Vol. 20, n. 2, maggio 2021 — pp. 158-170

Rubrica

Review internazionale

Quantificare i bisogni e monitorare le esperienze degli alunni con disabilità in contesti inclusivi

Una breve panoramica sugli strumenti presenti nella letteratura internazionale

Conoscere, monitorare e studiare la disabilità costituisce una delle maggiori sfide nella realizzazione di statistiche nazionali e internazionali.

In primo luogo, la disabilità non è un concetto univoco, così come non lo è la sua interpretazione. In letteratura sono stati teorizzati molteplici modelli: il modello medico, il modello sociale, il modello bio-psico-sociale e, infine, quello dei diritti umani (Graham, 2020).

Secondo il modello medico, la disabilità rappresenta esclusivamente una questione individuale, conseguenza diretta di un deficit del soggetto, che necessita di interventi riabilitativi e correttivi. Il modello sociale, al contrario, pone l’attenzione sul contesto disabilitante, ossia sulle barriere fisiche, sociali e culturali che limitano le possibilità di una persona. Il modello sociale critica fortemente la visione medico-individuale della disabilità, che tende a creare una rigida dicotomia tra norma e devianza, e a definire la disabilità come una questione principalmente medica piuttosto che politica e sociale (Oliver, 1990). Entrambi i modelli, presi singolarmente, mostrano evidenti inadeguatezze: da un lato, la medicalizzazione della disabilità produce stigmatizzazione e discriminazione a danno delle persone con disabilità; dall’altro, un focus esclusivo sul contesto — come sottolinea Shakespeare (2006) — trascura alcune innegabili limitazioni che sono dovute alla condizione di disabilità.

Un modello più recente, l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2001, 2007) e ben noto nel panorama italiano, propone un’interpretazione ecologica della disabilità, mettendo in relazione fattori biologici, psicologici e ambientali. Tale modello si configura, attualmente, come il principale riferimento per l’ambito medico-riabilitativo e quello educativo.

Infine, il modello dei diritti umani pone l’accento sul riconoscimento e il rispetto della dignità delle persone con disabilità, all’interno dello spettro di diversità degli esseri umani (Graham, 2020). Questo modello rimarca la necessità di porre le persone con disabilità al centro dei processi decisionali, favorendone l’espressione individuale e l’autodeterminazione a livello politico e sociale.

In generale, al di là del modello interpretativo scelto, all’interno della categoria ombrello della disabilità rientra un’estrema varietà di funzionamenti individuali, così come di bisogni e potenzialità. Data l’eterogeneità di soggetti che si riconoscono all’interno della categoria, risulta difficile rappresentare esaustivamente il fenomeno.

La raccolta di dati sulla disabilità rappresenta un importante strumento per descrivere l’esperienza delle persone con disabilità, per valutare e migliorare la qualità dei servizi offerti (sanitari e educativi), e per consentire una riflessione comparata tra contesti nazionali, tra servizi differenti (es. scuole) e tra soggetti differenti (es. alunni con sindrome di Down). Data la natura del concetto e le difficoltà riscontrate nell’ottenere dati affidabili e comparabili, la Commissione Statistica delle Nazioni Unite è impegnata attivamente nel migliorare i sistemi di rilevazione attualmente in uso. Tra le questioni che rendono particolarmente complessa la raccolta e comparazione di dati sulla disabilità vi sono, in particolare, i sistemi di categorizzazione e l’individuazione di aspetti misurabili in contesti diversi (Schneider, 2016). Infatti, i modelli di identificazione della disabilità variano da Paese a Paese, così come le categorie in uso. Allo stesso tempo, la descrizione del funzionamento individuale e la percezione di difficoltà nelle differenti aree di vita dipendono fortemente dal contesto socio-economico e culturale (es. abitudini, credenze).

Se pensiamo, ad esempio, all’ambito scolastico, si utilizzano almeno tre differenti tipologie di classificazione della disabilità (Florian et al., 2006): cliniche (es. disturbi dello spettro autistico, sindrome di Down), educative (es. Special Educational Needs), e amministrative (es. extensive support needs). Tali categorie sono difficilmente comparabili a livello internazionale, poiché spesso comprendono percentuali differenti di soggetti a seconda del contesto.

Appare, quindi, in prima istanza, fondamentale applicare un sistema di classificazione universalmente comprensibile e non soggetto a variabilità culturale. Esso costituisce, tuttavia, solo il punto di partenza per rendere possibile la realizzazione di statistiche internazionali sulla disabilità.

