Vol. 19, n. 1, febbraio 2020

Monografia

Inclusione delle persone a occupabilità complessa

Dal Logo di Azienda Solidale all’Albo Metropolitano delle Aziende Inclusive, verso i contesti di operosità socialmente utile

Leonardo Callegari1

Sommario

Per l’inclusione lavorativa e sociale delle persone a occupabilità complessa è fondamentale la collaborazione con la cooperazione e con imprese profit socialmente responsabili in grado di offrire contesti prossimali, caratterizzati da mansionari compatibili e, soprattutto, idonei dal punto di vista dei supporti e delle mediazioni relazionali.

I comportamenti aziendali virtuosi sono stati premiati da AILeS, assieme a Università, Provincia e Comune di Bologna, nel periodo 2010-2014, con il conferimento del Logo di Azienda Solidale e dal 2015 la Città Metropolitana di Bologna ha istituito l’Albo Metropolitano delle Aziende Inclusive, promuovendo la nascita di network tra organizzazioni solidali per sviluppare la cultura dell’accoglienza negli ambienti ordinari di lavoro.

In prospettiva, per le persone di più difficile occupabilità, con il supporto reso dal terzo settore e, non ultime, dalle stesse imprese profit più collaborative, vanno considerati contesti e percorsi inclusivi anche nell’ambito della gestione dei beni comuni, associati a misure di sostegno al reddito, affinché l’operosità dei singoli possa essere valorizzata per il contributo offerto alla comunità di appartenenza.

Parole chiave

Inclusione sociale e lavorativa, occupabilità complessa, settore terziario, comunità.

Monography

Including people with high-difficult employability

From the «Logo di Azienda Solidale» to the «Albo Metropolitano delle Aziende Inclusive», towards contexts of socially useful laboriousness

Leonardo Callegari2

Abstract

For job and social inclusion of person with complex employability is foundamental the collaboration with cooperation and with profit companies socially responsible that are capable to offer proximal context. The latter must be characterized by job descriptions compatible and mostly suitable from the point of view of support and of relational mediations.

The virtuous business behavior has been rewarded by AILeS together with University, Province and Municipality of Bologna, in the period 2010-2014, by the conferment of Logo Solidary Company and from 2015 the Metropolitan Municipality of Bologna has established the Register of Inclusive Companies. In this way has promoted the birth of Network among solidarity organitations in order to develop the welcoming culture in the ordinary work environments.

In perspective, for the person of more difficult employability, with the help of the third sector and, not least, with the help of the most collaborative profit companies, must be considered context and inclusive paths also in the field of management of common goods. These should be associates to measures of support to the income in such a way as to entrance the activity of the single for the contribution to the belonging community.

Keywords

Social and working inclusion, high difficult employability, tertiary sector, community.

Introduzione

Per l’inclusione lavorativa e sociale delle persone a occupabilità complessa sono, innanzitutto, di fondamentale importanza i contesti aziendali in grado di accogliere gli individuali processi di socializzazione e di apprendimento delle competenze professionali (Callegari, 2009).

La costruzione di queste competenze è il frutto della partecipazione del soggetto a un contesto culturale, sociale, relazionale con il quale entrare in reciprocità, come parte attiva e non come entità da conformare unilateralmente, secondo trasmissione di conoscenze già precostituite o in base ad aspettative di comportamento rigidamente normate.

Quando ricorrono circostanze favorevoli alla inclusione nei luoghi di lavoro siamo in presenza di contesti che possiamo definire di prossimità o prossimali, come suggerito da Andrea Canevaro (2008, p. 11), relazionalmente vicini alla persona accolta, che viene ricompresa, sostenuta, non assistita, sia dal punto di vista lavorativo che sociale, attualizzata nelle sue potenzialità e pienamente coinvolta in processi di apprendimento, identificativi, di appartenenza, congruenti con l’individuale progetto di vita.

Le caratteristiche positive di questi ambiti organizzati sono state oggetto della ricerca coordinata nel 2009/2010 da Angelo Errani, docente di pedagogia speciale all’Università di Bologna, ricerca che ha portato alla pubblicazione del testo Terre di Mezzo. Permanenza e cambiamenti nella realizzazione professionale delle persone disabili (2015), di cui abbiamo curato la sezione relativa agli «Aspetti facilitanti l’inclusione delle persone disabili nei contesti aziendali».

