Introduzione

Le difficoltà che gli studenti incontrano nell'apprendimento della matematica sono molteplici e sono spesso giustificate in termini di relazione fra le capacità dello studente e la natura della disciplina. Un esempio di convinzione estremamente diffusa è evidenziato da Zan (2002) che riporta le parole di uno studente:1

 

Alle medie la matematica iniziò a essere un po' più confusa, specialmente per la geometria, che, con tutte le formule del perimetro, area, circonferenza, diametro, ecc. imparate a memoria, rendeva solo la vita più complicata. Forse ci sono troppi teoremi e troppe cose per dei ragazzi delle medie e impararle a memoria è impossibile.

 

Questa testimonianza è solo un esempio della convinzione per cui in matematica ci vuole tanta memoria. In effetti, il cosiddetto rote-learning2 è stato definito, anni or sono, come uno dei più grandi nemici dell'apprendimento della matematica (ad esempio Freemont, 1967) e da allora sono stati ben pochi gli studiosi di Didattica della matematica che hanno focalizzato la loro attenzione sul tema della memoria, se non con un'accezione negativa.

Tale mancanza è stata rilevata in diversi momenti del passato (Byers e Erlwanger, 1985; Karsenty, 2002) e sembra permanere tutt'oggi. Tuttavia, in accordo con Bahrick e Phelps (1994), uno degli obiettivi dell'educazione è quello di conservare la conoscenza; di conseguenza lo studio della memoria a lungo termine è estremamente rilevante per chi si interessa di apprendimento.

Il presente articolo vuole essere un tentativo di seguire l'invito di Byers e Erlwanger (1985) a utilizzare gli studi emersi nell'ambito della Psicologia cognitiva in applicazioni legate alla Didattica della matematica e affronta il problema della permanenza di conoscenze matematiche. In particolare la ricerca presentata consiste in interviste rivolte a adulti sul contenuto matematico che, per antonomasia, è associato alla memorizzazione: le tabelline.

Si tiene a precisare che l'articolo non vuole in nessun modo rappresentare un invito all'uso di tecniche di insegnamento legate alla memorizzazione meccanica delle tabelline e, tantomeno, intende demonizzare l'apprendimento mnemonico. Riconoscendo le possibili difficoltà e l'immagine della matematica legate all'apprendimento mnemonico, si condivide la posizione di Zan (1998) secondo il quale

 

[la] memorizzazione delle tabelline, e più in generale di fatti aritmetici, permette la costruzione da parte del bambino di una complessa rete di relazioni che rende disponibile, al momento opportuno, una serie di informazioni, alcune di tipo strutturale, altre legate alla rappresentazione. Ed è proprio questa rete di informazioni che interviene in modo determinante quando il soggetto si trova davanti a un problema, cioè a una situazione per cui non ha a disposizione un algoritmo risolutivo.3

 

Per ulteriori considerazioni su questo tema si rimanda alle conclusioni. Per quanto detto, scopo della sperimentazione effettuata non è quello di determinare se e quanto la memoria abbia un ruolo nell'apprendimento della matematica, ma quello di fornire qualche elemento per una prima risposta ad alcune delle domande poste da Byers e Erlwanger (1985), ossia che cosa viene ricordato e come viene ricordato un concetto matematico (in questo caso le tabelline). Di seguito presentiamo il quadro teorico di riferimento che fa uso di costrutti derivati sia dalla Didattica della matematica che dalla ricerca in Psicologia cognitiva.

Quadro teorico

Nel paragrafo precedente è stato affermato che, a tutt'oggi, non esiste una tradizione di ricerca sulla memoria applicata alla didattica della matematica. Tuttavia è possibile notare che la parola “memoria” compare in moltissimi articoli ma, quasi sempre, in termini di memoria di lavoro che si può definire come “sistema per la ritenzione e la manipolazione temporanea dell’informazione” (Baddley et al., 2011, p. 23).

Il focus di questo articolo, invece, è la memoria a lungo termine, definita come un insieme di informazioni acquisite e alle quali è possibile avere accesso dopo un periodo di tempo più ampio di pochi minuti. D'ora in poi, ogni volta che si utilizzerà il termine “memoria”, ci si riferirà alla memoria a lungo termine.

In Psicologia, la memoria è un tema largamente studiato, e numerosi sono gli aggettivi che vengono abbinati alla memoria per distinguerne i diversi aspetti in termini di uso che ne viene fatto o di tipologia o durata delle informazioni conservate. Ai fini della nostra analisi, si concentrerà l'attenzione solo sulla differenza fra memoria episodica (in particolare autobiografica) e memoria semantica secondo la distinzione fatta da Tulving (1972).

Per memoria episodica si intende l'insieme delle informazioni associate a un particolare momento o luogo; tutte le altre informazioni presenti nella memoria a lungo termine costituiscono, invece, la memoria semantica. Ad esempio sono parte della memoria semantica le conoscenze generali ovvero la cosiddetta conoscenza enciclopedica.

Inoltre, da tale definizione si evince che l'insieme di tutte le informazioni che sono apprese relativamente alla matematica è incluso all'interno della memoria semantica. Appartengono quindi alla memoria semantica le diverse rappresentazioni associate a un concetto matematico (ad esempio il suo nome, le sue rappresentazioni simboliche e/o grafiche, ecc.), così come i problemi ad esso associati, le procedure conosciute e così via.

Date queste definizioni, si può affermare che la memoria semantica contiene le diverse conoscenze; lo studio della memoria semantica può passare attraverso l'analisi delle conoscenze di un soggetto in termini di esplicitazione delle diverse concezioni che il soggetto ha su un concetto e quindi dei relativi problemi, operatori e rappresentazioni.

