ultimo anno, il numero scende di solo due unità con 109 corsi in LS su 261 complessivi. In questo quadro riassuntivo si nota che alcune Facoltà hanno aderito in modo massiccio (Lingue e Letterature e Scienze e Tecnologie) per le trascorse esperienze in ambito CLIL; altre, invece, hanno attivato essenzialmente corsi “misti” (Scienze Motorie, Farmacia, Lettere e Filosofia).

Un’adesione scarsa o nulla si è registrata nei corsi afferenti alle Facoltà di Giurisprudenza, Scienze Politiche e Sociologia (solo nell’ultimo anno presenti nella lista dei corsi misti). Questo in parte si spiega considerando le discipline insegnate e in parte analizzando i dati biografici emersi dal questionario iniziale distribuito ai docenti.24 Si rileva, infatti, che i colleghi coinvolti nel progetto per l’a.a. 2012-13 sono: per il 45% ricercatori, per il 40% professori associati e per il 5% professori ordinari, con un’età compresa tra 41-50 anni per il 55 % e tra 51-60 per il 35%. Considerando poi la composizione dell’organico delle diverse Facoltà, si evince dunque che quelle con un maggior numero di ordinari e associati e un’età media più alta hanno aderito in misura minore al progetto.

Il numero dei corsi CLIL cala tuttavia in modo sensibile nell’a.a. 2013-14 per il taglio subìto dal finanziamento d’Ateneo. In realtà la terza fase del progetto, che prevedeva di facilitare la possibilità di trascorrere periodi di studio e ricerca all’estero per il personale docente coinvolto nel progetto, non si è mai veramente avviata e anche la promozione di scambi tra visiting professors (lo scambio di docenza tra colleghi italiani e di altri atenei internazionali) non ha potuto contare su un reale finanziamento.

Strategie didattiche

Analizziamo ora la didattica così come è descritta prima e dopo il corso dai docenti tramite i questionari iniziali e finali (tabelle 2 e 3).25

 

TABELLA 2

CLIL Preliminary Questionnaire for Teaching Staff 2012_2013

Section D: Course Structure. What support do you use during the lesson?

Answer options

Response Percent

Response Count

PowerPoint slides

75,0%

15

Course Manual

15,0%

3

Textbook

50,0%

10

Scientific Articles

55,0%

11

None

0,0%

0

Other (please specify)

10,0%

2

 

 

 

TABELLA 3

CLIL Preliminary Questionnaire for Teaching Staff 2012_2013

When do your students get copies of the material?

Answer options

Response Percent

Response Count

Before class

45,0%

9

During class

35,0%

7

After class

35,0%

7

Other (please specify)

5,0%

1

 

 

 

 

Dalla domanda 36 (del questionario iniziale 2012-13, tabella 2), Section D: Course Structure. What support do you use during the lesson? emerge che le principali risorse che i docenti intendono utilizzare nei corsi sono (in ordine decrescente): presentazioni PowerPoint, articoli scientifici e libri di testo. Gli studenti hanno accesso alle risorse (domanda 37, tabella 3) prima della lezione (45%, l’anno precedente il dato era stato del 54,8%), durante la lezione (35%-37,1%) e dopo (35%-35,5 %).

Nel 50% dei casi (domanda 38) il docente intende assegnare dei compiti da svolgere individualmente (short summaries, oral presentations, written exercises, short papers, text analysis, translations, etc.) e di questi il 66% sarà in LS. La valutazione dei contenuti (domanda 41), che dovrà avvenire in forma orale (50%) o scritta e orale (25%), sarà in lingua straniera nel 40% dei casi (nel 2011 era al 31%), non lo sarà nel 50% (33% nel 2011) e lo potrà essere su richiesta nel 10% (36%). Il tipo di test che si intende utilizzare è rappresentata in larga maggioranza dalla discussione orale sugli argomenti del corso trattati in LS e da un esercizio scritto a risposta multipla o domande aperte che precedono l’esame orale (domanda 43).

Questi dati si riferiscono ai questionari iniziali distribuiti negli a.a. 2011-12 e 2012-13. Lo scopo dei quesiti è stato quello di sollecitare la progettualità dei docenti prima dell’inizio dei corsi informandoli sulle svariate possibilità didattiche che potevano essere adottate. Nei questionari finali — purtroppo compilati solo da circa la metà dei docenti26 —, in cui i dati sono più attendibili in quanto descrivono ciò che è veramente avvenuto, le percentuali cambiano leggermente, come riportato nella tabella 4.

 

TABELLA 4

CLIL Final Questionnaire for Teaching Staff 2011_2012

What support did you use during the lessons?

