Vol. 21, n. 2, maggio 2022

PROSPETTIVE E MODELLI ITALIANI

Nidi d’infanzia e processi inclusivi1

Una ricerca nelle province di Modena e Reggio Emilia

Antonio Gariboldi2, Antonella Pugnaghi3, Giulia Bagnoli4 e Giulia Scaglioli5

Sommario

L’inclusione dei bambini con disabilità nei servizi per la prima infanzia è riconosciuta, a livello internazionale e nazionale, come un ambito di interesse nevralgico per garantire a tutti il diritto all’educazione e il pieno riconoscimento del valore delle differenze. In tal senso, l’effettiva promozione dei processi inclusivi viene a configurarsi quale analizzatore privilegiato per indagare la qualità dei processi educativi e il grado di partecipazione attiva garantito all’interno delle diverse istituzioni formative. Adottando una prospettiva ecosistemica, la ricerca qui presentata intende rilevare le strategie gestionali e le principali scelte educative e organizzative operate nei servizi 0/3 presenti nei territori che fanno riferimento a due Unioni di Comuni (Unione Terre d’Argine e Unione Tresinaro Secchia), rispettivamente della provincia di Modena e Reggio Emilia, per facilitare e sostenere i processi inclusivi. Nello specifico, oltre a rilevare il punto di vista degli educatori dei servizi mediante la somministrazione di un questionario, si è deciso di coinvolgere anche i coordinatori pedagogici attraverso delle interviste semi-strutturate, per esplorarne il ruolo e le funzioni in relazione alla promozione dell’inclusione dei bambini con disabilità.

Parole chiave

ECEC, Inclusione, Prospettiva ecosistemica, Educatori, Coordinatore pedagogico.

ITALIAN MODELS AND PERSPECTIVES

Nursery schools and inclusive processes

A research in the provinces of Modena and Reggio Emilia

Antonio Gariboldi6, Antonella Pugnaghi1, Giulia Bagnoli1 e Giulia Scaglioli1

Abstract

The inclusion of children with disabilities in early childhood services is recognized, internationally and nationally, as an area of crucial interest to guarantee everyone the right to education and full recognition of the value of differences. In this sense, the effective promotion of inclusive processes is configured as a privileged analyzer to investigate the quality of educational processes and the degree of active participation guaranteed within the various educational institutions. Adopting an ecosystem perspective, the research presented here intends to detect the management strategies and the main educational and organizational choices made in the 0/3 services present in the territories that refer to two Unions of Municipalities (Unione Terre d’Argine and Unione Tresinaro Secchia), respectively of the province of Modena and Reggio Emilia, to facilitate and support inclusive processes. Specifically, in addition, to detect the point of view of professional educators, through the administration of a questionnaire, it has decided to also involve the pedagogical coordinators, through semi-structured interviews, to explore their role and functions in relation to the promotion of the inclusion of children with disabilities.

Keywords

ECEC, Inclusion, Ecosystem prospective, Educators, Pedagogical coordinator.

Introduzione

Nel campo dell’educazione per la prima infanzia, le normative nazionali, europee e internazionali attuali e le recenti Linee pedagogiche per il sistema integrato «zerosei» (Ministero dell’istruzione e Commissione nazionale, 2021) individuano l’inclusione tra i principi e le finalità prioritarie di ogni sistema formativo, sottolineano l’importanza, non solo di garantire un accesso reale ai vari servizi educativi presenti nei diversi territori, ma soprattutto di migliorare sia i processi di apprendimento di tutti bambini coinvolti sia la qualità delle relazioni che si esplicano in tali contesti, al fine di assicurare, sin dai primi anni di vita, la partecipazione di tutti a esperienze culturalmente significative e di qualità. Nello specifico, in quest’ultimo documento si afferma che: «accogliere i bambini con disabilità o bisogni educativi speciali […] nei servizi educativi e nelle scuole per l’infanzia vuol dire riconoscere il loro diritto all’educazione, il bisogno che hanno come tutti i bambini di essere accompagnati nel proprio percorso di crescita» (Commissione nazionale, 2021, p.18). Inoltre, all’art. 1, comma 2, del DLgs 65/2017, si delineano tra le principali finalità del sistema integrato 0/6, in relazione ai processi inclusivi, quelle di contribuire a ridurre gli svantaggi culturali, sociali e relazionali, attraverso interventi personalizzati e un’adeguata organizzazione degli spazi e delle attività e quindi accogliere e rispettare le diversità, promuovendo un’offerta educativa di qualità, avvalendosi di personale educativo e docente con qualificazione universitaria e attraverso la formazione continua in servizio, la dimensione collegiale del lavoro e il coordinamento pedagogico territoriale (Salis, 2021).

In tale direzione, l’importanza di adottare una prospettiva inclusiva nel progettare e realizzare servizi e scuole che sin dalla primissima infanzia promuovano l’acquisizione di competenze essenziali, l’autonomia, l’autodeterminazione di tutti i bambini coinvolti, mediante progetti di vita dinamici e partecipati, significa in ultimo essere in grado come comunità di accogliere le differenze di ciascuno, nel rispetto dei diritti umani (Ainscow, Booth e Dyson, 2006; Ainscow, Dyson e Weiner, 2013). Si intende dunque superare un’impostazione adattiva e compensativa (Goussot, 2015), per innescare dei processi di revisione e cambiamento all’interno delle istituzioni educative e nei più ampi contesti sociali e culturali, in modo da valorizzare le differenze e aumentare le opportunità di partecipare a interventi educativi di qualità, in un’ottica di giustizia ed equità sociale (Kozleski, Artiles e Waitoller, 2014). In tale prospettiva, l’attenzione non si riduce ad aspetti specifici dei processi di apprendimento o all’individuazione di risorse destinate ai singoli (Medeghini e D’Alessio, 2012), ma riguarda la messa in discussione e trasformazione dei più ampi sistemi educativi, al fine di creare le condizioni atte a promuovere partecipazione, diritto all’educazione, cittadinanza attiva, processi di autodeterminazione, riuscendo quindi a realizzare dei contesti di esperienza equi e sostenibili per tutti e per ciascuno (Malaguti, 2017).

Nel dibattito internazionale intorno all’educazione inclusiva e alla trasformazione dei sistemi formativi si rimarca l’importanza di attivare degli interventi di investimento sociale, economico e culturale sull’infanzia, quale prospettiva del futuro per le comunità (UNESCO, 2009; UNICEF, 2012; OECD, 2013; European Commission, 2019) poiché, come dimostrano anche alcuni studi recenti, solo chi ha frequentato dei servizi di qualità elevata presenta un maggior successo scolastico e recupera precocemente inuguaglianze di partenza (Heckman e Masterov, 2007; Del Boca e Pasqua, 2010; Barnett, 2011; Pianta et al., 2009; Pianta et al., 2012; Shonkoff e Phillps, 2015; Briceag, 2019).

