Vol. 20, n. 2, maggio 2021

PROSPETTIVE E MODELLI ITALIANI

Favorire l’inclusione di soggetti ipovedenti e non vedenti in un Museo di Zoologia1

Il percorso tattile sulla biodiversità organizzato dal Polo Museale dell’Università di Modena e Reggio Emilia

Giacomo Guaraldi2 e Elena Corradini3

Sommario

Nel presente contributo si affronta il tema delle barriere architettoniche ancora troppo spesso presenti nei musei, compresi quelli universitari e in particolare in quelli scientifici. Non sono solo le barriere architettoniche, tuttavia, che impediscono l’accesso ai musei da parte di un pubblico costituito da soggetti con bisogni educativi speciali, ma sono soprattutto le barriere culturali.

Per avviare un processo di inclusione, il Museo di Zoologia e Anatomia Comparata del Polo Museale dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha organizzato un innovativo percorso di visita tattile sulla biodiversità nel territorio modenese dedicato sia a persone che non hanno disabilità specifiche che a quelle affette da disabilità visiva. L’utilizzo di veri animali tassidermizzati per lo svolgimento del percorso che, sotto la guida di un mediatore zoologo, ha visto la partecipazione di numerosi studenti non vedenti e ipovedenti, ha contribuito a favorire lo sviluppo delle loro potenzialità attraverso la percezione aptica, il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto, combinando la percezione tattile derivata dall’esplorazione delle diverse superfici pelose degli animali (viene letta loro la conformazione e la ruvidezza o morbidezza del loro pelame) e la propriocezione, che deriva dalla posizione della mano rispetto a come viene esaminato ogni animale.

Parole chiave

Scuola secondaria, Esperienza, Disabilità visiva, Inclusione, Museo zoologico, Biodiversità.

ITALIAN MODELS AND PERSPECTIVES

Encouraging the inclusion of visually impaired and blind people in a Museum of Zoology

The tactile tour on biodiversity organized by the Museum Complex of the University of Modena and Reggio Emilia

Giacomo Guaraldi4 and Elena Corradini5

Abstract

This paper deals with the theme of architectonic barriers still too often present in museums, including university museums and in particular in scientific museums. It is not just architectural barriers, however, that prevent access to museums to the general public and disabled people in particular, but above all, cultural barriers.

To start an inclusion process, the Museum of Zoology and Comparative Anatomy of the Museum Complex of the University of Modena and Reggio Emilia organized an innovative tactile tour on biodiversity in the Modena area dedicated to both able-bodied and visually impaired people. The use of real taxidermied animals for the development of the tour, which, under the guidance of a zoological mediator, saw the participation of numerous blind and partially sighted students, contributed to encouraging the development of their potential through haptic perception, the process of recognition of objects through touch, combining tactile perception derived from the exploration of the various hairy surfaces of the animals (the texture and roughness or softness of their fur is read by them) and proprioception, which derives from the position of one’s hand in relation to how each animal is examined.

Keywords

Post-secondary education, Experiences, Visual disability, Inclusion, Zoological museum, Biodiversity.

Accessibilità dei Musei

Quadro generale

Prima di analizzare la situazione italiana relativa all’accessibilità dei musei in generale e di quelli universitari, in particolare, desidero porre ai lettori alcune domande: ai giorni nostri tutti i cittadini possono accedere ai musei? A tutti è fruibile il contenuto didattico in essi presente? Gli operatori che lavorano nei musei sono formati sulla cultura della disabilità?

Non è facile rispondere a questi quesiti ma oggi, più che mai, occorre provare a farlo in quanto la società sta cambiando e la normativa vigente ci impone di garantire a tutti i cittadini (ivi compresi i soggetti con bisogni educativi speciali) pari opportunità di formazione, studio e accessibilità ai luoghi culturali.

A tal proposito occorre ricordare l’articolo 9 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, siglata da oltre 172 Paesi, tra cui l’Italia, che sottolinea come per «accessibilità» si intenda quella caratteristica che rende uno spazio, un servizio o un prodotto utilizzabili da chiunque in modo autonomo, sicuro e confortevole. Tale esigenza nasce dal fatto che la disabilità è un concetto in continua evoluzione e che l’inclusione di soggetti con disabilità continua ad essere influenzata dalla presenza di barriere architettoniche ma soprattutto da quelle culturali che ne impediscono la piena partecipazione sociale.

L’articolo 9 di detta Convenzione, infatti, impone agli Stati firmatari di mettere in atto misure appropriate per assicurare l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione così come ai servizi offerti al pubblico. In tal senso, oggi, si suole parlare di «progettazione universale» (universal design).

A tutti è noto che il museo ha una funzione «sociale» assai importate nel territorio in cui si trova, tuttavia, per svolgere tale ruolo esso necessita di un confronto con la cittadinanza e di una sempre maggiore «apertura». Esso, quindi, deve sempre più diventare un luogo «inclusivo». Non può, pertanto, essere inaccessibile a un target di persone come quello costituito da soggetti con bisogni educativi speciali e in particolare con disabilità.