Answer Options

Response Percent

Response Count

PowerPoint slides

61,1%

22

Course Manual

16,7%

6

Textbook

8,3%

3

Scientific Articles

11,1%

4

None

2,8%

1

Other (please specify)

7

 

 

 

Nel primo anno di sperimentazione (tabella 4), le risorse usate dai docenti nei corsi sono sempre prevalentemente costituite da presentazioni PowerPoint, ma gli articoli scientifici passano al terzo posto, superati dall’utilizzo di manuali predisposti per il corso. Si nota un incremento della voce none nel secondo anno a indicare che probabilmente i docenti, più sicuri dei contenuti presentati a lezione, non hanno ritenuto opportuno utilizzare altre fonti più autorevoli in LS. Gli studenti hanno sempre accesso alle risorse prevalentemente prima della lezione, ma il dato relativo all’accesso al materiale in classe raggiunge la stessa percentuale, nell’anno 2012-13.

L’assegnazione di compiti da fare a casa individualmente scende al 33% al primo anno tornando al 53% al secondo anno di sperimentazione e in entrambi i casi il docente li assegna in LS (nel 75% nel primo anno – tabella 5 – e nel 87% dei casi nel secondo anno).

 

 

TABELLA 5

CLIL Final Questionnaire for Teaching Staff 2011_2012

If you answered YES, was the work done in the foreign language?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Yes

75,0%

9

No

25,0%

3

 

 

 

Un altro dato importante è quello relativo all’utilizzo della LS in classe rilevato dai questionari finali: il 61% degli studenti (e il 66,7% nel secondo anno) fa domande in lingua inglese con questa frequenza (tabella 6): always 45,5% (20% nel secondo anno), often 9% (50%), sometimes 36,4% (20%) e rarely 9% (10%).

 

 

TABELLA 6

CLIL Final Questionnaire for Teaching Staff 2011_2012

If you answered YES, how often did they use the foreign language to ask questions?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Always

45,5%

10

Often

9,1%

2

Sometimes

36,4%

8

Rarely

9,1%

2

 

 

 

 

Da questo quadro emerge che la lezione è, nella maggioranza dei casi, organizzata su materiali in LS presentati alla classe sotto forma di slides che vengono commentate dal docente e sulle quali gli studenti sono sollecitati a chiedere spiegazioni. Le domande sono rivolte in LS da una percentuale crescente di studenti (dal 61% al 67% del secondo anno), che tuttavia diminuiscono la frequenza dei loro interventi (da always-45% al primo anno a una maggioranza di often-50% al secondo anno): la partecipazione aumenta e quindi ciascuno studente ha un tempo minore a sua disposizione.

Il passaggio dal 33% al 53% — nel secondo anno — di docenti che assegnano compiti individuali in LS testimonia la crescente volontà di sollecitare i propri studenti a un utile lavoro di approfondimento, reputato sempre più necessario per sostenere il carico cognitivo di un corso tenuto in LS. Anche il dato relativo alla tempistica di utilizzo del materiale racconta il passaggio da una didattica prevalentemente trasmissiva (fornire prima le slides da commentare in classe) a una più interattiva (presentare durante la lezione i vari materiali su cui lavorare insieme). La valutazione è sempre più condotta in LS: si passa dal 32 % dei casi al 40%, nel secondo anno del progetto CLIL, anche se metà dei docenti preferisce ancora usare la lingua madre e tipologie di verifica tradizionali: prevalentemente l’interrogazione orale magari preceduta da una prova scritta.

Competenze e reazioni di docenti e studenti

I docenti coinvolti nel progetto si sono autovalutati a livello B1 nella lingua veicolare nel 15,8% dei casi (il secondo anno 21%), a livello B2 nel 43,9% (52,6%), a C1 nel 35,1% (21,1%) e C2 per il 7% (10,5%). Il 53% di loro gradirebbe sottoporsi a un test anonimo di conoscenza linguistica. La maggior parte dei docenti (il 54,8% nel primo anno e il 70% nel secondo) si sente a suo agio a insegnare in lingua straniera e il 34% (25% nel secondo anno) perfettamente a suo agio (very comfortable). Solo un 11% che scende al 5% nel secondo anno non si sente a proprio agio (tabella 7). Questa sensazione migliora nel post-test (tabella 8), dove le risposte mostrano che i docenti che si sono sentiti molto a proprio agio salgono dal 33,9% al 38% nel primo anno e dal 25% al 33% nel secondo, con una riduzione di quell’11% di docenti che partivano con una sensazione di disagio a 2,8% e dal 5% a 0 per il secondo anno.

Evidentemente il proseguimento della sperimentazione ha rinsaldato la fiducia e l’autostima del docente che, come si è detto, nel 90% dei casi ha ripetuto la propria esperienza.

