Vol. 20, n. 1, febbraio 2021 — pp. 210-221

Rubrica

Review internazionale

Alunni con disabilità gravi e multiple in contesto inclusivo

Una panoramica sulla letteratura internazionale

Definire l’inclusione scolastica in modo univoco e condiviso a livello internazionale costituisce una sfida sia per l’implementazione delle misure che dovrebbero garantirla che per la ricerca.

Mel Ainscow (2020) richiama quattro elementi costitutivi del concetto di inclusive education:

  • la realizzazione dell’inclusione come processo, senza fine per sua natura, sempre alla ricerca di nuovi approcci e strategie per rispondere alle differenze individuali;
  • un processo che si occupa di individuare e rimuovere le barriere, che possono riguardare tutti gli alunni in differenti momenti del loro percorso formativo, e possono essere di tipo fisico o socio-culturale, sia per quanto concerne l’ambito delle politiche che delle pratiche;
  • un obiettivo tripartito — presenza, apprendimento e partecipazione — dove la presenza nel contesto scolastico costituisce solo il primo requisito per garantire adeguati livelli di apprendimento, e per consentire la partecipazione alle attività didattiche e il coinvolgimento in relazioni sociali significative;
  • un’attenzione specifica rivolta agli alunni più vulnerabili, come gli alunni con disabilità, appartenenti a minoranze o in condizione di svantaggio per differenti ragioni, alunni che rischiano più spesso di venire esclusi, socialmente o fisicamente, e/o di non raggiungere livelli di apprendimento coerenti con le loro potenzialità.

Sebbene tale definizione sia ben articolata nei suoi principi e finalità, l’analisi della letteratura internazionale mostra a più riprese l’esistenza di differenti — e talvolta divergenti — definizioni.

A partire da una selezione dei 30 più citati articoli di settore a livello internazionale, Nilholm e Göransson (2017) hanno isolato 4 principali tendenze comuni nella concettualizzazione del termine «inclusione». Tra gli articoli di ricerca empirica, la definizione più diffusa è quella che riguarda il placement, ossia la possibilità di accedere e frequentare il sistema di istruzione generale da parte degli studenti con disabilità. Definizioni minoritarie pongono, invece, l’attenzione non solo sul dove ma anche sulla qualità della presenza, dal punto di vista sociale e dell’apprendimento: l’inclusione come sviluppo di comunità, ossia come approccio che coinvolge tutti gli attori del contesto in processi partecipativi e di autodeterminazione; l’inclusione come attenzione agli studenti a rischio, ai loro bisogni di supporto e alle modalità che consentono loro di raggiungere obiettivi rilevanti per il loro sviluppo.

Gli autori evidenziano, inoltre, che quando l’inclusione tende ad essere associata al solo accesso, anche gli aspetti indagati si orientano in modo diverso. Ad esempio, se consideriamo il livello di inclusività del sistema, gli indicatori presi a riferimento riguardano — per la definizione placement — il numero di studenti con disabilità o difficoltà presenti nel contesto inclusivo, mentre per le altre definizioni conta la capacità del sistema di rispondere ai bisogni sociali e di apprendimento degli studenti (Nilholm e Göransson, 2017).

Un altro lavoro di sintesi pubblicato di recente ha mostrato una polarizzazione delle posizioni assunte dai ricercatori su alcuni temi nell’ambito dell’inclusione scolastica (Hernandez-Torrano, Somerton e Helmer, 2020). L’analisi mostra che la ricerca empirica di settore è cresciuta in ampiezza negli ultimi 25 anni, a partire dalla pubblicazione del Salamanca Statement (UNESCO, 1994), il primo documento internazionale che invita esplicitamente i Paesi a promuovere l’inclusione scolastica. Inoltre, si evidenziano alcuni raggruppamenti interpretabili come «scuole di pensiero» e «focus di ricerca rilevanti». Ad esempio, emerge una distanza tra le tematiche che riguardano «sistemi inclusivi e strutture di implementazione» e aspetti relativi alla disabilità. Quest’ultimo cluster tematico sembra essere particolarmente isolato dagli altri, anche in termini di collaborazioni tra ricercatori (Hernandez-Torrano, Somerton e Helmer, 2020).