La realizzazione di sistemi educativi inclusivi e di qualità è stata oggetto di un importante progetto di ricerca, Inclusive Early Childhood Education (IECEC), condotto in ambito europeo (European Agency for special needs and inclusive education, 2017).Nello specifico, per identificare e analizzare le principali caratteristiche di un’educazione inclusiva di qualità, dedicata alla prima infanzia, si è adottata una prospettiva ecosistemica (Bronfenbrenner e Morris, 2006; Odom et al., 2004), in quanto occorre prendere in considerazione le complesse influenze dell’ambiente sullo sviluppo infantile, influenze queste ultime derivanti dalle interazioni e interrelazioni tra i vari contesti di vita in cui i bambini agiscono e crescono (Bianquin e Giraldo, 2021). Tutti gli attori che a vario titolo operano all’interno del sistema educativo integrato 0/6, ricoprendo diversi ruoli e funzioni, sono dunque chiamati, in un’ottica di co-responsabilità, a ricercare le modalità e le strategie più opportune per rispondere, in modo competente, a specifiche necessità di apprendimento e cura, ponendo particolare attenzione all’organizzazione di contesti, ai contenuti culturali e alle relazioni che si generano all’interno di tali contesti, al fine di corrispondere alle esigenze di tutti e di ciascuno, accogliendone e rispettandone le peculiarità. Occorre, infatti, evitare, da un lato, «derive specialistiche e percorsi separati, non inseriti in quadri organici, ledendo anche i diritti fondamentali di accedere a un’educazione di qualità, fin dalla primissima infanzia; dall’altro, […] di incorrere nella confusione delle finalità, degli assetti, delle metodologie e degli strumenti adottati dal personale educativo, dei servizi di educazione e di cura per la prima infanzia» (Malaguti, 2017, p. 21).

Infatti, come sostiene Canevaro, è necessario promuovere a livello di sistema educativo un’assunzione di responsabilità consapevole nel garantire a ciascun bambino il proprio diritto a partecipare attivamente a percorsi formativi di qualità, sin dai primi anni di vita, in quanto: «chi cresce nell’interdipendenza allargata può evolvere in un progetto. Chi invece cresce nell’interdipendenza ristretta, diventa dipendente senza progetto. Sarà riconosciuto solo da qualcuno. Rischierà di avere la benevolenza e non i riconoscimenti, che sono plurimi, diversi, uno dall’altro» (Canevaro, 2017, p. 14).

In tale direzione e, in linea con altri studi e ricerche condotte a livello nazionale (Pennazio, 2017; Bulgarelli, 2018; Dettori e Pirisino, 2017; 2019; 2020), l’intento principale della presente indagine consiste nel prendere in esame la complessità degli elementi che concorrono nel caratterizzare la quotidianità di servizi educativi per l’infanzia realmente inclusivi, in grado quindi di influenzare in maniera significativa la qualità delle esperienze che si realizzano in tali contesti, a cui tutti i bambini sono chiamati a partecipare attivamente. Infatti, se è vero che «l’ingresso di un bambino con disabilità porta il servizio a ripensare i propri schemi comunicativi e le proprie prassi» (Benedetti, 2015, p. 175), occorre che ci si interroghi per garantire la predisposizione di interventi efficaci e coerenti in grado di considerare e pensare il bambino nella sua globalità.

Obiettivi e scelte metodologiche

Per progettare e realizzare dei contesti e delle prassi educative in grado di accogliere e valorizzare le peculiarità di tutti sin dalla prima infanzia occorre essere consapevoli che, come sottolinea Bocci (2018, p. 65), «[...] l’inclusione è uno sfondo epistemologico, una prospettiva di analisi finalizzata a perturbare la staticità del sistema e la sua azione normante in chiave assimilativa, prospettando non accomodamenti ragionevoli per far sì che chi è fuori (o potenzialmente potrebbe essere fuori) sia posto dentro, ma un vero e proprio cambiamento dell’attuale sistema sociale e educativo».

Se si mira dunque a superare quelle logiche omologanti e medicalistiche (Medeghini, 2013), che ancora oggi attraversano in maniera più o meno sotterranea le politiche, i contesti e le prassi educative, diviene essenziale innanzitutto rilevare e rimuovere tutte le forme discriminanti e marginalizzanti presenti nelle istituzioni formative, riducendo in primis tutti i limiti e gli ostacoli disabilitanti in esse presenti e garantendo la piena partecipazione di tutti e di ciascuno (Gaspari, 2021).

In tal senso, ai fini di rilevare e ricostruire alcuni degli aspetti più significativi delle pratiche inclusive che vengono realizzate nei servizi educativi per la prima infanzia e delle scelte gestionali e organizzative che le possono in vario modo promuovere e sostenere, si è deciso di realizzare un’indagine nei servizi di due Unioni dei Comuni delle province di Modena e Reggio Emilia. Un territorio dalla forte tradizione pedagogica che ha sempre investito nella diffusione e nella qualità dei servizi educativi dedicati all’infanzia. La scelta di coinvolgere i servizi di enti locali di aree territoriali diverse ma confinanti era legata all’intento di esplorare la realtà dei nidi d’infanzia, in riferimento a enti — le Unioni dei Comuni — che proprio per la loro articolazione hanno forti esigenze di coordinamento e per cercare di cogliere e mettere in evidenza come le scelte operate a livello locale possano influire sulla promozione dei processi inclusivi anche in contesti che presentano notevoli elementi di similarità.

In questo senso le domande che in linea generale hanno orientato la ricerca sono state le seguenti.

  • Quali scelte sul piano amministrativo e educativo e quali condizioni gestionali e organizzative qualificano i servizi per la prima infanzia delle realtà esaminate dal punto di vista della promozione e realizzazione dei processi di inclusione dei bambini con disabilità?
  • Con quali strumenti e modalità vengono favoriti e sostenuti i rapporti di rete tra servizi educativi e socio-sanitari e tra gli stessi servizi educativi per l’infanzia gestiti dall’ente locale in funzione dello sviluppo dei processi inclusivi? Quale valutazione si può dare dell’effettivo coinvolgimento dei servizi socio-sanitari e delle famiglie?

Più nello specifico, gli obiettivi dell’indagine erano:

  • rilevare e confrontare la realtà dei servizi per la prima infanzia dei due territori sotto il profilo delle pratiche educative inclusive, con particolare riferimento alla promozione e sviluppo dei rapporti di rete;
  • descrivere e analizzare le scelte amministrative e le condizioni gestionali e organizzative che definiscono il contesto delle pratiche educative inclusive;
  • valutare la qualità dei processi inclusivi dal punto di vista degli operatori dei servizi coinvolti.

La ricerca, realizzata nell’anno educativo 2019-2020, è stata fortemente influenzata dalla situazione generata dall’epidemia di Covid-19, in quanto ha portato alla chiusura periodica e prolungata dei servizi (con la messa in cassa integrazione degli operatori dei servizi convenzionati a gestione privata) e poiché ha impedito la possibilità di un’osservazione e rilevazione diretta all’interno dei nidi d’infanzia del territorio indagato. Per queste ragioni i servizi coinvolti nella ricerca sono stati esclusivamente quelli a gestione pubblica diretta; in particolare, i nidi d’infanzia comunali che avevano accolto nell’ultimo triennio almeno un bambino in condizione di disabilità certificata o in via di certificazione.

La realtà di tali servizi dal punto di vista delle pratiche d’inclusione è stata ricostruita raccogliendo il punto di vista del personale educativo impegnato nei due contesti territoriali. Nello specifico, sono state complessivamente coinvolte nella rilevazione 77 educatrici di nido e 13 coordinatrici pedagogiche (compreso chi ricopriva anche il ruolo di responsabile dei servizi per ricostruire le scelte politico-amministrative).

Gli strumenti utilizzati per la rilevazione sono stati rispettivamente un questionario, elaborato a partire dall’analisi di alcuni strumenti presenti in letteratura7, e l’intervista semi-strutturata, che si poneva anche lo scopo di approfondire con le coordinatrici gli elementi più significativi emersi dall’esame delle risposte date dalle educatrici.