Per tutti i cittadini, infatti, andare al museo costituisce sicuramente un modo costruttivo e intelligente per impiegare il proprio tempo libero, per approfondire i propri studi e acquisire nuove competenze.

Da recenti studi si evince che il museo, purtroppo, è ancora un luogo poco accessibile al soggetto con disabilità, qualsiasi sia il suo deficit così come, per altri versi, non è sempre facilmente fruibile da soggetti con disturbi specifici d’apprendimento (DSA), che, per certi aspetti, hanno esigenze simili a quelle degli ipovedenti e dei non vedenti.

Problemi legati all’accessibilità

Premessa

Aprire il museo alla disabilità significa aprirsi a una molteplicità di pubblici: non solo soggetti con disabilità motoria, sensoriale, psichica e psichiatrica, oncologica o metabolica ma anche a soggetti che necessitano di attenzione particolare quali ad esempio le donne con le carrozzine, gli anziani che hanno bisogno di soste frequenti, ecc.

Per ogni tipologia di bisogno educativo, inoltre, non esiste una singola risposta, ma possiamo avere diverse soluzioni.

Aprire il museo alla disabilità ci permette di riflettere sulle risorse (umane e tecnologiche) a nostra disposizione: risorse troppo spesso verbali o basate su approcci visivi e ci permette di riflettere sui diversi stili di apprendimento del pubblico. La disabilità, infine, ci insegna a ripensare ai nostri metodi di valutazione. Il successo di una visita museale, infatti, non sarà mai legato unicamente alle informazioni apprese durante tale percorso formativo ma anche al benessere dell’utente, al rafforzamento delle sue competenze, al cambiamento che essa genera in lui. Il museo «inclusivo» è un luogo che offre soluzioni per coinvolgere persone spesso ancora troppo isolate, emarginate e stigmatizzate dalla società quali ad esempio i soggetti con disabilità come ci insegna Erving Goffman. Il museo, infatti, ha lo scopo di coinvolgere anche i soggetti con disabilità, renderli visibili e accoglierli nella società e pertanto renderli partecipi, facendo sì che da «fruitori» diventino «creatori di ricchezza».

Tutta la comunità — nessuno escluso — deve poter accedere ai musei! Tale sfida sarebbe portatrice di risultati per l’intera collettività.

Al di là di tutte le considerazioni fatte in merito all’accessibilità dei musei, dobbiamo constatare che essi non sono, ancor oggi, per nulla accessibili ad alcune categorie di persone tra le quali i malati in ospedale e case di cura e gli anziani nei centri specializzati. Anche in tal senso vi sono alcune esperienze positive ma ancora assai limitate. Occorrerà lavorare anche per permettere a tali persone l’accesso al museo e quindi al bello in generale!

Deficit motorio

Spesso non ci si pensa ma è assai importante riflettere sui riscontri ricevuti dai visitatori del museo per migliorarne la fruibilità.

Oggi, infatti, per la Commissione Europea è una priorità riconoscere ai visitatori un ruolo chiave nei progetti culturali dei Musei.

Se andiamo ad analizzare le ragioni per cui un target di persone non va a visitare i musei, la prima motivazione è legata alle problematiche di cui da sempre si parla, ovvero la presenza di barriere architettoniche e finanziarie che colpiscono le fasce della popolazione più svantaggiate a causa di problemi fisici e/o economici.

Quello dell’accessibilità è un tema relativamente datato. Si è cominciato a parlare di barriere architettoniche negli anni Sessanta nonostante non sia stato fatto molto per eliminare tali barriere e ciò anche per ragioni legate all’impossibilità di intervenire su luoghi soggetti alla tutela dei beni culturali. Oggi la disciplina, in ambito museale, tuttavia, è molto cambiata, si è arricchita di nuove riflessioni teoriche, nonostante l’accessibilità sia ancora molto associata all’idea di una rampa di scale. Aprire il museo alla disabilità offre l’opportunità di riformulare la complessità delle strategie educative come già anticipato.

L’abbattimento delle barriere architettoniche anche in Italia è un tema di cui si è cominciato a parlare con il DPR n. 384 del 1978 nonostante esso presenti evidenti lacune in merito all’adeguamento degli edifici già esistenti. Grazie alla legge 41/86 si è fatto un passo avanti in merito al tema dell’accessibilità degli ambienti pubblici e in merito all’abbattimento di barriere architettoniche in quanto si stabiliva che potessero essere finanziati solo progetti presentati da enti pubblici che comprendessero esplicitamente l’eliminazione delle barriere architettoniche. L’anno successivo, infatti, vennero finanziati i primi progetti a favore di musei, archivi e biblioteche. Nel 1989, inoltre, si impose la stessa norma agli edifici privati. Con l’emanazione della legge 104/92, infine, tali norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati hanno avuto maggiore rilevanza. Inoltre, tale obbligo di legge è stato nuovamente ribadito dall’entrata in vigore della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, firmata dal nostro Paese nel 2007 e ratificata nel 2009.

Le persone con disabilità motoria, pertanto, almeno dal punto di vista legislativo, sono tutelate e viene garantita loro la possibilità di accedere ai luoghi pubblici.