Lo stato dell’inclusione a livello internazionale

La disabilità e tutte le tematiche ad essa relative continuano ad essere centrali nel dibattito e nella ricerca sull’inclusione scolastica.

A livello internazionale sono ancora molti gli alunni con disabilità che rimangono esclusi dall’accesso al sistema di istruzione generale. In ambito europeo, sul totale della popolazione scolastica circa l’1,55% degli alunni frequenta scuole o classi speciali, con percentuali variabili a seconda dei singoli Paesi che oscillano tra lo 0,55 e il 5,63% (European Agency for Special Needs and Inclusive Education, 2020).

Tali dati dimostrano che il diritto all’inclusione scolastica, affermato dalla Convenzione per i diritti delle persone con disabilità (Art. 24, CRPD, UN, 2006) e ratificato dalla maggior parte dei Paesi (UN, 2016), non trova ancora piena applicazione. Nonostante i vincoli imposti dalla Convenzione, in alcuni casi le politiche promosse dai singoli Paesi sembrano non riuscire a ridurre in maniera significativa la percentuale di separazione in classi e scuole speciali (es. de Bruin, 2019; Klemm, 2018).

La Commissione sui diritti delle persone con disabilità (UN, Committee on the Rights of Persons with Disabilities, 2016), nel tentativo di favorire l’applicazione dell’articolo 24 della Convenzione, ha specificato le modalità di implementazione del diritto all’inclusione scolastica. Tra le caratteristiche centrali descritte dal documento, ricordiamo in particolare:

  • un approccio sistemico globale (whole systems approach), che promuova cambiamenti nelle culture, politiche e pratiche;
  • un sistema scolastico unificato (whole educational environment), dove tutti i livelli dialoghino tra loro, da quello delle strategie didattiche fino alla comunità locale e al sistema pubblico generale;
  • una visione globale sul funzionamento umano (whole person approach), che preveda il riconoscimento della diversità degli alunni in senso lato, e l’introduzione di approcci, strategie di insegnamento e curricula flessibili, per rispondere alla varietà di bisogni (UN, Committee on the Rights of Persons with Disabilities, 2016, pp. 4-5).

La Commissione utilizza quattro termini per chiarire le modalità di realizzazione del diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità: 1) availability: disponibilità di risorse, servizi, ausili e supporti; 2) accessibility: accessibilità, che si traduce nella rimozione di qualunque barriera esistente negli ambienti di apprendimento attraverso l’approccio dello Universal Design per l’accesso a edifici, a modalità e contenuti di apprendimento, e a opportunità socio-relazionali; 3) acceptability: accettabilità, ossia garanzia di qualità del sistema in linea con i bisogni e le richieste delle persone con disabilità; 4) adaptability: adattabilità, che prevede l’applicazione dei principi dello Universal Design for Learning e di altre strategie che consentano la creazione di un ambiente di apprendimento capace di rispondere all’eterogeneità degli studenti (UN, Committee on the Rights of Persons with Disabilities, 2016, pp. 6-8).

Un’analisi delle politiche e pratiche di implementazione della CRPD, condotta da Byrne (2019) basandosi sui report nazionali resi disponibili dai vari Paesi che hanno ratificato la Convenzione, tuttavia, lascia trapelare numerose criticità. In primo luogo, il diritto rischia di essere solo parzialmente applicato (es. politiche e pratiche limitate o inadeguate, impossibilità di iscrizione al sistema di istruzione generale da parte degli alunni con disabilità). Inoltre, nell’analisi dei tentativi di implementazione risulta evidente l’esistenza di inadeguatezze in termini di risorse (es. questioni finanziarie, formazione del personale, accomodamenti ragionevoli per gli alunni con disabilità, servizi di trasporto scolastico). Altre questioni riguardano il monitoraggio e la valutazione della qualità del sistema (es. assenza di dati sugli alunni con disabilità, poca ricerca, indicatori non definiti).

Le difficoltà per gli alunni con gravi e multiple disabilità

Ad essere maggiormente a rischio sono gli alunni che richiedono elevati livelli di supporto, gli alunni con gravi e multiple disabilità, in primo luogo di tipo moderato, grave o profondo dal punto di vista intellettivo, correlate a disturbi emotivi e relazionali, disabilità motorie e/o sensoriali. Si tratta di una minoranza di alunni rispetto al totale degli alunni con disabilità ma per i quali risulta ancor più difficile rilevare l’effettiva implementazione del diritto all’inclusione scolastica, non solo in termini di accesso ma anche di qualità.

