Vol. 22, n. 3, settembre 2023

Prospettive e modelli internazionali

Prospettive evolutive, ecologiche ed eque? L’Universal Design for Learning come approccio a una reale didattica inclusiva1

La progettazione di un curricolo inclusivo: linee di ricerca in Spagna e in Italia

Elena Malaguti,2Maria Antonietta Augenti2 e Carmen Alba Pastor3

Sommario

Il presente articolo scaturisce da una collaborazione di ricerca in atto con il Dipartimento di Studi Educativi, della Facoltà di Educazione-Centro di formazione degli insegnanti, dell’Università Complutense di Madrid, al fine di comprendere in che misura la prospettiva universale all’apprendimento possa ridurre le diseguaglianze, offrire pari opportunità ed eque a tutti gli studenti, compresi gli allievi con disabilità.

Esso si pone l’obiettivo di presentare, come prima analisi, i principi, le Linee Guida e i Punti di Verifica del modello Universal Design for Learning (UDL), elaborate dal CAST nella recente versione del 2018, come strumento utile a una progettazione inclusiva secondo l’ottica della didattica e pedagogia speciale, e come modello operativo per l’identificazione delle barriere all’apprendimento nella pianificazione del curricolo scolastico.

Parole chiave

Equità, Disabilità, Universal Design for Learning (UDL), Didattica multimodale, Resilienza.

INTERNATIONAL MODELS AND PERSPECTIVES

Evolutionary, Ecological and Fair Perspectives? Universal Design for Learning as an Approach to Real Inclusive Teaching

The Design of an Inclusive Curriculum: Lines of Research in Spain and Italy

Elena Malaguti,4Maria Antonietta Augenti,1 and Carmen Alba Pastor5

Abstract

This article is the result of a research collaboration with the Department of Educational Studies, the Faculty of Education - Teacher Training Centre at the Complutense University of Madrid, in order to understand how a universal perspective to learning can reduce inequalities and offer equal opportunities for all students, including students with disabilities. In this paper we will present the principles, guidelines and checkpoints of the Universal Design for Learning (UDL) model, developed by CAST in the recent version from 2018, as a useful tool for inclusive design according to the special pedagogy and didactic approach, and as a working model for the identification of learning barriers in school curriculum planning.

Keywords

Equity, Disability, Universal Design for Learning (UDL), Multimodal didactic, Resilience.

Introduzione

A partire dalla pubblicazione del documento Guidelines for Inclusion (UNESCO, 2005), l’Educazione Inclusiva (EI) è diventata una delle questioni che ha ricevuto maggiormente attenzione nelle politiche educative dell’Unione Europea. Sia il Consiglio Europeo che la Commissione hanno generato numerose raccomandazioni volte ad avviare azioni volte a migliorare l’educazione per tutti e le competenze degli insegnanti, considerate determinanti in questo compito, in una prospettiva inclusiva.6

Questa preoccupazione si basa anche sulle evidenze fornite, tra l’altro, dai risultati di studi internazionali, come i dati dei rapporti Pisa (OCSE Pisa, 2016; 2018) e del Monitor dell’Educazione e della Formazione della Commissione Europea (UNICEF, 2018; Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, 2021), in cui vengono evidenziati il rapporto tra le disuguaglianze educative e il contesto socioeconomico degli studenti e le strategie per il contrasto alla dispersione scolastica.

Secondo lo studio OCSE Pisa, gli studenti provenienti da famiglie più povere hanno tre volte più probabilità di ottenere risultati peggiori rispetto ai loro coetanei che provengono da un contesto familiare più ricco anche da un punto di vista educativo; inoltre, gli studenti di origine migrante hanno più del doppio delle probabilità di avere un rendimento scolastico inferiore rispetto agli altri studenti. Nel caso della popolazione migrante, sebbene sia riconosciuto il ruolo rilevante dell’istruzione nella sua integrazione, la situazione in termini di risultati educativi rispetto a quelli nati nel Paese d’origine rimane svantaggiata (Commissione Europea, 2017).

Nella situazione attuale il sistema educativo e scolastico sembra contribuire a perpetuare i divari sociali e le disparità, o almeno non produce gli effetti desiderati sulla loro eliminazione. Per questo motivo sono state adottate iniziative volte a trasformare i sistemi educativi al fine di migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini e tendere, in questo modo, alla promozione di società coese, capaci di rispettare le differenze e fondate su principi di accessibilità (Malaguti, 2023).

Di particolare interesse è la Raccomandazione del Consiglio sui valori comuni, sull’educazione inclusiva e la dimensione europea dell’insegnamento (Consiglio europeo, 2018), adottata da tale organo il 22 maggio 2018, con due obiettivi molto rilevanti per la formazione iniziale degli insegnanti: promuovere una formazione più inclusiva e sostenere gli insegnanti e l’insegnamento.

La EI è diventata un approccio per tutti gli insegnanti alla formazione iniziale: «Per ottenere società più coese, è indispensabile garantire in modo efficace la parità di accesso a un’istruzione inclusiva di qualità per tutti, comprese le persone di origine migrante, le persone provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati e le persone con esigenze o disabilità particolari, conformemente alla convenzione sui diritti delle persone con disabilità» (Consiglio Europeo, 2018, p. 3). Una sfida, questa, che chiama in causa azioni di ricerca congiunte anche fra Paesi dell’Unione Europea che intendono attualizzare approcci tesi a promuovere processi di insegnamento e apprendimento fondati su principi democratici e di accessibilità.

Il presente articolo scaturisce da una collaborazione di ricerca in atto con il Dipartimento di Studi Educativi, della Facoltà di Educazione-Centro di formazione degli insegnanti, dell’Università Complutense di Madrid,7 al fine di comprendere in che misura la prospettiva universale all’apprendimento possa ridurre le diseguaglianze, offrire pari opportunità ed eque per tutti gli studenti compresi gli allievi con disabilità.

Il contributo si pone l’obiettivo di presentare, come prima analisi, i principi, le Linee Guida e i Punti di Verifica del modello Universal Design for Learning (UDL), elaborate dal CAST nella recente versione del 2018, come strumento utile a una progettazione inclusiva secondo l’ottica della didattica e pedagogia speciale, e come modello operativo per l’identificazione delle barriere all’apprendimento nella pianificazione del curricolo scolastico. Attraverso una sintesi di alcune evidenze scientifiche emergenti dalle ricerche in merito all’applicazione di questo approccio, si evidenzieranno i principali risultati in merito alla percezione degli studenti e si presenterà l’applicazione del modello UDL in Spagna come ambito di ricerca nel campo dell’educazione e della didattica inclusiva.

Prospettive evolutive, ecologiche ed eque

Attualmente gli allievi con disabilità nelle scuole italiane sono circa 316.000 (+5% rispetto all’a.s. 2021-22), ma «la situazione di full inclusion radicale, con l’alunno disabile sempre in classe è in sofferenza; la situazione reale fotografa una frequenza mista, dentro e fuori la classe; mentre la percentuale degli alunni che trascorrono molto tempo fuori dalla classe è aumentata in maniera significativa, la maggioranza o la totalità del tempo fuori, appare ancora una prassi radicata» (SIPES, 2023). Oggi gli insegnanti, gli educatori, i pedagogisti sono chiamati a operare in contesti sempre più sfidanti sotto il profilo delle differenze che accompagnano tutti gli studenti. A queste è indispensabile rispondere in modo efficace, da un punto di vista sia teorico, sia pratico (Cottini, 2017).

La prospettiva dell’inclusione amplia la platea dei bisogni educativi speciali e prende in considerazione tutti gli alunni: gli interventi educativi speciali diventano ordinari, a beneficio di tutti, secondo un approccio multidimensionale, teso a rimuovere gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione (Carlini, 2015). Inoltre, essa coinvolge tutti gli attori della scuola (dirigenti, docenti, alunni, famiglie) e del territorio (comune, aziende sanitarie locali, terzo settore), in un’ottica di condivisione di responsabilità del processo inclusivo (Canevaro et al., 2011) e dell’intera organizzazione scolastica, dove gli insegnanti sono chiamati a progettare contesti in grado di favorire la partecipazione, il benessere e il successo scolastico di ciascun alunno/a.