Ancora oggi, tuttavia, nonostante la normativa vigente, non sono molti i musei italiani che hanno predisposto soluzioni valide per l’accessibilità dei loro ambienti e la fruibilità delle loro raccolte a favore di utenti con disabilità. E così un momento che poteva rivelarsi piacevole si trasforma in una frustrante corsa tra rampe infinite di scale, bagni privi di supporti, vetrine troppo alte, pannelli esplicativi troppo complessi, nessun ausilio per non vedenti e nessuna attenzione per non udenti. Mentre all’estero il tema dell’accessibilità fisica è spesso parte integrante della progettazione, in numerosi musei italiani esistono ancora diversi ostacoli che impediscono l’accesso a soggetti con disabilità. In molti musei così come in altri luoghi pubblici, inoltre, mancano, spesso, i servizi igienici per soggetti con disabilità. Nelle sale, le teche sono spesso troppo alte e ciò non permette un’agevole visione a soggetti con un campo visivo più basso. Lo stesso avviene per le didascalie e i pannelli, spesso non raggiungibili al tatto così come gli apparati multimediali realizzati per un pubblico privo di alcuna disabilità. Mancano spesso i testi scritti in Braille o la possibilità di «toccare» alcuni materiali presenti nelle collezioni museali. Non vi sono guide che utilizzino la lingua italiana dei segni o video sottotitolati. Tutto ciò impedisce la «piena partecipazione» del soggetto con disabilità alla vita museale come, al contrario, prevede la normativa vigente.

Da uno studio di Simon6 emergono altre motivazioni che allontanano un’ampia platea di persone dai musei (i contenuti risultano irrilevanti per la vita quotidiana, i musei si pongono in maniera autoritaria nei confronti del visitatore, i contenuti non sono decodificati dagli utenti, i luoghi non sono confortevoli). Ne emerge un quadro desolante e deprimente che allontana il cittadino, in particolare quello con disabilità, dai luoghi dediti alla cultura.

L’accessibilità museale, quindi, è lontana dall’essere unicamente collegata alla presenza di barriere architettoniche, essa, al contrario, è maggiormente legata alla non fruibilità del materiale ivi presente e alla eterogeneità del pubblico.

L’abbattimento delle barriere architettoniche (laddove possibile) non risulta un problema insormontabile e non è sempre così costoso; al contrario, la fruibilità dei musei implica un cambiamento di mentalità e di atteggiamento nei confronti del pubblico che ha la necessità di acquisire un punto di vista più ampio rispondendo positivamente ai bisogni educativi di soggetti con disabilità.

Il vero problema oggi è quello di far sì che un sempre maggior numero di persone possa essere incentivato a frequentare i musei, ovvero diminuire il numero del cosiddetto «non pubblico».

Con l’espressione «non pubblico», infatti, si intende tutte quelle persone che non frequentano i musei o che, al contrario, avendoli frequentati in passato, non hanno più avuto piacere di ritornarvi. Il «non pubblico» dei musei, purtroppo, è un gruppo estremante eterogeneo di persone, costituito da un’ampia schiera di soggetti che, per diversi motivi, non visita i musei nazionali. Tra questi vi sono sicuramente anche un elevato numero di soggetti con disabilità.

Si stima che, in Italia, il «non pubblico» sia circa il 68,3% dei cittadini (Miglietta, 2017b). Essi non visitano neanche un museo o una mostra all’anno e sono fondamentalmente soggetti che hanno concluso gli studi. Alcuni di essi non sono per niente interessati, altri sono indifferenti o addirittura ostili e coloro che sarebbero interessati (come, ad esempio, soggetti con disabilità) non frequentano i musei per la presenza di barriere fisiche, sensoriali ma soprattutto culturali.

Verifichiamo, pertanto, quali siano questi impedimenti e come si potrebbe rendere il museo un ambiente effettivamente accattivante e «inclusivo» anche per il «non pubblico».

Deficit sensoriale

Oltre ai soggetti con disabilità motoria, non possiamo dimenticare un altro target di persone che potrebbe fruire dei musei: le persone con disabilità sensoriali, ovvero non vedenti e ipovedenti, non udenti e ipoacusici. Altro problema da affrontare, infatti, è quello relativo alle barriere sensoriali presenti nei musei. La maggior parte di essi richiede principalmente l’organo della vista per la comprensione delle collezioni al loro interno. Di conseguenza, spesso, soggetti ipovedenti e non vedenti non possono fruire di tale materiale. Per tale deficit, contrariamente al precedente, non vi è alcuna tutela e l’accessibilità non è garantita se non saltuariamente. Abbiamo già citato la mancanza di scritte o di cartine in Braille che illustrino la distribuzione del materiale nella sala, così come la impossibilità di «toccare» reperti archeologici o altro materiale presente nelle collezioni museali. Anche l’illuminazione dei locali è molto importante e, se adeguata, facilita la lettura a ipovedenti o soggetti con DSA.