Come evidenziato dai dati sull’Europa, il sistema scolastico speciale e separato continua ad essere oggetto di dibattito, specialmente in relazione a questa categoria di alunni (Imray e Colley, 2017; European Agency for Development in Special Needs Education, 2013). Le argomentazioni a favore di questa separazione fanno riferimento a questioni pedagogiche e didattiche.

Da un lato le critiche all’inclusione scolastica sottolineano lo scarto esistente tra i principi e le pratiche, che sembrano non tenere il passo — in termini di ricerca, formazione e proposte operative concrete — con le politiche. Infatti, le richieste a livello normativo spesso non trovano adeguate risposte in fase di implementazione. Dall’altro lato, dietro la resilienza dei sistemi di istruzione speciale potrebbe celarsi una resistenza da parte di operatori e professionisti del settore, animati da interessi comuni (European Agency for Development in Special Needs Education, 2013).

Le posizioni più estreme in difesa delle scuole speciali per gli alunni con gravi e multiple disabilità rimarcano le differenti esigenze nell’apprendimento, sia in termini di modalità che di contenuti, che renderebbero poco vantaggiosa la loro inclusione (Imray e Colley, 2017).

Analizzare il quadro della ricerca internazionale sull’inclusione scolastica in riferimento ad alunni con gravi e multiple disabilità rappresenta un difficile compito sotto numerosi punti di vista. In primo luogo, come esplicitato in una precedente pubblicazione (Dell’Anna et al., 2020), i confini della categoria e le caratteristiche dei suoi appartenenti risultano tutt’altro che definiti e non vi è concordanza nelle modalità di classificazione a livello internazionale. In alcuni casi la categoria viene circoscritta sulla base del livello estensivo di servizi e supporti necessari (es. «pupils with extensive support needs», «students with extensive and pervasive support needs»). In altri casi si utilizzano espressioni che richiamano la gravità della disabilità (es. «severe disabilities», «multiple disabilities», «profound learning disabilities») ma che non sono necessariamente indicative del livello di gravità della disabilità intellettiva, ad esempio, o di autonomia dello studente nelle varie aree di vita.

Per questa minoranza di alunni il diritto all’inclusione scolastica appare — troppo spesso — un miraggio, poiché l’ostacolo si pone fin dal placement decision, ossia dal momento in cui a livello istituzionale è necessario definire il contesto di istruzione più appropriato per l’alunno. La decisione di propendere per un setting inclusivo o separato (classi o scuole speciali) può dipendere da numerosi fattori, in particolare riguardanti la disponibilità di risorse, quali ad esempio le competenze dei docenti, la possibilità di accedere al supporto di professionisti specializzati, le strutture, gli ambienti e i materiali di apprendimento presenti nelle istituzioni scolastiche esistenti a livello locale (Wehmeyer et al., 2016).

Altri autori individuano ulteriori fattori socio-culturali che potrebbero influire sulla possibilità di accesso a un sistema di istruzione inclusivo: oltre a questioni relative alle risorse finanziarie e materiali, vi sarebbe una convergenza di fattori legati agli atteggiamenti e alle credenze dei docenti e dei decisori politici o amministrativi (ad esempio la convinzione che vi sia l’esigenza di un’elevata specializzazione per rispondere ai bisogni di tali alunni o la percezione di inadeguatezza da parte dei docenti), alle caratteristiche economiche e demografiche del territorio di appartenenza, e al livello di preparazione ed esperienza degli insegnanti (Agran et al., 2019). Un ultimo aspetto, sottolineato dagli autori, che potrebbe concorrere all’esclusione degli alunni con disabilità gravi e multiple dal contesto inclusivo, è la scarsità di conoscenza e ricerca in merito a pratiche basate sull’evidenza scientifica, quali l’adattamento dei contenuti curricolari e l’applicazione di strategie e modalità di insegnamento efficaci.