 

 

TABELLA 7

CLIL Preliminary Questionnaire for Teaching Staff 2011_2012

How do you feel about teaching your subject in English/French/German/Spanish?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Very comfortable

33,9%

21

Comfortable

54,8%

34

Uncomfortable

11,3%

7

Very uncomfortable

0,0%

0

 

 

 

TABELLA 8

CLIL Final Questionnaire for Teaching Staff 2011_2012

How did you feel about teaching your subject in a foreign language?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Very comfortable

38,9%

14

Comfortable

58,3%

21

Uncomfortable

2,8%

1

Very uncomfortable

0,0%

0

 

 

 

 

La consulenza di un esperto in didattica CLIL non è richiesta dal 56,5% dei docenti al primo anno e dall’80% di quelli al secondo anno,27 ma i colleghi che la richiedono prediligono nell’ordine: lesson planning, classroom observation, material design e keywords lists. Per quanto concerne la consulenza linguistica, di nuovo non è richiesta dal 62,9% dei docenti al primo anno e dal 75% di quelli al secondo anno di esperienza. Coloro che, invece, la richiedono mostrano di preferire interventi sul classroom management language (50%), classroom observation (40%) e su content-specific vocabulary (36,7%) (tabella 9). Questa scala di preferenze cambia al secondo anno di esperienza, nel quale al primo posto si ritrova il supporto sul lessico specifico, seguito dalla lingua da usare per la gestione della classe e dalla vera e propria osservazione in aula (tabella 10).

 

TABELLA 9

CLIL Preliminary Questionnaire for Teaching Staff 2011_2012

Which areas of language would you like to work on?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Classroom management language

50,0%

15

Content-specific vocabulary

36,7%

11

Classroom observation

40,0%

12

Other (please specify)

6,7%

2

 

 

 

TABELLA 10

CLIL Preliminary Questionnaire for Teaching Staff 2012_2013

Which areas of language would you like to work on?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Classroom management language

44,4%

4

Content-specific vocabulary

66,7%

6

Classroom observation

11,1%

1

Other (please specify)

0,0%

0

 

 

 

 

Si conferma quindi una generale autonomia dei docenti sia sotto il profilo didattico sia sotto quello linguistico nei confronti del coinvolgimento di colleghi madrelingua, esperti CLIL o consulenti del progetto che presentino l’esperienza in classe agli studenti coinvolti. Solo il 30% dei docenti ha, infatti, chiesto la presenza di un esperto il primo giorno di lezione CLIL (tabella 11).

 

TABELLA 11

CLIL Preliminary Questionnaire for Teaching Staff 2012_2013

On the first day/s of the lessons taught in the foreign language, would you like an English language expert to be present in class to explain to your students how they can get language help from the Learning Center?

Answer Options

Response Percent

Response Count

Yes

30,0%

6

No

70,0%

14

 

 

 

 

Vediamo ora qual è la percezione da parte dei docenti del grado di difficoltà rappresentato dal loro corso CLIL per gli studenti (domanda 22 del questionario finale): il primo anno il corso appare rather difficult al 58,3 % dei docenti (dato che scende al 53,3% al secondo anno) e very difficult solo all’11% (6,7% nel secondo anno). Questa stessa percentuale giudica il corso per niente difficile. Gli studenti mostrano tuttavia di essere a proprio agio (comfortable) nel 44,4% dei casi nel primo anno e nel 60% nel secondo anno e very comfortable per il 13,9 % e il 26,7%: questo dato dimostra quanto reiterare l’esperienza generi maggiore fiducia e autogratificazione anche tra gli studenti.

Nel questionario finale erano presenti anche tre domande aperte: la prima (domanda 6) chiedeva i motivi di un’eventuale rinuncia all’insegnamento in LS. Solo due docenti il primo anno e uno il secondo anno dichiarano di avere cambiato idea a causa dell’alto numero di studenti che non si dimostrava particolarmente propenso a seguire il corso in LS, a causa della difficoltà della microlingua del settore scientifico coinvolto (Filosofia) o in quanto non tutti i frequentanti avevano in precedenza studiato il francese (la LS scelta per il CLIL).

Nella seconda domanda aperta (n. 23): How did your students react to the CLIL course? emergono testimonianze che vanno dall’entusiastico (They were very enthusiastic and highly motivated; Interested, they had to struggle hard, but finally they were satisfied) al moderatamente positivo (fairly well, considering the large number of students attending the course; They are aware of the difficulties, anyway they fell positively stimulated) a quelle in cui si mettono in evidenza le criticità (they appeared at ease, even if they did not participate, very actively, to discussions during the lesson; they accept it but they were not enthusiastic; They were initially surprised and disoriented, then gradually but not easily adapted to this new experience; This is the first time of lessons in English and then they were surprised and showed some difficulties to interact with me in the foreign language. I think it may be mainly due to shame and/or shyness). Ci sono poi le reazioni negative: Quite badly, their spoken English is poor; These students are at the 1st year so they were afraid to be unable to understand the content of the course, fino a: They stopped attending classes. Quantitativamente prevalgono i dati positivi, se si sommano le reazioni giudicate ottime, buone e soddisfacenti sia pure dopo le prime difficoltà, si ottiene un totale del 75% delle risposte al primo anno e del 73% al secondo anno.