Sinteticamente, tali caratteristiche sono riconducibili alla:

  • capacità di accoglienza del contesto riguardo alla persona disabile/svantaggiata;
  • reciprocità adattiva anche da parte del contesto e non solo del soggetto;
  • supportività nei rapporti professionali e sociali;
  • stimolazione/attivazione motivazionale a sostegno dei processi di apprendimento;
  • attitudine del contesto ad apprendere in quanto organizzazione dinamica;
  • capacità di generare identificazione e senso di appartenenza.

L’esperienza del Logo Azienda Solidale

Dal 2010 al 2014 alle imprese profit più inclusive è stato conferito il Logo di Azienda Solidale da AILeS (Associazione di promozione dell’Inclusione Lavorativa e Sociale), in collaborazione con Alma Mater Università di Bologna, Provincia e Comune di Bologna, per il comportamento socialmente responsabile reso dalle organizzazioni in conformità ad almeno 10 requisiti di qualità inclusiva individuati dalla menzionata ricerca, a testimonianza della presenza di contesti prossimali come sopra delineati nelle realtà premiate.

In particolare, i requisiti previsti dal disciplinare di rilascio del logo riguardano: oltre all’adempimento della legge 68/99 sull’inserimento lavorativo delle persone disabili, la collaborazione con i servizi; la presenza di tutor aziendali; condizioni di lavoro non precarie, in coppia o in gruppo; la disponibilità di supporti relazionali e in favore degli apprendimenti professionali; la possibilità di adattamenti ergonomici, di mansionario, di tempi, metodi e standard prestazionali.

A questi requisiti di base se ne possono aggiungere altri di particolare valore e merito distintivo, riconducibili a: conferme assuntive di lavoratori disabili oltre i termini di legge, formazione dei tutor aziendali, attivazione di servizi consulenziali per migliorare la qualità dell’integrazione lavorativa, partecipazione organica a programmi/partenariati inclusivi, ecc.

Inoltre, nell’alveo dei rapporti di collaborazione organica instaurati con oltre 100 imprese premiate negli anni, è stato possibile implementare le informazioni possedute con quelle ulteriori restituite da tutor e formatori, che hanno conosciuto direttamente, dall’interno, i contesti aziendali entro i quali si sono svolti a vario titolo stage, tirocini, inserimenti lavorativi, acquisendo indicazioni più precise sul «grado di prossimalità inclusiva» dei medesimi e mettendo a disposizione tali elementi conoscitivi per migliori, più idonei abbinamenti con le persone ancora da inserire.

Andare oltre, infatti, al già indispensabile e corretto abbinamento soggetto-mansione-ambiente di lavoro, alla base della metodologia della formazione incentrata sull’apprendere operando in situazione reale, significa considerare l’ambito di inserimento non solo come «ambiente compatibile», ma come «contesto culturale, sociale, relazionale, organizzativo idoneo» a promuovere e produrre, in reciprocità con il soggetto incluso, socializzazione, apprendimento, identificazione e appartenenza.

Un contesto competente

Un contesto idoneo, del resto, è molto più di un ambiente pur stimolante per l’apprendimento, inteso dal comportamentismo come tutto ciò che resta di una situazione «a prescindere» dal soggetto. È invece un contesto, che potremmo definire educativo, uno sfondo integratore, per dirla con il pedagogista Paolo Zanelli (1986), la cui organizzazione non è qualche cosa di esterno e indipendente dal soggetto, ma è una costruzione di relazioni, di regole, di narrazioni, nella quale gli apprendimenti sono il prodotto dell’interazione reciproca tra la persona, il lavoratore disabile e/o svantaggiato e il contesto stesso, che coevolve e apprende anch’esso, modificandosi, adattandosi, migliorandosi, con vantaggi generalizzati a tutti i lavoratori.

L’idoneità di un contesto prossimale, che agisce come sfondo integratore, valorizza l’apporto di coloro che, pur senza essere educatori o insegnanti, hanno disponibilità personali, conoscenze, competenze utili per consentire a chi è in formazione o da poco occupato in quella azienda, di passare dal livello di conoscenze già possedute alla zona di sviluppo prossimale, come definita dallo psicologo bielorusso Lev Vygotskij (2007), ovvero delle competenze ulteriormente acquisibili con l’aiuto di un mediatore più capace.

L’aiuto dato da una persona nella veste di mediatore, o come facilitatore, in favore di un’altra persona per svolgere un compito che da sola non riuscirebbbe ad affrontare, può essere definito anche con il termine scaffolding (Bruner, Wood e Ross, 1976), metafora del supporto offerto a nuovi apprendimenti, cosi come una impalcatura sostiene un operaio impegnato in lavori edili.