L’approccio italiano all’integrazione rappresenta da oltre 40 anni uno dei sistemi scolastici più inclusivi in grado di consentire, grazie alla presenza anche di allievi con gravi deficit all’interno delle classi, l’avvio di processi di coevoluzione a beneficio di tutti (Canevaro, 2015), e grazie anche alla presenza della figura dell’insegnante di sostegno presente all’interno delle nostre classi. La scuola inclusiva ha però bisogno di figure professionali competenti e di una didattica realmente inclusiva, che valorizzi in ogni modo le differenze di tutti gli alunni e le alunne (compresi quelli con alti profili di funzionamento), con proposte che sappiano mettere in relazione i bisogni, le risorse e i talenti, attraverso una collaborazione attiva tra insegnanti curricolari e insegnanti specializzati di sostegno.

Secondo Alivernini, Manganelli e Lucidi (2016, p. 28), la scuola dovrebbe garantire pari opportunità di successo a tutti. In Italia i dati di ricerca mostrano però che il raggiungimento di un livello elevato di competenze è fortemente influenzato da variabili che sono estranee all’impegno degli studenti e che sono al di fuori del loro controllo. Le risorse economiche, culturali e sociali della famiglia di provenienza e della scuola che si frequenta, il tasso di sviluppo della regione in cui si abita, l’essere maschi o femmine sono, ad esempio, tutti fattori che influenzano, in alcuni casi drammaticamente, la probabilità di avere successo da un punto di vista formativo. Il fatto che questi elementi non siano oggetto di scelta o, di realistica modificazione da parte degli studenti, pone un problema di equità: per il semplice motivo di avere caratteristiche e contesti diversi, alcuni gruppi di giovani partono svantaggiati.

Provare a rendere più giusto il nostro sistema educativo e formativo, in particolare in una situazione di carenza di risorse come quella che caratterizza l’Italia in questo momento storico, significa identificare dei fattori protettivi dallo svantaggio, su cui sia possibile un’azione efficace da parte della scuola e degli insegnanti, anche nei contesti territoriali, scolastici e familiari di maggior disagio economico, sociale e culturale (Alivernini, Manganelli e Lucidi, 2017, p. 28).

Sono presenti analisi e ricerche che considerano il costrutto della resilienza (Malaguti, 2020) come particolarmente efficace qualora venga utilizzato in funzione di mediatore interdisciplinare fra aree (psicosociali, ambientali, neuroscientifiche, pedagogiche e didattiche) e collocato all’interno di una cornice di interdipendenza e interconnessione, poiché può sollecitare alcune domande costitutive da parte dei vari settori coinvolti nelle ricerche e nelle pratiche formative.

Dall’analisi della letteratura scientifica, nel campo dell’educazione, le ricerche e le pratiche applicative sulla resilienza in riferimento ai processi di inclusione educativa, seppur recenti, stanno aumentando anche se non hanno ancora assunto un corpus teorico organico.

Una prima direzione di ricerca riflette sul ruolo dell’educazione rispetto al sostegno che essa può dare nel costruire processi di resilienza personale e familiare. Primi risultati interessanti (OECD, 2016), prodotti da differenti ricercatori, si desumono dal rapporto italiano dell’indagine internazionale PISA (Programme for International Student Assessment), promossa dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) con periodicità triennale per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati. Lo studio degli studenti resilienti si inquadra, in termini più generali, nell’ambito del dibattito sull’equità del sistema scolastico italiano.

L’indagine mostra come vi sia un numero piuttosto significativo di studenti che, nonostante la loro provenienza da contesti familiari socio-economicamente svantaggiati, riescono a ottenere buoni risultati. Secondo Agasisti e Longobardi (2016), questi studenti possono rappresentare non solo casi isolati e/o «storie di speranza», ma anche esempi a partire dai quali indagare quali fattori favoriscono la capacità di ottenere risultati scolastici migliori.

Gli autori sottolineano inoltre che, mentre la letteratura tende a mostrare una (al più) scarsa relazione tra risorse delle scuole e risultati medi degli studenti, lo stesso non sembra valere quando si focalizza l’attenzione sugli studenti svantaggiati: infatti, questi ultimi hanno una probabilità maggiore di divenire resilienti quando frequentano scuole con risorse quantitativamente e qualitativamente migliori.

In questo quadro, il divario di risorse disponibili tra Nord e Sud (in particolare, lo stato delle strutture e le dotazioni informatiche) può accentuare, anziché ridurre, le differenze in termini di equità. Inoltre il risultato relativo alle attività extracurricolari merita una particolare attenzione. Se, infatti, la presenza di una maggiore quantità (e, si suppone, qualità) di queste attività è positivamente correlata con la probabilità di uno studente di essere resiliente, è ragionevole rilanciare un dibattito sulla tipologia approcci didattici che meglio rispondono alle esigenze del nostro sistema scolastico.

Una conclusione a cui arrivano Agasisti e Longobardi (2016) è che tra i fattori che incidono sulla probabilità di divenire «studenti resilienti» vi sono sia caratteristiche individuali (quali la motivazione, la passione per lo studio, ecc.), che fattori ambientali legati all’organizzazione della scuola, al modello utilizzato, alle strategie metodologiche didattiche. In questo senso, le scuole possono fare la differenza e occorre metterle nella condizione di poter svolgere al meglio quelle attività che sembrano positivamente correlate a un aiuto fattivo agli studenti svantaggiati.

Secondo i suddetti autori il dibattito sull’autonomia scolastica e sulle competenze dei dirigenti scolastici dovrebbe essere alimentato anche da questo insieme di riflessioni ed evidenze (Agasisti e Longobardi, 2016, p. 20). Tali conclusioni si sposano con l’idea, emergente in letteratura, che propende per un modello ecologico e sociale allo sviluppo umano da far sottendere allo studio della resilienza.

In particolare, rispetto alla scuola, le variabili che concorrono alla riuscita o meno del successo scolastico sono interdipendenti dalle opportunità e dai vincoli che non sono modificabili dagli studenti poiché dipendono da principi, da stili relazionali, dalle risorse disponibili, dalle metodologie didattiche utilizzate e dal modello organizzativo.

Se si attribuisce solo agli allievi il successo scolastico è molto probabile che studenti che vivono condizioni di vulnerabilità non riescano a raggiungere esiti positivi. A tal fine sarebbe fondamentale implementare ricerche che focalizzino l’attenzione sulle traiettorie evolutive degli studenti e sui fattori che permettono di conseguire maggiori o minori risultati in riferimento ai contesti territoriali.

In questa nuova prospettiva dell’inclusione educativa, dove la diversità è vista come unicità e originalità di ciascun soggetto, uno degli orientamenti internazionali che sottolinea la variabilità individuale è l’approccio dell’Universal Design for Learning (UDL; CAST, 1995).

Di fronte alla sfida dell’educazione inclusiva, come chiave per un’educazione di qualità, sorge la necessità di adottare e sperimentare nuovi approcci, come questo, che fungano da ispirazione per il processo di insegnamento-apprendimento, ma che mettano a disposizione anche risorse per metterlo in pratica.

Universal Design for Learning e curricolo inclusivo

Il termine Universal Design fu coniato negli anni ’80 dall’architetto Ron L. Mace della North Carolina State University con l’intento di progettare ambienti fisici, prodotti e strumenti che potessero essere utilizzati dal maggior numero di persone, considerando in anticipo le differenze che caratterizzano gli individui, indipendentemente dall’età, dalle abilità o dalle condizioni personali (CAST, 2011).

Un esempio di Universal Design (UD) è lo scivolo del marciapiede: inizialmente era stato pensato per le persone con disabilità, ma nel tempo è stato utilizzato anche da genitori con passeggini, da bambini su skateboard e biciclette e da persone che trasportano bagagli su ruote. Questa caratteristica progettuale, inserita per rendere i marciapiedi più accessibili alle persone con disabilità, è andata a vantaggio di tutti gli utenti. Ne deriva quindi che edifici, ambienti e oggetti dovrebbero essere progettati per accogliere tutte le persone indipendentemente dalle loro caratteristiche, dalle loro esigenze fisiche, emotive e cognitive.