Il giudizio dei docenti rispetto alle reazioni degli studenti è naturalmente soggettivo e spesso variamente articolato; un docente, ad esempio, afferma che: “Inizialmente hanno accettato passivamente, poi si sono un po’ sciolti e hanno preso confidenza, soprattutto dopo che ho applicato i suggerimenti offertimi durante il colloquio con il docente di supporto”. Questo è il motivo che ci ha spinto a creare un questionario finale28 da sottoporre agli studenti dal quale emergono, da un lato, le strategie didattiche realmente adottate nella lezione e, dall’altro, le sensazioni degli apprendenti e il loro grado di soddisfazione.

La terza domanda (n. 25) richiedeva al docente un breve riassunto dell’esperienza CLIL, con vantaggi e criticità, oltre che suggerimenti per migliorare i corsi. I principali vantaggi sottolineati sono stati quelli relativi all’apprendimento della microlingua inglese di settore; alla maggiore interazione creatasi durante le lezioni con il conseguente sforzo cognitivo da parte degli studenti chiamati a concentrarsi sui contenuti e a rielaborarli già in classe. Le criticità si riconducono alla composizione delle classi con studenti con competenze linguistiche disomogenee, a volte troppo numerosi per attuare una didattica partecipata.29 Inoltre si evidenzia la resistenza, spesso solo iniziale, da parte degli studenti verso un maggiore carico cognitivo richiesto, resistenza che potrebbe essere superata da una presenza più numerosa di studenti Erasmus in classe.

I consigli e propositi emersi dal questionario sono invece relativi alla volontà di consultare con più assiduità e tempestività gli esperti linguistici e didattici, di organizzare in maniera diversa i corsi misti (alternando lezioni in italiano su temi fondanti la materia e lezioni in inglese su argomenti specifici), di espandere maggiormente il tempo-parola offerto agli studenti per rielaborare i contenuti.

Riassumendo le linee del quadro didattico emerso dai questionari, si rileva che, nel corso del triennio:

  • la didattica passa da puramente trasmissiva a una forma maggiormente partecipata: la presentazione di slides resta il sistema più usato dai docenti e gli studenti hanno accesso ai materiali prima o durante le lezioni;

  • i corsi CLIL sono prevalentemente organizzati su materiali in LS e gli studenti sono sollecitati a svolgere compiti — spesso individuali — in LS;

  • la valutazione in LS è sempre più scelta dai docenti che la ritengono la naturale conclusione di un percorso interamente svolto in LS;

  • la sensazione di sicurezza e autogratificazione da parte di docenti e studenti cresce con il proseguimento dell’esperienza CLIL;

  • i docenti sono sempre più autonomi nella gestione del corso CLIL e gli studenti acquistano fiducia nelle proprie capacità giudicando i corsi progressivamente più semplici.

Quale futuro?

We should only provide “full courses” in a foreign language with more credits for students and more incentive for teachers. Questa opinione, espressa da un docente in un questionario finale, riassume la volontà più diffusa tra i partecipanti al progetto. Nonostante le varie difficoltà di tipo organizzativo, la resistenza degli studenti meno lungimiranti e gli sforzi e le energie — non adeguatamente incentivate — da parte dei docenti, tutti i partecipanti al progetto hanno espresso la volontà di continuare potendo però contare su maggiori supporti di tipo organizzativo e finanziario.

Come già evidenziato, il quarto anno del progetto non ha, infatti, ricevuto alcun finanziamento e gli obiettivi a medio/lungo termine, miranti a incentivare lo scambio di visiting professors e a finanziare la formazione in lingua dei docenti strutturati, oltre che a creare interi percorsi formativi in lingua straniera, non sono stati raggiunti. L’organizzazione didattica, non potendosi più avvalere di personale dedicato, è stata meno efficiente con la conseguente ricaduta negativa sul coinvolgimento dei docenti e dei responsabili dei Corsi di Laurea.

In generale, rispetto all’anno precedente, un numero minore di docenti ha risposto al questionario iniziale e, anche se chi ha chiesto consulenza è stato tempestivamente contattato, solo in pochi casi si sono realizzati incontri in presenza individuali o con la classe. I consulenti CLIL e madrelingua sono stati presenti ai corsi soltanto in rare occasioni per spiegare il progetto, mostrare le risorse e introdurre le strategie di apprendimento; inoltre le osservazioni condotte in aula con il successivo feedback sono state meno numerose rispetto agli anni precedenti.