Il questionario, che, come si è detto, è stato somministrato alle educatrici dei nidi selezionati, si articolava in tre aree:

  • una prima sezione finalizzata alla raccolta dei dati anagrafici e d’informazioni generali sui servizi;
  • una seconda parte che aveva l’intento d’indagare, tramite domande a risposta aperta e chiusa, gli aspetti organizzativi e le pratiche educative inerenti ai processi d’inclusione dei bambini con disabilità (il PEI, gli strumenti di osservazione e documentazione, la formazione, i rapporti con i servizi socio-sanitari e la famiglia, ecc.);
  • una terza e ultima area riguardante la valutazione di qualità dei processi inclusivi realizzati.8

L’intervista semi-strutturata,9 che si è svolta invece con le coordinatrici pedagogiche, è stata in parte personalizzata in relazione allo scopo di approfondire quanto emerso dai questionari compilati nei diversi servizi. Pur con alcune differenze legate a tale obiettivo, tutte le interviste seguivano però una struttura di riferimento, proponendosi d’indagare le seguenti aree tematiche: il lavoro del coordinatore rispetto all’inclusione dei bambini con disabilità, le barriere architettoniche, l’équipe educativa, la figura dell’educatore di sostegno,10 il PEI, il rapporto con le famiglie e il rapporto con il territorio.

Nei paragrafi che seguono, per ragioni di spazio, è presentata una selezione dei dati più significativi emersi dalla ricerca, cercando di mettere in risalto la peculiare realtà dei due diversi territori e proponendo alcune riflessioni generate dal confronto tra i differenti contesti.

Processi inclusivi e coordinamento pedagogico nei nidi d’infanzia dell’Unione Terre d’Argine

L’Unione Terre d’Argine (UTdA) è un ente locale autonomo che aggrega i quattro Comuni di Carpi, Campogalliano, Soliera e Novi di Modena. Nell’ambito dell’Unione, l’offerta educativa dei servizi 0/3 anni si articola complessivamente in 10 nidi e un servizio integrativo.

Alla ricerca hanno preso parte 40 educatrici, che sono state coinvolte nella compilazione del questionario, e 5 coordinatrici pedagogiche, che hanno invece partecipato a interviste semi-strutturate. Dalle risposte fornite nel questionario dal personale educativo è stato possibile ricostruirne l’anagrafica, rilevando, innanzitutto, la presenza di personale interamente femminile (ad eccezione di un solo educatore uomo), con un’età media di 49 anni e con una eterogenea anzianità di servizio nel sistema dei servizi 0/3. In particolare, in merito a quest’ultimo punto: il 45% del personale è impiegato da più di 20 anni; il 5% da 15-20 anni; il 22,5% da 10-15 anni; il 12,5% da 5-10 anni e, in ultimo, il 15% da 0-5 anni.

Per quanto riguarda il titolo di studio: il 45% è in possesso del diploma di scuola superiore; il 25% ha conseguito una laurea di primo livello; il 2,5% possiede una laurea di secondo livello e, infine, il 27,5% non ha fornito alcuna risposta. Ancora, tutti coloro che hanno compilato il questionario dichiarano di essere «educatori», ad eccezione di un’unica persona che riporta di essere assunta in servizio come «educatore di sostegno». Infine, tutto il personale educativo assunto, ad eccezione di un 10%, ha un contratto pubblico a tempo indeterminato, mentre, rispetto al rapporto di lavoro, solo il 15% delle educatrici svolge un orario part-time.

Nel tentativo di dare risposta ai quesiti che hanno guidato l’indagine, in questo paragrafo saranno considerati gli elementi che caratterizzano le condizioni organizzative e le pratiche inclusive dei nidi d’infanzia comunali del territorio, così come sono emersi dall’analisi dei questionari e delle interviste.

Il numero di bambini con disabilità certificata accolti nei servizi nido nell’anno educativo 2019-2020 è pari a 5, e, dalla testimonianza fornita dalla responsabile del coordinamento, è emerso che, negli ultimi anni, questo numero è rimasto sempre abbastanza costante sia nelle scuole dell’infanzia che nei nidi, anche se in questi ultimi si sono rilevati dei numeri inferiori rispetto alle altre istituzioni scolastiche. Si è rilevato, invece, che l’incremento numerico a cui il territorio ha assistito ha riguardato le diverse situazioni di difficoltà non certificata. In merito alle patologie più diffuse nei servizi, la stessa coordinatrice ha indicato che le diagnosi prevalenti sono quelle che riguardano lo spettro autistico, oltre alla presenza di diversi bambini con disabilità multiple e complesse, tra cui, ad esempio, una bambina con la PEG.

Per ricostruire il complesso piano delle scelte gestionali e amministrative messe in campo dall’Unione con il fine di garantire contesti educativi inclusivi e percorsi progettuali di qualità, è stata di estrema importanza la testimonianza fornita dalla responsabile del coordinamento, la quale ha sottolineato che «per quanto riguarda i servizi 0/6, tutta la gestione delle scuole è definita da un accordo di programma distrettuale» (Coordinatrice 1a). In particolare, tale accordo, approvato sul territorio nel 2019, è formalmente definito come Accordo interistituzionale per l’accoglienza di bambini con disabilità multiple e complesse nei servizi 0/6 anni dell’Unione Terre d’Argine.

In merito ai servizi socio-sanitari, oltre al coinvolgimento della neuropsichiatria, sono definiti altri due livelli di collaborazione: la partecipazione della pediatria di comunità e il sostegno dei servizi sociali, laddove, oltre a una disabilità, sia presente anche una situazione di fragilità famigliare.

Occorre però evidenziare che, per quanto attiene al coinvolgimento dei servizi socio-sanitari nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive (si veda la figura 1 in Appendice), le educatrici ne segnalano alcune criticità, dovute soprattutto alle limitate occasioni pensate per condividere le informazioni riguardanti i percorsi educativi intrapresi con tali professionisti. In questo senso, soprattutto le coordinatrici pedagogiche sottolineano la situazione di criticità in cui sembrerebbe versare il servizio di neuropsichiatria, il quale negli ultimi anni si è trovato a seguire molti bambini, pur avendo a disposizione poche risorse umane ed economiche.

Sempre all’interno di questo studio, si è deciso di indagare il rapporto con il territorio e le famiglie, che è stato valutato complessivamente in maniera positiva sia dalle educatrici che dalle coordinatrici. Nello specifico, per quanto concerne il rapporto con le famiglie, i giudizi inerenti a un loro limitato coinvolgimento (si veda la figura 2 in Appendice) sono stati posti in evidenza da alcune educatrici per sottolineare come, seppur i genitori siano sempre coinvolti sul piano relazionale, le fasi di elaborazione e progettazione degli interventi formativi siano di competenza del personale educativo. In altri termini, l’elaborazione del progetto è curata esclusivamente dalle educatrici, mentre con le famiglie si cerca poi sempre di condividere il senso del lavoro che viene svolto. A ogni modo, dalle interviste svolte con le coordinatrici, è emerso come sia di fondamentale importanza costruire un rapporto di fiducia con le famiglie che frequentano i nidi d’infanzia, fiducia che viene promossa e sviluppata attraverso un costante e quotidiano lavoro di dialogo che, lentamente, porta ad accogliersi reciprocamente. Si tratta di percorsi sicuramente lunghi, molto delicati, dov’è imprescindibile lavorare con pazienza ed è essenziale dotarsi di strumenti condivisi per leggere la complessità delle situazioni in cui si opera, percorsi per i quali la maggior parte delle famiglie esprime profonda gratitudine.