L’obiettivo di questo paradigma è di considerare, fin dai primi momenti d’ideazione di una struttura o di un oggetto, il diritto di tutti ad accedere e usufruire di quella determinata struttura e/o oggetto, in relazione all’uguaglianza delle opportunità (Sen, 1986).

I principi dell’UD sono stati adottati in campo educativo nel 1995 dal CAST (Center for Applied Special Technology), un ente di ricerca non-profit e di sviluppo fondato da Anne Meyer e David H. Rose, che inizialmente, attraverso l’uso di specifiche tecnologie, proponevano soluzioni innovative per l’apprendimento degli studenti con disabilità, con lo scopo di migliorare l’accesso all’istruzione per tutti gli studenti, dando così vita all’Universal Design for Learning (UDL).

Questo approccio intende quindi valorizzare le individualità e ha come obiettivo l’eliminazione di tutte le etichette che contraddistinguono gli alunni al giorno d’oggi (alunni disabili, alunni con DSA, ecc.), e che spesso costituiscono il primo ostacolo da superare per sviluppare una reale inclusione. Secondo il CAST, infatti, non c’è omogeneità tra gli studenti, in quanto «in ambienti di apprendimento come scuole e università, la variabilità individuale è la norma, non l’eccezione» (CAST, 2006).

L’UDL è definito come un quadro scientificamente valido per guidare la pratica educativa perché fornisce flessibilità nelle forme in cui le informazioni sono presentate, nelle modalità in cui gli studenti dimostrano le loro conoscenze e competenze, e nei modi in cui gli studenti vengono motivati e coinvolti nel proprio processo di apprendimento. Inoltre, riduce gli ostacoli all’istruzione, apporta adattamenti adeguati, supporta le sfide e mantiene alte le aspettative delle performance per tutti gli studenti (CAST, 2006, p. 6).

L’obiettivo principale è rendere l’apprendimento accessibile a tutti, offrendo pari opportunità di poter agire e costruire conoscenza (Arduini, 2020). Questo può essere possibile attraverso la costruzione di curricoli flessibili e progettati proattivamente, intenzionalmente e sistematicamente (Meyer, Rose e Gordon, 2014), già in fase di progettazione, evitando così adattamenti e cambiamenti successivi, e che tengano conto delle differenze di tutti gli alunni, compresi gli alunni con disabilità, nelle diverse parti che lo compongono: obiettivi, metodi, materiali, valutazione (Savia, 2016). Infatti, il CAST sottolinea che i curricoli sono spesso costruiti secondo il concetto di on size for all (CAST, 2006), quindi secondo un’unica dimensione alla quale tutti gli studenti devono adattarsi e fare riferimento.

I curricoli inflessibili e secondo una «taglia unica» generano negli studenti barriere non intenzionali, ma dannose per l’apprendimento (CAST, 2018), risultando rigidi e poco adattabili, e generando così una barriera all’apprendimento anche per quegli studenti con disturbi dell’apprendimento o difficoltà, o con competenze «elevate», definiti gifted (Zanetti, 2017), non tenendo conto della loro unicità. La vera sfida non è modificare o adattare dei curricoli per gli alunni considerati «speciali», ma di prevederlo in modo efficace sin dall’inizio per tutti.

L’UDL si basa su una serie di Principi (3), Linee Guida (9), Punti di Verifica (31) (CAST, 2018), per la progettazione e lo sviluppo di percorsi che garantiscano la massima flessibilità negli obiettivi didattici, nei metodi, nei materiali e nella valutazione, al fine di ottimizzare le opportunità di apprendimento per tutti gli individui (Savia, 2016). Pilastro dell’Universal Design for Learning è la concezione che la diversità è una condizione di base: infatti, oltre a differenze che sono immediatamente visibili ve ne sono altre più sfumate e profonde, come dimostrano le ricerche effettuate nell’ambito delle neuroscienze (Immordino-Yang e Fischer, 2009). Proprio da queste ricerche, effettuate nell’ambito della psicologia dello sviluppo e della psicologia cognitiva (CAST, 2006, 2011; Meyer, Rose e Gordon, 2014; Rose e Gravel, 2010), deriva il quadro di riferimento.

Nell’ambito della variabilità interindividuale dei processi di apprendimento, l’UDL individua tre principali reti neurali interconnesse (CAST, 2018) nel processo di apprendimento (Rose e Meyer, 2002):

  • le reti affettive, il «perché» nell’apprendimento, situate nella parte centrale del cervello, relative al significato personale che il soggetto attribuisce alle informazioni elaborate;
  • le reti di riconoscimento, il «cosa» nell’apprendimento, relativa alla componente percettiva, all’acquisizione delle informazioni e alla loro elaborazione;
  • le reti strategiche, il «come» nell’apprendimento, relative all’organizzazione e all’applicazione delle conoscenze.

Questa divisione delle reti neurali (figura 1) ci permette di comprendere un fenomeno complesso in modo sistematico: esse funzionano sempre insieme, come un organismo generale, ma la loro separazione e le relative funzioni per le quali sono specializzate ci permettono di ottenere informazioni sulle modalità e sulle variabilità di apprendimento degli studenti. Inoltre, come sottolineato da Meyer, Rose e Gordon (2014), questi tre gruppi di reti neurali che stanno alla base dell’apprendimento sono legati ai tre prerequisiti in relazione al linguaggio, identificati molti anni prima da Vygotskij (1973) e poi da Vygotskij e Lurija (1987): coinvolgimento nel compito, riconoscimento delle informazioni e strategie di elaborazione; o ai tre ambiti della classificazione nella tassonomia di Bloom (ambito cognitivo, ambito affettivo e ambito psicomotorio).

Le reti neurali sono considerati gli assi per organizzare il modello UDL e permettono di raggruppare gli elementi che sono legati a ogni dimensione dell’apprendimento (Rose e Meyer, 2002). Per ognuna di queste reti, sono stati formulati i Principi; per ciascuno di essi le Linee Guida e i relativi Punti di Verifica.

Figura 1

Modello UDL (CAST,2018), http://udlguidelines.cast.org/binaries/content/assets/udlguidelines/udlg-v2-2/udlg-graphicorganizer-v2-2-italian-nonumbers.pdf.

UDL: I principi, le Linee Guida e i Punti di Verifica

Ci sono tre principi fondamentali basati sulla ricerca neuroscientifica che guidano l’UDL e forniscono il quadro sottostante per le Linee guida. Le Linee Guida sono organizzate secondo i tre principi fondamentali dell’UDL (CAST, 2011, 2018), secondo la seguente disposizione: Principio - Linea Guida - Punto di verifica. Le Linee Guida non sono da intendere come «prescrittive», ma come una serie di strategie da utilizzare nella progettazione del curricolo, non a uno solo dei suoi aspetti, per pianificare appunto obiettivi, metodologie, materiali e metodi di valutazione (Savia, 2016), al fine di rendere l’apprendimento accessibile a tutti e tutte.

Di seguito riporteremo i Principi, con le corrispondenti Linee Guida e Punti di Verifica (CAST, 2018), che possono guidare, secondo questa scansione, la progettazione curricolare dell’équipe docente. I punti di verifica corrispondono a proposte specifiche per lavorare sui diversi aspetti raggruppati in ogni Linea Guida e possono essere utilizzati anche non in sequenza.

Nella pianificazione curricolare, l’insegnante dovrà individuare le barriere presenti e riflettere sulle componenti che riguardano il curricolo scegliendo tra le Linee Guida e aiutandosi con i Punti di Verifica, andando a includere tutti e tre i principi UDL. Nel presentare in dettaglio l’impianto, specifichiamo che l’ordine in cui sono collocati i principi da sinistra a destra è cambiato dalla prima formulazione (CAST, 2011) alla versione attuale, che corrisponde alla versione 2.2 pubblicata dal CAST nel 2018.