Pertanto, in accordo con Vergnaud (2009), lo studio delle conoscenze relative a un concetto viene effettuato attraverso un’analisi del campo concettuale inteso proprio come l’insieme delle situazioni, gli invarianti operativi e le rappresentazioni (linguistiche o simboliche) del concetto stesso.

In particolare, dato che il tema delle interviste sono le tabelline, per classificare le tipologie di problemi presentati dagli intervistati si è fatto uso della classificazione elaborata da Vergnaud (1983) per le strutture moltiplicative. Si è fatta quindi la seguente suddivisione:

  • Isomorfismi di misure: la struttura di questi problemi consiste in una relazione di proporzionalità diretta fra due spazi di misura. Ne sono esempi la suddivisione di quantità di oggetti in parti eque, i prezzi costanti, i moti a velocità costante, i problemi di densità costante.

  • Prodotti di misure: si tratta dei problemi la cui struttura consiste nel prodotto cartesiano fra due spazi di misura, ad esempio i problemi di calcolo di aree e volumi.

  • Proporzioni multiple: è il caso in cui si ha uno spazio di misura proporzionale ad altri due indipendenti. Un esempio riportato da Vergnaud è l’approvvigionamento di viveri per una vacanza che è proporzionale sia al numero di persone che alla durata della vacanza.

Si è affermato di voler indagare su come e cosa venga ricordato, perciò è necessario specificare che cosa si intende per “ricordato”. Di fatto occorre fare una distinzione fra la disponibilità, ossia la presenza, di un ricordo in memoria e la sua accessibilità (Tulving e Pearlstone, 1966). Si dirà che un soggetto non ricorda un'informazione, ovvero che l'informazione è andata incontro a oblio, nel momento in cui tale informazione non è accessibile. Questo non implica che l'informazione non sia presente in memoria e quindi neanche che il soggetto non possa richiamare o riconoscere l'informazione in un momento successivo. Tale scelta è in accordo con Baddeley et al. (2011) secondo cui

 

se parlassimo di oblio solo nel caso dei ricordi non più disponibili, la misurazione stessa dell'oblio finirebbe con l'essere impossibile. La ragione è che stabilire se un ricordo sia andato definitivamente perduto è più complicato di quanto non si possa pensare. Che cosa può valere come prova di indisponibilità? (p. 244)

 

In pratica, si può pensare alla differenza fra un'informazione che non si riesce a rievocare su richiesta ma che si è in grado di riconoscere, ovvero alla differenza che intercorre fra il rispondere a una domanda aperta o a un test a scelta multipla.

Il focus di indagine sono i fatti aritmetici, termine con il quale si intende l'insieme di una qualsiasi operazione aritmetica e del suo risultato. In particolare, l'intervista predisposta riguarda le cosiddette tabelline (ossia i fatti aritmetici in cui l'operazione è il prodotto di 2 numeri naturali minori o uguali a 10) e la concezione di moltiplicazione che queste evocano, intesa come la rete di significati all’interno della quale sono inserite. Pertanto, oltre a richiedere la risoluzione di alcuni prodotti, sono state predisposte altre domande finalizzate a indagare, nel soggetto intervistato, le componenti del campo concettuale delle strutture moltiplicative.

Metodologia

Le ricerche classiche sulla memoria si basavano su esperimenti di laboratorio legati soprattutto al richiamo o al riconoscimento di informazioni acquisite nel corso dell'esperimento stesso. Negli anni '80 ha acquisito sempre più importanza il cosiddetto approccio ecologico, inteso come lo studio dell’attività cognitiva che si manifesta nell’ambiente ordinario e nel contesto di attività concrete (Neisser, 1976). In accordo con Neisser (ibidem) si ritiene che una teoria psicologica sia interessante quando “ha qualcosa da dire su cosa fa la gente in situazioni reali e culturalmente significative”; pertanto si è deciso di adottare tale approccio nonostante non vi sia ancora molta letteratura sull’applicazione di metodologie di questo tipo allo studio del richiamo di fatti aritmetici. Di fatto si trae spunto dalle parole di Bahrick e Phelps (1994) secondo i quali

 

l'educazione può trarre profitto dalla ricerca sulla memoria, se esaminiamo la ritenzione del contenuto semantico attraverso lunghi periodi di tempo, e ciò può avvenire soltanto se riusciamo a perfezionare dei metodi idonei a trattare questo genere di contenuto. […] l'indagine psicologica comincia a estendersi a nuove aree di contenuto non appena vengono improvvisati dei metodi idonei a studiare empiricamente quel contenuto.

 

Ovviamente un'analisi di tipo ecologico non consente di isolare molte delle variabili in gioco ma, così come mostrato da Karsenty (2002), può permettere la messa in relazione dei concetti matematici appresi a scuola anche a distanza di molti anni.

In analogia al succitato lavoro si è deciso di fare ricorso a un'intervista semi-strutturata composta da cinque blocchi di domande. Ciascuno dei primi quattro blocchi riguarda un fatto aritmetico moltiplicativo e mira a raccogliere informazioni sulla relativa concezione da parte dell'intervistato. Per indagare le diverse componenti della concezione viene richiesto di esplicitare come il soggetto è arrivato alla risposta (ad esempio, come è arrivato al risultato), quali strategie e risultati alternativi sono stati ricordati. Un esempio di blocco di domande è il seguente:

  1. Potresti dirmi quanto fa 7 x 4?

  2. Puoi descrivermi come hai fatto a calcolarlo?

  3. Ti sono venute in mente altre risposte oltre a quella data?

  4. Potrebbero esserci altri modi per arrivare al risultato?

  5. Potresti descrivermi una situazione in cui è necessario o utile fare questo calcolo?

L’ultima domanda è stata presentata in alternanza con un altro quesito:

