Vol. 22, n. 3, settembre 2023

PRECURSORI

Judy Heumann: pioniera della vita indipendente per una società inclusiva

Fabio Bocci1

Sommario

Judith Heumann, definita la madre del movimento dei diritti per i disabili, ha rappresentato, dagli Anni Sessanta del Novecento fino alla sua scomparsa nel marzo del 2023, un punto di riferimento ineludibile del processo di emancipazione e di autodeterminazione delle persone con disabilità. Una vita, quella di Judy Heumann, spesa nell’impegno politico e sociale. Si sia trattato delle contestazioni all’Università di Berkeley con Ed Roberts e i Rolling Quads per l’apertura del primo Centro per la vita indipendente, dell’esperienza a Camp Jened, dell’organizzazione e attuazione a San Francisco del celeberrimo sit-in 504 o degli incarichi istituzionali nelle amministrazioni dei presidenti degli Stati Uniti Clinton e Obama, Judy Heumann non si è mai tirata indietro, anzi, è sempre stata in prima fila. A lei si deve anche una formulazione lucida della necessità che debba essere la prospettiva intersezionale a orientare e ad abitare qualsiasi lotta intrapresa da chi è marginalizzato e disabilitato dalla società capitalista, sia essa/o una persona con impairment, una donna, una persona afrodiscendente, ispanica o di altra provenienza culturale o chi sente di appartenere alla comunità LGBTQIA+.

Paole chiave

Judy Heumann, Vita indipendente, Camp Jened, Sit-in 504, Inclusione.

pioneers

Judy Heumann: the pioneer of indipendent living for an inclusive society

Fabio Bocci2

Abstract

Judith Heumann, defined as the «mother» of the disability rights movement, was an inescapable point of reference in the process of the emancipation and self-determination of people with disabilities from the 1960s until her death in March 2023. A life, that of Judy Heumann, spent in political and social commitment. Whether it was the protests at the University of Berkeley with Ed Roberts and the Rolling Quads for the opening of the first Centre for Independent Living, the experience at Camp Jened, the organization and implementation in San Francisco of the famous 504 sit-in or of the institutional roles in the administrations of US presidents Clinton and Obama, Judy Heumann never held back, indeed, she was always in the front row. She is also the one who clearly formulated the necessity that the intersectional perspective orient and inhabit any struggle undertaken by those who are marginalized and disabled by capitalist society, be it people with impairments, women, Afro-descendants, Hispanic people or those with other cultural backgrounds or those who feel they belong to the LGBTQIA+ community.

Keywords

Judy Heuman, Independent living, Camp Jened, 504 sit-in, Inclusion.

Conforme a chi?

Conforme a cosa?

Conforme a quale strana posa?

Sei tu, sei tu,

sei tu chi può darti di più

(CCCP-Fedeli alla linea, Per me lo so)

Alcune persone dicono che quello che ho fatto ha cambiato il mondo, ma in realtà ho semplicemente rifiutato di accettare quello che mi è stato detto su ciò che avrei potuto essere. Ed ero disposta a fare storie al riguardo (Judith Heumann).

Premessa

Nelle pagine che seguono, in questo nuovo contributo della sezione dedicata ai precursori e alle precorritrici dell’inclusione, ci occuperemo di una figura di grande rilievo per le battaglie finalizzate ai diritti, ai processi emancipatori e di autodeterminazione, quindi a una vita piena e indipendente, delle persone con disabilità. Si tratta di Judith — Judy — Heumann, conosciuta come la madre del movimento dei diritti per i disabili, scomparsa il 4 marzo 2023 all’età di 75 anni.

Dopo una breve nota biografica e un’altrettanto essenziale rievocazione del contesto — con un immancabile riferimento sia all’esperienza di Camp Janed del 1971 sia al celebre sit-in 504 dell’aprile 1977 a San Francisco —, cercheremo di approfondire alcune delle questioni nei confronti delle quali si è battuta per tutta la sua vita.

Judy Heumann, una biografia essenziale

Judy Heumann nasce a Brooklyn (New York) nel 1947 da genitori tedeschi di origine ebraica emigrati negli anni Trenta. Werner e Ilse Heumann, grazie alla migrazione verso gli Stati Uniti prima della persecuzione sistematica operata dai nazisti, erano scampati all’Olocausto, cosa che invece non era accaduta a molti altri membri della famiglia rimasti in Germania. Judy è la maggiore di tre figli e all’età di 2 anni contrae la poliomielite, che in quel momento storico sta raggiungendo il suo apice sfociando nel 1952 in un’epidemia con oltre 20.000 casi nei soli Stati Uniti, evento che porta alla messa a punto di una serie di vaccini (i più noti sono quelli di Koprowski, di Salk e di Sabin) per contrastarne la diffusione.

Quando Judy contrae il virus tali ritrovati medici preventivi non sono ancora disponibili e per lei le conseguenze della malattia sono rappresentate dalla perdita della capacità di camminare. I genitori di Judy iniziano così a fronteggiare non tanto e non solo la condizione clinica della bambina quanto piuttosto le conseguenze socioculturali derivanti dall’avere una figlia con disabilità.