Rispetto ai diversi profili professionali che caratterizzano la vita dei nidi d’infanzia, la nostra attenzione si è focalizzata su tre principali figure: l’équipe educativa (ovvero le educatrici assegnate in forma stabile alle sezioni), l’educatrice di sostegno e la coordinatrice pedagogica. Dalle risposte fornite nel questionario emerge una valutazione complessivamente positiva sia in merito al coinvolgimento di tutto il personale nella definizione e nella realizzazione delle pratiche inclusive, sia nella coerenza del lavoro svolto dalle diverse educatrici. Sempre in relazione all’équipe, un altro ambito indagato è stato quello afferente alla formazione in servizio rispetto alla disabilità e all’inclusione; a tale riguardo, l’80% delle educatrici (si veda la figura 3 in Appendice) afferma che è stata svolta una formazione in servizio e, in particolare, nei questionari vengono specificati tre principali temi formativi: l’autismo, il linguaggio e la CA. Oltre a tali tematiche è stata poi approfondita la relazione con bambini «difficili».

Nelle interviste svolte con le pedagogiste, si è poi avuto modo di appurare che il coordinamento dell’Unione prevede ogni anno un’offerta formativa sui temi della disabilità; in altre parole, nel territorio preso in esame si ritiene sia di fondamentale importanza portare avanti una formazione su tali temi in maniera continuativa. In riferimento all’educatrice di sostegno, le risposte fornite dal personale esprimono un giudizio positivo sulla presenza nei servizi di tale profilo professionale, confermando la sua partecipazione a pieno titolo come figura educativa, intesa quale professionalità d’aiuto e di supporto per l’intero gruppo-sezione. In particolare, tutti i partecipanti hanno affermato che nei servizi dell’Unione è previsto l’impiego di personale educativo di sostegno in presenza di un bambino con disabilità certificata, che viene assunto dalle graduatorie a tempo determinato del Comune.

Per quanto riguarda le ore di sostegno, i giudizi espressi nei questionari sono positivi (si veda la figura 4 in Appendice); in particolare, dalle interviste si è appurato che, nella maggioranza dei casi, c’è quasi sempre una copertura di ore molto ampia, che viene definita dal coordinamento in accordo e di concerto con la neuropsichiatria e la famiglia.

Infine, un ruolo cruciale all’interno dei servizi è quello rivestito dalla coordinatrice pedagogica, il cui coinvolgimento e sostegno nella progettazione e realizzazione delle pratiche educative inclusive viene giudicato positivamente da parte delle educatrici dei diversi servizi comunali. Chiedendo una riflessione alle stesse coordinatrici sul loro ruolo professionale in merito ai temi della disabilità e inclusione, vengono delineate due principali funzioni:

  • l’importanza di agire come «figura di sistema», ovvero di riuscire a tenere regolarmente i contatti fra i vari agenti del territorio, che, in via prioritaria, sono la neuropsichiatria e la famiglia;
  • la necessità di svolgere una funzione di accompagnamento al gruppo educativo nell’ambito della quotidianità dell’esperienza del nido. Sotto questo profilo la coordinatrice pedagogica, da un lato, aiuta il gruppo di lavoro a tradurre operativamente gli obiettivi educativi, dall’altro, opera cercando di far lavorare l’équipe in modo integrato.

In merito alle diverse scelte e soluzioni educative e didattiche che consentono di progettare e realizzare contesti inclusivi, occorre sottolineare che nei servizi del territorio viene condiviso un approccio progettuale comune, fondato anche sull’utilizzo di vari strumenti d’osservazione e di documentazione. A tal riguardo, dai dati emerge un giudizio positivo di tali strumenti, tra i quali, principalmente, le educatrici segnalano: osservazioni carta e matita; uso di checklist e griglie osservative; foto e video; diario di bordo; pannellistica e pubblicazioni. Collegato a tale discorso, nel questionario si è data un’attenzione particolare al PEI, chiedendo alle educatrici se e in che modo tale documentazione venga redatta per i bambini con disabilità che sono accolti nei servizi. A tal proposito, nell’Unione, già da diversi anni la scelta è stata quella di non adottare tale strumento, ma di adattare la documentazione utilizzata quotidianamente al nido d’infanzia, giungendo all’elaborazione di un peculiare strumento documentativo, denominato «quaderno del percorso educativo del bambino». In particolare, questo quaderno si delinea come una forma di narrazione che consente di tenere traccia del percorso vissuto dal bambino all’interno del nido d’infanzia, anche per agevolare, successivamente, il passaggio alla scuola dell’infanzia.

Proprio la continuità con il grado scolastico successivo è l’ultimo tema indagato, al fine di cogliere i percorsi progettuali in grado di sostanziare e strutturare i momenti di passaggio tra istituzioni educative differenti. Dalle parole delle cinque coordinatrici, è emerso che, nel momento in cui i bambini concludono la loro esperienza al nido, al bambino con disabilità viene dedicata una forte attenzione, cercando di condividere con la scuola dell’infanzia che accoglierà quest’ultimo quanto più possibile dell’esperienza vissuta dallo stesso durante gli anni trascorsi al nido.

In definitiva, quello che emerge dalla ricerca condotta nell’Unione è sicuramente l’attenzione per i temi della disabilità e dell’inclusione, come viene sottolineato nell’intervista alla responsabile del coordinamento: «l’Unione Terre d’Argine è un territorio che crede fortemente nella valenza dell’esperienza e dei percorsi educativi dei bambini con disabilità; questo lo abbiamo sempre fatto e lo continueremo a fare. Credo che sia un punto di forza importante rispetto all’inclusione. […] Quindi, sì, ci teniamo, ci si crede e si continuerà su questa strada […]» (Coordinatrice 1a).

Inclusione e coordinamento nei nidi d’infanzia dell’Unione Tresinaro Secchia

L’Unione Tresinaro Secchia (UTS), composta da sei Comuni della Provincia di Reggio Emilia (Castellarano, Casalgrande, Rubiera, Scandiano, Viano e Baiso), prevede un’offerta educativa 0/3 articolata in 11 nidi, di cui 6 a gestione diretta comunale e 5 appaltati, 2 sezioni primavera annesse a scuole dell’Infanzia FISM, 5 spazi bambini e 4 centri per bambini e genitori.

Alla ricerca hanno preso parte 37 educatrici dei servizi di nido comunali, attraverso la compilazione del questionario, e 8 coordinatrici pedagogiche e una responsabile comunale, che hanno invece partecipato alle interviste semi-strutturate.

Dalle risposte fornite al questionario è stato possibile ricostruire l’anagrafica delle educatrici: si tratta di tutte donne, con un’età media di 44 anni e una notevole anzianità in servizio: il 33% del personale è impiegato da più di vent’anni nello 0/3 e mediamente nel medesimo nido da 13 anni. Per quanto concerne il titolo di studio, il 43% possiede un diploma di scuola superiore, il 19% una laurea triennale e l’8% delle educatrici sono in possesso di una laurea magistrale. Il personale ha prevalentemente un contratto a tempo pieno (70%) e indeterminato (78%), le uniche figure con contratto privato sono le due educatrici di sostegno, in quanto assunte da una cooperativa locale.

Nel corso degli anni sono aumentate sia le richieste di iscrizione al nido per i bambini con certificazione, sia le situazioni tenute sotto monitoraggio dal personale. Le diagnosi maggiormente presenti nello 0/3 riguardano: «spettro autistico, disprassia, disturbi/ritardi dell’attenzione e del linguaggio, disturbi comportamentali (tra cui oppositivo-provocatorio e difficoltà di carattere emotivo)» (Coordinatrice 2c). In particolare, nell’anno educativo 2019-2020 i bambini con certificazione iscritti ai servizi prescolari sono 5.