  1. Se dovessi spiegare a un bambino come fare a svolgere questo calcolo, come lo faresti?

Entrambe queste domande hanno lo scopo di mettere in luce i problemi e le rappresentazioni legate al fatto aritmetico o, più in generale, al prodotto fra numeri naturali. La seconda, in particolare, punta a rendere evidenti le concezioni legate alla moltiplicazione che il soggetto ritiene più elementari e basilari. I prodotti utilizzati nei 4 blocchi di domande sono 7 × 4, 8 × 6, 13 × 5 e 12 × 4; si è scelto di utilizzare sia fatti con entrambi i termini compresi entro il 10 che fatti con un termine maggiore di 10, per indagare i principali operatori e strategie di controllo associate all'operazione di moltiplicazione; in particolare si voleva indagare se e come operatori e controlli cambiano al variare dei fattori all’interno o meno della tavola pitagorica. Si è ipotizzato, infatti, che l'impossibilità di richiamare direttamente il risultato di un prodotto avrebbe messo in luce le strategie utilizzate per ricavarlo (o ricostruirlo).

Si deve notare che, anche se le strategie di controllo non sono inserite nella definizione di campo concettuale di Vergnaud (2009), tale definizione è stata estesa (ad esempio in Balacheff e Gaudin, 2010) inserendo anche quest’ultime. Tale aggiunta appare di rilevante importanza, in quanto i processi metacognitivi e di monitoraggio sono componenti fondamentali delle competenze strategiche, intese come le competenze manifestate dai soggetti che

 

- [...] hanno familiarità e sanno utilizzare un insieme di strategie cognitive (memorizzazione, elaborazione, organizzazione) che li aiutino a considerare, trasformare, elaborare, organizzare e recuperare le informazioni;

- sono in grado di pianificare, controllare e dirigere i propri processi mentali al fine di conseguire obiettivi personalmente scelti. (Pellerey, 2013)

 

L'ultimo blocco di domande riguarda, invece, la memoria autobiografica dell'intervistato relativamente ai momenti, i luoghi e le persone nonché le sensazioni e gli stati d'animo legati all'apprendimento dei fatti aritmetici moltiplicativi.

Il campione intervistato è costituito da 10 soggetti, di cui 5 uomini e 5 donne, di età compresa fra i 35 e i 42 anni (età media 37,5). Le interviste si sono svolte fra giugno e dicembre 2013, sempre con lo stesso intervistatore. Il luogo dell'intervista è stato scelto dall'intervistato ed è conciso, nella quasi totalità dei casi, con la propria abitazione; l’intervistato aveva quindi a disposizione qualsiasi strumento reputasse necessario (carta e penna, calcolatrice, ecc.), ma nessuno ha mai fatto ricorso a strumenti durante l’intervista e, di conseguenza, il calcolo è sempre stato di tipo mentale. Tutti i soggetti hanno conosciuto l'intervistatore prima dell'intervista. Le interviste sono state videoregistrate; la durata media di ogni inervista è di 10 minuti e 6 secondi.

Una delle principali ipotesi di ricerca è che le informazioni memorizzate e il modo in cui sono organizzate dipendano dalla durata e dalla tipologia di esposizione del soggetto al contenuto indagato. Pertanto si è ritenuto utile raccogliere delle informazioni aggiuntive sulla tipologia di formazione matematica degli intervistati nonché sul luogo in cui questa è avvenuta. Osservando le videoregistrazioni si è quindi proceduto all'individuazione di caratteristiche comuni nelle risposte dei soggetti, suddivisi in base a queste informazioni aggiuntive.

Risultati

Anche se le tabelline costituiscono un elemento chiave dell’insegnamento elementare, da una prima analisi delle interviste è emerso chiaramente un legame tra i comportamenti osservati e il grado di istruzione dei soggetti. Pertanto, la prima variabile considerata nell’analisi dei risultati è stata il grado di istruzione dei soggetti; in particolare, in analogia con Bahrick e Hall (1991), si è deciso di suddividere gli intervistati in tre categorie a seconda della rilevanza dell'aritmetica e, più in generale, della matematica nei loro studi di grado più alto:

  • Alta formazione: si tratta di tutti i soggetti con laurea (o studi superiori) in discipline che fanno ampio uso della matematica (ad esempio matematica, fisica, ingegneria).

  • Media formazione: si tratta di tutti i soggetti che hanno frequentato un Liceo Scientifico e, successivamente, un corso di laurea con basso o nessun impiego della matematica e anche dei soggetti che, avendo frequentato altro tipo di scuola superiore, hanno frequentato un corso di laurea con un medio uso della matematica (ad esempio materie scientifiche o tecnologiche diverse da quelle sopracitate).

  • Bassa formazione: si tratta dei soggetti che non hanno avuto accesso all'istruzione secondaria superiore o che hanno frequentato sia una scuola superiore che un corso di laurea con basso o nessun impiego della matematica.

Seguendo questa classificazione, fra gli intervistati vi sono 3 soggetti con alta formazione, 4 con media formazione e 3 con bassa formazione (si veda la tabella 1).