Una questione che si palesa fin da subito con la richiesta di accesso a scuola di Judy e il diniego del Direttore dell’istituto che la ritiene un pericolo (la locuzione utilizzata dall’uomo è in realtà molto più colorita e grave, ossia fire hazard). Grazie alla tenacia della madre (non a caso soprannominata dal marito Mighty Mite), Judy frequenta inizialmente una scuola speciale per poi accedere negli studi superiori a una scuola pubblica.

Nel 1969 consegue un Bachelors of Art presso la Long Island University di Brooklyn e durante il percorso di studi si batte per vedere riconosciuti i propri diritti: a tale scopo, organizza con altri/e studenti/esse numerose proteste per chiedere maggiore accessibilità sia fisica che culturale (oltre che di riconoscimento).

Si tratta di battaglie contro le istituzioni — contro la loro postura monolitica e abilista — che rappresentano la costante della sua intera esistenza. Così, quando ha vent’anni, intraprende un vero e proprio conflitto con il New York Board of Education (NYBOE) che le nega la licenza di insegnamento. Nonostante Judy abbia superato tutti gli esami scritti e orali previsti, viene bloccata all’esame medico in quanto non è in grado di camminare con le proprie gambe. Uno dei motivi addotti dall’amministrazione a giustificazione della bocciatura è, a loro dire, l’impossibilità, a causa della disabilità della giovane donna, di abbandonare (e far abbandonare ai suoi futuri studenti) un edificio in caso di incendio. Il muro opposto dall’amministrazione si scontra però con la determinazione di Judy: anche grazie all’intermediazione della giudice Constance Baker Motley (la prima donna giudice federale nera), vince la causa e diviene la prima insegnante su una sedia a rotelle nello Stato di New York.

Quelli a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta sono, in tutto il mondo, anni di fermento e di crescita della coscienza giovanile. Sulla scorta delle rivolte nei campus, come quella di Berkeley, prendono vita non solo iniziative di protesta ma anche esperienze formative e si concretizzano progetti che introducono innovazioni e cambiamenti nel tessuto sociale, a partire da quello accademico.

Tra le proteste, vanno certamente segnalate quelle accanto a Ed Roberts3 e ai Rolling Quads (tetra/plegici rotolanti) a San Francisco, mirate alla fondazione del Berkeley Center for Independent Living e alla nascita dell’Independent Living Movement, la chiusura del traffico di Manhattan per protestare contro il Presidente Richard Nixon, reo di avere posto un veto all’approvazione del Rehabilitation Act nel 1972 e il celebre 504 Sit-In del 1977 ancora a San Francisco (per la conversione in legge della Sezione 504 del Rehabilitation Act), una manifestazione che rappresenta ancora oggi il sit-in più lungo mai avvenuto in un edificio federale (dedichiamo a questo evento un apposito paragrafo).

Tra le esperienze va annoverata indubbiamente quella di Camp Janed del 1971, raccontata nel recente film documentario Crip Camp. Disabilità rivoluzionarie (Crip Camp, Nicole Newnham e Jim LeBrecht, 2020), che ha visto Barack e Michelle Obama quali produttori esecutivi e che si è aggiudicato il Premio del pubblico al Sundance Film Festival 2020 (anche a Camp Janed dedichiamo un apposito paragrafo).

Proseguendo ora nel tratteggiare una sua essenziale biografia, evidenziamo come, accanto alle battaglie per i diritti, Judy Heumann non abbia mai smesso di formarsi e di impegnarsi in progetti concreti.

Nel 1975 consegue un Master in sanità pubblica presso l’Università di Berkley e nel 1983 co-fonda, con Ed Roberts e Joan Leon, il World Institute on Disability (WID), considerata una delle prime organizzazioni globali per i diritti dei disabili, ideata e guidata direttamente da persone con disabilità.

Nel 1991 (il 3 agosto, come lei stessa racconta su Twitter),4 incontra Jorge Pineda, durante il MIUSA (Mobility International USA) program organizzato quell’anno a Eugene in Oregon e i due si sposano nel 1992.

Una volta trasferitasi a Washington, Judy ha assunto progressivamente incarichi istituzionali di elevato prestigio, che ha assolto con la sua consueta dedizione e determinazione. Dal 1993 al 2001, sotto la presidenza e amministrazione di Bill Clinton, è nominata Assistente segretario dell’Ufficio per i servizi all’istruzione speciale e ai servizi riabilitativi, mentre dal 2002 al 2006 è divenuta Primo consigliere su disabilità e sviluppo presso la Banca Mondiale. In tale ruolo ha orientato il lavoro di questa istituzione sovranazionale per favorire un dialogo e una collaborazione tra tutti i governi e la società civile, finalizzato a migliorare i processi inclusivi a livello globale.

Nel 2010 viene nominata dal Presidente Barak Obama Primo consigliere speciale sui diritti internazionali dei disabili per il Dipartimento di Stato americano. Svolgendo questo ruolo, fino al 2017, ha fatto sì che i diritti delle persone con disabilità entrassero in modo stabile nell’agenda del Dipartimento di Stato.