I. Principio: Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento

La componente affettiva è un elemento cruciale e rilevante nei processi di apprendimento, ed è responsabile delle nostre preferenze, nel riconoscere l’ambiente interno ed esterno, nello stabilire priorità, nel generare emozioni e nel sentirsi coinvolti nell’apprendimento (Meyer, Rose e Gordon, 2014). Essa, è sempre più identificata da fattori come la motivazione, il coinvolgimento, la determinazione o l’autoregolamentazione.

Gli studenti differiscono molto nei modi in cui possono essere coinvolti o motivati ad apprendere; inoltre ci sono molteplici fattori che influenzano la variabilità individuale affettiva, come fattori neurologici e culturali, l’interesse personale, la soggettività, le conoscenze pregresse, assieme ad altri fattori presentati nelle Linee Guida. In realtà, non esiste un unico mezzo che sia ottimale per tutti gli studenti in tutti i contesti, per questo è fondamentale fornire molteplici forme di coinvolgimento, che attivino la rete affettiva.

A tal fine sono proposte tre Linee Guida:

  1. Fornire soluzioni per attirare l’interesse (7), per le quali è importante offrire la possibilità di scegliere, avere autonomia e svolgere attività rilevanti per gli studenti. Gli studenti differiscono in modo significativo da ciò che attira la loro attenzione e motiva il loro interesse. Queste preferenze posso variare nel tempo e in base alle circostanze, anche nello stesso studente, e non sono qualcosa di fisso (Antibi, 2005). Nei contesti educativi, risulta fondamentale, quindi, dare la possibilità di scegliere non gli obiettivi da raggiungere o i contenuti del curricolo, bensì alcuni elementi, ad esempio quale attività scegliere, come lavorare, con chi (CAST, 2018). Dare la possibilità di essere coinvolti durante la progettazione di un compito, di sceglierlo o di scegliere il modo in cui svolgerlo (video, fotografie, saggio, poesia, ecc., in modo individuale o in gruppo; con una presentazione orale o scritta) favorisce interesse e autonomia. L’autonomia è una competenza cruciale in ogni processo di insegnamento-apprendimento e, come sottolineato da Pérez-Gómez (2012, 2014), uno dei compiti della scuola dovrebbe essere quello di sviluppare negli studenti la capacità di pensare da soli. Per questo bisogna creare spazi che potenzino il proprio pensiero, l’autodeterminazione e una maggiore consapevolezza fra conoscenza, sapere e cultura. Pertanto, il fatto di dare agli studenti la possibilità di selezionare, disporre di metodi e strategie alternative, che rispondono alle differenze intra e interindividuali, favorire contesti inclusivi e partecipativi attira l’interesse, sviluppa autonomia nel proprio processo di apprendimento e aumenta la probabilità che gli studenti si sentano coinvolti, favorendo così la motivazione. Si tratta di spiegare fin dall’inizio e in modo chiaro l’obiettivo dell’attività, che cosa viene loro richiesto (lo scopo), chiarendo ogni sequenza di lavoro. In questo modo, possono scegliere come sviluppare l’attività partendo dalle loro conoscenze pregresse e sentendosi coinvolti in modo autonomo (perché sanno come fare e sentono di poterlo fare), diventando a poco a poco consapevoli dei loro progressi mentre lavorano, connettendosi con il loro apprendimento, le loro emozioni e le loro capacità. Per fare questo è importante offrire opzioni di diversa natura e in momenti diversi dell’attività, come ad esempio variare sia i tempi di consegna del compito sia le attività nella stessa lezione, utilizzare diversi strumenti, partecipare solo ad alcune o a tutte le attività, coinvolgendoli così nella scelta dei propri obiettivi personali, educativi e didattici, riconoscendoli e sostenendoli in modo che diventino consapevoli dei loro limiti e delle loro potenzialità, come parte del processo di apprendimento. Secondo questa Linea Guida e i relativi punti di verifica, è fondamentale fornire varie opzioni agli studenti ed evidenziare l’utilità e l’attinenza all’apprendimento attraverso attività significative e autentiche. Quali strategie attivare? Ad esempio si possono utilizzare alcuni strumenti che attivino le conoscenze pregresse, come ad esempio l’uso di immagini motivanti, «vicine» agli studenti, video, uso di app già utilizzate da loro, che aiutano gli insegnanti a presentare l’argomento in modo familiare e contestualizzarlo nella vita reale degli studenti; dedicando successivamente uno spazio al dialogo e al confronto in gruppi o in assemblee (CAST, 2018). Un’altra strategia potrebbe essere quella di utilizzare dei centri di interesse e di ricerca. Organizzare la classe in gruppi, attuando un progetto di ricerca su temi politici, legati alla memoria storica, ad avvenimenti successi in città o nel quartiere, al tipo di architettura presente negli spazi scolastici. Questo tipo di strategia didattica può prevedere, inoltre, anche la presentazione di progetti sotto forma di mostre aperte al pubblico, in un museo o in qualche edificio legato all’epoca storica studiata, prevedendo quindi una partecipazione attiva, un’esplorazione dei luoghi e una sperimentazione in gruppo, oltre che una riflessione individuale e collettiva. Per realizzare una pianificazione che aiuti a ottimizzare la pertinenza, il valore e l’autenticità, possiamo inoltre ricorrere alla pianificazione strategica: i compiti educativi e didattici affinché siano efficaci, devono essere ben pianificati e organizzati. Condividendo assieme agli studenti gli obiettivi di apprendimento, definendo le diverse fasi, i gruppi, i compiti, e i risultati, gli studenti riusciranno meglio a comprendere la pertinenza e il valore dell’attività didattica e a diventare protagonisti del loro processo di insegnamento. Una delle azioni più importanti che un insegnante può fare è creare spazi nei quali gli allievi si sentano sicuri nell’imparare. Per questo è necessario ridurre al minimo le sensazioni di insicurezza e le distrazioni, costruendo spazi sicuri all’interno delle aule scolastiche, e creando un clima di classe positivo e accogliente, dove tutti gli studenti possano esprimersi. Un clima di sostegno e di accettazione in classe è fondamentale per apprendere, e si costruisce dedicando del tempo alla conoscenza del gruppo classe, utilizzando delle metodologie didattiche collaborative, come ad esempio il cooperative Learning (Johnson, Johnson e Holubec, 2015),  il peer tutoring (Malaguti e Augenti, 2022), o metodologie che prevedano una distribuzione dei ruoli tra gli studenti, ma cercando anche di lavorare sul setting di classe, attraverso la creazione di angoli di lavoro, di angoli relax, angoli laboratoriali e ludici (Sandri e Marcarini, 2019) rendendo in questo modo la classe uno spazio di apprendimento piacevole.

Punti di verifica:

  • 7.1 ottimizzare la scelta individuale e l’autonomia
  • 7.2 Ottimizzare la persistenza, il valore, l’autenticità
  • 7.3 Ridurre al minimo minacce e distrazioni.
  1. Fornire opzioni per mantenere l’impegno e la persistenza (8), l’apprendimento richiede persistenza, in modo particolare nei momenti difficili dove è richiesto uno sforzo maggiore. Ma sappiamo che quando gli studenti sono motivati sanno anche regolare la loro attenzione e il loro interesse, in modo da sostenere lo sforzo e mantenere l’attenzione che gli è richiesta. Ma non tutti gli studenti sono uguali, e differiscono nelle loro abilità autoregolative. Queste differenze dipendono dalla loro motivazione iniziale, dalle loro capacità, dalle interferenze contestuali, ecc. Come fare? Per sviluppare motivazione, capacità di forzo e persistenza è fondamentale promuovere l’autonomia negli studenti (saper scegliere in quale angolo della classe lavorare, quale compito svolgere per primo, a chi chiedere aiuto), e lavorare sulla componente sociale dell’apprendimento: come svolgere attività interessanti, creative, stimolanti, con compagni e insegnanti positivi. La motivazione in questo senso sarà determinante anche per l’apprendimento di contenuti che possono risultare poco interessanti e/o noiosi.