Tabella 1
Classificazione degli intervistati rispetto al grado di istruzione

Schermata 2015-03-30 alle 09.49.57

 

 

Si potrebbe pensare anche a una relazione fra l'attività lavorativa attuale degli intervistati e la loro memoria per i fatti aritmetici e, quindi, si potrebbero anche classificare le professioni in base all'uso che fanno dell'aritmetica. Tuttavia nelle interviste si osserva che il legame fra tipologia di professione e capacità di ricordare o ricostruire fatti moltiplicativi non è forte tanto quanto quello con la formazione. Ad esempio, Val lavora come cassiera in un supermercato e quindi ha a che fare con calcoli elementari quotidianamente. Dopo avere frequentato il Liceo Scientifico, ha proseguito gli studi in ambito umanistico. Val richiama rapidamente i risultati dei fatti aritmetici con termini entro il 10, ma ha bisogno di più tempo rispetto ad altri intervistati per riuscire a ricostruire quelli con un termine maggiore. Viceversa Mar è laureato in Ingegneria e ha anche conseguito un dottorato nello stesso settore. Mar attualmente svolge una professione in cui non è richiesto nessun tipo di competenza aritmetica, tuttavia riesce a richiamare i risultati dei fatti aritmetici moltiplicativi molto rapidamente utilizzando anche diverse strategie. Per questi motivi la professione svolta al momento dell’intervista non sarà considerata fra le variabili. Questa scelta appare in disaccordo con i risultati di altre ricerche come, ad esempio, il lavoro di Nunes et al. (1993) sulle abilità aritmetiche dei commercianti brasiliani; tuttavia tali risultati si riferivano a un contesto in cui l’uso di calcolatrici e casse automatiche non era affatto diffuso e quindi il calcolo mentale era esercitato continuamente.

Nell’analisi del primo tipo di domande, ossia la richiesta di calcolo di moltiplicazioni, si metterà in relazione il livello di formazione degli intervistati con gli errori eventualmente commessi e con i tempi di risposta, allo scopo di utilizzare gli strumenti interpretativi delle ricerche fondanti sulla memoria per i fatti aritmetici moltiplicativi che si basano proprio su questi parametri (McCloskey et al., 1991). Le risposte fornite ai quesiti sulle situazioni problematiche associate ai fatti moltiplicativi saranno invece interpretate usando il quadro del campo concettuale (Vergnaud, 2009) presentato nella sezione precedente. Infine l’ultimo blocco di domande, relative alle memoria autobiografica, apre alcune domande sui temi degli strumenti mediatori per la memoria e sul rapporto affettivo con la matematica.

Calcolo di moltiplicazioni: errori, tempi di risposta e strategie di richiamo

Le ricerche classiche sulla memoria per i fatti aritmetici analizzano soprattutto il numero di errori commessi dai soggetti e i tempi di risposta; i primi forniscono indicazioni sul modo in cui le informazioni sono organizzate, laddove l'errore condivide alcune caratteristiche con la risposta corretta; il tempo, invece, dà indicazioni sulla possibilità di accesso all'informazione richiesta e sull'efficienza dell'organizzazione dei fatti appresi.

Per quanto riguarda le nostre interviste, relativamente agli errori, si nota che ne vengono commessi soltanto 2 e dalla stessa persona. Ele incontra difficoltà nello svolgere i prodotti con un fattore maggiore di 10; in particolare, quando deve svolgere 13 × 5, decide di applicare la proprietà distributiva e calcolare (10 + 3) × 5:

 

Int: Potresti dirmi quanto fa 13 × 5?

Ele: Oh mamma! [guarda verso l'alto, alcuni secondi di silenzio] 60... [silenzio] 59?

Int: Mi racconti come hai fatto a trovare questo risultato?

Ele: Tredici per 5: ho fatto 50 e poi 3, 6, 9 [guarda verso l'alto, silenzio] e non fa quello che ho detto io! [ride]

Int: E quindi quanto dovrebbe venire?

Ele: [sguardo nel vuoto, alcuni secondi di silenzio] Quindici, perciò... 60... 5 [annuisce].

 

Ele richiama rapidamente 10 × 5 = 50, ma al posto di 3 × 5 = 15 richiama il risultato di 3 × 3 e fornisce quindi la risposta 59. Questa tipologia di errore è largamente documentata in letteratura e, nella classificazione degli errori fatta da McCloskey et al. (1991), è definito come effetto di distanza dell'operando e consiste nel fornire una risposta che è

 

corretta per un problema che non solo condivide col problema stimolo un operando, ma che ha anche un ordine di grandezza vicino rispetto all'altro operando. Ad esempio, nell'errore 9 × 7 = 72, la risposta è corretta per il problema 9 × 8, che condivide il primo operando (9) con il problema stimolo e differisce di 1 sull'operando non in comune (8 vs. 7).

 

Del tutto analogo l'errore commesso da Ele nel calcolo di 12 × 4 per cui fornisce la risposta 50 (10 × 4 + 2 × 5).

Un fenomeno simile si osserva anche nell'intervista di And, anche se lui fornisce inizialmente la risposta corretta:

 

Int: Ti dovessi chiedere, invece, quanto fa 8 per 6?

And: [alcuni secondi di silenzio] 48!

[…]

Int: Prova a immaginare di dover descrivere a un bambino come fare a calcolare 8 per 6. Cosa gli diresti di fare? Come gli diresti di procedere?

And: Gli farei dei gruppi!

Int: Come li faresti?

And: Degli omini, 8 omini. Devi fare 64, cioè 8 per 6. Tanti gruppi da 8 omini. Sei da... 8. Sei gruppi, poi li farei contare.

Int: Ok.

 

Mentre cerca di fornire un esempio che risponda alla seconda domanda dell'intervistatore, And parla del numero 64 (= 8 × 8) come se fosse il risultato di 8 × 6. Campbell (1987) spiega questi errori in termini di interferenza: quando una domanda attiva nella memoria di un soggetto più di una informazione, allora le diverse informazioni entrano in competizione e solo quella più forte4 viene richiamata (Anderson et al., 1994). Tale fenomeno si presenta soltanto nei casi di Ele e And, che sono i due soggetti con la formazione matematica più bassa.