Il lungo impegno di Judy Heumann ha avuto un’evidente ricaduta anche nell’emanazione di varie importanti leggi come l’Individuals with Disabilities Education Act (IDEA) e l’Americans with Disabilities Act (ADA), nonché nella promulgazione, nel 2006, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

Nel corso della sua vita, Judy è stata anche componente di innumerevoli enti e associazioni non governative e no-profit, come l’American Association of People with Disabilities, il Disability Rights Education and Defense Fund, la Humanity and Inclusion, la Human Rights Watch, la United States International Council on Disability e anche Save the Children.

Nel 2026 ha partecipato al TED — Ideas worth spreading, con un discorso dal titolo Our fight for disability rights — and why we’re not done yet.5 Oltre a Crip Camp è apparsa anche in numerosi altri documentari che raccontano la storia del movimento per i diritti delle persone con disabilità, tra i quali Lives Worth Living (Eric Neudel, 2011) e The Power of 504, che raccoglie materiali originali presentati in occasione del 20° anniversario del celebre sit-in.6

Ha ricevuto anche numerosi titoli accademici onorari (New York University, University of Pittsburgh, Middlebury College e Smith College) e premi prestigiosi, come l’Henry B. Betts Award (assegnato per il significativo impegno a sostegno della qualità di vita delle persone con disabilità) e il Max Starkloff Lifetime Achievement Award del National Council on Independent Living.

Nel 2019, in qualità di Senior Fellow presso la Ford Foundation, ha prodotto e pubblicato il libro bianco Road Map for Inclusion. Changing the Face of Disability in Media.7

È anche co-autrice, con Kristen Joiner, di un libro autobiografico dal titolo Being Heumann: An Unrepentant Memoir of a Disability Rights Activist, pubblicato dalla casa editrice Beacon Press di Boston nel 2020.

Judy ha combattuto per, e difeso i, diritti delle persone con disabilità e dei più vulnerabili fino alla sua morte, avvenuta il 4 marzo 2023 all’all’età di 75 anni. A segno e testimonianza dell’importanza della sua figura la notizia della sua scomparsa è stata riportata dalla stampa e dai media di tutto il mondo.

L’esperienza a Camp Janed

Judy Heumann ha descritto Camp Jened come un luogo di incontro e di divertimento, dove le persone con disabilità potevano stare e vivere le loro esperienze semplicemente, senza inibizioni o limitazioni. In occasione di un’intervista ha affermato in proposito: «ci frequentavamo come faresti se non avessi una disabilità, nuotavamo, giocavamo a baseball e facevamo arti e mestieri, ma avevamo anche il tempo di raccogliere le nostre voci... Era un momento liberatorio; potevamo essere noi stessi e questo ci ha assolutamente aiutato a formulare il nostro futuro».8

Il campeggio, ubicato ai piedi della Hunter Mountain, nelle montagne Catskill, viene fondato nel 1951 come luogo di villeggiatura per bambini, adolescenti e adulti con differenti impairments. Lo scopo dei fondatori è quello di mettere a disposizione uno spazio comunitario stimolante per individui con disabilità complesse, in particolare per i poliomielitici o per le persone con paralisi cerebrale.

Negli anni Sessanta e nei primordi degli anni Settanta Camp Janed risente delle influenze derivanti dalla controcultura, soprattutto quella di matrice hippie. Così, intorno alla metà degli anni Sessanta, Jack Birnbaum, un assistente sociale con precedenti esperienze con giovani disabili, e Larry Allison introducono alcune novità nel programma, che si consolidano quando Allison, descritto come un affabile capellone dotato di uno spiccato senso dell’umorismo e di un linguaggio colorito, è nominato direttore.

Camp Jened diviene così un ambiente dove sperimentare una versione utopica della società, libera da schematismi, classificazioni e, soprattutto, pregiudizi. In piena coerenza con tale spirito, i/le campeggiatori/ci — provenienti prevalentemente da New York ma anche dal Canada e da altre parti degli Stati Uniti e segnati spesso dallo stigma sociale — hanno la possibilità di vivere esperienze che sarebbero state impensabili nelle loro vite quotidiane, come intrecciare relazioni amorose, coabitare con i counselor del campo, suonare musica e, in taluni casi, fumare marijuana.

Vivere tali esperienze in un contesto libero e supportivo ha un grande impatto su molti campeggiatori, tra i/le quali Judi Heumann, che grazie alla frequentazione di Camp Jened acquisiscono o sviluppano ulteriormente la propria coscienza politica, divenendo degli/delle attivisti/e per i diritti e per l’emancipazione delle persone con disabilità. Come ha spiegato la stessa Judy, divenuta in seguito consulente del campo, a Camp Jened «siamo stati in grado di immaginare un mondo che non doveva essere impostato in un modo che ci escludesse. Abbiamo iniziato ad avere una visione comune e stavamo cominciando a parlare di cose come: perché gli autobus non sono accessibili?» (Smith, 2020). Anche James LeBrecht, poi co-autore del premiato film documentario Crip Camp, ha ricordato come avesse la sensazione che il mondo fosse ingiusto e che, però, l’esperienza del campo avesse fornito a lui e alle/agli altre/i la consapevolezza di poter (e dover) reagire.