Per ricostruire il complesso piano di scelte gestionali e amministrative che caratterizzano le politiche e le pratiche inclusive dei servizi educativi del territorio, occorre considerare che l’eterogeneità degli approcci presente prima dell’istituzione dell’Unione è dovuta al fatto che ciascun Comune siglava singolarmente gli accordi con neuropsichiatria e famiglie ed era ulteriormente complicata dalla dicotomia di sguardi presente tra gli specialisti in campo medico e le figure educative. Il lavoro congiunto tra il coordinamento pedagogico distrettuale, il centro per l’autismo di Reggio Emilia e la locale neuropsichiatria ha permesso l’introduzione di figure tecnico-sanitarie all’interno dei servizi educativi, per consentire una maggiore condivisione di sguardi e garantire una coerenza nelle progettazioni educative individualizzate.

Il rapporto che emerge oggi con enti, associazioni, cooperative e professionisti che a vario titolo si occupano di disabilità è valutato in maniera complessivamente positiva. Tra le collaborazioni principali indicate dal personale, ci sono i rapporti con i servizi sociali, gli educatori domiciliari, i centri per le famiglie, il centro Babilonia, ossia un laboratorio creativo territoriale che collabora con le varie istituzioni educative per promuovere una cultura della sostenibilità attraverso il ri-uso dei materiali di recupero e di scarto aziendale, e l’associazione Aut-Aut, cioè un’associazione fondata da famiglie con figli con disturbi dello spettro autistico, oltre che con l’ASL e la neuropsichiatria. Le risposte fornite dal personale segnalano, però, uno scarso coinvolgimento nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive da parte dei servizi socio-sanitari (si veda la figura 5 in Appendice). Esse sono imputabili, secondo le coordinatrici, da un lato alle fragilità interne alla neuropsichiatria del distretto, molto spesso oberata di lavoro, dall’altro lato a una richiesta implicita del personale di poter ricevere maggiore supporto e sostegno e ulteriore formazione per «poter disporre, di conseguenza, di più strumenti da spendere in campo progettuale e operativo» (Coordinatrice 2b).

Per quanto concerne il rapporto con le famiglie, i giudizi inerenti a un loro scarso coinvolgimento (si veda la figura 6 in Appendice) sono attribuibili, secondo le coordinatrici, alla complessità che le connota intrinsecamente e alle difficoltà che talvolta si possono riscontrare nel creare un rapporto di fiducia e di piena co-responsabilità educativa, situazioni che in molti casi sono ulteriormente complicate da differenze culturali o da condizioni socio-economiche svantaggiate.

Un’ulteriore scelta gestionale, condivisa a livello di Unione, è stata l’introduzione di un sistema di gare d’appalto per l’affidamento in gestione del servizio di sostegno, al fine di garantire la presenza di personale in possesso di specifiche qualifiche inerenti alla disabilità e all’inclusione. Uno solo dei Comuni ha optato per la non introduzione di personale educativo di sostegno all’interno dei nidi comunali, impegnandosi affinché tutto il personale della struttura venga adeguatamente formato e preparato nella gestione dei singoli casi, per evitare un rapporto esclusivo tra il personale aggiuntivo e il bambino con disabilità e per offrire così una molteplicità di sguardi differenti.

Le risposte fornite dal personale, in merito alle figure di sostegno, sono complessivamente positive, confermando la loro partecipazione come educatrici della sezione a tutte le attività della vita al nido. Tra i requisiti dell’ultimo bando di gara (2019), infatti, è indicato che al personale di sostegno debbano essere riconosciute e garantite un numero di ore adeguate per poter partecipare a tutti gli incontri con le famiglie, i servizi socio-sanitari e con il resto del personale. Mentre i giudizi negativi espressi in merito all’adeguatezza del numero di ore del sostegno (si veda la figura 7 in Appendice) vengono motivati da una delle coordinatrici facendo riferimento al fattore economico, che spesso porta a un ridimensionamento del numero di ore richieste a seguito della valutazione pedagogico-didattica. Tali giudizi negativi sono espressi, però, anche nei servizi in cui non viene impiegato personale di sostegno e, secondo la coordinatrice responsabile, essi dipendono dal fatto che: «qualche educatrice vorrebbe che ci fosse una persona dedicata al bambino certificato, a volte è più semplice avere una figura, competente e riconosciuta, che si occupi esclusivamente del bambino certificato, è invece molto più difficile e credo che richieda un impegno personale e professionale dover ampliare i propri orizzonti e dover accogliere davvero chiunque» (Coordinatrice 2a).

Passando a considerare il lavoro di équipe, vengono valutati positivamente sia il coinvolgimento di tutto il personale nella definizione e nella realizzazione delle pratiche inclusive, che la coerenza delle azioni educative messe in campo; mentre i giudizi negativi, dipenderebbero, in un caso, dalla volontà del personale di estendere le riflessioni sui temi della disabilità e dell’inclusione a tutto il collettivo di struttura e, dall’altro, al consistente lavoro di riflessione che stava coinvolgendo in quel momento le educatrici, data la particolare situazione pandemica e i significativi cambi istituzionali avvenuti in alcuni servizi durante tale periodo.

In merito alla formazione in servizio, viene segnalata dalle educatrici la mancanza di percorsi di formazione specifici sulla disabilità e sull’inclusione (si veda la figura 8 in Appendice), risposte attribuibili, secondo le coordinatrici, al fatto che tali tematiche sono affrontate trasversalmente nelle diverse formazioni svolte in corso d’anno, oltre che durante i collettivi di sezione e di struttura. Situazione differente per quanto concerne il personale di sostegno, infatti «è stato creato un gruppo di auto-formazione al quale partecipano tutte le educatrici e le insegnanti di sostegno che operano nei servizi 0/6 comunali, che si pone tra gli obiettivi principali la condivisione dei progetti educativi individualizzati, l’individuazione delle strategie operative e delle metodologie di lavoro (sia con bambini sia con le famiglie)» (Coordinatrice 2c).

A questa auto-formazione si sommano poi altri percorsi formativi, stabiliti internamente alla cooperativa vincitrice del bando sulla base dei bisogni espressi dal personale e della valutazione condotta dal proprio settore infanzia. La coordinatrice referente per i sostegni sottolinea inoltre come la sola qualifica universitaria da educatore debba essere integrata con ulteriori titoli di studio ed esperienze sul campo, per poter adeguatamente corrispondere al ruolo di sostegno.

Considerando poi il ruolo del coordinatore pedagogico, il cui coinvolgimento e sostegno nella progettazione e realizzazione delle pratiche educative inclusive viene giudicato positivamente da parte delle educatrici dei diversi servizi comunali (si veda la figura 9 in Appendice), è di rilevanza cruciale la sua funzione di sistema a garanzia delle relazioni sul territorio con le famiglie, con la neuropsichiatria e le diverse associazioni. Proprio nel rapporto di rete con questi soggetti può trovare una più coerente ed efficace declinazione il progetto educativo individualizzato, al fine di individuare obiettivi e strategie di lavoro condivise e in continuità. Il compito di redazione e aggiornamento del PEI viene attribuito in modo particolare alla figura del sostegno, tenendo anche in considerazione che in tre dei Comuni coinvolti nella ricerca viene impiegato uno strumento differente. Tutte le coordinatrici hanno, comunque, sottolineato il fatto che verranno condotti aggiornamenti e formazioni in merito al nuovo modello di PEI nazionale (DI 182/2020), considerato quale occasione di revisione per gli strumenti attualmente in uso, con l’intento di creare una maggiore continuità con la documentazione presente nella scuola dell’infanzia, al fine di condividere un linguaggio comune con le insegnanti, aumentando la comprensibilità dei casi e la continuità delle progettualità educative svolte.