Punti di verifica:

  • 8.1 Rafforzare l’importanza delle mete e degli obiettivi
  • 8.2 Variare le domande e le risorse per ottimizzare la sfida
  • 8.3 Promuovere la collaborazione e il gruppo
  • 8.4 Aumentare i feedback orientati alla padronanza.
  1. Fornire opzioni per l’autoregolamentazione (9), attraverso alternative che ottimizzino la motivazione, strategie che risolvano conflitti e problemi quotidiani e che promuovano la capacità di riflessione e di valutazione. Un aspetto fondamentale dello sviluppo umano è la capacità di autoregolarsi e di modulare le proprie reazioni e i propri stati d’animo per essere più efficaci nell’affrontare l’ambiente e interagire con esso. Molti studenti riescono a sviluppare queste abilità attraverso prove ed errori, attraverso l’osservazione di modelli rilevanti, efficaci, adeguati, come ad esempio gli adulti (in famiglia e a scuola); molti altri, invece, trovano difficoltà a sviluppare tali capacità. Questo tipo di competenze spesso sono considerate come «implicite» nel curricolo scolastico e non vengono affrontate o promosse. L’autoregolamentazione di pensieri, del comportamento, delle emozioni e delle motivazioni è un processo complesso che mira a controllare e pianificare le proprie azioni e a stabilire un percorso che crei obiettivi e porti a superare le sfide educative (Zimmermann, 2000, 2002): essa, se allenata e promossa, permette agli studenti di essere autonomi e di prendere decisioni efficaci. Per aumentare la motivazione gli studenti hanno bisogno di stabilire degli obiettivi personali raggiungibili e di nutrire aspettative positive sul loro raggiungimento. Fornire aiuti, promemoria, guide, rubriche, liste di controllo aiuta la concentrazione, riduce l’ansia e incoraggia l’autoriflessione e l’identificazione di obiettivi personali. Fondamentale è la presenza dell’insegnante, che non deve essere soltanto fisica, ma deve rappresentare una presenza costante che accompagni gli studenti nel processo di scoperta, utilizzando risorse ed esperienze pregresse vicine agli studenti, o proponendo situazioni rilevanti più vicine alle loro quotidianità, fornendo alternative sufficienti per aiutare studenti con diverse attitudini ed esperienze pregresse.

Punti di verifica:

  • 9.1 Promuovere le aspettative e le convinzioni che ottimizzano la motivazione
  • 9.2 Facilitare strategie e abilità di gestione personale
  • 9.3 Sviluppare l’autovalutazione e la riflessione.

II. Principio: Fornire molteplici mezzi di rappresentazione

Questo principio si riferisce alle azioni intraprese e alle risorse utilizzate per garantire a ogni studente l’accesso alle informazioni e ai contenuti dell’apprendimento. Riguarda la percezione e l’elaborazione dell’informazione (come fare in modo che venga percepita), la comprensione dei concetti da apprendere e il loro apprendimento significativo. Questi processi sarebbero collegati alle reti di riconoscimento, situate nella parte posteriore del cervello, e sono responsabili dell’identificazione e dell’interpretazione delle informazioni, così come cercare o creare modelli di riconoscimento, collegati a lettere, suoni, parole, concetti o modelli.

La loro attivazione è fondamentale: l’informazione che non viene percepita, registrata o compresa dal cervello non può essere trasformata in conoscenza.  Gli studenti differiscono nel modo in cui acquisiscono le informazioni, a causa di differenti variabili (disabilità, differenze culturali e stili cognitivi, ecc.), e per questo è necessario proporre e presentare le informazioni in modalità differenti, allo scopo di offrire a tutti e a tutte diverse opzioni. Ad esempio, alunni con disturbi dell’apprendimento, disabilità sensoriali o con differenze linguistiche e culturali percepiscono e comprendono le informazioni in modo estremamente differente tra di loro, e per questo non esiste una sola modalità di rappresentazione che sia ottimale per tutti gli studenti. Attraverso le Linee Guida correlate a questo principio gli insegnanti possono migliorare, nella loro pratica didattica, il modo in cui presentano le informazioni allo scopo di rispondere alla variabilità con cui gli studenti le percepiscono.

Le tre Linee Guida che compongono questo principio sono:

  1. Offrire diverse modalità di percezione (1), ovvero provare a presentare le informazioni in formati diversi, come testi, audio, immagini, video e video con i sottotitoli, in modo che vi siano anche strumenti visivi e uditivi. I sensi sono un elemento indispensabile per l’apprendimento poiché senza di essi non si può imparare. L’accesso fisico alle informazioni attraverso i sensi è cruciale e indica ai docenti la strada sulle azioni da intraprendere per dare agli studenti diverse opzioni per percepirle. Nessuna forma di contenuto (testo, immagine, audio, animazione e video) o di supporto (visivo, uditivo, audiovisivo o visivo-manipolativo) funziona bene per tutti gli studenti o per tutte le discipline, né per tutti gli argomenti. Ecco perché un’informazione presentata in un unico formato o utilizzando un solo supporto o materiale limita le opportunità di apprendimento (Novak e Rose, 2016), e per alcuni studenti questa limitazione può diventare un ostacolo all’apprendimento.

Punti di verifica:

  • 1.1 Offrire diversi modi di personalizzare la presentazione delle informazioni
  • 1.2 Offrire alternative per le informazioni uditive
  • 1.3 Offrire alternative per le informazioni visive.
  1. Fornire opzioni per la lingua, le espressioni matematiche e i simboli (2) in modo che risultino comprensibili il vocabolario, le formule, le notazioni e sia possibile codificare l’informazione al loro interno.

Punti di verifica:

  • 2.1 Chiarire il vocabolario e i simboli
  • 2.2 Chiarire la sintassi e la struttura
  • 2.3 Facilitare la decodifica del testo, delle note matematiche e dei simboli
  • 2.4 Favorire la comprensione tra lingue differenti
  • 2.5 Illustrare le idee principali attraverso molteplici mezzi.
  1. Fornire opzioni per la comprensione (3), al fine di convincere gli studenti a trasformare le informazioni in conoscenze significative che possono utilizzare nei vari ambiti della loro vita. A tal fine è necessario che le informazioni siano integrate in modo attivo, selettivo e strategico. Se vengono usati più mezzi di rappresentazione, gli studenti possono utilizzare uno o più canali per accedere alle informazioni. Ad esempio, se un testo deve essere impiegato per una lezione o per studiare un contenuto, dovrebbe essere disponibile per l’intera classe in più formati, come, ad esempio, un testo stampato, in braille, in digitale, che può essere convertito in testo vocale, in registrazione audio, un video con sottotitoli o in un formato di facile lettura. Allo stesso modo si possono svolgere attività specifiche per lavorare su nuovi concetti o sull’acquisizione del vocabolario creando dei glossari su carta o in formato multimediale, oppure fornendo agli studenti le idee principali dell’argomento attraverso organizzatori grafici, carte e mappe concettuali o utilizzando dei programmi informatici.

Punti di verifica:

  • 3.1 Attivare o fornire conoscenze pregresse
  • 3.2 Evidenziare schemi, caratteristiche, idee principali e relazioni
  • 3.3 Guidare l’elaborazione, la visualizzazione e la gestione delle informazioni
  • 3.4 Massimizzare il transfer e la generalizzazione.

III. Principio: Fornire molteplici mezzi di azione ed espressione

Questo principio si riferisce ai processi di interazione con le informazioni e al modo in cui gli studenti esprimono le loro conoscenze. Le reti strategiche, le quali si trovano nella parte frontale del cervello, sono quelle che intervengono nei processi di pianificazione, gestione ed esecuzione nei processi di apprendimento. Dirigono l’autoregolamentazione del comportamento e intervengono, in collegamento con le reti di riconoscimento, nell’attività cognitiva ed emozionale (Rose e Meyer, 2002). L’attivazione di queste reti, è legata alle azioni che vengono svolte per apprendere e per mostrare o esprimere quanto appreso. Come le modalità di apprendimento, gli stili, e le preferenze, gli studenti differiscono anche nell’espressione di ciò che sanno o hanno imparato: alcuni troveranno più facile esprimersi attraverso il canale della scrittura, altri attraverso l’esposizione orale, altri ancora attraverso presentazioni grafiche o progettuali o una drammatizzazione, poiché «[…] non tutti gli studenti imparano allo stesso modo, né esiste una metodologia adatta a tutti. Come neanche una sola forma di valutazione, valida per tutti gli studenti» (Alba Pastor, 2018, p. 26).