Nel complesso durante l’a.a. 2013-14 la mancanza degli incentivi annunciati e la conseguente disaffezione nei confronti del progetto hanno causato un calo del numero dei corsi erogati in LS. Inoltre non è stato possibile creare un vero centro propulsore all’interno di ciascun dipartimento, com’era stato programmato, e questo ha determinato una minore consapevolezza, da parte dei docenti, dell’importanza della consulenza linguistica e metodologica per la preparazione dei materiali e delle lezioni.

Alla luce di queste considerazioni si ritiene opportuno inserire il progetto Didattica in LS @uniurb in un quadro d’interventi più ampio che ruoti intorno a un Centro Integrato di Servizi Didattici. Il Centro dovrebbe riunire diverse competenze coll’intento di ottimizzare le risorse economiche e di personale e promuovere una ricerca integrata che approfondisca le interconnessioni tra i tre ambiti di riferimento: l’E-learning, il CLIL e la didattica universitaria. Al Centro potrebbero operare docenti specializzati in didattica, dottorandi e ricercatori coinvolti nelle tre aree di ricerca, oltre che studenti-tutor e rappresentanti di associazioni studentesche interessati all’organizzazione di seminari sulle strategie di studio e di corsi di approfondimento disciplinare. In questo quadro integrato il progetto CLIL potrebbe essere rilanciato con una serie di azioni volte a:

  • incrementare il sistema di appuntamenti individuali per i docenti coinvolti nel progetto;

  • offrire una consulenza collettiva alle Scuole dei diversi Dipartimenti;

  • organizzare corsi di formazione per docenti, online e in presenza, sulla didattica CLIL, per la preparazione e l’adeguamento dei materiali disciplinari, sulle strategie di presentazione didattica (con l’utilizzo delle TIC), su questioni relative alla valutazione ecc.;

  • predisporre un pacchetto da 30 CFU in LS per ciascun semestre da proporre agli studenti stranieri.

L’inclusione del progetto CLIL nel programma di valorizzazione degli interventi didattici in ambito universitario potrebbe fornire inoltre l’opportunità di attrarre nuovi finanziamenti anche alla luce dei nuovi DM30 relativi alle Linee generali di indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2013-2015. In particolare uno degli obiettivi individuati nella programmazione ministeriale risulta direttamente collegabile al progetto Didattica in LS @ uniurb. Si tratta dell’azione a) II di seguito riportata.

II. Promozione dell’integrazione territoriale anche al fine di potenziare la dimensione internazionale della ricerca e della formazione:

a) programmazione e realizzazione di obiettivi congiunti tra università ed enti di ricerca;

b) reclutamento di studiosi e docenti attivi all’estero;

c) attrazione di studenti stranieri;

d) potenziamento dell’offerta formativa relativa a corsi in lingua straniera di I, II e III livello, anche in collaborazione con Atenei di altri Paesi con rilascio del Titolo Congiunto e/o del Doppio Titolo;

e) potenziamento della mobilità a sostegno di periodi di studio e tirocinio all’estero degli studenti.

Il Ministero eroga dunque dei fondi per la “Promozione della qualità del sistema universitario” agli atenei su un arco temporale di tre anni e, in seguito a monitoraggio e valutazione annuale, consolida il finanziamento sulla quota di FFO (Fondo per il Finanziamento Ordinario) a partire dal 2016.

Il progetto Didattica in LS@uniurb, così come la creazione di un Centro di consulenza didattica CLIL, è parte integrante della progettazione triennale dell’Ateneo di Urbino.

Formazione docenti: corsi di specializzazione CLIL

I colleghi universitari coinvolti nell’insegnamento delle loro discipline in LS e formati ai temi della metodologia CLIL hanno costituito per noi non solo un terreno prezioso per la ricerca, ma anche un bacino di competenze per l’istituzione di corsi di specializzazione CLIL per docenti della scuola media inferiore e superiore di discipline non linguistiche (DNL). Il percorso di ricerca CLIL all’Università di Urbino si è fuso fin dall’inizio con quello di formazione grazie all’attivazione di un corso di perfezionamento post lauream in Didattica delle lingue moderne: percorsi di apprendimento in lingua inglese/CLIL (a.a. 2005-06), finanziato con Fondi Sociali Europei, cui è seguito il progetto PRIN del 2006 già menzionato in precedenza.