Documentazione e osservazione sono strumenti essenziali per favorire realmente i processi inclusivi, in quanto consentono la progettazione, realizzazione e valutazione delle proposte educative messe in campo, tenendo monitorati gli interventi educativi e le effettive ricadute degli stessi. I principali strumenti osservativi e documentativi che vengono citati dal personale sono: schede e griglie osservative, ipotesi e rilanci progettuali, sfogli visivi. Tali strumenti, che si possono intendere nelle loro interconnessioni funzionali come strumenti progettuali, sono l’esito di un pluriennale lavoro di ricerca e formazione condotto nei servizi educativi sotto la regia del coordinamento pedagogico distrettuale, che ne ha permesso la condivisione e l’impiego a livello territoriale, agevolando, inoltre, lo scambio di informazioni con le famiglie, la neuropsichiatria e i colleghi.

Tale scambio di informazioni è particolarmente rilevante anche nella strutturazione dei percorsi progettuali di continuità tra istituzioni educative differenti, fermo restando la necessità di garantire ai bambini la possibilità di raccontarsi ed essere conosciuti nel nuovo ambiente oltre alla testimonianza fornita dalle educatrici del nido. Questo risulta possibile nel momento in cui il personale educativo coltiva un atteggiamento di vivo interesse e di grande curiosità verso tutti i bambini, verso la propria professione, verso conoscenze e linguaggi plurimi, al fine di poter «rimettere al centro la differenza come possibilità di conoscere situazioni e mondi diversi» (Coordinatrice 2d). Interrogarsi sui compiti, i ruoli, le competenze che spettano al proprio profilo professionale, sulle modalità con cui «i valori di comunità, d’inclusione, di valorizzazione delle differenze» (Coordinatrice 2d) vengono declinati nelle scelte politiche, tecniche e organizzative del servizio educativo comporta una riflessione allargata e polifonica, che necessita di tempi e luoghi idonei, come avviene nei tavoli permanenti di lavoro a carattere multiprofessionale, istituiti a livello distrettuale sul territorio.

In conclusione, dall’analisi condotta nell’Unione Tresinaro Secchia emerge una particolare attenzione e sensibilità per i temi della disabilità e dell’inclusione, che alimenta la volontà di continuare a investire, coltivando ricerca e formazione da parte di tutto il personale, per promuovere un miglioramento continuo nelle politiche e nelle pratiche educative delle istituzioni educative e formative.

Verso un sistema 0/6 inclusivo e di qualità: alcuni possibili rilanci

Realizzare servizi educativi inclusivi per tutti i bambini, incentivando l’adozione di scelte e soluzioni amministrative, organizzative e pedagogiche volte a migliorare le strategie messe in atto nei contesti prescolari, costituisce l’asse portante delle recenti raccomandazioni politiche europee e nazionali, in quanto promuovere l’inclusione sin dai primi anni di vita significa investire in capitale umano per creare una società migliore, incentrata sulla crescita sostenibile e intelligente (European Commission, EACEA e Eurydice, 2019).

Pertanto, diviene sempre più urgente ridurre lo scarto ancora esistente tra la dichiarazione dei principi di partecipazione e uguaglianza nelle differenze e l’esigibilità effettiva di questi diritti, soprattutto da parte di chi vive una condizione di disabilità e/o svantaggio socio-culturale (Dovigo, 2008; Pavone, 2010; Associazione Treellle, 2011; Demo, 2014).

A tal proposito, in linea con altre ricerche condotte in ambito nazionale (Dettori e Pirisino, 2017; 2019; 2020), anche nella presente indagine si delinea un quadro di servizi educativi contrassegnato da una forte eterogeneità tra i diversi territori coinvolti. A tal proposito, è sufficiente considerare che in alcuni Comuni di fronte a una diagnosi clinica si decide di inserire all’interno dell’équipe pedagogica un’ulteriore figura educativa, per la quale viene a più riprese sottolineata la co-responsabilità in merito alla gestione dell’intero gruppo-sezione, onde evitare l’attivazione di un qualsiasi meccanismo di delega, mentre in altri territori, distanti pochi chilometri, la stessa certificazione comporta la riduzione del numero di bambini presenti in sezione e l’avvio di percorsi formativi specifici rivolti all’intero gruppo di lavoro educativo. Si tratta di scelte amministrative e gestionali che traducono concettualizzazioni diverse di disabilità e inclusione; esse, pur rientrando all’interno di un quadro normativo comune e radicandosi in un territorio caratterizzato da una forte cultura pedagogica per la prima infanzia, anche riconosciuta a livello internazionale, delineano e descrivono delle fisionomie educative differenti e pongono in evidenza l’urgenza di elaborare dei criteri univoci ed esplicitare dei livelli essenziali di qualità esigibili, i quali, come sostengono Ianes e Macchia (2008), sono necessari in quanto potrebbero «[…] orientare più decisamente le varie azioni che la scuola fa verso l’automiglioramento e la sua progettualità nella direzione delle dimensioni che più costruiscano un’idea di Qualità condivisa» (p. 89).

Individuare dei requisiti minimi, univoci per tutti i servizi educativi presenti sul territorio nazionale, e definire delle linee guida per la stesura di protocolli chiari e condivisi fra tali contesti e gli operatori sanitari significa quindi non voler omologare le identità pedagogiche delle diverse realtà territoriali, ma garantire che le esigenze di tutti i bambini siano realmente comprese e soddisfatte fin dalla prima infanzia e che quindi vengano predisposte delle azioni e delle risposte precoci, condivise ed efficaci (Lee et al., 2015).

La necessità di individuare degli orientamenti comuni e condivisi riguarda anche l’area della progettazione e documentazione degli interventi educativi individualizzati realizzati nei diversi contesti di vita, a partire dalla definizione di un modello di PEI che riguardi anche i servizi per la prima infanzia. Infatti, se ormai è consolidata l’importanza di accogliere tutti i bambini, compresi quelli con fragilità e disabilità, nei servizi educativi 0/3 e se, in base a quanto delineato dal DLgs 65/2017, tali istituzioni configurano, insieme alla scuola dell’infanzia, un sistema educativo integrato, occorrerebbe dunque predisporre un documento progettuale comune, in continuità con il nuovo modello di PEI nazionale (DI 182/2020) delineato per la scuola dell’infanzia, al fine di condividere un linguaggio comune non solo tra i vari professionisti educativi che operano nelle varie istituzioni, ma anche con le famiglie e le altre figure tecnico-sanitarie coinvolte, sostenere dei percorsi di continuità tra le diverse progettualità educative realizzate e incentivare i momenti di scambio e confronto tra le diverse realtà formative presenti all’interno di un determinato territorio. In tal senso, per sostenere un approccio progettuale rigoroso diviene essenziale esplorare le possibilità osservative e le modalità operative connesse all’utilizzo dell’ICF (Cottini, 2004; Ianes, 2004; Ianes e Macchia, 2008; Ianes e Demo, 2009; Chiappetta Cajola, 2012; Chiappetta Cajola e Rizzo, 2014; d’Alonzo, 2016; Carruba, 2017), riconoscendo in tale classificazione non solo un dispositivo euristico fondamentale, ma anche uno strumento propedeutico per progettare e redigere collegialmente delle progettualità condivise e sostenibili, nelle quali si tiene traccia delle scelte e delle azioni messe in atto da tutti gli operatori coinvolti, in una logica di continuità orizzontale e verticale (Chiappetta Cajola, 2008; Pavone, 2010; Dainese, 2016).