Un altro interessante fenomeno riguarda entrambi questi soggetti. Durante l'intervista è stato chiesto a tutti i soggetti di calcolare 12 × 4; poi, dopo qualche altra domanda, è stato chiesto di fornire il risultato di 4 × 12. Per quanto riguarda questo secondo calcolo, tutti i soggetti hanno fatto uso della proprietà commutativa, riconoscendo poi che il risultato era lo stesso del fatto richiamato pochi istanti prima; And e Ele non hanno invece impiegato questa strategia ma hanno calcolato nuovamente il risultato. And ha un comportamento del tutto analogo quando affronta 8 × 6, che calcola raddoppiando il numero 8 e poi sommando 3 volte il risultato ottenuto con se stesso. Tutti gli altri soggetti richiamano il risultato di 6 × 8 che sembra essere più facile da ricordare, probabilmente per via della rima fra il secondo fattore e il risultato. La strategia usata da And richiede molto più tempo (circa 4s) rispetto a quella usata dagli altri soggetti; tuttavia questo non è vero in assoluto: Ele usa la proprietà commutativa ma necessita comunque di molto più tempo degli altri (9s rispetto ai 2s mediamente usati dagli altri).

Non si deve tuttavia pensare che i soggetti che non hanno avuto accesso all'istruzione secondaria superiore non facciano uso di strategie di calcolo basate sulle proprietà della moltiplicazione. Come si è già visto, Ele fa uso sia della proprietà commutativa che di quella distributiva; inoltre And utilizza sempre la proprietà associativa del prodotto, che gli permette di svolgere molto rapidamente alcuni calcoli (come 12 × 4 ottenuto come 12 × 2 × 2), ma lo mette in difficoltà in altri (come 13 × 5 ottenuto come 13 × 2 × 2 + 13). Sicuramente hanno avuto accesso a tutte e tre le proprietà durante la loro formazione, dato che a queste veniva dedicato molto spazio durante la scuola elementare e nella scuola media.5

I tempi di risposta per gli altri prodotti che coinvolgono fattori compresi entro il 10 suggeriscono, invece, che tali fatti aritmetici vengano richiamati direttamente dalla memoria. Un esempio è dato da 7 × 4, al quale quasi tutti rispondono rapidamente e affermando di avere determinato la risposta perché l'informazione era presente in memoria. L'unica eccezione è data da Ele:

 

Int: Puoi dirmi quanto fa 7 per 4?

Ele: Ventotto!

Int: Puoi descrivermi come hai fatto a calcolarlo?

Ele: [ride] Ricordandomi la filastrocca…

Int: Puoi dirmi quale filastrocca?

Ele: Sette, quattordici, ventuno, ventotto…

Int: Ok. Ti sono venute in mente altre risposte oltre a quella che mi hai dato?

Ele: No! [sorride]

Int: Pensi che potrebbero esserci altri modi per arrivare a questo risultato?

Ele: Certo.

Int: Come, ad esempio?

Ele: La tabellina.

 

Di fatto per Ele è importante richiamare l’informazione inserendola tra altre in un determinato ordine (la filastrocca dei multipli di 7), ma la strategia utilizzata non sembra essere di tipo ricostruttivo, dato che Ele ripete rapidamente la filastrocca e non sta quindi svolgendo delle somme ripetute. Ele riesce a richiamare l’informazione soltanto all’interno di una struttura conoscitiva nella quale quell’informazione acquisisce un significato per quanto non strettamente matematico.

Problemi associati ai fatti moltiplicativi

Per ciascuna delle moltiplicazioni risolte è richiesto ai soggetti di indicare degli esempi di situazioni a cui associano tale prodotto. Dalle interviste si può notare che tutti i soggetti, tranne uno, portano sempre esempi di isomorfismi di misure. Nella maggior parte dei casi, nei problemi proposti, la moltiplicazione viene considerata come un'operazione unaria nella quale il secondo fattore è un operatore che agisce sul primo fattore; questo è coerente col modello primitivo della moltiplicazione vista come somma ripetuta (Fischbein et al., 1985). L'esempio più diffuso è quello di determinare il totale di un certo numero di oggetti distribuiti equamente in un certo numero di contenitori o fra un certo numero di persone. Tuttavia questa osservazione non stupisce, dal momento che una delle domande utilizzate richiedeva di esplicitare il modo in cui si sarebbe spiegato il prodotto a un bambino e, in Italia, i problemi di questo tipo sono quelli maggiormente utilizzati nella scuola primaria. Diversamente, sono pochi gli esempi forniti dagli intervistati che riguardano prodotti di misure (ad esempio il calcolo dell'area di un rettangolo) e tali esempi sono forniti solo da soggetti con un grado di istruzione medio-alto (si veda la tabella 2).

Tabella 2
Classificazione dei problemi proposti dagli intervistati

Schermata 2015-03-30 alle 09.50.53

 

Come si può notare, viene fornito un unico esempio di proporzione multipla:

 

Int: Devi dare un problemino a un bambino in cui lui, per risolvere questo problema, deve calcolare 13 per 5. Come lo faresti questo problemino?

Bar: Non lo so, immaginerei intanto che 13 sono i bambini e 5... non lo so, sono i giorni di vacanza in cui vanno a fare gli scout e per ogni giorno si devono procurare un tot di viveri e quindi devono fare una moltiplicazione per trovarla.

 

In generale, gli esempi riportati dai soggetti fanno riferimento a situazioni del proprio quotidiano. Alcuni fanno riferimento alla propria professione, ad esempio Val lavora come cassiera in un supermercato:

 

Val: Beh! Dato che lavoro... contare le bottiglie di birra, mi verrebbe in mente, nel carrello di qualcuno. Visto che siamo vicini all'estate!