Il nostro corso di formazione per futuri insegnanti delle scuole superiori è stato in qualche misura il precursore dei corsi ministeriali attivati più recentemente nell’ambito del piano di formazione nazionale CLIL. Come noto, infatti, con la circolare ministeriale del 9/12/2010 si dà l’avvio alle attività di formazione per i docenti di scuola secondaria di II grado che abbiano già un livello C131 accertato di conoscenza linguistica. Vengono istituiti in tutta Italia corsi di perfezionamento da 20 CFU di tipo metodologico cui saranno affiancati anche corsi linguistici, per coloro che partono da un livello B2, e la priorità viene data ai docenti dei Licei Linguistici che, per primi, dovranno attivare i corsi CLIL nelle classi terze a partire dall’a.a. 2012-13.

In realtà l’intera macchina organizzativa32 ha richiesto tempi più lunghi e i corsi in questione hanno diplomato i primi docenti CLIL solo nell’estate del 2013. Nella regione Marche gli insegnanti coinvolti sono stati 34 e la formazione è stata condotta in modo integrato dai tre Atenei di Camerino, Macerata e Urbino, secondo il programma riportato nella tabella 12.

 

TABELLA 12

Moduli

Denominazione

SSD

Ore in presenza

Ore

online

Studio personale

CFU

Attività di base

Modulo 1

Fondamenti della metodologia CLIL

L-LIN/02

20

12

 

70

4

Modulo 2

Progettazione, realizzazione e valutazione di percorsi CLIL

L-LIN/02

24

16

86

5

Attività caratterizzanti

(modulo 3 o 4 a scelta)

Modulo 3

Il CLIL per l’area scientifico-matematica

L-LIN/02

L-LIN/12

GEO/06

MAT/09

 

28

44

150

9

Modulo 4

Il CLIL per l’area umanistica

 

L-LIN/02

L-LIN/12

M-STO/02

28

44

150

9

 

 

 

72

72

250

 

 

Tirocinio e prova finale

 

35

(25 + 10)

 

15

/

2

 

 

 

107

87

306

20

 

Il percorso si è svolto in modalità mista, con una parte in presenza (50%) e l’altra a distanza (50%) su ambiente specifico33 e con il supporto di un tutor. La didattica in presenza è stata affiancata da attività in autoapprendimento e di apprendimento cooperativo monitorato online, attività di apprendimento cooperativo a carattere laboratoriale, videoconferenze e attività di tirocinio diretto e indiretto. I 34 docenti inizialmente iscritti sono stati ripartiti nelle due aree di competenza, quella umanistica e quella scientifica, e hanno portato a termine la loro formazione con la discussione di un elaborato finale in cui si presentava un percorso didattico realizzato con la metodologia nel corso della propria esperienza di tirocinio. Ma quale dovrebbe essere il profilo del docente CLIL al termine di questa specializzazione? Si riporta di seguito la tabella riassuntiva fornita dal MIUR:

Oltre alla competenza disciplinare il docente di DNL dovrà perciò possedere un ottimo livello di conoscenza d’uso della lingua straniera e una preparazione metodologico-didattico specifica in ambito CLIL. Tutto questo però potrà realizzarsi solo nel medio-lungo termine, in quanto la maggior parte dei docenti in formazione possiede una padronanza linguistica inferiore a quella richiesta (spesso solo un livello B1+/B2) e, se una formazione metodologica CLIL può svolgersi in tempi anche più concentrati, senza una buona base linguistica tutte le attività laboratoriali, in cui si coniugano gli stimoli teorici con la produzione e sperimentazione dei materiali didattici disciplinari, risultano meno efficaci.

I docenti che conducono i moduli di progettazione, realizzazione e valutazione di percorsi CLIL sono, infatti, figure cruciali di raccordo tra gli esperti della disciplina che declinano la materia nella pratica didattica e i docenti di lingua che forniscono gli strumenti comunicativi per l’organizzazione della lezione. Troppo spesso questo collegamento viene meno, con il rischio di trasformare la formazione nella somma di percorsi separati volti, da un lato, ad approfondire la conoscenza linguistica senza attenzione all’utilizzo che il docente dovrà fare della LS in classe e, dall’altro, a ricercare materiali preconfezionati che possano rispondere alle esigenze delle diverse classi coinvolte nei corsi CLIL.

Da un questionario distribuito ai nostri insegnanti del corso CLIL marchigiano sono emerse le seguenti criticità: i docenti di DNL temono di sentirsi a disagio soprattutto con le classi finali dei licei linguistici nelle quali la competenza degli studenti in LS può superare quella dei docenti disciplinaristi; si evidenzia il rischio di un’eccessiva semplificazione dei contenuti a causa dello sforzo cognitivo richiesto dall’utilizzo della LS da parte sia dei docenti sia degli studenti; la valutazione, con la doppia componente linguistica e contenutistica, risulta più difficile da fare e inoltre si sottolinea che l’inserimento dei percorsi CLIL nell’esame di maturità richiederà commissari con competenze specifiche. I docenti in formazione CLIL lamentano inoltre la mancanza di un rapporto di collaborazione strutturato (ore di compresenza o autoformazione) con i colleghi di LS e richiedono la possibilità di svolgere, a fronte di un impegno orario e di uno sforzo superiore, periodi di formazione linguistica all’estero. Tutte considerazioni più che legittime che delineano il quadro, ancora incerto, di una riforma del sistema scolastico da molti attesa e accolta con entusiasmo ma ancora lontana dalla sua completa realizzazione.