Gli ambiti di intervento sono a tutto campo: il ruolo della famiglia (spesso opprimente e soggiogata dagli stereotipi e dall’egemonia della diagnosi medica), il diritto alla privacy, la sessualità, ma anche, in un’anticipazione di quella che oggi è la prospettiva intersezionale, la questione del patriarcato e del sessismo e la questione razziale.

Come ricorda Lionel Je’ Woodyard, un counsulor afrodiscendente presente nel campo: «Qualunque ostacolo ci fosse sulla mia strada per essere un uomo di colore, la stessa cosa era vera per le persone su sedia a rotelle» (Choudhury, 2020). In altri termini, come evidenziato dallo stesso direttore Larry Allison: «Ci siamo resi conto che il problema non esisteva con le persone disabili. Il problema esisteva con le persone che non avevano disabilità. Era il nostro problema» (Choudhury, 2020).

La politicizzazione dei/delle giovani presenti a Camp Jened è quindi alla base delle contestazioni che prendono corpo in quegli anni, e che sfociano nella creazione di Disabled in Action (ad opera di Judy Heumann, Bobbi Linn e altri Jenediani) e nel memorabile sit-in 504 a San Francisco, del quale proponiamo una descrizione nel prossimo paragrafo. In merito a ciò, Bobbi (Barbara) Linn ha affermato: «penso a Camp Jened come al campo di addestramento dove le persone hanno imparato ad avere gli stessi diritti di tutti gli altri» (Linn, 2001).9

Camp Jened — celebrato sia nel New York Activists and Leaders in the Disability Rights and Independent Living Movement (edito nel 2004 dai Regents della University of California) e, come già ricordato, nel film-documentario Crip Camp del 2020 (diretto da James LeBrecht e Nicole Newnham), ha chiuso i battenti per difficoltà finanziarie nel 1977. Riaperto nel 1980 presso Rock Hill, Stato di New York, ha poi chiuso definitivamente nel 2009.

Il sit-in 504

Con sit-in 504 si fa riferimento a una celeberrima protesta per i diritti delle persone con disabilità, svoltasi a San Francisco, che ha avuto inizio il 5 aprile del 1977 e che si è prolungata per un mese con l’occupazione di edifici federali, scaturita dall’iniziativa di molte/i attivisti contro l’ingiustificato ritardo dell’amministrazione nell’emanazione di regolamenti inerenti alla Sezione 504 del Rehabilitation Act, promulgato nel 1973, all’epoca il più importante atto normativo nel settore, sostituito poi dall’Americans with Disabilities Act del 1990.

I ritardi sono dovuti a un atteggiamento ostacolante (per non dire ostile) dell’amministrazione, emersi già sotto la presidenza Nixon, il quale pone diversi veti, nel 1972 e ancora nel 1973, alle prime versioni della norma. Per tale ragione, nel 1972 il gruppo Disabled in Action (DIA), guidato da Judy Heumann, dà vita a un sit-in bloccando il traffico sulla Madison Avenue a New York; nello stesso anno si svolge un’altra manifestazione a Washington con la partecipazione dei DIA, dei Paralyzed Veterans of America, della National Paraplegia Foundation e altre sigle.

Quando la legge viene infine approvata nel 1973, si deve procedere all’emanazione dei regolamenti per far sì che la Sezione 504 divenga operativa e soprattutto interpretabile in modo univoco. In effetti, a livello regolamentare è necessario chiarire cosa si intenda con la definizione di disabilità, stabilire cosa costituisca una discriminazione relativa alla disabilità, così come sviluppare le procedure e le tempistiche di applicazione. Senza tali regolamenti, infatti, i tribunali possono interpretare la legislazione della Sezione 504 in modo arbitrario. Tuttavia, l’istituzione preposta, ossia il Dipartimento della Salute, dell’Istruzione e del Welfare (HEW), dal 1973 al 1977 non procede a tale atto normativo. Nel corso di questi anni le persone con disabilità e le altre parti interessate intentano una causa contro l’HEW presso il Tribunale Federale, ottenendo un riconoscimento monco da parte del giudice: questi, infatti, stabilisce sì che il regolamento debba essere emanato ma senza fissare un termine. Ne consegue che l’istituzione che deve conformarsi alla sentenza continua a ritardare la pubblicazione dei regolamenti, con il classico meccanismo delle scatole cinesi: gli avvocati dell’Ufficio per i diritti civili redigono i regolamenti e li inviano al segretario dell’HEW, il quale a sua volta li inoltra in bozza al Congresso che li rispedisce sempre in bozza all’HEW.