 

Altri si riferiscono invece alla situazione domestica e ai propri hobby:

 

Bar: Ad esempio... per riproporzionare il dosaggio di un antiparassitario quando devi andare a fare l'orto […]. I dosaggi non sono mai scritti per quello che devi andare a fare. Lì non dovrai fare solo una moltiplicazione evidentemente, ma dovrai fare una proporzione.

Altri casi notevoli sono quelli che fanno riferimento a problemi interni alla matematica. Ale e Pao, entrambi con un’alta formazione matematica, fanno immediatamente riferimento al calcolo dell'area del rettangolo:

Int: Senti… Dovessi immaginare una situazione in cui può essere utile fare questo calcolo: quale potrebbe essere?

Pao: La prima che mi è venuta in mente... trovare l'area di un rettangolo. Un lato per un altro lato.

 

Entrambi i soggetti sono però in grado di riportare anche esempi legati al quotidiano, come il conteggio di oggetti disposti in schieramento o raggruppati in gruppi uguali, così come il calcolo del prezzo totale di un dato numero di oggetti noto il prezzo del singolo oggetto.

Diversamente, Ele incontra molta difficoltà ad associare dei problemi ai fatti moltiplicativi richiesti:

 

Int: Potresti descrivermi una situazione in cui pensi che sia necessario o utile fare questo calcolo?

Ele: Come? Una situazione... [rimane in silenzio]

Int: Una situazione qualsiasi in cui può essere utile, o anche necessario proprio, fare questo calcolo qui.

Ele: Quello che ho fatto io o fare 7 per 4?

Int: Sette per 4!

Ele: [qualche istante di silenzio] Aspetta [rimane a lungo in silenzio]… Non mi viene in mente nulla.

Int: Una situazione qualsiasi, della vita...

Ele: [silenzio] Se... se devo dividere delle cose.

Int: Fai proprio un esempio concreto, con degli oggetti.

Ele: Ah! Faccio un problema di matematica

 

Del tutto analoga è la situazione per And:

 

Int: Se tu dovessi immaginare una situazione in cui serve fare questo calcolo, in cui può essere utile fare 7 per 4: quale potrebbe essere questa situazione?

And: Eh... 7 per 4... [silenzio] che situazione deve essere?

Int: Una situazione qualsiasi, della vita o... boh! Un contesto in cui può essere utile farlo.

And: A scuola... non so in... una lezione di matematica.

Int: Perché, ad esempio, che cosa potrebbe essere chiesto in una lezione di matematica?

And: Le tabelline! Sette per 4: la tabellina del 7 o la tabellina del 4.

Int: Ti vengono in mente altri esempi di situazioni?

And: No.

 

Come si può notare, entrambi trovano molta difficoltà nell'immaginare un impiego della moltiplicazione al di fuori del contesto prettamente scolastico.

Ele continua l'intervista fornendo esempi molto simili ai classici problemi che compaiono nei libri di testo per la scuola primaria. And, invece, quando viene chiesto di fornire un esempio per il prodotto 13 × 5, richiama una situazione legata alla realtà:

 

Int: Se dovessi invece immaginare una situazione in cui può essere utile fare questo calcolo qui: 13 per 5?

And: Una situazione... mi viene sempre sui banchi di scuola, io non so altro. Poi... come si potrebbe fare? [lungo silenzio] Me lo sono inventato! Quando c'hai 5... c'hai 13 cose che costano 5 euro.

 

Probabilmente la situazione suggerita da And è legata alla sua quotidianità, dato che lavora come macellaio in un supermercato.

Memoria autobiografica dell’apprendimento: mediatori e affettività

Allo scopo di indagare il rapporto fra memoria semantica ed episodica, è stato realizzato l'ultimo blocco di domande relative alla memoria autobiografica. Le risposte a queste ultime domande mostrano una situazione diversa da soggetto a soggetto: alcuni riescono ad associare il periodo dell'apprendimento delle tabelline a un preciso momento della propria vita e a determinati luoghi o persone con estrema sicurezza. Altri, invece, ritengono di averle apprese durante le scuole elementari ma non sono in grado di specificare in quale anno. Tuttavia tutti sanno indicare con discreta certezza il modo in cui hanno memorizzato questi fatti aritmetici: sette soggetti su dieci ricordano di avere ripetuto molte volte le diverse tabelline e cinque intervistati dichiarano, inoltre, di aver fatto ricorso ad alcuni strumenti per la memorizzazione. In particolare Ale sostiene di essersi aiutato con il metro da sarta, mentre gli altri fanno riferimento a una tabella presente nell'interno di copertina del quaderno:

Int: Ti ricordi quando e come hai imparato le tabelline?

Bar: Allora: quando? Sì, alle scuole elementari. Come? Non mi ricordo precisamente... anzi! Mi ricordo che c'erano proprio delle... tipo tabelle, dietro ai quaderni dove... c'era una specie di meccanismo, che ora non ti saprei assolutamente descrivere, per arrivare a fare le varie moltiplicazioni […]. Non so se avevo imparato il meccanismo o se andavo a memoria. Perché io visualizzo molto… quindi quella tabella può essere che io l'abbia talmente visualizzata che era una specie di artifizio meccanico. […]

Durante l'intervista ad Ang, le è stato chiesto di rappresentare su un foglio la tabella a cui, anche lei, faceva riferimento. Ang ha disegnato la tavola pitagorica.