I corsi di perfezionamento CLIL, già istituiti con l’art. 14 del DM 249 del 10/9/10, potrebbero risolvere parte di questi problemi. Dall’a.a. 2014-15 la formazione passa in carico agli Atenei, che inseriscono nel quadro della propria offerta formativa corsi di perfezionamento annuali articolati in attività di base e caratterizzanti che attribuiranno 60 CFU ai futuri docenti CLIL. La prerogativa per accedervi è ancora una volta il possesso del livello certificato C1 nella LS e il profilo ricalca quello riportato in precedenza, declinando tutte le competenze nelle relative sotto-categorie.

Occorrerà naturalmente potenziare il peso della formazione linguistica all’interno dei diversi corsi di laurea in modo da consentire ai neolaureati di uscire dal loro percorso universitario con una migliore preparazione in LS e sarà necessario promuovere sempre più programmi Erasmus che consentano alle future generazioni di essere all’altezza degli obiettivi fissati dalla politica linguistica della Comunità Europea, che mira a creare cittadini che possano utilizzare almeno tre lingue comunitarie in modo fluente. Il nostro progetto Didattica in LS @ uniurb intende proprio preparare il terreno per questo sviluppo.

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1 Dipartimento di Studi Internazionali. Storia, Lingue, Culture; Piazza Rinascimento 7, 61029 Urbino (PU) (flora.sisti@uniurb.it).

2 Definiremo il CLIL ambiente di apprendimento in quanto non può essere considerato, in senso stretto, né un metodo né un approccio. L’acronimo CLIL fu inventato da David Marsh, University of Jyväskylä, Finland (1994): CLIL refers to situations where subjects, or parts of subjects, are taught through a foreign language with dual-focused aims, namely the learning of content and the simultaneous learning of a foreign language. 

3 http://www.onestopenglish.com/clil/what-is-clil/ (ultimo accesso: 02/10/2015).

4 DPR n. 275/99, art. 4, comma 3.

5 Legge 53/2003.

6 Una versione abbreviata dei paragrafi che seguiranno è stata pubblicata in lingua inglese nell’articolo: F. Sisti, CLIL at University: Research, Didactics, Teaching Training, “Rassegna Italiana di Linguistica Applicata”, n. 1, 2015, anno XLVII.

7 I risultati della ricerca sono riportati nel volume: F. Sisti (2009).

8 Il corso era fruibile su una piattaforma per l’E-learning (Land of Learning) sviluppata per lo scopo dall’azienda proprietaria in collaborazione con i docenti del corso di informatica applicata dell’Università di Urbino. Land of Learning (LOL) è un pacchetto per la formazione a distanza, dotato di una vera e propria Classe Virtuale Interattiva. L’approccio di LOL consente di svolgere corsi o lezioni in maniera del tutto analoga al reale svolgimento di una classica lezione universitaria con l’interazione di Istruttori, Tutor, Studenti, Tecnici e Learning Advisors.

9 D’ora in poi LS.

10 Per conoscere i dettagli delle azioni didattiche descritte cfr. F. Sisti (2009).

11 Per English Mediated Instruction si intende un tipo di didattica che utilizza l’inglese come LS senza alcun accorgimento pedagogico o attenzione specifica rivolta all’aspetto linguistico, come riportato nel paragrafo 1 del presente saggio.

12 Occorre ricordare che la maggior parte degli iscritti al corso online era costituita da studenti lavoratori che avevano un’età media di circa 30 anni.

13 Le strategie di “evitamento” (avoidance strategies) sono quelle che ci fanno evitare lessemi e forme sintattiche non pienamente conosciute e utilizzare, al loro posto, espressioni note. Le capacità di parafrasare o riformulare un discorso, di chiedere chiarimenti ed esplicitare i propri dubbi sono parte della negoziazione tipica di qualsiasi conversazione autentica. 

14 L’iniziativa fu promossa sul giornale online dell’Ateneo: UniurbPOST (http://post.uniurb.it/?p=2286- 29/2/2012).

15 Corsi definiti “misti” nei quali solo un modulo o una serie di argomenti sono insegnati in lingua straniera.

16 La lingua straniera utilizzata fu lasciata alla libera scelta del docente, sebbene la maggior parte dei corsi siano stati attivati in lingua inglese. Dai dati raccolti l’80% dei corsi è insegnato in inglese, il 10% in tedesco, il 5% in francese e il 5% in altre lingue. 