Sono ancora poche, infatti, le realtà museali che si attrezzano per permettere a persone con deficit visivo di accedere ai musei e garantire loro di avvicinarsi alle esposizioni museali stesse. Interessante a tal proposito è la teoria della «estetica della tattilità» esposta da Grassini (2016), secondo la quale il tatto appartiene a tutti e pertanto suggerisce un nuovo approccio alla fruizione dell’arte, mettendo in gioco tutti i sensi e permettendoci, così, di scoprire il bello. Non è, infatti, vero che la bellezza si percepisce solo attraverso gli occhi. Occorre, tuttavia, adeguare il materiale didattico presente nei musei; spesso, infatti, i pannelli, le etichette o le semplici scritte non sono idonee a tali soggetti.

In Italia abbiamo alcune esperienze museali che hanno cercato di rispondere positivamente alle esigenze sopra esposte: il Museo Omero di Ancona, ad esempio, è riconosciuto a livello internazionale, come punto di riferimento di educazione all’arte per non vedenti e ipovedenti. Altro esempio lo abbiamo presso il Museo Tattile di Pittura Antica e Moderna «Anteros» di Bologna o presso il Museo Tattile di Varese.

Contrariamente al deficit visivo, si parla ancora poco del deficit uditivo e di ciò che esso comporta in termini di accessibilità durante una visita museale. Rimane, infatti, la vista il senso ritenuto più importante in tali occasioni ma non è così. In realtà la sordità o ipoacusia causa non poche limitazioni durante una visita al museo a partire dal desiderio stesso di visitarlo. Il soggetto non udente che intende visitare un museo, infatti, non può telefonare ma solo utilizzare email o sms e ciò lo priva del contatto diretto con un operatore che potrebbe, al contrario, fornire ulteriori informazioni in merito alla visita o a variazioni di programma, ritardi, ecc. Soggetti affetti da tale deficit, inoltre, non possono usufruire di audioguide o di visite guidate (se esse non sono specifiche nella lingua italiana dei segni), infine non possono fruire di apparati multimediali con contenuti audio. I sordi segnanti potrebbero fruire di una guida che conosca la lingua italiana dei segni, gli oralisti, al contrario, di una guida predisposta anche per persone senza specifiche disabilità che possa, tuttavia, parlare più lentamente. In entrambi i casi tutte e due le categorie di non udenti devono poter guardare attentamente la guida e i pannelli esposti. Il contenuto di tali pannelli deve essere semplificato (spesso i sordi possiedono un vocabolario linguistico ristretto) e il linguaggio deve essere semplice e non equivoco. Solo in tal caso il sordo, che voglia svolgere una guida a un museo in modo autonomo, potrà comprendere il contenuto dei pannelli, delle schede, delle didascalie o di sottotitoli.

La lingua italiana, spesso, per i sordi segnanti, costituisce una seconda lingua e di conseguenza non sempre comprendono correttamente aspetti lessicali e sintattici. La sordità non è immediatamente evidente, così come la disabilità motoria o visiva e per tale motivo i sordi spesso passano inosservati.

Non ci sono, in Italia, strutture museali dedicate ai sordi ma vi sono musei (il Muse ad esempio) che facilitano la fruizione del museo da parte di tali soggetti.

Proprio in questo periodo è in corso un progetto intitolato «MAPS» (Museo accessibile per le persone sorde) ideato dall’Ente Nazionale Sordi (ENS) e co-finanziato dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, che ha come obiettivo quello di censire tutti i musei italiani per verificare le risorse accessibili dedicate alle persone sorde e per programmare corsi di formazione per referenti/tutor al fine di favorire l’accessibilità degli stessi ai luoghi d’arte.

I Musei scientifici

Non ci sono, in Italia, Musei scientifici nati con questa specifica intenzione: essere accessibili a soggetti con disabilità sensoriale.

I Musei scientifici, infatti, data la loro diversità, hanno problemi differenti legati alla possibilità di mettere in rapporto soggetti con disabilità visiva con i reperti presenti nelle collezioni. Toccare, ad esempio, animali naturalizzati presuppone una serie di azioni preventive volte, tra l’altro, ad allontanare tracce di antiparassitari e sostanze chimiche, nocive al contatto. Se, tuttavia, tale operazione è relativamente semplice per un grande museo grazie all’elevato numero di reperti delle stesse specie, ciò non è possibile per un piccolo museo. Relativamente, poi, agli animali immersi in un liquido fissativo, tale contatto è praticamente impossibile. Anche gli erari e gli algari sono di difficile fruizione. Al contrario sono ampiamente utilizzati nelle visite a favore di soggetti ipo e non vedenti i reperti ossei e paleontologici che, data la loro natura, non hanno controindicazione ad essere maneggiati.

Molte, invece, sono le realtà museali che, parallelamente ad allestimenti per soggetti privi di tale disabilità, hanno realizzato percorsi dedicati riducendo, in tal modo, l’handicap causato dall’ambiente. Tra questi vi sono sicuramente anche alcuni Musei scientifici. A tale proposito è significativa l’esperienza del Museo di Zoologia e Anatomia Comparata dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia di cui parleremo di seguito.