A livello europeo sono stati avanzati numerosi tentativi di armonizzare le definizioni di disabilità e le modalità di misurazione (es. WHO-Europe «long term disability list», European Disability Measurement Project), senza tuttavia raggiungere un accordo (Baldassarre et al., 2008).

Nell’Articolo 31 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità si evidenzia l’importanza di realizzare e diffondere statistiche sulla capacità dei Paesi di adempiere agli obblighi normativi (UN, 2006). Tra gli aspetti che dovrebbero essere oggetto di rilevazione vi sono:

  • la descrizione della popolazione composta da persone con disabilità (es. tipologia di disabilità, bisogno di servizi);
  • le opportunità e difficoltà esperite dalle persone con disabilità (es. partecipazione attività, accesso a servizi) (Altman e Rasch, 2016).

Per quanto riguarda l’inclusione scolastica, tali obblighi si estendono all’effettivo accesso al sistema di istruzione generale, alla disponibilità di accomodamenti ragionevoli «in funzione dei bisogni ciascuno» e di «misure di sostegno personalizzato» (art. 24), e al raggiungimento di obiettivi di apprendimento (es. certificazioni, diplomi). Inoltre, le persone con disabilità dovrebbero essere attivamente coinvolte sia nella definizione di indicatori che nei processi di raccolta e analisi dei dati (UN, 2016, sezione 5, art. 73).

Per garantire i diritti di bambini e adolescenti con disabilità sarebbero necessari, ad esempio, dati sulla disponibilità di servizi di supporto specializzati, sull’accessibilità degli ambienti e dei materiali di apprendimento, e sull’efficacia delle strategie didattiche e degli interventi in contesti scolastici inclusivi (Wilcox, Fernandez Conde e Kowbel, 2021; Florian et al., 2006). Ciò significherebbe riuscire a monitorare i progressi degli alunni, mettendoli in relazione con gli obiettivi individuali definiti per ciascuno in fase di progettazione e i livelli di supporto offerti (es. accomodamenti resi disponibili per lo svolgimento di attività o test).

Una recente rassegna sugli strumenti presenti in letteratura per misurare la disabilità (Cappa, Petrowsi e Njelesani, 2015) ha messo in luce la scarsità di statistiche e di risultati di ricerca su questo tema. Gli autori hanno selezionato ricerche condotte con survey quantitative su larga scala.

Dall’analisi degli strumenti si nota una netta prevalenza del modello medico-individuale nella concettualizzazione della disabilità e, in alcuni casi, il ricorso a termini inappropriati (es. «crippled», «dumb») ed espressioni intrise di stereotipi. Inoltre, la maggior parte delle survey non prevedeva una specifica versione per i bambini e ancor meno più versioni che rispecchiassero differenti periodi dell’età evolutiva.

Il ritardo nelle statistiche sulla prevalenza della disabilità tra bambini e adolescenti a livello mondiale, sulla frequenza a scuola e la partecipazione al sistema di istruzione generale, secondo Meltzer (2016), è dovuto alle ulteriori sfide che questa popolazione pone. Alle difficoltà esperite in generale per le statistiche sulla disabilità si aggiungono, infatti, questioni dovute alla definizione della disabilità nell’età dello sviluppo e all’estensione delle possibili fonti di informazione (genitori, caregivers, insegnanti, ecc.). Inoltre, il settore si colloca in un luogo intermedio tra la medicina, l’educazione e il sociale, il che richiede un alto livello di coordinamento e una forte volontà politica.

Nei prossimi paragrafi affronterò alcune tra le principali sfide nella rilevazioni di dati sugli alunni con disabilità: la misurazione del funzionamento individuale, la quantificazione dei sostegni necessari a rispondere ai bisogni individuali di ciascuno, e il coinvolgimento diretto degli alunni con disabilità.

Per ciascuna tematica si farà riferimento ad alcuni tentativi, progetti e strumenti sviluppati a livello internazionale per rispondere a questa necessità di dati, con modalità coerenti con i principi dell’inclusione: un approccio sistemico finalizzato alla rimozione delle barriere fisiche, sociali, e culturali all’apprendimento e alla partecipazione degli alunni con disabilità; una visione globale della persona e delle sue potenzialità; e un approccio partecipativo per la costruzione di un clima scolastico positivo e una comunità rispettosa e accogliente nei confronti delle differenze di tutti gli alunni (UN, 2016, 12).