In analogia con l’attività didattica, anche nei processi di inclusione lavorativa e sociale, secondo Bruner, lo scaffolding e la zona di sviluppo prossimale di Vygotskij sono complementari. Nella misura in cui un collega di lavoro o un tutor aziendale svolge attività di mediazione (scaffolding) a supporto del tirocinante, questo viene facilitato ad apprendere nuove competenze trasversali e prestazionali (che rientrano nella sua zona di sviluppo prossimale, verso quella potenziale).

Ma le mediazioni, i sostegni, gli elementi di regolazione, le condizoni facilitanti che caratterizzano un contesto aziendale idoneo vanno oltre le relazioni diadiche tra una persona in formazione e l’esperto che insegna, eleggono in particolare il gruppo di lavoro ad ambito privilegiato per «apprendere con», secondo aspettative di ruolo tra colleghi, e «non per» far contento l’adulto, il maestro, l’operatore di riferimento (ripetendo in tal modo dipendenze infantili o assistenziali).

Significa, in breve, «imparare a lavorare» (Lepri e Montobbio, 1993) e a «fare un buon lavoro», in relazione di contiguità, assieme ad altri, e non puntare ad essere solo singolarmente bravi (Comunello e Berti, 2013, pp. 54ss.) nello svolgere una specifica mansione o, come succede a scuola, per ottenere un bel voto.

Ovvero, per dirla con il sociologo del lavoro Federico Butera, si tratta di predisporsi non a una professionalità individuale, comunque importante, ma a una professionalità collettiva (Butera, 1982), che possa valorizzare per complementarietà le differenti competenze e abilità, con responsabilità da condividere e risultati da perseguire in team.

Significa, nelle situazioni più evolute, fare affidamento sulla relazione empatica contestuale (Canevaro, 2012), che va oltre le relazioni empatiche (cogliere le affinità, le similitudini, mettersi nei panni dell’altro in condizione di bisogno), per coniugarle con l’exotopia di relazioni nelle quali «l’empatia gioca un ruolo transitorio e minore, dominata invece dal continuo ricostituire l’altro come portatore di una prospettiva autonoma, altrettanto sensata della nostra, e non riducibile alla nostra» (Sclavi, 2003).

È un contesto competente quello che si viene in tal modo a configurare, dove l’empatia insostituibile all’esordio di processi inclusivi che coinvolgono persone con particolari fragilità emotive-affettive-relazionali, secondo modelli di socializzazione personale, si dispone a riconoscere le differenze soggettive, legittimandole come prerogative del singolo da non conformare, pur all’interno di un sistema di ruoli basati su modelli di socializzazione posizionale che richiedono comportamenti appropriati, che segnalano gli errori affinché possano essere individuati e corretti da chi sta imparando, senza tuttavia giudizi squalificanti.

Strumenti di analisi del contesto

Un contesto competente, che fa da sfondo integratore, quindi prossimale, presenta dimensioni, aspetti, elementi con mediatori facilitanti l’inclusione di persone con bisogni speciali che possono essere oggetto di una ricognizione analitica in riferimento ai cinque Fattori Ambientali che assieme a quelli Personali sono previsti tra i Fattori Contestuali del Sistema ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health).

I cinque Fattori di questa componente ICF, come noto, sono:

  • Prodotti e Tecnologia
  • Ambiente naturale e cambiamenti effettuati dall’uomo
  • Relazioni e sostegno sociale
  • Atteggiamenti
  • Servizi, sistemi e politiche.

A questi Fattori sono facilmente riconducibili quelli da noi considerati nella menzionata ricerca del 2009/2010 sugli «Aspetti facilitanti l’inclusione delle persone disabili nei contesti aziendali» e le informazioni ad essi relative possono essere memorizzate (anche digitalmente, in appositi database), secondo quanto riferito da formatori, tutor e dalle stesse persone disabili/svantaggiate che hanno conosciuto internamente molte aziende profit ospitanti stage, tirocini, esperienze di lavoro.

Sulla base delle caratteristiche facilitanti rilevate, le aziende potrebbero essere invitate a collaborare in modo sempre più mirato, con abbinamenti virtuosi in contesti idonei, a tutti gli effetti formativi e produttivi non solo di beni e servizi, ma anche di saperi professionali e di apprendimenti esperienziali fondamentali, in particolare per le persone con maggiori difficoltà.