In questo principio, per supportare e guidare la pratica didattica ed educativa degli insegnanti, vengono individuate tre Linee Guida:

  1. Fornire opzioni per l’interazione fisica (4): è importante che i docenti comprendano l’importanza di fornire alternative per l’espressione e di variare il tipo di attività di elaborazione delle informazioni, offrendo esperienze ricche e varie con diversi livelli di complessità cognitiva (Bloom, 1956), in modo da consentire a ciascun alunno di imparare utilizzando i suoi punti di forza e offrendogli il supporto necessario per migliorare le proprie competenze. La progettazione proattiva attraverso l’utilizzo di tecnologie, di spazi laboratoriali, interattivi che incoraggiano un tipo di apprendimento attivo e partecipativo permetteranno anche agli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali di poter maggiormente partecipare alla vita di classe e di essere parte attiva nel processo di apprendimento. Non ne beneficeranno soltanto questi alunni in particolare, ma tutti i componenti della classe, superando quelle barriere fisiche e diventando così facilitatori per tutti. Inoltre, alcune tecnologie utilizzate solo da alcuni alunni (come software per la scrittura, per la creazione di mappe concettuali, per la sintesi vocale) entreranno a far parte del curricolo scolastico, diventando materiali accessibili e fruibili da tutti e superando così la sola logica dell’individualizzazione e della personalizzazione.

Punti di verifica:

  • 4.1 Variare i metodi di risposta e di conduzione
  • 4.2 Ottimizzare l’accesso a strumenti e tecnologie di supporto.
  1. Fornire opzioni per l’espressione e la comunicazione (5), dando alternative nel modo di sviluppare un compito, nelle risorse utilizzate come facilitatori o offrendo varie forme di scaffolding, come il sequenziamento o l’uso di aiuti adeguati (Sànchez, Serrano e Arathoon, 2018) che verranno man mano diminuiti quando l’apprendimento progredisce o si consolida. Un esempio pratico di questa Linea Guida è quello di offrire agli alunni con difficoltà di scrittura la possibilità di conoscere, ad esempio gli elementi e le differenze delle stagioni dell’anno, attraverso diverse fonti di informazione, ed esprimere le loro conoscenze attraverso un murale o un altro tipo di presentazione orale o visiva.

Punti di verifica:

  • 5.1 Usare molteplici mezzi per la comunicazione
  • 5.2 Usare molteplici strumenti per la costruzione e la composizione
  • 5.3 Costruire competenze con livelli graduali di supporto per la pratica e la presentazione.
  1. Fornire opzioni per le funzioni esecutive (6), sia nella formulazione degli obiettivi, sia supportando lo sviluppo di strategie per la pianificazione (pensiero strategico), la gestione delle informazioni e il monitoraggio. Le funzioni esecutive fungono da «cervello» nell’apprendimento: sono le abilità metacognitive che consentono di regolare le reazioni impulsive o di prendere decisioni per tentativi ed errori. Per allenare questo tipo di abilità si possono utilizzare alcuni strumenti per guidare il procedimento, usando materiali specifici per orientare la pratica, come ad esempio guide o modelli per pianificare il lavoro, o strategie che rendano visibili e chiari i vari passaggi, come l’uso di organizzatori grafici, o creando situazioni pratiche che generino autonomia passo dopo passo. Ad esempio, se viene organizzato un progetto sul clima, si possono aiutare gli studenti a individuare gli obiettivi (individuali o di gruppo) e i diversi step da compiere per realizzarlo: organizzare un piano di lavoro, individuare le risorse e i tempi necessari, stabilire i compiti programmati, il monitoraggio e la valutazione come fase formativa, per riconoscere i successi ma anche gli errori commessi nel percorso.

Punti di verifica:

  • 6.1 Guidare alla scelta di obiettivi adeguati
  • 6.2 Aiutare la pianificazione e lo sviluppo di strategie
  • 6.3 Facilitare la gestione dell’informazione e delle risorse
  • 6.4 Sviluppare la capacità di monitorare i progressi.

Lo stato dell’arte della Ricerca: studi evidence based

L’approccio dell’Universal Design for Learning ha ricevuto negli ultimi anni grande consenso sia a livello scientifico (Beerwart, 2018), sia a livello legislativo, soprattutto negli Stati Uniti (Al-Azawei, Serenelli e Lundqvist, 2016); i risultati empirici dell’applicazione dei suoi principi sottolineano non solo la sua efficacia nella creazione di contesti inclusivi, ma anche come questo approccio produca motivazione, benessere, partecipazione e aumenti i livelli di apprendimento negli studenti.

Le ricerche presenti in letteratura nazionale e internazionale evidenziano come l’applicazione dei principi dell’Universal Design for Learning promuova una didattica fortemente inclusiva, e come produca effetti positivi in merito alla percezione sia degli insegnanti che degli studenti; in particolare in Italia sono stati effettuati quattro studi.

Savia (2018) ha approfondito e applicato i principi dell’Universal Design for Learning nella formazione dei docenti, evidenziando l’importanza di questo approccio nel migliorare la pratica didattica inclusiva di tutti i docenti, negli atteggiamenti verso l’inclusione, nella potenziale riduzione di un linguaggio etichettante e nei rapporti di collaborazione, determinando, di conseguenza, un sostanziale benessere nell’ambiente di apprendimento a favore di tutti gli alunni e di tutti i docenti.

Dallo studio di Ghedin e Mazzocut (2017) emerge che, nonostante questo approccio sia ancora poco conosciuto, gli insegnanti, in questo caso di scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, applicano già delle pratiche inclusive che sottendono questo modello.

L’indagine condotta da Aquario, Pais e Ghedin (2017), con un gruppo di docenti e studenti universitari, sottolinea come la prospettiva dell’UDL costituisca una possibile risposta nel ridurre le barriere nell’istruzione e avere più accessibilità alla conoscenza, e come gli insegnanti già condividano i valori e adottino pratiche didattiche in linea con i principi inclusivi che sottostanno a questo modello; evidenzia inoltre l’importanza della formazione attraverso corsi appositamente ideati, anche all’interno di percorsi di ricerca sperimentale, per diffondere in ambito educativo i principi dell’Universal Design for Learning, affinché quello che è necessario per alcuni diventi utile per tutti (Miur, 2018).

Montesano, Carchidi e Valenti (2019), con un campione di 150 insegnanti di diversi ordini di scuola, sottolineano come la scuola già riconosca alcuni dei principi fondamentali dell’UDL, mettendo in evidenza come essa sia pronta ad accogliere questo nuovo approccio attraverso una formazione mirata sui principi rivolta al personale docente, al fine di realizzare fin dall’inizio un curricolo che sia in grado di rispondere alle caratteristiche di ciascun studente.

Inoltre, Mangiatordi (2017), consultando il database Educational Resources Information Center (ERIC), ha reperito oltre 300 articoli pubblicati su riviste internazionali con peer review nel periodo dal 1997 al 2016, riscontrando che il numero totale di articoli sull’Universal Design for Learning è cresciuto in modo costante nel tempo: 86 articoli nel decennio 1997-2006, 124 nel periodo 2007-2011 e 119 dal 2012 al 2016.

Tra le ricerche presenti in letteratura internazionale, soprattutto in quelle relative all’applicazione dei principi UDL nella percezione degli studenti, fondamentali risultano gli studi di Abell, Jung e Taylor (2011), che riportano un aumento della partecipazione alle lezioni e della personalizzazione dei percorsi didattici, nelle classi che utilizzavano l’UDL nel loro ambiente didattico, in un campione di 867 studenti tra i 5 e i 12 anni.