17 Il sito è stato ideato e curato dalla dott.ssa Giovanna Carloni ed è protetto da credenziali: http://clilteaching.weebly.com (ultimo accesso: 02/10/2015).

18 Cfr. Infra, nota 29, p. 17.

19 L’indagine è il risultato della raccolta dati realizzata tra gennaio e febbraio 2012 presso i Rettorati degli 81 atenei associati alla CRUI, tramite un apposito questionario somministrato in formato elettronico: http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=2094 (ultimo accesso: 02/10/2015).

20 Questi corsi paralleli di eccellenza potrebbero coinvolgere, come tutor d’aula, anche gli studenti Erasmus che frequentano quelle lezioni e che parlano, come madre lingua, la lingua straniera utilizzata.

21 Le prime cifre di ogni colonna si riferiscono ai corsi attivati nell’anno 2010-11, le seconde all’anno 2011-12 e le ultime cifre all’anno 2012-13.

22 Questo tipo di didattica è di solito definito insegnamento veicolare, istruzione bilingue o, nel caso dell’inglese, come LS, English Mediated Instruction. Cfr. Infra, nota 10, p. 5.

23 Si ritiene che anche il passaggio dall’organizzazione in Facoltà a quello in Dipartimenti, suddivisi a loro volta in Scuole e Corsi di Laurea, abbia determinato un rallentamento del progetto che ha subito notevoli ritardi di tipo burocratico-amministrativo.

24 Sono stati predisposti due questionari per i docenti che hanno fatto l’esperienza di insegnamento CLIL: uno iniziale (https://www.surveymonkey.com/s/YDFR3BB) e l’altro finale (https://www.surveymonkey.com/s/DRLYCBS).

25I questionari sono stati riadattati da quelli creati da J. Valcke (http://eduportfolio.org/vues/view/23335#section791276) e curati da G. Carloni.

26 Questo calo di disponibilità da parte dei docenti è del tutto comprensibile dopo un intenso lavoro di preparazione del corso o parte di esso in LS. A fine esperienza, guadagnata più sicurezza, cala l’attenzione nei confronti del team di ricerca e degli strumenti di valutazione del progetto che in precedenza erano stati percepiti anche come guida e materiale di riferimento.

27 Ritorna quella diffidenza nei confronti dell’utilità di una riflessione didattica accademica trasversale ai contenuti già in parte trattata.

28 Il questionario (Didactics in a Foreign Language), curato da G. Carloni, è stato somministrato in via sperimentale solo agli studenti del corso di Didattica delle Lingue Moderne I del corso Magistrale in Lingue per la Didattica, l’Editoria e l’Impresa dell’Ateneo di Urbino.

29 La domanda 9 sulla numerosità dei corsi evidenzia che, al primo anno, il 30,6% delle classi era formata da meno di 10 studenti e il 25% da meno di 50, mentre il 22,2% da classi con 11-20 studenti; al secondo anno la numerosità cresce, con il 33,3% con un numero minore di 50, il 20% con 11-20 studenti e il 20% con classi con non più di 10 studenti.

30 DM n. 827, del 15/10/13, DM n. 104, del 14/2/14 e DD MIUR del 14/2/14.

31 C1 del quadro di riferimento Europeo per le lingue straniere.

32 Si valuta che siano circa 17.000 i docenti da formare nel complesso.

33 La piattaforma per l’E-learning utilizzata dall’Università di Macerata: OLAT - Online Learning And Training - http://olat12.unimc.it/olat/dmz (ultimo accesso: 02/10/2015).




Sommario

Questo contributo intende definire l’approccio CLIL descrivendo gli aspetti che lo contraddistinguono nel vasto panorama delle metodologie che utilizzano una lingua diversa da quella materna come veicolo del processo d’insegnamento-apprendimento. Dopo un breve excursus storico sulla situazione legislativa relativa all’introduzione del CLIL nel sistema educativo italiano, l’articolo evidenzia quanto sia determinante il ruolo dell’università nell’ambito della ricerca, della sperimentazione didattica e della formazione dei futuri docenti CLIL riportando i risultati delle esperienze svolte presso l’ateneo urbinate.

Parole chiave: CLIL, Università, Formazione.



Abstract

This paper defines CLIL methodology describing the main aspects which distinguish it from the large range of approaches in which content is conveyed through a foreign language. Specifically, the study aims to present the introduction of CLIL teaching in the Italian education system and to identify the role of universities in CLIL research, didactics and teacher training.

Keyworks: CLIL, Tertiary level, EFL teaching training.




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