Verso una descrizione globale, dettagliata, misurabile e comparabile del funzionamento individuale

La comprensione del funzionamento dell’alunno con disabilità è il primo passo verso una progettazione inclusiva. Il modello ICF-CY consente di descrivere dettagliatamente le difficoltà dell’alunno nell’esecuzione di compiti o azioni e nella partecipazione, di individuare le barriere contestuali e, di conseguenza, di definire gli obiettivi, le risorse e le strategie per attuare interventi efficaci (Ianes e Cramerotti, 2019).

L’ICF-CY, tuttavia, non costituisce di per sé uno strumento di misurazione ma solo un riferimento concettuale per la costruzione di strumenti, dal momento che fornisce un linguaggio comune e una comune interpretazione — flessibile e non contesto-specifica — della disabilità, un punto di partenza fondamentale per incentivare la comunicazione e la comparazione transnazionale dei dati (Madden e Bundy, 2019).

In letteratura esistono vari tentativi di sviluppare strumenti e modelli di misurazione statistica basati sull’ICF. Il più noto è il WHODAS 2.0 (Disability Assessment Schedule, WHO, 2010), creato per misurare, il più oggettivamente possibile, la performance di una persona in sei domini: cognizione, mobilità, cura personale, interazione con le persone, attività quotidiane (es. casa, tempo libero, lavoro, scuola), e partecipazione.1 Lo strumento è il frutto di un lavoro congiunto a livello internazionale, a opera di molteplici centri di ricerca impegnati nella standardizzazione, traduzione e adattamento. Il questionario è composto da una batteria di 36 domande nella versione estesa e di 12 in quella breve, ed è stato utilizzato in differenti contesti culturali e su differenti popolazioni (es. generale, con disabilità fisiche, con disturbi mentali, e con problemi di dipendenza), dimostrandosi valido e altamente affidabile (WHO, 2010). Può essere somministrato tramite intervista, compilato in autonomia o tramite un soggetto terzo (es. familiare, caregiver, osservatore). Oltre a misurare il funzionamento attuale di un individuo, il suo utilizzo può servire, ad esempio, a identificare gli interventi più adeguati e monitorare i cambiamenti nel tempo.

Questo strumento è stato sviluppato esclusivamente per la popolazione adulta. è disponibile in oltre 30 lingue ed è stato somministrato in molteplici aree di ricerca, principalmente in ambito psichiatrico e, in una minoranza di casi, della riabilitazione e dell’epidemiologia (Federici et al., 2017).

Un adattamento per i soggetti da 0 a 17 anni e basato sull’ICF-CY, il WHODAS-Child, è stato proposto qualche anno più tardi: una versione è stata creata per i genitori e una per i ragazzi dai 12 anni in poi (Canino et al., 2013). Tale versione, tuttavia, è stata applicata in un numero estremamente limitato di studi (es. Hamdani et al., 2020) e, per estenderne l’utilizzo, dovrebbe essere sottoposta a ulteriori validazioni.

Un ulteriore tentativo è stato avanzato dal Washington City Group on Disability Statistics, impegnato dal 2002 nello sviluppo di strumenti di indagine per la raccolta di dati comparabili sulla disabilità, che ha dedicato una specifica sezione di lavoro all’infanzia e all’adolescenza (Crialesi et al., 2016). L’obiettivo è quello di definire, a partire dal modello bio-pscio-sociale dell’ICF, strumenti in grado di misurare il grado di rischio di limitata partecipazione sociale e le difficoltà che questa popolazione sperimenta.

Con la collaborazione dell’Unicef (Loeb et al., 2017), è stata elaborata un’indagine internazionale per raccogliere dati su bambini e ragazzi con disabilità (2-17 anni). Il questionario, denominato UNICEF/WG Child Functioning Module, doveva rispecchiare il modello bio-psico-sociale e prevedeva due versioni: una per i bambini in età prescolare (2-4 anni) e una per gli alunni in età scolare (5-17 anni). Lo strumento è stato validato in cinque differenti Paesi (India, Belize, Oman, Montenegro e USA) e sottoposto a revisioni. Il questionario consente di restituire dati utilizzabili per analisi statistiche a livello nazionale e internazionale (es. prevalenza delle difficoltà funzionali) e per monitorare la partecipazione di bambini e adolescenti con disabilità (es. accesso all’istruzione) (Loeb et al., 2017). I domini che lo compongono sono: vista, udito, mobilità, comunicazione/comprensione, apprendimento, emozioni, comportamento, focalizzare l’attenzione/concentrazione e gestire del cambiamento (coping with change) (Loeb et al., 2018). Oltre alle versioni esistenti (inglese, spagnolo e vietnamita), attualmente è in corso la sua traduzione ufficiale in altre lingue ufficiali delle Nazioni Unite (arabo, cinese, francese e russo) (Loeb et al., 2017). Si tratta di un lavoro tuttora in corso di validazione che, se applicato per le statistiche nazionali e internazionali, potrebbe consentire la restituzione di dati comparabili a livello internazionale.