Percorso tattile presso il Museo di Zoologia e Anatomia Comparata di UNIMORE

Ogni museo dovrebbe essere «un luogo confortevole, accogliente e qualitativamente funzionale per qualsiasi tipologia di utenza, in modo da assicurare a tutti libero accesso agli spazi, all’informazione, alla comunicazione e alle collezioni, nel pieno svolgimento del ruolo sociale al museo destinato». Questa definizione, che è stata condivisa nel glossario che la commissione accessibilità dell’ICOM Italia ha realizzato con il coordinamento di Dario Scarpati, è seguita da indicazioni operative in ambito museale: «un museo accessibile apre le porte a qualsiasi tipologia di utenza, ponendosi come obiettivo principale la fruizione dei propri spazi e delle proprie collezioni mediante percorsi strutturati senza barriere architettoniche e sensoriali e attività educative rivolte a tutti».

Per avviare un processo di maggior accessibilità del Museo di Zoologia e Anatomia Comparata del Polo Museale dell’Università di Modena e Reggio Emilia si è deciso di attivare un percorso tattile che fosse accessibile a tutti permettendo di avvicinarsi a una nuova esperienza sensoriale in un museo in cui, come di solito accade, è vietato toccare gli esemplari esposti. Il percorso, specificamente dedicato a persone con disabilità visiva, è stato realizzato con esemplari tassidermizzati di animali, anziché con riproduzioni tattili o a bassorilievo, come per lo più avviene nei musei.

Come si legge nella Relazione del Ministro della Salute sullo stato di attuazione delle politiche inerenti la prevenzione della cecità, l’educazione e la riabilitazione visiva (legge 284/97) del 28 dicembre 2018, riferita all’anno 2017, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su cecità e ipovisione (Vision impairment and blindness, WHO, Fact Sheet, October 2017), pubblicate in occasione della Giornata mondiale della vista, nel mondo sono 2,2 miliardi (WHO, 2021) le persone affette da problemi alla vista. Da alcuni studi pubblicati dalla rivista «The Lancet» tra il 2017 e il 2019 il trend del numero dei ciechi e degli ipovedenti è in aumento. Gli ipovedenti soffrono di patologie oculari che, pur lasciando un residuo visivo, ne limitano fortemente l’autonomia; in molti casi le persone conservano la memoria delle immagini viste o prima che la vista iniziasse a ridursi o prima che fosse completamente persa.

Per il percorso del Museo di Zoologia si è pensato di utilizzare veri animali tassidermizzati per aiutare le persone affette da disabilità visiva a sviluppare le loro potenzialità attraverso la percezione aptica, il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto, combinando la percezione tattile derivata dall’esplorazione delle diverse superfici pelose degli animali (viene letta loro la conformazione e la ruvidezza o morbidezza del loro pelame o piumaggio) e la propriocezione, che deriva dalla posizione della mano rispetto a come viene esaminato ogni animale.

In considerazione dell’innovatività del progetto e della possibilità di renderlo replicabile in altri Musei di Zoologia sono state individuate le fasi metodologiche della sua realizzazione:

  1. individuazione del gruppo di lavoro costituito da uno zoologo, un mediatore culturale, i delegati del Rettore per la disabilità e i colleghi dell’Ufficio Accoglienza Studenti Disabili e con DSA, il Presidente della locale sezione dell’Unione Italiana Ciechi, alcuni insegnanti di sostegno individuati attraverso l’Ufficio Scolastico Provinciale per contribuire a diffondere il percorso negli istituti scolastici del territorio;
  2. scelta del contesto culturale, degli esemplari più rappresentativi, individuazione dello spazio in cui allestire il percorso museale ed effettuare laboratori;
  3. realizzazione del percorso espositivo, descrizione dei contesti, degli animali e realizzazione degli apparati informativi: pannelli, libretto, traduzioni in Braille ed elaborazione di una scheda di valutazione;
  4. comunicazione dell’inaugurazione del percorso espositivo e individuazione di focus group di non vedenti e ipovedenti per la sperimentazione del percorso;
  5. sperimentazione del percorso espositivo con i focus group di non vedenti;
  6. valutazione ex post per verificare i punti di forza e di debolezza e messa a sistema dell’organizzazione del percorso.