Oltre agli strumenti utilizzati per la memorizzazione, molti soggetti riescono a richiamare stati d'animo e sensazioni associate all'apprendimento delle tabelline. Il ricordo di certi stati d'animo influenza addirittura il comportamento del soggetto durante l'intervista: chi ha avuto difficoltà a memorizzare le tabelline e per questo si è sentito frustrato o inadeguato, manifesta insicurezza e agitazione anche durante l'intervista. Viceversa chi ha avuto soddisfazione nella memorizzazione perché la cosa gli riusciva bene, appare divertito e, in alcuni casi, addirittura spavaldo. Risulta evidente quindi un legame fra alcuni fattori affettivi e la memoria per i fatti aritmetici; tuttavia un'analisi adeguata di questi aspetti richiederebbe molto spazio e, per questo motivo, sarà affrontata in un’altra sede.

Discussione

L'analisi proposta nel paragrafo precedente mette in luce alcuni aspetti della memoria per i fatti aritmetici moltiplicativi. In particolare, la presenza di errori di interferenza suggerisce che la principale strategia usata per determinare il risultato sia il richiamo diretto dalla memoria, ipotesi avvalorata dal fatto che i soggetti adulti privilegiano generalmente questo tipo di strategia piuttosto che le strategie ricostruttive tipiche dei bambini (Siegler, 1988); tuttavia sono messe in atto alcune strategie ricostruttive. Alcune di queste strategie sono legate a significati matematici (proprietà della moltiplicazione), altre ad aspetti fonologici: la filastrocca usata da Ele ne è un esempio.

La classificazione degli intervistati in base alla formazione permette di evidenziare come il numero di errori e il tempo di risposta siano collegati all'esposizione alla matematica durante la formazione di base e superiore. In particolare i soggetti che non hanno avuto accesso alla formazione secondaria di secondo grado sono gli unici a commettere errori. Nel periodo in cui i soggetti intervistati hanno frequentato la scuola dell'obbligo, la memorizzazione dei fatti aritmetici e l'apprendimento delle proprietà della moltiplicazione erano oggetto di studio durante la scuola elementare e la scuola media. La totalità dei soggetti è stata quindi esposta all'insegnamento di tali contenuti.

Una possibile spiegazione delle prestazioni dei soggetti che hanno ricevuto un'ulteriore formazione matematica può essere data a partire dall'idea di conoscenza marginale così come introdotta da Bahrick e Phelps (1994), intesa come l'insieme delle informazioni che un individuo ha acquisito in passato ma non è più in grado di richiamare. I due autori notano che la ripetizione dell'apprendimento di materiale marginale risulta più duratura dell'accesso acquisito a un materiale ugualmente difficile ma prima non familiare, indipendentemente dal fatto che l'individuo lo riconosca come tale. I soggetti che hanno continuato la loro formazione matematica hanno dovuto richiamare le loro conoscenze sui fatti aritmetici che costituivano per loro materiale noto o marginale. In entrambi i casi, il risultato di tale richiamo è il consolidamento dell'appreso in termini di più rapida ed efficace accessibilità alle informazioni memorizzate.

Si è notato inoltre che le diverse proprietà della moltiplicazione intervengono nel richiamo dei fatti moltiplicativi. Nella tabella 3 è riassunto l'uso delle proprietà fatto dai diversi soggetti intervistati.

Tabella 3
Proprietà della moltiplicazione usate dagli intervistati

Schermata 2015-03-30 alle 10.24.11

 

Come si può notare la proprietà commutativa è usata da tutti i soggetti, seppure non in tutte le domande. Nel paragrafo precedente si è visto come Ele e And abbiano avuto più difficoltà a richiamare il prodotto 8 × 6 non utilizzando questa proprietà. Tale risultato avvalora la tesi di Butterworth et al. (2003), i quali sostengono che l'organizzazione delle conoscenze relative ai fatti aritmetici cambia nel tempo e dipende anche da tale proprietà. In tale articolo si afferma anche che, quando viene presentato un prodotto, la forma “fattore maggiore per fattore minore” consente una risposta più rapida. Nelle interviste effettuate questo appare vero nel caso di 12 × 4, ma il caso di 8 × 6 costituisce un contro-esempio per tale conclusione. Questo suggerisce l’ipotesi che anche alcuni aspetti fonologici (come la rima fra 6 × 8 e 48) incidano nell’organizzazione dei fatti memorizzati.

Non sembra invece esserci un legame diretto fra l'uso di una particolare proprietà e il livello di formazione; quest'ultimo sembra invece essere collegato a una scelta strategica della proprietà da usare: fra i soggetti che utilizzano la proprietà associativa, And è l'unico che la adopera anche in casi in cui risulta svantaggiosa.6 La persistente scelta della proprietà associativa è interpretabile come azione stereotipata che il soggetto attiva in uno specifico contesto (in questo caso nel calcolo delle moltiplicazioni) definibile anche come script (Schank e Abelson, 1977) o schema pragmatico (Nunes et al., 1993).

Relativamente alla quantità e alla varietà di situazioni problematiche associate alla moltiplicazione si nota che queste sono più ampie nei soggetti con alta formazione matematica. Molti soggetti inventano o richiamano situazioni a partire da accadimenti del loro quotidiano (professionale e non); in accordo con Karsenty (2002) si nota che “non ripetono del materiale memorizzato ma lo ricostruiscono a partire dalla loro visione personale”, cioè, aggiungiamo, sia a partire dalle informazioni presenti in memoria che dalle loro convinzioni.