Le informazioni che si andrebbero a capitalizzare potrebbero essere messe a disposizione come valore aggiunto, per la migliore inclusione possibile date le circostanze contestuali disponibili, secondo la correlazione esistente tra i predetti Fattori ICF e le Dimensioni risultate importanti nella nostra ricerca:

  • Dimensione prestazionale;
  • Dimensione fisico-ambientale;
  • Dimensione sociale-relazionale e dimensione organizzativa;
  • Dimensione culturale;
  • Dimensione del contesto economico, politico e socio culturale più ampio entro il quale si colloca l’azienda, a partire dal Distretto socio sanitario/Comunità locale di appartenenza.

Ogni Dimensione/Fattore Ambientale ICF si può, inoltre, articolare in diverse componenti analitiche tali da consentire un elevato apprezzamento valutativo dei contesti esperiti e da candidare a ulteriori inserimenti, migliorando per questa via la centratura e la regolazione di ogni singolo processo inclusivo.

In merito al quinto Fattore ICF (riguardante servizi, sistemi, politiche) e alla corrispettiva Dimensione risultante dalla nostra ricerca (relativa al contesto comunitario di appartenenza), ci sarebbe molto da dire sull’importanza che riveste in ordine a:

  • programmi inclusivi a largo raggio;
  • creazione e sviluppo di reti di partenariato tra pubblico, privato for profit e terzo settore;
  • integrazione tra servizi di welfare e di politica attiva del lavoro;
  • incentivi promozionali e premialità che le amministrazioni locali possono riconoscere alle imprese profit più collaborative.

L’esperienza dell’Albo Metropolitano delle Aziende Inclusive

Su questo versante, di più ampio respiro istituzionale, comunitario, territoriale di valorizzazione dei contesti inclusivi, con l’associata premialità dei comportamenti aziendali socialmente responsabili, dal 2015 è stato istituito dalla Città Metropolitana di Bologna l’Albo Metropolitano delle Aziende Inclusive.

Nell’Albo Metropolitano possono essere iscritte le aziende, pubbliche e private for profit, con sede operativa nel territorio metropolitano di Bologna, in possesso dei seguenti requisiti:

  • aver assolto (o non essere assoggettate) agli obblighi ex legge 68/99;
  • avere attivato almeno un processo aziendale di tipo inclusivo, in riferimento a persone in condizione di svantaggio ex legge 381/91, quali assunzioni, stage o tirocini;
  • non avere effettuato licenziamenti nei dodici mesi precedenti l’attivazione dell’inserimento del soggetto svantaggiato, salvo quelli per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo e fatti salvi specifici accordi sindacali con le organizzazioni territoriali più rappresentative.

Le attività inclusive devono essere realizzate con modalità riconducibili a una o più delle seguenti fattispecie:

  • collaborazione con la rete dei Servizi sociali e/o dei Servizi Sanitari e/o dei Servizi per l’Impiego pubblici;
  • disponibilità di tutor aziendali (dove non già previsti dalla norma);
  • affiancamento attraverso lavoro in coppia/gruppo;
  • adattamenti di mansionario, ergonomici ed eliminazione di barriere architettoniche;
  • altre modalità/approcci inclusivi (che saranno valutati dalla Commissione).

Ai fini dell’inserimento nell’Albo vengono individuate annualmente, all’interno dell’Avviso pubblico per la presentazione delle istanze le categorie di soggetti riconosciuti «in condizione di svantaggio».3

Strettamente connessa all’iscrizione all’Albo è la promozione costitutiva di un Network Metropolitano delle aziende solidali che, a partire dalle reti già attive tra organizzazioni a suo tempo premiate nelle edizioni del richiamato Logo Azienda Solidale, vuole estendersi alle realtà produttive e di servizio profit del territorio metropolitano collaboranti, mediante l’interconnessione comunicativa, la condivisione progettuale e di buone prassi, lo scambio di condizioni di miglior favore nell’acquisto di beni e servizi offerti, innanzitutto tra le stesse imprese e in prospettiva per pubbliche istituzioni, enti del terzo settore, cittadini che vogliano sostenere l’inclusione lavorativa e sociale delle persone fragili-vulnerabili.

Tramite il Network Metropolitano e la premialità dell’Albo si possono, infatti, promuovere ed estendere i comportamenti aziendali virtuosi, per l’inclusione interna al mondo del lavoro ordinario delle imprese profit, ma anche stimolare forme di sostegno (economico, infrastrutturale, tecnologico, di know-how, ecc.) indirette alla realizzazione di programmi inclusivi gestiti da altre organizzazioni, quali cooperative sociali ed enti del terzo settore, per valorizzare l’operosità delle persone di più complessa occupabilità, ad esempio in attività socialmente utili nella gestione dei beni comuni, per la comunità di appartenenza.