Dopo aver costituito il gruppo di lavoro, come previsto nella prima fase, nella seconda è stato deciso che il tema generale del percorso fosse la biodiversità, ritenendo che iniziative legate ad essa, per conoscerla sempre meglio, possano essere un utile stimolo per la salvaguardia dell’ambiente, tema di grandissima rilevanza oltre che di attualità, grazie al necessario utilizzo di tecnologie informatiche imposto dalla pandemia, come peraltro è emerso dai percorsi educativi realizzati dalla Rete dei Musei Universitari Italiani (www.retemuseiuniversitari.unimore.it). Questo tema era già stato positivamente sperimentato in due mostre che il Museo di Zoologia ha organizzato nella Rocca di Sestola (Modena), Biodiversità bella e fragile. Riscopriamola intorno a noi, nel 2018 e Riconoscere la biodiversità del territorio modenese, nel 2019. In entrambe le mostre i vari habitat del territorio modenese, dalla pianura al crinale appenninico, hanno costituito i contesti ambientali in cui sono stati inseriti animali tassidermizzati recentemente acquisiti dal Museo di Zoologia. Recuperando la positiva esperienza delle mostre di Sestola (Mo) sono stati individuati sette habitat per ciascuno dei quali sono stati scelti animali per realizzare il percorso tattile: 1) il crinale appenninico, la parte più alta del territorio modenese caratterizzata da vegetazione bassa, come i mirtilli, a causa del clima rigido, e dalla presenza di marmotte. 2) Nella faggeta, che domina i boschi più alti dell’Appennino modenese, la temperatura fresca e l’aria umida percepita sotto le fronde dei faggi sono, durante i mesi estivi, un rifugio essenziale per molti animali, come ad esempio i lupi e i cervi. 3) La foresta montana, compresa tra la faggeta e il bosco pedecollinare, con la sua grande varietà di ambienti, rappresenta il più alto grado di biodiversità del nostro territorio ed è popolata da caprioli, cinghiali, donnole, scoiattoli. 4) Nel bosco pedecollinare vivono faine, martore, tassi, volpi, istrici, gatti selvatici e beccacce. 5) L’habitat di pianura, quello che ha risentito maggiormente delle attività umane, si caratterizza per ampie distese aperte e coltivate, nuclei rurali, aree densamente abitate e centri industriali. L’antropizzazione, che ha quasi distrutto l’antico habitat di foresta, ha creato una varietà di ambienti (siepi, aree coltivate, frutteti, piccole aree boschive, parchi) che ospitano una inaspettata biodiversità e animali come gazze, fagiani, tartarughe, insetti stecco. 6) Nelle zone umide, lungo i fiumi e i torrenti abbondano gli invertebrati e numerosi uccelli acquatici come aironi, nitticore, martin pescatore, germani, diverse specie di anatre e di limicoli. Strettamente legati all’acqua, oltre alla fauna ittica, si trovano diversi anfibi come rane, raganelle e rospi. 7) Da ultimo i torrenti montani sono ambienti molto selettivi e severi: le comunità animali e vegetali che vi sono insediate sono molto specializzate e ricche di biodiversità ma molto vulnerabili. Essi ospitano pesci e numerosi anfibi, tra cui la salamandra pezzata e la salamandrina dagli occhiali: tra gli uccelli è rilevante la presenza del merlo acquaiolo.

Gli animali scelti per ciascuno dei sette habitat sono stati descritti e contestualizzati negli ambienti di provenienza per mezzo di pannelli esplicativi che corredano il percorso. Per rendere più agevole la visita i pannelli sono stati sintetizzati in un libretto guida, corredato di immagini, che riporta il titolo del percorso espositivo: «Salviamo l’ambiente. Toccare la biodiversità del territorio modenese. Percorso tattile per non vedenti e ipovedenti», realizzato «in nero» per accompagnare la visita dei visitatori privi di disabilità e tradotto in Braille per i soggetti non vedenti. Nel libretto è stata dedicata specifica attenzione alla descrizione degli animali, effettuata con la medesima metodologia e con l’attenzione all’utilizzo di un linguaggio facilmente comprensibile e privo di specialismi disciplinari. Sono state descritte le caratteristiche fondamentali della testa, del corpo, delle zampe e con dettagli sull’età, la postura scelta dal tassidermista e le modalità della loro realizzazione, con precisazioni sulle parti naturali e artificiali. È stata, poi, messa in evidenza la relazione tra forma e funzione, confrontando ad esempio i becchi di diversi esemplari, le differenze fra la dentatura di carnivori ed erbivori, tra zampe adatte a scavare o ad arrampicarsi o a correre o ad afferrare, fra le piume e le penne e le diverse tipologie di pelliccia.

Per il percorso espositivo è stata scelta una sala contigua all’ingresso del Museo di Zoologia facilmente accessibile dove gli animali tassidermizzati sono stati collocati su un grande tavolo per avvicinare sia i non vedenti che tutti i visitatori a una nuova esperienza sensoriale in un museo in cui, come di solito accade, gli esemplari esposti sono visibili solo al di là dei vetri delle vetrine.

Per i visitatori, oltre a pannelli esplicativi, vengono messi a disposizione i libretti pubblicati per il percorso tattile sia in «nero» che in Braille.