Contro questo stato di cose si costituisce la Coalizione Americana dei Cittadini con Disabilità (ACCD) per accelerare l’emanazione degli agognati regolamenti. Nel frattempo, negli Stati Uniti si avvicendano ben tre Presidenti: dopo Nixon, malamente caduto nel 1974 per lo scandalo Watergate, si avvicendano Gerald Ford (1974-1977) e, quindi, Jimmy Carter che assume la carica nel gennaio del 1977. Ciò comporta un’ulteriore dilazione: l’HEW, infatti, sfruttando a suo vantaggio questi avvicendamenti, istituisce un’ulteriore task force per discutere i regolamenti. Tale task force, che clamorosamente (e non accidentalmente) non include la rappresentanza delle persone con disabilità, affievolisce inoltre il portato attuativo della normativa, con evidenti modifiche alla copertura finanziaria e all’applicazione. L’ACCD chiede, quindi, perentoriamente al Segretario dell’HEW Giuseppe Califano che la pubblicazione dei regolamenti avvenga entro e non oltre il 4 aprile 1977 e senza alcuna delle modifiche introdotte dalla task force, preavvertendo che, in caso contrario, il giorno dopo avrebbe avuto luogo una mobilitazione senza precedenti.

E si giunge, dunque, al fatidico 5 aprile 1977, quando gli/le attivisti/e, preso atto della mancata emanazione dei regolamenti, iniziano a manifestare e a sedersi negli uffici HEW di 8 grandi città: Atlanta, Boston, Chicago, Denver, Los Angeles, New York, Filadelfia e Seattle. Le proteste con maggiore impatto sono quelle di Washington e, soprattutto, di San Francisco.

A Washington sono circa 300 gli/le attivisti/e con i loro sostenitori a manifestare, prima con una marcia e in seguito con un sit-in all’interno dell’edificio HEW dove, peraltro, si trova l’ufficio del Segretario Califano. Quest’ultimo incontra alcune/i rappresentanti, tra i quali Frank Bowe, uno degli organizzatori, ma continua a non firmare. La protesta si protrae anche durante la notte per poi cessare dopo 28 ore.

Ben altro peso ha invece la protesta di San Francisco, passata alla storia come il sit-in più lungo mai avvenuto in un edificio federale. Inizialmente Judith Heumann, Kitty Cone e Mary Jane Owen, come promotrici, insieme a oltre 500 persone con disabilità e loro sostenitori/ici, danno vita a una manifestazione nella Civic Center Plaza, dove si alternano vari relatori che illustrano le motivazioni alla base della richiesta di firma dei regolamenti al Segretario Califano.

Dopo questa prima fase, 150 persone con disabilità occupano il Palazzo Federale ubicato al n. 50 di United Nations Plaza con l’intento di esercitare una forte pressione sul Direttore Regionale dell’HEW, Joseph Maldonado, in contatto diretto con il suo superiore a Washington. L’assenza di risposte e la mancata firma fanno sì che la contestazione si protragga fino al 4 maggio 1977.

Come riportano le cronache, gli occupanti sono non solo persone con impairment diversificati ma anche interpreti del servizio sanitario, assistenti personali, genitori, simpatizzanti. Il gruppo è prevalentemente giovane e multiculturale. Un ruolo fondamentale, sia nell’organizzazione sia durante l’occupazione, è svolto dalle donne e dalle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ (per utilizzare una definizione di uso corrente). Vi è anche una non indifferente componente di attiviste/i provenienti dai movimenti per i diritti civili e contro la guerra del Vietnam.

Si tratta di un aspetto non secondario. Le lotte delle persone con disabilità si intrecciano, infatti (e ci viene da aggiungere indissolubilmente), con quelle delle donne, dei gay, delle lesbiche, dei bisessuali o transessuali (in tal senso ricordiamo i moti di Stonewall del 1969), con le proteste delle comunità afroamericane e ispaniche, con quelle di chi è povero (e finisce spesso nel tritacarne militarista che genera guerre tanto barbare quanto inutili), lotte che si sviluppano attorno al/alla tema/questione dei diritti e delle discriminazioni, spesso multiple (si pensi, ad esempio, a una donna nera, disabile, lesbica e povera).

Non è un caso, quindi, che attorno agli occupanti e a loro sostegno morale e materiale, durante i tanti giorni trascorsi dentro l’edificio, si attivi una straordinaria rete di supporto, di fatto già costruita negli anni da Kitty Cone e Judy Heumann. Scendono così in campo il Black Panther Party, la Glide Memorial Church, la Gay Men’s Butterfly Brigade, Delancey Street, gli United Farm Workers, le Grey Panthers e molte altre sigle e movimenti. L’Esercito della Salvezza fornisce materassi e coperte. Non manca anche il sostegno di diversi politici, come il sindaco di San Francisco George Moscone, i membri del Congresso Philip Burton, George Miller e il senatore Alan Cranston.

I manifestanti ricevono migliaia di lettere di incoraggiamento e di vicinanza, tra le quali quelle di Cesar Chavez e di molti sindacati, compresa l’Associazione Internazionale dei Macchinisti (IAM). Di particolare rilievo è il supporto da parte del Black Panther Party che, in linea con la sua politica inerente ai programmi alimentari, fornisce pasti caldi ogni giorno. La motivazione della loro presenza e del loro supporto è chiara: sostengono questa battaglia perché chiede all’America di cambiare, di trattare tutte e tutti come esseri umani. Come ricorda OToole (2015), le Pantere Nere sostengono sempre le persone che lottano per rivendicare i propri diritti.