Davies, Schelly e Spooner (2013) hanno dimostrato che la progettazione di un curricolo basato sull’UDL, attraverso una formazione del personale docente, promuove motivazione, soddisfazione e autoefficacia negli studenti e nelle studentesse, compresi quelli con disabilità.

La meta-analisi pubblicata da Capp (2017) esamina l’efficacia dell’Universal Design for Learning analizzando articoli pubblicati dal 2013 al 2016 su riviste peer review. I risultati di questa ricerca evidenziano l’efficacia dell’UDL nel migliorare i processi di apprendimento, fornendo a tutti gli studenti molteplici modi di accedere alle conoscenze e di dimostrare le loro conoscenze e abilità.

La revisione di Rao, Ok e colleghi (2014), che esamina 13 studi relativi alla scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado effettuati tra il 2011 e il 2012, riporta tra i risultati un aumento della motivazione negli studenti nelle classi in cui è stato sperimentato un curricolo UDL.

In una successiva revisione degli stessi autori (Ok et al., 2016) vengono esaminati diversi studi e ricerche che riportano un aumento del benessere, della motivazione e della partecipazione in classe.

Più recentemente, la revisione sistematica di Almeqdad, Alodat, Alquraan, Mohaidat e Al-Makhzoomy (2023), che esamina l’efficacia dei principi UDL nei contesti educativi, includendo l’efficacia dell’applicazione dei principi in ricerche empiriche peer-reviewed (pre e post-progettazione), pubblicate tra il 2015 e il 2021 in inglese e arabo, riporta un significativo miglioramento nei risultati di apprendimento degli studenti.

Lo studio di Marino (2009, 2014) porta in evidenza come l’uso di materiali progettati secondo l’ottica UDL, in una ricerca condotta su 57 studenti della scuola secondaria di primo grado con difficoltà di apprendimento, produca una maggiore partecipazione e motivazione nell’apprendimento.

Lo studio di Katz (2013) riporta come l’implementazione nella pratica didattica dei principi UDL abbia migliorato le interazioni tra studenti, creando un ambiente di apprendimento più positivo, producendo quindi benessere e una maggiore partecipazione nell’ambiente di apprendimento.

Gli studi di Coyne, Pisha, Dalton, Zeph e Smith (2012) e di Kennedy e colleghi (2014) dimostrano come l’applicazione dei principi UDL in classi dove erano presenti alunni con disabilità favorisca una maggiore inclusione degli stessi, creando ambienti di apprendimento partecipativi.

L’analisi della letteratura, fin qui presentata, di cui si fornisce una sintesi in vista di un ulteriore approfondimento, ci permette di evidenziare come l’applicazione di questo framework produca miglioramenti in quattro dimensioni, in relazione agli studenti: nel benessere, nella partecipazione, nella motivazione e nei livelli di apprendimento. L’individuazione di queste dimensioni ci invita a percorrere linee di ricerca, nel contesto italiano, che sperimentino interventi formativi basati sull’applicazione dell’UDL nel curricolo scolastico e diano risultati in merito all’efficacia sugli studenti.8

Il modello de Diseňo Universal para el Aprendizaje: la ricerca in Spagna

Nel contesto spagnolo, la transizione dal discorso della segregazione al discorso dell’inclusione è recente. Si è realizzata in pochissimi anni ed è ancora in una fase superficiale e iniziale, non avendo ancora permeato tutte le strutture e gli attori del sistema educativo. Osservandolo dall’esterno potrebbe apparire come un modello di educazione inclusiva, ma a uno sguardo attento alle pratiche scolastiche all’interno delle aule nei diversi centri scolastici e degli stessi centri di formazione degli insegnanti, si evince una realtà ancora caratterizzata da discorsi e pratiche proprie del modello duale, ancorato ancora a una visione normale-speciale.

L’approvazione della Legge Integración Social del Minusválido-LISMI, nel 1982, segna una delle pietre miliari riguardante l’integrazione in Spagna; essa è stata seguita dalla RD 334 su Ordenación de la Educación Especial. La LOGSE (1990) e l’RD 696 sull’organizzazione dell’istruzione degli alunni con bisogni educativi speciali (1995) stabiliscono il quadro e le misure per l’integrazione degli studenti con disabilità nel sistema educativo generale spagnolo. Ma è con l’approvazione della legge organica sull’istruzione (Ley Orgánica de la Educación: LOE) nel 2006 che si introduce il principio dell’inclusione per fare fronte alla diversità delle alunne e degli alunni, per favorire la coesione sociale e lo sviluppo di tutti gli studenti, dedicando il secondo capitolo all’Equità nell’istruzione e nell’educazione, nel quale si definiscono i gruppi di alunni che richiedono un’attenzione educativa diversa da quella ordinaria principalmente perché presentano un bisogno specifico, per contesto sociale, per alte capacità o scolarizzazione tardiva.

La LOE è stata modificata dalla LOMLOE (2020),9 che concepisce l’educazione inclusiva come chiave per «garantire una struttura del curriculum al servizio di un’educazione inclusiva», modificando il secondo capitolo, dedicato all’equità e alla compensazione delle disuguaglianze nell’istruzione e nell’educazione.

Sviluppando ulteriormente gli obiettivi e dando indicazioni sulle azioni che tutti gli attori coinvolti nel sistema educativo devono sviluppare si cerca di garantire l’accesso ai contesti e ai processi educativi di tutti gli studenti, prestando particolare attenzione a coloro che, che per necessità e bisogni o situazioni di vulnerabilità, rischiano maggiormente di incontrare barriere o di essere esclusi dal sistema educativo.

A tal fine sono proposte misure specifiche per diversi bisogni educativi o situazioni raggruppate sotto la denominazione di studenti con esigenze specifiche di sostegno educativo, all’interno delle quali si trovano «bisogni educativi speciali, per sviluppo atipico, disturbi del linguaggio e della comunicazione, disturbi dell’attenzione o dell’apprendimento, vulnerabilità socio-educativa, elevate capacità intellettuali, e per ritardo nell’entrata nel sistema scolastico o per motivi personali o di storia scolastica».

L’articolo 4, paragrafo 3, sull’istruzione di base (istruzione primaria) stabilisce infatti che «fatto salvo che nell’istruzione di base è garantita un’educazione comune a tutti gli alunni, l’educazione inclusiva sarà adottata come principio fondamentale per garantire la diversità delle esigenze di tutti gli alunni, sia di quelli con particolari difficoltà di apprendimento, sia di quelli con maggiori capacità e motivazione all’apprendimento».

È in questa stessa sezione che si fa riferimento alla possibilità di condividere un approccio didattico di riferimento, il Disegno Universale per l’Apprendimento (DUA; Rose e Meyer, 2002), che consente un’analisi sistematica della pratica educativa e della pianificazione, tenendo conto della diversità nelle capacità e delle esigenze presenti nelle classi. Il DUA si propone di adottare «misure organizzative, metodologiche e curricolari pertinenti», al fine di garantire la risposta educativa di cui ogni studente ha bisogno.

Successivamente, questo riferimento al DUA si riflette nella normativa specifica del curriculo, nei decreti di ordinamento e insegnamento minimo per l’Educazione per la prima infanzia (Real Decreto 95/2022, del 1º febbraio), Istruzione Primaria (Real Decreto 157/2022 del 1º marzo), Istruzione Secondaria Obbligatoria (Real Decreto 217/2022 del 29 marzo) e la Scuola Secondaria di II grado (Real Decreto 243/2022 del 5 aprile).