Quantificare i sostegni

Avendo a disposizione una descrizione accurata del funzionamento individuale in ottica bio-psico-sociale, è possibile pianificare i sostegni finalizzati a ridurre le barriere all’apprendimento e alla partecipazione sociale degli alunni con disabilità.

Per rendere gli interventi sostenibili economicamente ed efficaci, risulta indispensabile calibrare accuratamente la tipologia, la durata e la frequenza dei sostegni offerti. Inoltre, una quantificazione dettagliata dei sostegni consente di personalizzare gli interventi per l’alunno in questione e, raccogliendo dati a livello locale e/o nazionale, di prevedere il bisogno futuro di risorse e servizi e di valutare, a seconda delle tipologie di disabilità e delle caratteristiche degli alunni, quali sostegni risultino più adeguati. Un tale approccio promuove una visione ecologica e olistica dell’inclusione, che non attiva risorse esclusivamente in risposta a una categoria diagnostica o amministrativa (es. disabilità o bisogni educativi speciali) ma pone il focus sulle reali modifiche ambientali — realizzate in una rete di servizi — che riguardano il soggetto e supportano le sue potenzialità.

La Support Intensity Scale (SIS) è uno strumento che corrisponde a questa necessità. È stato sviluppato sia per la popolazione adulta (SIS-A, Thompson, Shalock e Tassé, 2018) che per bambini e adolescenti (SIS-C, Thompson et al., 2014). Questo strumento permette una riflessione sull’estrema variabilità dei bisogni dei soggetti, dovuta alla multifattorialità del funzionamento individuale, anche laddove i soggetti appartengano a una stessa categoria diagnostica (Thompson, Shalock e Tassé, 2018). Lo strumento quantifica il bisogno di supporti necessario a colmare il gap tra le competenze individuali dell’alunno e le richieste dell’ambiente. Nelle sette aree oggetto dell’indagine,2 la versione per bambini contiene due aree dedicate a rilevare i sostegni all’apprendimento e alla partecipazione nelle attività scolastiche, ciascuna costituita da 9 items (Shogren, n.a.). Tra gli aspetti indagati vi sono, ad esempio, la partecipazione sociale nei momenti non strutturati e di gioco libero (es. giardino, mensa), la gestione dei materiali personali, l’accesso a contenuti di apprendimento in linea con il grado di istruzione a cui l’alunno appartiene e il completamento dei compiti.

La scala consente di quantificare, con un punteggio da 1 a 4, la tipologia, la frequenza e la durata giornaliera dei sostegni in ciascuna delle aree, ma deve essere somministrata in forma di intervista semistrutturata da personale adeguatamente formato.

Lo strumento ha dimostrato un elevato livello di affidabilità e validità per alunni con disabilità intellettive e disturbi dello sviluppo (Thompson, Shalock e Tassé, 2018). In uno studio condotto in Spagna, Amor et al. (2021) affrontano il problema della traduzione e dell’adattamento dello strumento e sottolineano l’importanza di definire programmi di formazione basati sulla ricerca e, allo stesso tempo, di fornire adeguati materiali per la formazione del personale addetto alle interviste.

Un recente studio (Oliva, Murdaca e Gatto, 2020) ha utilizzato la versione per adulti SIS-A per verificare la relazione tra bisogni di supporto e fattori individuali, funzionamento cognitivo e comportamento adattivo. Le autrici suggeriscono che tale strumento consente di uscire dalla logica del deficit per evolvere verso un approccio volto a misurare la qualità della vita in una prospettiva dinamica, che potrebbe essere utile ad attivare meccanismi di empowerment e autodeterminazione per le persone con disabilità.

Monitorare le esperienze e raccogliere il punto di vista degli alunni con disabilità

Gli strumenti presentati nei precedenti paragrafi prevedono, in alcuni casi, di interpellare direttamente la persona con disabilità e, in altri, di ascoltare il punto di vista di insegnanti, genitori o caregivers.