Inoltre, se è vero che lo sviluppo di pratiche educative competenti e inclusive non può essere considerato solo come una responsabilità individuale dei singoli, tuttavia diviene necessario garantire a tutti gli operatori della prima infanzia la possibilità di partecipare a percorsi di formazione indirizzati a rispondere alle esigenze e alle priorità dei bambini con disabilità e delle loro famiglie (Bianquin e Giraldo, 2021). Infatti, il tema della professionalità e della qualità delle risorse umane coinvolte nel funzionamento del sistema dei servizi costituisce una questione centrale (Catarsi e Fortunati, 2004), che diviene ancora più rilevante e stringente quando si indaga la qualità dell’offerta formativa utilizzando come analizzatore l’inclusione dei bambini con disabilità. Nello specifico, in linea con gli studi volti a indagare gli atteggiamenti degli insegnanti relativamente all’inclusione (Vianello e Moalli, 2001; Zambelli e Bonni, 2004; Arcangeli, Bartolucci e Sannipoli, 2016; Camedda e Santi, 2016; Ferrara, 2016; Antonietti, Bertolini e Veneziani, 2017; Dettori e Pirisino, 2017) o nei confronti della disabilità e dei bambini con bisogni educativi speciali (Campbell, Gilmore e Cuskelly, 2003; Medeghini, 2006; Sze, 2009; Fiorucci, 2014), dall’analisi dei questionari somministrati al personale educativo dei due territori coinvolti nell’indagine emerge da parte delle educatrici una piena consapevolezza circa la necessità di una formazione continua sulle tematiche della pedagogia inclusiva. Infatti, sin dal 2006, l’OCSE nel definire i fattori chiave necessari per garantire un’educazione inclusiva sin dalla prima infanzia, sottolinea l’esigenza di investire sulla formazione/specializzazione del personale (OECD, 2006) poiché occorre che gli operatori posseggano una formazione altamente qualificata, affinché si rilevino dei benefici in tutti i soggetti di apprendimento (Guralnick et al., 2006; Odom, Buysse e Soukakou, 2011).

Purtroppo, nonostante la recente riforma (DLgs n.65 e 66/2017) ridefinisca i titoli di studio del personale educativo coinvolto nei servizi educativi per l’infanzia, essa non contempla la presenza di percorsi di studio post-laurea per gli educatori focalizzati sui temi della disabilità (Dettori e Pirisino 2020), cosa che invece avviene per i successivi gradi di istruzione (DM 378/2018). Diviene dunque necessario prendere in esame i percorsi formativi iniziali in materia di bisogni educativi speciali per, da un lato, dare continuità alla formazione dei professionisti che operano nella fascia 0/6 anni e, dall’altro, elaborare dei coerenti corsi di formazione in servizio in modo tale che l’intera comunità educante possa sviluppare le competenze necessarie per accogliere e coinvolgere tutti i bambini (OECD, 2012). Nello specifico, la formazione in servizio sui temi della disabilità nei servizi per l’infanzia 0/6 potrebbe assumere diverse forme, prevedendo scambi di buone pratiche tra le differenti realtà educative, la realizzazione di progetti di ricerca-azione, coinvolgendo i vari enti di ricerca, corsi mirati per la riqualificazione del personale e la supervisione realizzata da professionisti specializzati, quali sono i coordinatori pedagogici (Urban et al., 2011).

A tal proposito, occorre sottolineare che la ricerca presentata in questo contributo costituisce una prima indagine esplorativa che pone in evidenza il ruolo e le funzioni di un professionista chiave nei contesti educativi, qual è la figura del coordinatore pedagogico, in relazione con i processi inclusivi che si realizzano in tali servizi. Se infatti a livello normativo italiano (DLgs n. 65 e 66/2017) e nella letteratura di riferimento viene ribadito il ruolo cruciale che viene a svolgere il coordinamento pedagogico territoriale nel garantire un sistema educativo 0/6 integrato e di qualità (Caldin, 2016; Dettori e Pirisino, 2020; Bianquin e Giraldo, 2021), tuttavia non si rintracciano percorsi di ricerca volti a sondare le modalità mediante le quali tali principi si declinano in scelte e compiti svolti nella quotidianità dei servizi educativi per l’infanzia.

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Decreto Interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, «Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66».

Decreto Legislativo 7 agosto 2019, n. 96, «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 recante Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e della legge 13 luglio 2015, n. 107», https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/08/28/19G00107/sg (consultato il 15 aprile 2022).

Decreto Ministeriale del 9 Maggio 2018 n. 378, «Titolo di accesso educatore servizi infanzia (articolo 14 DLgs 65/17)», https://www.unicas.it/media/2995225/decreto-ministeriale-378-del-9-maggio-2018-titoli-di-accesso-educatore-servizi-infanzia-art-14-dlgs-65-17.pdf (consultato il 15 aprile 2022).

Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 65, «Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107», https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00073/sg (consultato il 15 aprile 2022).

Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66, «Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e della legge 13 luglio 2015, n. 107», https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00074/sg (consultato il 15 aprile 2022).

Legge 13 luglio 2015, n. 107, «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/15G00122/sg (consultato il 15 aprile 2022).

Ministero dell’Istruzione, Commissione nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione (2021), «Linee pedagogiche per il sistema integrato «zerosei» (art. 10, decreto legislativo 13 aprile 2017, n.65)», https://www.miur.gov.it/documents/20182/1945318/Bozza+Linee+pedagogiche+0-6.pdf/5733b500-2bdf-bb16-03b8-a299ad5f9d08?t=1609347710638 (consultato il 15 aprile 2022).

APPENDICE

Figura 1

Giudizi forniti dal personale educativo (Unione Terre d’Argine – UTdA) circa il grado di coinvolgimento dei servizi socio-sanitari nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive.

Figura 2

Giudizio fornito dal personale educativo (UTdA) circa il grado di coinvolgimento delle famiglie dei bambini con disabilità nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive.

Figura 3

Risposte fornite dal personale educativo (UTdA) circa i percorsi di formazione in servizio attinenti ai temi dell’educazione inclusiva svolti negli ultimi tre anni.

Figura 4

Giudizi forniti dal personale educativo (UTdA) circa l’adeguatezza delle ore di sostegno rispetto alle necessità della sezione.

Figura 5

Giudizi forniti dal personale educativo (Unione Tresinaro Secchia – UTS) circa il grado di coinvolgimento dei servizi socio-sanitari nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive.

Figura 6

Giudizi forniti dal personale educativo (UTS) circa il grado di coinvolgimento delle famiglie dei bambini con disabilità nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive.

Figura 7

Giudizi forniti dal personale educativo (UTS) circa l’adeguatezza delle ore di sostegno rispetto alle necessità della sezione.

Figura 8

Giudizi forniti dal personale educativo (UTS) circa lo svolgimento di una formazione in servizio attinente ai temi dell’educazione inclusiva svolta negli ultimi tre anni.

Figura 9

Giudizi forniti dal personale educativo (UTS) circa il sostegno del Coordinatore nella definizione e nell’attuazione delle pratiche inclusive.


1 L’articolo è frutto di un lavoro condiviso. In particolare, Antonio Gariboldi è autore del paragrafo «Obiettivi e scelte metodologiche»; Antonella Pugnaghi è autrice dei paragrafi «Introduzione» e «Verso un sistema 0/6 inclusivo e di qualità: alcuni possibili rilanci»; Giulia Bagnoli è autrice del paragrafo «Processi inclusivi e coordinamento pedagogico nei nidi d’infanzia dell’Unione Terre d’Argine» e Giulia Scaglioli è autrice del paragrafo «Inclusione e coordinamento nei nidi d’infanzia dell’Unione Tresinaro Secchia».