I giorni trascorsi durante l’occupazione, inoltre, divengono per le/i attiviste/i e i loro sostenitori/ici un momento e uno spazio importante di politicizzazione e coscientizzazione. Discutono, si confrontano, cercano soluzioni creative alla loro situazione. Soprattutto prendono coscienza della loro identità, di chi sono: «Sapevo cosa avrei desiderato. Volevo essere bella. Volevo smettere di essere una storpia. Ma ora so di essere bella».10

Nonostante il protrarsi della protesta e la chiara intenzione dei manifestanti, emerge che il Segretario Califano sta valutando di apportare 22 modifiche al regolamento 504, interventi che modificano sostanzialmente la norma. Tra questi emendamenti vi sono: l’eliminazione delle regole che richiedono a ospedali e a scuole di fornire rampe e altri dispositivi per l’accesso agli stabili; la creazione di scuole speciali per bambini con disabilità invece di integrarli nelle scuole di tutte/i.

Durante le giornate di occupazione Ed Roberts, in quel momento capo del Dipartimento di Riabilitazione dello Stato della California, si reca nei luoghi dell’occupazione per ribadire con decisione l’assoluta necessità che si realizzi una società inclusiva, capace di riconoscere e di valorizzare le persone con disabilità. Come ricorda Shapiro (1993), poi ripreso anche da Leighty (1994), Roberts a conclusione del suo discorso esalta l’empowerment di quel movimento, dichiarando che chiunque è lì presente e sta combattendo per i propri diritti — sia esso cieco, sordo, con un impairment fisico o intellettivo… — è bello, è potente, è forte, è importante.

Per dare maggiore vigore alla protesta e unire le forze, 25 attiviste/i, di differenti provenienze razziali e con differenti disabilità, si recano da San Francisco a Washington, incontrando diversi rappresentanti del Congresso. Si organizzano veglie al canto di We Shall Overcome e una grande manifestazione presso il Lafayette Park, di fronte alla Casa Bianca, che richiama molti sostenitori.

Alla fine, dopo aver preso consapevolezza che i manifestanti non hanno alcuna intenzione di cedere, il Segretario Califano firma il regolamento il 28 aprile 1977. Si tratta di una vittoria su molti fronti: culturale, normativo, civile, sociale. Il sit-in 504 è altamente significativo non solo perché ha raggiunto il suo obiettivo ma in quanto è stato un banco di prova della capacità delle persone con disabilità di organizzarsi e di rivendicare i propri diritti, nonché di mostrare un’ineludibile capacità di autodeterminarsi.

Non a caso il testo della Sezione 504, fortemente voluta dalle persone con disabilità e altrettanto fortemente contrastata dai burocrati dell’amministrazione, stabilisce che a nessuna persona con disabilità potrà essere preclusa la partecipazione sociale e in alcun modo potranno esserle negati benefici a causa del suo impairment.

L’approvazione della Sezione 504 ha contribuito in modo determinante a spostare l’attenzione dal deficit personale alla questione sociale. Da quel momento è risultato chiaro che l’essere disabili non è causato dalla persona ma piuttosto dalla costruzione della società, come poi ribadirà il Social model of disability.

Come ha affermato il senatore Hubert Humphrey: «È giunto il momento di stabilire fermamente il diritto degli americani disabili alla dignità e al rispetto di sé come membri uguali e contribuenti della società e porre fine all’isolamento virtuale di milioni di bambini e adulti» (Cone, 2013).

Emancipazione, autodeterminazione, vita indipendente: la lezione intersezionale di Judy Heumann

Siamo a un punto cruciale della storia. I media stanno mutando e si sta trasformando la modalità tradizionale di diffusione e stampa adattandola al nuovo mondo dello streaming online e dei social media. Con movimenti come #OscarsSoWhite e Time’s Up, l’industria dell’intrattenimento si sta mobilitando per creare cambiamento. La diversità è nello spirito del tempo e film di successo come Black Panther evidenziano l’importanza della sua rappresentazione e la necessità di creare un mondo inclusivo. Anche i benefici economici che l’inclusione comporta non nuocciono. Tuttavia, una minoranza che viene continuamente lasciata ai margini di questa nuova ondata di rappresentanza è quella dei disabili. Lo abbiamo visto con il movimento #MeToo, che ha creato un cambiamento radicale nella nostra società. Le donne con disabilità sono state incluse solo dopo che gli attivisti della comunità hanno denunciato il movimento Time’s Up di non essere inclusivo con le donne con disabilità. Non è più accettabile che le donne non siano al tavolo. Non è più accettabile che al tavolo non ci siano persone di colore. Ma nessuno si occupa di vedere se il tavolo sia accessibile (Heumann, 2019, p. 1).

La riflessione critica di Judy Heumann appena riportata ci consente di operare una duplice, ma convergente, considerazione.