Sebbene, quindi, costituiscano un’occasione per descrivere in modo più esaustivo l’esperienza degli alunni con disabilità, rilevano solo marginalmente aspetti che riguardano il benessere percepito o le difficoltà relazionali (es. fenomeni di micro-esclusione o di bullismo), e non sono finalizzati a favorire un diretto coinvolgimento degli alunni in processi di autovalutazione e miglioramento di sistema.

Nell’ambito dell’inclusione scolastica è limitata la porzione di studi partecipativi che attribuisce agli alunni il ruolo di ricercatori (Sandoval e Messiou, 2020). Ancor più raramente agli studenti vengono offerte reali opportunità per prendere decisioni in merito al cambiamento di politiche o pratiche scolastiche. Dai risultati della review condotta dalle autrici emerge che gli strumenti utilizzati per questi scopi sono molteplici: interviste, osservazioni, focus group, power maps, fotografie, ecc.

Se consideriamo, più nello specifico, gli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, che in molti casi presentano difficoltà di comunicazione, interazione ed espressione in forma orale e scritta, rischia di ridursi ulteriormente il loro coinvolgimento diretto. In una review realizzata da Bloom et al. (2020a) vengono sintetizzati i principali studi finalizzati all’ascolto del punto di vista degli alunni con disabilità intellettiva, disturbi del linguaggio e della comunicazione. Tra gli strumenti di ricerca applicati negli studi, oltre ai tradizionali focus group, vengono descritti approcci che prevedono il ricorso a supporti visivi e supporti tecnologici: il Talking Mats, che si compone di un elenco di simboli rappresentanti le attività e serve a definire un ranking di preferenze; The Mosaic approach, che prevede la realizzazione di fotografie o rappresentazioni grafiche degli ambienti; The Ideal School Drawing Technique (DIST), che chiede agli alunni di disegnare una versione ideale della loro scuola; e, infine, In My Shoes (IMS), un software pensato per essere flessibile e accessibile dal punto di vista linguistico e dell’usabilità. Per estendere il panorama di strumenti disponibili, le autrici stesse hanno sviluppato e validato uno strumento, Your Voice Your Choice, applicabile in differenti contesti per descrivere l’esperienza e il punto di vista dei bambini con disturbi del linguaggio e della comunicazione (Bloom et al., 2020b).

Esistono, inoltre, strumenti in grado di valutare il grado di autodeterminazione delle persone con disabilità, che in alcuni casi rispondono a questo bisogno di dare voce agli studenti. Sono strumenti che consentono alle persone con disabilità di fare delle scelte, fissare degli obiettivi o pianificare delle azioni. Nella maggior parte dei casi tali strumenti, purtroppo, sono rivolti esclusivamente agli adulti (Zappella, 2019).

Nel contesto nazionale, possiamo nominare la scala ADIA, sviluppata da Cottini (2016) per rilevare gli interessi e le motivazioni personali delle persone con disabilità intellettiva e autismo. La scala prevede il ricorso a osservazioni descrittive e sistemiche, assessment multistimolo e valutazione interattiva, e l’utilizzo di immagini o oggetti che simboleggiano le attività.

Conclusioni

Questa panoramica sugli strumenti utili a restituire dati sui bisogni e le esperienze degli alunni con disabilità in contesti inclusivi, seppure parziale e non esaustiva, conduce ad alcune riflessioni generali.

Complessivamente si può affermare che, rispetto all’età adulta, sono disponibili meno strumenti che riguardino i bambini e gli adolescenti con disabilità. Inoltre, quelli esistenti non sempre sono tradotti, validati e applicabili in molteplici contesti. Infine, è limitato il panorama di strumenti volti a dare voce agli alunni con disabilità, specialmente quelli che fanno specifico riferimento alla prima infanzia o ad alunni con disabilità intellettiva e/o disturbi del linguaggio e relazionali.

Appare, di conseguenza, fondamentale ampliare l’offerta di strumenti per incidere sulla possibilità di restituire statistiche dettagliate sull’inclusione scolastica e, di conseguenza, rendere disponibili informazioni per migliorare la qualità dei servizi e delle scuole e incentivare il dialogo transnazionale nel settore.

Silvia Dell’Anna

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1 I sei domini, in lingua inglese, vengono denominati come segue: Cognition, Mobility, Self-care, Getting along, Life activities, Participation (WHO, 2010).

2 La SIS-C si compone delle seguenti aree: Home Living Activities (9 items), Community and Neighborhood Activities (8 items), School Participation Activities (9 items), School Learning Activities (9 items), Health and Safety Activities (8 items) e School Activities (9 items) (Thompson et al., 2014).

 

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