In generale si può notare che le informazioni appartenenti alla memoria semantica non sono completamente separate da quelle della memoria episodica. C'è una relazione fra le situazioni vissute che vengono associate da un soggetto a un concetto matematico e la capacità di costruire tali relazioni sembra essere dipendente dal livello di formazione del soggetto. In particolare, in questo contesto, i soggetti con bassa formazione (And e Ele) rimangono strettamente legati al contesto scolastico; i soggetti con formazione maggiore (si vedano gli esempi di Val e Bar), invece, riescono ad associare alcuni contesti legati alle loro esperienze di vita reale (informazioni della memoria episodica) con la loro concezione di moltiplicazione (memoria semantica).

L’alto numero di riferimenti alla tavola pitagorica come strumento per la memorizzazione suggerisce che questa abbia avuto un ruolo importante durante l’apprendimento. Usando le parole di Vygotskij (1978), la tavola pitagorica può avere agito in passato, per molti soggetti, come un mediatore nel senso che

 

il segno esterno che i bambini in età scolastica richiedono è stato trasformato in un segno interno prodotto dall'adulto come mezzo per ricordare […]. Nel caso dell'adulto il processo di memorizzazione mediata è talmente evoluto che occorre anche in assenza dell'aiuto esterno.

 

Il fatto che la tavola pitagorica possa avere un ruolo nell'organizzazione dei fatti aritmetici moltiplicativi in memoria è evidenziato in letteratura dalla rilevazione dei cosiddetti table errors (McCloskey et al., 1991), ossia gli errori dovuti all'interferenza del risultato di un fatto che non condivide nessuno dei due fattori ma si trova all'interno della tavola pitagorica in una posizione vicina a quella del fatto richiesto. Tuttavia, oltre all'osservazione di questo fenomeno, non si hanno ulteriori dati che indichino quale ruolo possa avere questo artefatto nella memorizzazione, pertanto questa domanda rimane aperta.

Conclusioni

In accordo con Conway et al. (1991), si è notato che i risultati di alcuni fatti aritmetici sono richiamati direttamente dalla memoria. Si nota che, in generale, in memoria sono contenuti alcuni fatti aritmetici di per sé, insieme a informazioni utili a ricostruirne altri, eventualmente in modo scorretto nel caso di interferenze. Il modello di organizzazione della memoria suggerito da queste evidenze è quello di una rete di informazioni che varia nel tempo anche in base alle conoscenze acquisite, così come suggerito dal già citato lavoro di Butterworth et al. (2003).

In questo processo di cambiamento dell'organizzazione della memoria potrebbero rivestire un ruolo importante alcuni stimoli che, in accordo con Vygotskij (1978), fungono da mediatori per la memorizzazione. In particolare la tavola pitagorica, citata da diversi intervistati, sembra essere un buon candidato come mediatore per la memorizzazione dei fatti aritmetici moltiplicativi elementari. Quali possano essere altri buoni mediatori per la memorizzazione a lungo termine è una questione da indagare.

L’analisi proposta mette in luce due principali differenze fra le prestazioni dei soggetti con diverso livello di formazione matematica. I soggetti con alta formazione matematica dimostrano maggiori competenze strategiche soprattutto sul piano metacognitivo. Inoltre, si è rilevato come i soggetti con bassa formazione non siano in grado di associare la matematica appresa fra le mura scolastiche ai contesti della vita quotidiana. Uno dei principali effetti dell’istruzione matematica sembra quindi essere il miglioramento della capacità di transfer, non solo ad altri problemi matematici ma anche alle situazioni del quotidiano. In analogia con il costrutto di Lave (1988) si può affermare che la capacità di associare alle tabelline diversi problemi rende questa conoscenza una cognizione messa in pratica; per i soggetti con bassa formazione le tabelline rimangono soltanto una cognizione teorica.

Questi risultati avvalorano, in particolare per la scuola del primo ciclo, la tesi di Pellerey (1984) secondo il quale

 

compito della scuola non è solo quello di promuovere l’acquisizione di conoscenze (fatti, concetti, principi, procedimenti, ecc.), ma anche quello di favorire una loro organizzazione interna a un tempo gerarchicamente ben strutturata e reticolarmente connessa. In termini più vicini alla sensibilità degli insegnanti, quest’ultimo compito significa stimolare la capacità di collegare in modo valido e produttivo conoscenze e abilità sviluppate in contesti differenti, soprattutto se esse sembrano stabilmente inscritte in settori separati della struttura cognitiva.

 

Infine, come già accennato nell'introduzione, in base ad alcuni dei risultati ottenuti nelle interviste, per il futuro appare necessaria un'analisi approfondita dei fattori volitivi e affettivi: le interviste mettono in evidenza che gli stati d’animo provati nelle prime fasi dell’apprendimento hanno influenza anche in età adulta, ma appare necessario approfondire quali siano i legami fra ansia, convinzioni e memorizzazione.

Bibliografia

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Note 

1 Corsivo aggiunto dall'autore.

2 Traducibile in italiano come “memorizzazione meccanica”.

3 Per una definizione di fatto aritmetico, nonché delle possibili reti di relazioni fra informazioni memorizzate, si rimanda alle sezioni successive.

4 Le variabili che definiscono la forza dell'associazione fra due informazioni sono molteplici. Questa può infatti dipendere dal numero di volte in cui le due informazioni sono state richiamate insieme, dalla prossimità dell'ultimo richiamo, dalla particolarità di un episodio in cui tale associazione è stata fatta o dallo stato del soggetto. Per una descrizione più ampia del fenomeno si rimanda al testo di Baddeley et al. (2011, pp. 249 e segg.).

5 Il range di età dei soggetti è stato scelto in modo tale che tutti quanti avessero iniziato la scuola elementare prima dell'avvento dei nuovi programmi del 1985. Pertanto si faccia riferimento ai programmi del 1955 per quanto concerne la scuola elementare e del 1979 per la scuola media.

6 Si veda l'esempio di 13 × 5 nella sezione precedente.

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