La prima riguarda il fatto che, come peraltro abbiamo visto raccontando sia l’esperienza di Camp Jened sia la contestazione del sit-in 504, storicamente le lotte per i diritti, per l’emancipazione e per l’autodeterminazione che hanno attraversato gli anni Sessanta e Settanta hanno un’ineludibile componente intersezionale. Ciò deriva dal fatto che l’analisi politica della cultura allora dominante (del costume, dei valori, dei modi di pensare e agire, ecc.), che è alla base della nascita dei diversi movimenti che hanno dato vita a quella stagione, ha chiaramente fatto emergere le componenti abiliste, razziste, classiste, sessiste, patriarcali, trans-omofobiche della società e ha fatto prendere coscienza ad attiviste e ad attivisti che tali aspetti del vivere sociale devono essere assunti comunitariamente e come questioni non separate, ma esito di un medesimo paradigma politico-economico-sociale che è quello del capitalismo.

La seconda considerazione derivante dalla riflessione di Judy Heumann (e non potrebbe essere altrimenti) concerne il fatto che tali questioni sono ancora aperte, tanto che anche alcuni movimenti recenti, finalizzati a difendere e a sostenere persone maggiormente vulnerabili ed esposte agli abusi del potere (qualunque esso sia), corrono il rischio di escludere parti consistenti della popolazione, nello specifico della denuncia di Heumann le donne con impairment, tradendo (inconsapevolmente? per spirito identitario? per incapacità politico-culturale di vedere oltre il proprio ombelico, ossia oltre il problema personale per cui ci si sta muovendo?) il proprio mandato. In altre parole, occorre oggi come ieri pensare e agire in modo intersezionale e ciò è assolutamente necessario se davvero desideriamo perseguire il raggiungimento di una società inclusiva ed essere protagonisti autentici della sua costruzione.

Una convinzione questa rimarcata anche da Sara Carnovali in un articolo pubblicato su Superando.it per ricordare Judy Heumann subito dopo la sua scomparsa:

Le occupazioni di quegli anni ricevettero il sostegno di altri gruppi tradizionalmente discriminati, soprattutto della popolazione afroamericana, che per giorni portò ai manifestanti cibo, coperte e altri beni di prima necessità. Una concretizzazione del principio dell’intersezionalità delle lotte, poiché la matrice della discriminazione è comune a ogni minoranza marginalizzata — se pure si manifesta in forme differenti —, nonché una dimostrazione del fatto che l’unione delle rivendicazioni dei diritti rende i suoi protagonisti più forti e la conquista di quei diritti più vicina. Questa prospettiva era chiarissima a Judith, la quale affermò che «quando gli altri ti vedono come un cittadino di terza classe, la prima cosa di cui hai bisogno è la fiducia in te stesso e la consapevolezza dei tuoi diritti. La seconda cosa che ti serve è un gruppo di amici con cui lottare». La prospettiva intersezionale e il paradigma secondo cui è necessario applicare alle rivendicazioni dei diritti delle persone con disabilità il medesimo paradigma già utilizzato per l’emancipazione di altri gruppi discriminati sono ben presenti nella similitudine del tavolo, coniata dall’attivista americana: come non è più accettabile che al tavolo al quale vengono prese le decisioni non sieda una donna o una persona di colore, così non è più accettabile che nessuno si chieda se quel tavolo sia accessibile (Carnovali, 2023).

In conclusione, possiamo affermare che Judy Heumann è un limpido esempio di persona che ha desiderato costruire una società inclusiva e il suo modo di pensare e di agire rappresenta una testimonianza emblematica di quale postura sia necessario assumere per essere realmente attive/i nella sua realizzazione.

Come ha evidenziato con la consueta precisione Giampiero Griffo in un contributo apparso sempre su Superando.it in occasione della scomparsa di Judy, la «sua storia ci insegna che le persone con disabilità non devono dipendere dalle scelte e decisioni prese da tecnici e professionisti, ma sono cittadini come tutti gli altri e quindi devono essere essi stessi il motore del cambiamento sociale e culturale e della loro emancipazione» (Griffo, 2023). Non a caso, una delle sue più celebri affermazioni, ripresa anche dai giovani presenti al recente Forum Europeo sulla Disabilità, è: se non pretendi per te stesso ciò in cui credi, non lo otterrai!11

Per quel che ci riguarda, facciamo convintamente nostre, per concludere, le parole con cui Sara Carnovali a sua volta chiude il tributo a Judy Heumann: «A noi spetta, accogliendo l’eredità di Judith, plasmare una società che abbracci la complessità identitaria degli individui tutti, in una convivenza tra gruppi sociali non abilista e non discriminatoria rispetto a chi diverge da un’astratta e «sterile» norma. Addio Judith. Rest in power, Rolling Warrior» (Carnovali, 2023).

Cone K. (2013), Short History of the 504 Sit in, «Disability Rights Education & Defense Fund», https://dredf.org/504-sit-in-20th-anniversary/short-history-of-the-504-sit-in/.

Griffo G. (2023), Judy Heumann, che ha diffuso il «virus» dell’autonomia e dell’autodeterminazione, Superando.it. https://www.superando.it/2023/03/08/judy-heumann-che-ha-diffuso-il-virus-dellautonomia-e-dellautodeterminazione/

Heumann J. (2019), Road Map for Inclusion. Changing the Face of Disability in Media, New York, Ford Foundation.

Heumann J. e Joiner K. (2020), Being Heumann: An Unrepentant Memoir of a Disability Rights Activist, Boston, Beacon Press.