Sorge, a questo punto, spontaneo chiedersi cosa significhi inclusione scolastica per questa tipologia di alunni e sotto quali condizioni si possa parlare di qualità. Quali contenuti di apprendimento risultano rilevanti per questi studenti? Quali approcci e strategie possono ritenersi efficaci? Esistono sufficienti evidenze a riguardo?

Approcci e contenuti di apprendimento indicati dalla letteratura internazionale

In letteratura si rileva un crescente interesse per gli apprendimenti curricolari degli alunni con disabilità intellettiva, che ha sorpassato quello riguardante le competenze adattive, quali ad esempio le autonomie personali, la comunicazione e le competenze socio-relazionali (Moljord, 2018).

In riferimento agli alunni con disabilità gravi e multiple, Taub, McCord e Ryndak (2017) parlano più ampiamente di opportunità di apprendimento e cercano di darne una definizione basandosi sulla letteratura disponibile. A partire dagli obiettivi curricolari definiti a livello nazionale, gli insegnanti devono pianificare contenuti e modalità di insegnamento/apprendimento coerenti con i bisogni degli studenti. Per gli alunni con disabilità gravi e multiple è prevista la definizione di obiettivi di apprendimento specifici, calibrati sul profilo di funzionamento dello studente, che non sempre appartengono al curricolo nazionale, e di supporti e interventi individualizzati, che non sono generalmente disponibili in un sistema di istruzione tradizionale. Il rischio rilevato dagli autori, in termini di contenuti di apprendimento, è che essi si discostino fortemente dal curricolo nazionale, costituendosi come qualcosa di totalmente separato.

Un’altrettanta biforcazione rischia di crearsi nei processi di insegnamento/apprendimento, anche in contesti definiti inclusivi, dove la partecipazione alle attività di classe potrebbe essere limitata, sia in termini di presenza fisica che di reale coinvolgimento (Dell’Anna et al., 2020). Esistono differenti aspetti da valutare in merito al coinvolgimento di alunni con disabilità gravi e multiple in contesto inclusivo: non si tratta solo di accedere agli stessi contenuti curricolari, seppure adattati, all’interno di uno spazio fisico condiviso, ma anche di essere coinvolti dal punto di vista comportamentale (es. condivisione di regole), psicologico e relazionale (es. senso di appartenenza, interazione con i pari).

La ricerca offre poche informazioni sugli approcci e le strategie di insegnamento basate sull’evidenza di cui potrebbero beneficiare questi alunni (Alquraini e Gut, 2012). Basandosi sui risultati di ricerca disponibili, gli autori citano alcune proposte promettenti: il Cooperative learning, l’Inquiry learning, lo Universal Design for Learning, il Response prompting, e l’Embedded instruction (pp. 49-50). Quirk, Ryndak e Taub (2017) nominano, inoltre, gli interventi e supporti comportamentali positivi, il Peer-assisted learning e il Culturally responsive teaching. Altre strategie citate dai tre autori riguardano interventi specifici di supporto e potenziamento per lo sviluppo di differenti competenze adattive, come la comunicazione (Functional communication training, Augmentative and alternative communication) e l’autodeterminazione (Self-Determination instruction), e per aumentare le opportunità di interazione con i pari (Peer Networks).

Ci sono poi ausili e tecnologie assistive per ampliare le opportunità di comunicazione ed espressione, e di coinvolgimento motorio e sociale (es. Touch screen, Switches, e Alternative keyboard) (Alquraini e Gut, 2012).

Infine, esistono ulteriori approcci e strategie che impegnano l’intera comunità scolastica, che riguardano aspetti organizzativi e amministrativi a livello di scuola e territorio, come ad esempio la collaborazione multidisciplinare, i servizi a supporto dell’inclusione sul territorio, i programmi di sviluppo professionale, e gli interventi che coinvolgono i pari, le famiglie e la comunità locale (Quirk, Ryndak e Taub, 2017; Alquraini e Gut, 2012).