A partire da questo quadro, ogni comunità autonoma ha sviluppato normative specifiche per l’attenzione alla diversità nelle scuole e nei centri educativi. L’educazione inclusiva non si riferisce a un’azione o ad azioni specifiche, ma a una visione dell’educazione e del suo ruolo nella società, che poggia su quadri teorici connessi alla democrazia, ai diritti delle persone e alla giustizia sociale; con politiche e regolamenti, strategie e pratiche, per renderla realtà tangibile, e a cui si contribuisce con ognuna delle azioni in classe, in aula, nell’equipe dei docenti, nelle scuole e nelle comunità educative. Un cambiamento sostanziale, nella concezione dell’insegnamento, nella pratica educativa, per rispondere a tutti gli studenti con diverse capacità, bisogni e interessi. Il cambiamento normativo esposto, mostra che nel contesto spagnolo, l’educazione inclusiva è un asse che permea l’intero sistema educativo per raggiungerne uno equo e di qualità per tutti gli studenti, cercando di progredire nel raggiungimento dell’SDG 4 dell’agenda 2030; e il DUA è proposto come un quadro pedagogico per sostenere le pratiche didattiche che lo rendono realtà.

Conclusioni

La Spagna con l’introduzione della LOMLOE (2020) si pone l’obiettivo di promuovere una maggiore inclusione degli alunni con disabilità all’interno delle scuole ordinarie, sviluppando un piano per ridurre i centri di educazione speciale, mantenendoli soltanto per alcune disabilità complesse e svolgendo la funzione di centri di riferimento e sostegno per le scuole ordinarie.

La figura del profesor/a de apoyo (prevista fino all’istruzione obbligatoria dei sedici anni) è presente nei centri specializzati ed è inserita come risorsa possibile all’interno delle scuole ordinarie. Il loro ingresso e il numero di ore assegnate alla classe sono decisi dall’équipe di orientamento educativo e psicopedagogico.

In Italia, invece, la figura dell’insegnante di sostegno è obbligatoriamente inserita all’interno dell’organico dei docenti previsto come sostegno alla classe (Legge 517/1977) e come contitolare nelle classi in cui opera.

Nel contesto spagnolo si parla di Necesidad Específica de Apoyo Educativo (NEAE), riferita a precise categorie che necessitano di un’attenzione educativa diversa da quella ordinaria. Ivi, non è prevista, come invece accade in Italia, la redazione di un Piano Educativo Individualizzato (Legge 104/92) o di un Piano Didattico Personalizzato (Legge 170/2010; CM 8/2013). In Spagna sono, però, previsti adattamenti e adeguamenti curricolari al fine di raggiungere obiettivi educativi e didattici inclusivi.

Il gruppo educaDUA10 dell’Università Complutense di Madrid, attraverso il progetto di ricerca DUALETIC e DUA-INCLUDING,11 studia l’efficacia dell’applicazione dei principi dell’Universal Design for Learning (DUA) nei contesti scolastici e con l’uso di materiali didattici accessibili, attraverso la formazione del personale docente, come risposta ai nuovi cambiamenti normativi in materia di educazione inclusiva.

L’obiettivo è quello di promuovere un’educazione inclusiva e di qualità, attraverso la sperimentazione del modello UDL in ambito didattico e educativo, in contesti diversi, che ridisegni un curricolo flessibile, raccogliendo i bisogni di tutti gli studenti che compongono la classe.

La formazione dei docenti in Spagna, anche attraverso indicazioni e supporti operativi, riesce a colmare il divario fra teoria e prassi e a sostenere lo sviluppo di pratiche didattiche e educative che identificano le barriere presenti in classe, realizzando una progettazione preliminare, che considera i bisogni a priori, senza adattamenti in corso d’opera. Siamo quindi di fronte a una modalità di ricerca che sviluppa nella prassi un’educazione inclusiva e di qualità, permettendo agli insegnanti di riflettere sulle loro pratiche e agli studenti di accedere a un curricolo pensato per tutti e tutte. Il gruppo di ricerca educaDUA intende l’UDL come un utile riferimento per la costruzione del curricolo inclusivo. Il modello di ricerca da loro sperimentato invita a promuovere e a sostenere la ricerca in questo campo, unendo percorsi di ricerca-azione che accrescano le competenze degli insegnanti, migliorando la loro pratica educativa e, attraverso questa, la qualità dei percorsi formativi degli studenti.

La scuola italiana è considerata, in molti Paesi, un modello a cui ispirarsi in merito all’integrazione e all’inclusione scolastica. Da un punto di vista operativo, in particolare, viene concepito come interessante il ruolo che l’Italia (anche da un punto di vista giuridico) attribuisce sia agli insegnanti di sostegno e alla contitolarità fra insegnanti di classe, sia alla normativa relativa alla stesura del PEI, secondo un approccio biopsicosociale da realizzarsi in contesti eterogenei.

Constatando, però, le attuali criticità emergenti dell’approccio, come dimostrato dalle ricerche recenti, al fine di attualizzare e innovare le pratiche di inclusione educativa (che non significa eliminare i traguardi raggiunti con l’introduzione della figura dell’insegnante di sostegno e l’obbligatorietà della stesura del PEI12), sembrerebbe fondamentale implementare anche in Italia l’approccio UDL per tentare di rispondere alla complessità delle classi odierne.

Il Decreto Dipartimentale n. 479 (MIUR, 2018), nel Documento di lavoro Autonomia scolastica per il successo formativo, cita per la prima volta e in modo formale il framework dell’Universal Design for Learning, come approccio che «definisce Linee Guida utili per una progettazione didattica plurale, ricca di strategie per l’apprendimento nelle sue diverse fasi».

L’Universal Design for Learning apre in questo modo la via al superamento di una visione abilista basata su classificazioni, senza però trascurare le necessità specifiche di ciascun soggetto, il rispetto dei diritti di ognuno, della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006) in termini di piena partecipazione, promuovendo la prospettiva inclusiva come garanzia per l’attuazione del diritto alle pari opportunità e per il successo formativo di tutti.

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1 Il presente articolo è stato condiviso dalle autrici sia nella fase di progettazione che in quella di stesura. In particolare, l’introduzione e la conclusione sono state scritte da Elena Malaguti, Maria Antonietta Augenti, Carmen Alba Pastor; il primo paragrafo da Elena Malaguti, il secondo, il terzo e il quarto paragrafo da Maria Antonietta Augenti e il quinto paragrafo da Carmen Alba Pastor.

2 Dipartimento di Scienze dell’Educazione «G.M. Bertin», Università di Bologna.

3 Dipartimento di Studi Educativi, Facoltà di Educazione, Centro di formazione degli insegnanti, Università Complutense di Madrid.

4 Department of Education «G.M. Bertin», University of Bologna.

5 Department of Educational Studies, Faculty of Education - Teacher Training Centre, Complutense University of Madrid.

6 Per approfondimenti: https://education.ec.europa.eu/it/focus-topics/improving-quality/key-competences (consultato il 30 agosto 2023).

7 La collaborazione nasce dalla stesura di un accordo Erasmus fra il Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna (referente scientifico Elena Malaguti) e la Facoltà di Educazione-Centro di formazione degli insegnanti, Università Complutense di Madrid, dove Maria Antonietta Augenti ha svolto un periodo di Visiting research (da aprile a luglio 2023) all’interno del gruppo di ricerca coordinato dalla prof.ssa Carmen Alba Pastor, sua tutor.

8 È in corso una ricerca dal titolo Progettazione inclusiva di contesti scolastici e di un curricolo inclusivo secondo l’approccio dell’Universal Design for Learning della dottoranda Maria Antonietta Augenti, nell’ambito del programma di dottorato in Scienze Pedagogiche, presso il Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, con la supervisione della Prof.ssa E. Malaguti e C.A. Pastor, i cui risultati saranno pubblicati successivamente.

9 La nuova legge sull’istruzione, denominata «LOMLOE» (Ley Orgánica de Modificacion de la LOE-Ley Organica de Educación) è stata approvata il 29 dicembre 2020 ma è diventata operativa con l’avvio dell’anno scolastico 2022/2023.

10 Coordinato dalla Prof.ssa Carmen Alba Pastor, Professoressa Ordinaria di Didattica e Organizzazione scolastica, Dipartimento di Studi Educativi, Facoltà di Educazione- Centro di formazione degli insegnanti, Università Complutense di Madrid.

11 http://www.educadua.es/inicio.html (consultato il 3 agosto 2023).

12 Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107; decreto interministeriale n. 182 del 29 dicembre 2020.

Vol. 22, Issue 3, September 2023

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