Leighty C.A. (1994), No Pity: People with Disabilities Forging a New Civil Rights Movements, «Michigan Law Review», vol. 92, n. 6, pp. 1953-1958.

Linn B. (2001), Disability Rights and Independent Living Movement Oral History Project. Interviews conducted by Denise Sherer Jacobson. In H. Rousso (2004), New York Activists and Leaders in the Disability Rights and Independent Living Movement, Volume III: https://oac.cdlib.org/view?docId=hb5n39n7m6&brand=oac4&doc.view=entire_text.

OToole C.J. (2015), Fading Scars: My Queer Disability History, Fort Worth (TX), Autonomous Press.

Shapiro J. (1993), No Pity: People with Disabilities Forging a New Civil Rights Movement, New York, Times Books.

Smith N. (2020), Behind the Disability Revolution Depicted in Netflix and the Obamas’ New Documentary ‘Crip Camp’, People, https://people.com/movies/behind-disability-revolution-obama-netflix-documentary-crip-camp/


1 Professore Ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale, Dipartimento di Scienze della Formazione, Università di Roma Tre.

2 Full Professor of Pedagogy and Special Education, Department of Education, University of Roma Tre.

3 Edward (Ed) Verne Roberts nasce il 23 gennaio 1939 e a 14 anni contrae la poliomielite che gli causa una paralisi, con la sola eccezione di due dita, che rende indispensabile il ricorso a un polmone d’acciaio, successivamente sostituito da un respiratore portatile. Si iscrive, prima persona con disabilità non autosufficiente, all’Università di Berkeley conseguendo la laurea in Scienze politiche. Mentre frequenta la scuola secondaria si batte per poter ottenere il diploma (inizialmente negatogli) e durante gli studi universitari rivendica uno spazio idoneo per ospitare il suo polmone d’acciaio. L’amministrazione del Campus gli offre l’infermeria e Ed accetta trasformandola (e chiedendone il riconoscimento come tale) in alloggio universitario. In questo periodo intraprende numerose battaglie per migliorare la qualità di vita degli studenti con impairment. Intorno a Roberts si forma il gruppo dei Rolling Quads (tetra/plegici rotolanti), tra i primi a offrire un’analisi politica della disabilità e a delineare positivamente l’identità delle persone con disabilità. Esiti delle lotte intraprese sono l’attuazione del Programma per Studenti con Disabilità Fisica e la creazione del primo Centro per la Vita Indipendente, sorto dall’idea (politica), all’epoca rivoluzionaria, che le persone con disabilità non siano oggetti di cura ma soggettività capaci di autodeterminarsi. Nominato nel 1975 Direttore del California Department of Rehabilitation, partecipa nel 1977 al sit-in 504 e nel 1983 dà vita, con Judy Heumann, al World Institute on Disability. Pioniere dei Disability Studies, unitamente a figure come Adolf Ratzka o Mike Oliver (come non mancano di ricordare nel loro blog le Witty Wheels Elena e Maria Chiara Paolini: http://wittywheels.it/2016/12/ed-roberts-pioniere-del-movimento-per-i-diritti-dei-disabili/, consultato il 15 settembre 2023), Ed Roberts nel corso della vita si è sposato, ha avuto un figlio e ha divorziato. È morto il 14 marzo 1995 a 56 anni.

4 https://twitter.com/judithheumann/status/1271542205484797952 (consultato il 15 settembre 2023).

5 https://www.ted.com/talks/judith_heumann_our_fight_for_disability_rights_and_why_we_re_not_done_yet (consultato il 15 settembre 2023).

6 https://vimeo.com/channels/504sitin e https://dredf.org/504-sit-in-20th-anniversary/ (consultato il 15 settembre 2023).

7 https://www.fordfoundation.org/work/learning/research-reports/road-map-for-inclusion-changing-the-face-of-disability-in-media/(consultato il 15 settembre 2023).

8 https://www.womenshistory.org/education-resources/biographies/judith-heumann (consultato il 15 settembre 2023).

9 Oltre a Judy Heumann, anche altri/e attivisti/e hanno ricevuto incarichi e riconoscimenti importanti. Bobbi Linn è divenuta la prima direttrice esecutiva del Bronx Independent Living Services (BILS) e nel 2019 è stata inserita nella Hall of Fame dei diritti dei disabili dello Stato di New York. James LeBrecht ha preso parte alla nascita della Disabled Student Union presso l’Università della California e ha co-diretto il film-documentario su Camp Jened, intitolato Crip Camp, che ha vinto il Sundance film Festival e ha ottenuto una nomination ai Premi Oscar. Larry Allison è stato insegnante di Educazione speciale a Brooklyn ed è stato vicedirettore dell’Ufficio per le persone con disabilità del sindaco di New York City dal 1973 al 1991, impegnandosi per migliorare l’accessibilità ai seggi elettorali.

10 https://longmoreinstitute.sfsu.edu/patient-no-more (consultato il 17 settembre 2023).

11 https://www.superando.it/2023/03/06/judy-heumann-se-non-pretendi-per-te-stesso-cio-in-cui-credi-non-lo-otterrai/ (consultato il 15 settembre 2023).

Vol. 22, Issue 3, September 2023

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