2 Professore associato in Didattica e Pedagogia speciale, Dipartimento di Educazione e Scienze Umane, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

3 Assegnista di ricerca, Dipartimento di Educazione e Scienze Umane, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

4 Dottoressa in Scienze Pedagogiche, laureata presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

5 Dottoressa in Scienze Pedagogiche, laureata presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

6 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

7 Gli strumenti di ricerca presi a riferimento per l’elaborazione del questionario somministrato alle educatrici e agli educatori dei nidi d’infanzia dei due territori coinvolti sono stati: il questionario Il bambino con disabilità al nido (Bulgarelli, 2018); lo Strumento di autoriflessione sui contesti dell’insegnamento inclusivo nella prima infanzia (European Agency for Special Needs and Inclusive Education, 2017); la check-list di verifica: analisi dei contesti educativi per la prima infanzia, secondo la prospettiva inclusiva (Malaguti, 2017); la scala di valutazione dei processi inclusivi (Cottini et. al, 2016); le scale e gli strumenti di rilevazione presenti all’interno del volume Una idea di nido. Un modello educativo-didattico integrato e inclusivo (Favorini, 2005).

8 Nello specifico, nel questionario, oltre a una prima sezione finalizzata a raccogliere i dati anagrafici dei soggetti coinvolti (genere, età, titolo di studio, tipologia contatto di lavoro, annualità di servizio), si è chiesto alle educatrici di rispondere ai seguenti quesiti: nel servizio è prevista l’elaborazione del PEI? Se sì da chi viene redatto? Ci può descrivere brevemente il processo di condivisione di questa importante documentazione? Nei documenti del servizio sono presenti dei riferimenti all’inclusione? È stata svolta, negli ultimi tre anni, per l’équipe educativa, una formazione in servizio riguardante i temi dell’educazione inclusiva? Se sì, quando e su quale tematica è stata svolta? Chi partecipa a questi incontri? Sono previsti degli incontri con i servizi socio-sanitari? Il servizio collabora con altre associazioni del territorio per promuovere l’inclusione? Sono previsti e progettati dei percorsi di continuità educativa orizzontale e verticale per il bambino con disabilità? È previsto l’integrazione nell’équipe di ulteriore personale educativo con funzioni di sostegno? Chi definisce le risorse economiche e di personale necessarie (es. incremento del numero degli educatori)? Sulla base di quali informazioni vengono assegnate le risorse di sostegno (es. definizione del quantitativo orario da assegnare ai vari professionisti coinvolti)? Il personale di sostegno, ove previsto, partecipa alle riunioni di équipe e di sezione? L’educatore di sostegno ha avuto modo di conoscere il bambino attraverso colloqui con la famiglia? L’osservazione sistematica viene impiegata per promuovere pratiche inclusive? Se sì, con quali strumenti? La documentazione viene impiegata per promuovere pratiche inclusive? Se sì, con quali strumenti? Secondo lei, gli spazi son accessibili a tutti i bambini? La presenza di un bambino con disabilità è stata un’occasione per ripensare gli spazi e i materiali della sezione? Secondo lei, i materiali presenti in sezione rispecchiano le diversità umane? Secondo lei, la presenza del bambino con disabilità incide sull’organizzazione temporale della giornata educativa? Secondo lei, quanto il bambino con disabilità viene coinvolto nelle attività? Secondo lei, quanto il bambino con disabilità viene coinvolto nelle attività fuori sede (es. uscite, visite didattiche)? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, quanto le «ore di sostegno» assegnate rispondono compiutamente alle necessità della sezione? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, quanto le figure educative coinvolte sono professionalmente competenti nello svolgere il loro ruolo in un’ottica inclusiva? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, tutto il personale è coinvolto nella definizione e realizzazione di pratiche inclusive? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, il coordinatore pedagogico sostiene il gruppo di lavoro nella definizione e nell’attuazione delle pratiche inclusive? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, quanto il coordinatore pedagogico è coinvolto nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, quanto i servizi socio-sanitari sono coinvolti nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive? Secondo lei, facendo riferimento alla sua esperienza, quanto le famiglie sono coinvolte nella progettazione e nella realizzazione delle pratiche inclusive?

9 Al fine di cogliere le peculiarità e le specificità di ogni coordinatrice pedagogica coinvolta, si è scelto di apportare delle modifiche a un’iniziale traccia di riferimento, nella quale, dopo alcuni quesiti iniziali volti a ricostruire i tratti essenziali del ruolo ricoperto all’interno dello specifico territorio, si è chiesto: negli ultimi anni vi è stato un incremento nel numero di bambini con disabilità che frequentano i servizi educativi del suo territorio e quali sono le certificazioni più diffuse? Quali sono le politiche inclusive che vengono promosse e realizzate all’interno del territorio di riferimento? Quali condizioni e strategie istituzionali, gestionali e amministrative garantiscono la realizzazione di percorsi progettuali inclusivi di qualità? Quali scelte e soluzioni organizzative e didattiche consentono di progettare e realizzare una rete di contesti educativi realmente inclusivi? Per quanto riguarda il coordinamento pedagogico territoriale, come quest’ultimo, nel suo complesso, lavora/opera e si confronta sui temi inerenti alla disabilità e all’inclusione? Vi è un approccio comune tra i diversi nidi presenti sul territorio? Facendo riferimento alla sua esperienza, come vengono da lei realizzate e sostenute le pratiche inclusive? In che modo la sua figura di coordinatore viene coinvolta? Data la sua esperienza come coordinatrice, saprebbe indicarmi, secondo la sua opinione, quali sono i principali bisogni formativi percepiti (come coordinatore) rispetto alla disabilità e all’inclusione? Quanto i temi dell’inclusione caratterizzano la professionalità di tutti gli attori coinvolti? Su quali temi lei ritiene che gli educatori debbano essere coinvolti in itinerari formativi specifici? Rispetto alle figure educative «di sostegno» assegnate in base alle certificazioni: a quale ente gestore fanno riferimento (es. Comune, cooperativa sociale ecc.)? In base a quali criteri vengono attribuite tali risorse all’interno dei servizi? In caso di ulteriori necessità/cambiamenti durante l’anno educativo, tali risorse possono essere integrate? Le figure educative che vengono individuate, a suo avviso, sono adeguatamente formate rispetto ai temi della disabilità e dell’inclusione? Nei servizi da lei coordinati, viene elaborato il PEI per i bambini con disabilità certificata? Se sì, quali figure educative sono coinvolte nella sua elaborazione? In questo territorio vi è un modello di PEI condiviso tra i vari servizi 0/3? Se sì, tale modello è condiviso anche con le scuole dell’infanzia del territorio? Attraverso quali strategie e strumenti si cerca di instaurare una relazione di fiducia con le famiglie dei bambini con disabilità? In relazione ai rapporti con il territorio, esiste una strategia coordinata e comune tra i servizi 0/3 e gli altri servizi socio-sanitari? Se sì, me la può descrivere brevemente.

10 Si precisa che per agevolare la compilazione del questionario da parte dei soggetti coinvolti si è scelto di indicare il personale educativo assegnato alle sezioni in base alla presenza di bambini con disabilità certificata, come disposto dalla normativa vigente, con la dicitura di «educatore di sostegno». Tuttavia, per non correre il rischio di scadere in una logica compensativa e delegante, è bene ricordare, come sostiene Gaspari (2018, p. 30), che: «[…] l’educatore socio-pedagogico assume prioritari compiti di governance inclusiva, caratterizzati da pensiero critico-riflessivo (Schön, 1999; Baldacci, 2004; 2014), responsabilità etica e pieno coinvolgimento nella progettazione di interventi educativo-didattici individualizzati e personalizzati in grado di tutelare i bisogni formativi, speciali e non, di tutti e di ciascun soggetto».

Vol. 21, Issue 2, May 2022

 

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