Dopo che, come previsto dalla quarta fase del progetto, sono stati individuati due focus group di non vedenti e ipovedenti di età differenti (sia ragazzi in età scolare che adulti) è stata decisa la data di inaugurazione del percorso espositivo. L’inaugurazione è avvenuta, come previsto dalla quinta fase, con una visita guidata grazie alla mediazione diretta dello zoologo responsabile delle collezioni del museo. Molta attenzione è stata dedicata alla narrazione: le parole sono, infatti, uno strumento molto efficace e flessibile per molte persone con disabilità, non solo per coloro che hanno un deficit visivo: sono, infatti, potenti mezzi di inclusione quando si presume che l’ascoltatore possa avere problemi di visione o problemi intellettivi e che si possa sentire impreparato o non conosca termini specifici, spesso usati per descrivere opere, reperti o oggetti del museo. A questo si aggiunge il fatto che la mediazione umana può arricchire la parola con elementi emotivi ed evocativi in grado di coinvolgere il pubblico in modo empatico, in particolare se il mediatore è adeguatamente addestrato e dotato di una sensibilità e capacità di mettersi in relazione con i visitatori, ognuno dei quali è diverso. La narrazione del mediatore ha preso l’avvio introducendo il tema generale del percorso, la biodiversità, la varietà incredibile di organismi piccolissimi come batteri e protozoi, funghi, piante, animali ed ecosistemi, tutti legati l’uno all’altro, presenti nel territorio modenese, per poi passare a presentare nello specifico ciascuno dei sette habitat e successivamente ciascuno degli animali tassidermizzati. Questi sono stati accuratamente descritti a uno a uno e via via messi a disposizione di ciascun componente del gruppo insieme con il libretto in Braille che è stato loro consegnato perché potessero meglio seguire la specifica descrizione di ciascun animale e intervenire con domande, osservazioni e racconti collegati a esperienze legate alla personale conoscenza degli animali presentati e potessero conservarlo, in ricordo della visita, per favorire un ritorno al museo in compagnia di amici o familiari.

Per verificare il processo di coinvolgimento dei focus group, attivato per presentare contenuti sicuramente rilevanti ma anche complessi, è stato elaborato un questionario da sottoporre loro, del quale è stata richiesta la compilazione immediatamente al termine della visita, con l’aiuto degli accompagnatori che hanno loro letto le domande e raccolto le risposte.

Le prime domande erano relative alla scelta dell’ambiente ovvero del luogo in cui si è tenuto il percorso tattile, le successive erano relative all’organizzazione del percorso guidato e le ultime relative all’accessibilità dei contenuti, all’adeguatezza dei racconti e alla comprensibilità dei contenuti delle descrizioni.

La scelta dell’ambiente, che ha previsto che i visitatori si sedessero uno accanto all’altro, insieme ai loro accompagnatori, con l’obbiettivo di far condividere uno spazio comune a visitatori che non erano stati selezionati né per età né per formazione culturale, è stata accolta molto favorevolmente e si è rivelata efficace perché in tal modo tutti i visitatori hanno potuto sentirsi a proprio agio, soprattutto durante la presentazione, avendo la possibilità di condividere, stando seduti, opinioni, curiosità e domande, reciprocamente stimolati.

È stato, inoltre, apprezzato il processo dinamico dell’organizzazione del percorso con l’introduzione dello zoologo-narratore sulla biodiversità e sulle sue caratteristiche nel territorio modenese, la messa a disposizione di ciascun esemplare zoologico, dopo la descrizione di ciascuno di essi, l’esperienza tattile e la possibilità di interagire con il narratore potendo anche riflettere sulla descrizione, essendo stato messo a disposizione di ciascuno di loro il libretto tradotto in Braille. Tale opuscolo è risultato essere uno strumento molto efficace per memorizzare il racconto dello zoologo e potere condividere l’esperienza. L’unica criticità ha riguardato i tempi: la maggior parte dei visitatori ha rilevato che sarebbe stato opportuno avere più tempo a disposizione per l’esame di ciascun esemplare, per potere reagire agli stimoli dello zoologo e condividere più a lungo con gli altri le proprie esperienze, i propri ricordi sugli animali presentati.

I contenuti pubblicati sul libretto in Braille sono stati ritenuti facilmente accessibili e comprensibili: alcune piccole criticità sono state rilevate sulla loro intersezione col non sempre facile racconto dello zoologo, sicuramente affidabile per le competenze acquisite ma che, per facilitare la comprensibilità, ha dovuto liberarsi del linguaggio specialistico pur mantenendo l’estrema correttezza delle descrizioni. È stata apprezzata la sua disponibilità a rispondere alle domande, ad ascoltare considerazioni e racconti, la sua capacità di scandire le parole.

Da ultimo, in merito alla durata della visita, la maggior parte dei partecipanti ha rilevato come avere più tempo a disposizione avrebbe permesso di esaminare più a lungo gli animali e di interagire maggiormente con lo zoologo esponendo osservazioni e curiosità.

Si è previsto di continuare questa esperienza di percorso tattile guidato facendo tesoro delle osservazioni dei focus group, promuovendolo anche presso le scuole, con il coinvolgimento del dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale e dei dirigenti scolastici dei singoli istituti di ogni ordine e grado che, attraverso la collaborazione degli insegnanti, potranno programmare visite sia per la generalità dei gruppi classe che per gruppi di alunni non vedenti e ipovedenti non appena il controllo della pandemia da Covid-19 renderà possibile tutto ciò. Il percorso tattile sarà preceduto da una presentazione dello stesso al gruppo classe per stimolare l’interesse degli studenti per la conoscenza della biodiversità attraverso l’illustrazione dei diversi ambienti che dalla pianura all’alto Appennino caratterizzano il territorio modenese. Questo consentirà di organizzare percorsi tattili differenziati per gli studenti delle scuole dei diversi ordini e gradi, dalle primarie alle secondarie di primo e secondo grado stimolando la realizzazione di racconti personali da parte degli studenti che potranno essere registrati e presentati in un’occasione pubblica alla presenza delle loro famiglie. Per sollecitare e verificare un progressivo miglioramento dell’esperienza sarebbe opportuno attivare un sistema di validazione che potrebbe essere organizzato assegnando l’incarico di validatore a un mediatore culturale in grado di valutare il percorso di visita secondo precisi parametri quali l’accoglienza dell’ambiente museale, la durata della narrazione, la fluidità, la scorrevolezza, la precisione e l’accuratezza della descrizione degli esemplari zoologici, il coinvolgimento dei visitatori.