Sebbene la ricerca focalizzata sugli alunni con disabilità gravi e multiple sia ancora limitata, esistono differenti studi che danno forza e credibilità all’inclusione scolastica (Dell’Anna et al., 2020; Quirk, Ryndak e Taub, 2017; Wehmeyer et al., 2016; Alquraini e Gut, 2012), in particolare per quanto riguarda: la possibilità di accedere a contenuti curricolari e raggiungere migliori risultati nelle differenti aree disciplinari, ad esempio nella lettura e nella scrittura; l’apprendimento di competenze sociali e nella comunicazione, e per la riduzione di comportamenti autolesivi; maggiori opportunità di interazione con i pari. Un aspetto critico, su cui sarebbe necessario fare luce, è quello relativo alle relazioni con i pari, quali la creazione di legami significativi, l’accettazione sociale ed eventuali fenomeni di marginalizzazione o bullismo (Dell’Anna et al., 2020; de Boer, Pijl e Minnaert, 2012).

Lo stato dell’inclusione in Italia

In questo panorama internazionale l’Italia, da un lato, si distingue in maniera rilevante dal punto di vista legislativo e dell’esperienza pluridecennale accumulata, ma sotto numerosi punti di vista condivide criticità e sfide, soprattutto in termini di implementazione e monitoraggio della qualità.

Nel nostro Paese la possibilità di accedere ad un sistema scolastico di tutti e per tutti è stata garantita fin dalla fine degli anni Settanta, con la legge n. 517 del 1977 a favore dell’integrazione scolastica. A partire da tale momento per tutti gli alunni con disabilità, indipendentemente dalla gravità, è stato possibile frequentare una qualsiasi scuola vicino a casa. Inoltre, con la legge n. 104 del 1992 sono state specificate le modalità con cui si garantisce un supporto individualizzato e l’accesso a risorse aggiuntive. Nonostante l’avanguardia legislativa, che — apparentemente — annulla le questioni relative al placement, è importante non trascurare gli striscianti fenomeni di micro-esclusione che riguardano gli alunni con disabilità nel contesto inclusivo (Ianes, Demo e Zambotti, 2010; ISTAT, 2015) e la recente espansione del settore privato delle scuole speciali (Merlo, 2015), aspetti che sembrerebbero interessare in modo particolare gli alunni con disabilità gravi e multiple.

Inoltre, ci riguardano tutte le questioni relative all’efficacia e alla qualità del sistema scolastico inclusivo in riferimento a questa minoranza di alunni. Molto poco sappiamo, ad esempio, sui risultati di apprendimento degli alunni con disabilità, ancor meno se con disabilità gravi e multiple. Inoltre, nonostante le ricerche sulle prassi prevalgano tra le tematiche affrontate dalla ricerca sull’inclusione a livello nazionale, esse sono principalmente descrittive e non consentono di giungere a conclusioni in merito all’efficacia delle scelte organizzative e didattiche (Cottini e Morganti, 2015). Le rilevazioni statistiche nazionali delineano una serie di carenze strutturali in relazione all’accessibilità e alla qualità dei servizi di supporto, come ad esempio la permanenza di barriere fisiche e senso-percettive negli istituti scolastici e all’inadeguatezza del personale di sostegno (es. insegnanti di sostegno, assistenti all’autonomia e alla comunicazione), in termini di formazione, continuità e disponibilità (ISTAT, 2019). Infine, pur essendo in fase di definizione, allo stato attuale, non esistono procedure di valutazione nazionale che riguardino nello specifico gli alunni con disabilità e che consentano di monitorare longitudinalmente la qualità del servizio offerto e di rilevare gli outcomes sul breve, medio e lungo termine (Ianes e Dell’Anna, 2020).

Pur riconoscendo i meriti della tradizione italiana, l’attuale stato della ricerca non consente di valorizzare le esperienze, di individuare le prassi efficaci e di promuovere miglioramento. Per gli alunni con disabilità gravi e multiple, il riconoscimento del diritto all’inclusione scolastica in alcuni contesti rischia di ridursi a mero sinonimo di accesso, senza che vi sia una verifica delle circostanze in cui esso si esplica, e delle ricadute sugli alunni con disabilità.

Uscire dalla trappola della retorica, che rimarca i principi e i valori, scivolando in meccanismi autoreferenziali e autocelebrativi, e da quella della cecità e minimizzazione, che trascura i segnali di allarme che provengono dalle pratiche (Ianes e Augello, 2019), appare una necessità urgente per rafforzare il progetto inclusivo nazionale.

Silvia Dell’Anna

Bibliografia

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