A causa della pandemia da Covid-19 e della conseguente chiusura del museo, si è interrotta la programmazione dei percorsi guidati per i non vedenti e di quelli previsti per le scuole. Quando sarà possibile riaprire i musei per questo percorso tattile, organizzato in una sala attigua al museo, si potrà procedere con turni di visite a numero contingentato: questo nuovo approccio renderà l’esperienza più costruttiva e coinvolgente. Oltre alle misure previste per un accesso in sicurezza alla sala, sarà necessario procedere a una attenta sanificazione degli esemplari che non ne comprometta lo stato di conservazione: riferimento fondamentale a tale proposito possono essere le indicazioni fornite dalla Smithsonian Cultural Rescue Initiative o dal National Center for Preservation Technology and Training dell’Università Statale della Louisiana o dal Canadian Conservation Institute.

Riflessioni conclusive

Le misure volte a migliorare l’accessibilità, tenendo conto dei bisogni educativi dei soggetti con disabilità, come abbiamo più volte sottolineato, sono ugualmente efficaci e importanti anche per i visitatori privi di disabilità e possono favorire l’implementazione di persone che desiderano frequentare i musei. Permettere a soggetti con diverse tipologie di deficit di collaborare all’allestimento dei percorsi museali assicura certamente una maggiore fruibilità delle collezioni museali per tutti. L’impegno del museo a cercare la collaborazione dei visitatori dovrebbe essere ben chiaro al pubblico grazie a un suo coinvolgimento. Nei rapporti con le scuole, i musei dovrebbero tenere in considerazione la presenza di soggetti con disabilità per garantire a tutti il diritto alla formazione e all’accessibilità dei reperti museali e per tale motivo occorre che l’offerta formativa si articoli su approcci differenti, non solo cognitivi, ma anche sperimentali ed emozionali. Le guide museali dovrebbero poter proporre alle scuole anche percorsi «alternativi», attività laboratoriali che non si basino unicamente sulla vista ecc. Non bisogna, poi, dimenticare che «accessibilità» significa anche buona accoglienza, gentilezza, mettere a proprio agio il visitatore, da qui l’importanza di formare i dipendenti museali. Ad oggi, infatti, non vengono svolti corsi di formazione sulla cultura della disabilità a favore dei dipendenti museali e non si insegna loro come rapportarsi con soggetti con disabilità senza cadere in forme di pietismo o di assistenzialismo e, al contrario, favorendo una relazione di aiuto tra «pari». Tutto ciò sarebbe assai utile per meglio accogliere soggetti con bisogni educativi speciali e renderli partecipi della vita museale.

Non sempre gli interventi per favorire l’accessibilità dei musei sono particolarmente costosi ma dipendono invece sempre dalla volontà di chi amministra il museo e dalla motivazione a superare barriere architettoniche e soprattutto culturali. La principale barriera da abbattere, infatti, è la mancanza di relazione tra museo e pubblico. Uno sforzo in tale direzione porta, al contrario, un netto miglioramento sul piano empatico e relazionale. Il lavoro verso l’accessibilità, pertanto, nasce dalla consapevolezza delle esigenze dei visitatori con bisogni educativi speciali e dall’indagine fatta dai responsabili dei musei al fine di rispondervi positivamente. Prima di ciò occorre, certamente, accettare la cultura della diversità e riconoscere in essa una ricchezza per la nostra società.

Possiamo concludere sostenendo che, nonostante la presenza ancora di barriere architettoniche, tuttavia, in pochi anni notevoli passi in avanti sono stati fatti: molti musei, oggi, si configurano come contesti accoglienti (anche se si potrebbe fare di più). La maggior consapevolezza delle istituzioni ha innescato la necessità di studiare percorsi museali accessibili a tutti ma occorre andare avanti e permettere a un sempre maggior numero di soggetti con diverse tipologie di deficit di accedere al bello!

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1 Giacomo Guaraldi è l’autore dei paragrafi Accessibilità dei Musei, I Musei Scientifici e Riflessioni conclusive. Elena Corradini è l’autrice del paragrafo Percorso tattile presso il Museo di Zoologia e Anatomia Comparata di UNIMORE.

2 Delegato del Rettore alla disabilità e DSA, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

3 Docente di Museologia e Restauro, Dipartimento di Ingegneria «Enzo Ferrari», Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

4 Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

5 Dipartimento di Ingegneria «Enzo Ferrari», Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

6 Simon N. (2010), The partecipatory museum, http://www.participatorymuseum.org/read/ (consultato l’1 giugno 2021).

Vol. 20, Issue 2, May 2021

 

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