Le potenzialità dell’operosità

Anche la persona più in difficoltà ad assumere un ruolo lavorativo in una azienda profit è in grado di esprimere una propria operosità, più o meno produttiva, secondo i canoni che attribuiamo a tale concetto, all’interno di una filiera di apporti resi da più attori. L’operosità può essere intesa come la modalità del fare, sensata per il soggetto e per il suo progetto di vita, nella quale il singolo esprime le sue potenzialità, i suoi talenti, le sue capacità, anche minime, con soddisfazione personale e del contesto, in particolare di quello prossimale, all’interno del quale è accolto e supportato. In estrema sintesi, servono ambiti di azione relazionali, operativi, esperienziali, nei quali le persone, anche a occupabilità complessa, vengano accolte e valorizzate per la loro validità (non per diagnosi e percentuale di invalidità) che si esprime nella operosità di ciascuno, come singolo o in gruppo.

Operosità esercitata in attività non solo di carattere produttivo, per esigenze di mercato (a valore economico, di scambio), ma anche in attività culturali, artistiche, manifatturiere, nella relazione di aiuto e di servizio alla collettività, per la gestione di beni comuni, con fini di pubblica utilità (a valore d’uso, secondo reciprocità).

L’attenzione in questo caso dovrebbe rivolgersi ad ambiti di operosità quali: l’ambiente con la tutela di aree protette e parchi naturali, il patrimonio artistico-archeologico-museale, la riqualificazione di aree urbane, l’aiuto a persone in condizioni di bisogno, la manutenzione di edifici pubblici, ecc., sulla falsariga di quanto già previsto dal Comune di Bologna, primo in Italia, con il «Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani» del 19 maggio 2014. In tali ambiti si può facilitare l’abbinamento soggetto/operosità e attività richiesta/contesto idoneo all’inclusione, che può rappresentare il primo complementare step di un processo di avvicinamento al mondo del lavoro ordinario, che non va inteso come estraneo o impossibile da raggiungere anche per le persone a occupabilità più complessa.

Siamo, dunque, in una linea di continuità progressiva, aperta a miglioramenti futuri, dove l’operosità delle persone, valorizzate per la loro percentuale di validità, si colloca tra l’occupazione in senso stretto, regolata da contratti di lavoro dipendente o da incarichi professionali, e la partecipazione alla comunità di appartenenza, dove l’apporto del singolo può avvenire con varie forme di impiego e di concorso nelle attività di pubblica utilità, eventualmente associate a misure di sostegno al reddito (come il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni»), che non hanno meno valore del lavoro retribuito.

Bibliografia

Bruner J., Wood D. e Ross G. (1976), The role of tutoring in problem solving, «Journal of Child Psychology and Psychiatry», vol. 17, pp. 89-100.

Butera F. (1982), La professionalità come forza produttiva e come istituzione. In S. Mollica, e P. Montobbio (a cura di), Nuova professionalità, formazione e organizzazione del lavoro, Milano, FrancoAngeli.

Callegari L. (2009), Inclusione lavorativa e sociale delle persone svantaggiate. Cooperazione, mediazione e valutazione negoziale nelle buone prassi integrative, Bologna, Centro studi di psicologia e sociologia applicate.

Canevaro A. (2008), Pietre che affiorano. I mediatori efficaci in educazione con la logica del domino, Trento, Erickson.

Canevaro A. (2012), Cura/educazione dalla dimensione del rapporto a due al sostegno del contesto competente, diventando adulti. Innovare integrando e integrare innovando, http://www.eraldoberti.it/documentazione/curaeducazione-dalla-dimensione-del-rapporto-a-due-al-sostegno-del-contesto-competente-diventando-adulti-innovare-integrando-e-integrare-innovando/ (consultato il 4 febbraio 2020).

Comunello F. e Berti E. (2013), Fattoria Sociale. Un contesto competente di sostegno oltre la scuola, Trento, Erickson.

Errani A. e Mazzetti M. (a cura di) (2015), Terre di Mezzo. Permanenza e cambiamenti nella realizzazione professionale delle persone disabili, Napoli, Liguori.

Lepri C. e Montobbio E. (1993), Lavoro e fasce deboli, Milano, FrancoAngeli.

Sclavi M. (2003), Arte di ascoltare e mondi possibili, Milano, Bruno Mondadori.

Vygotskij L.S. (2007), Il processo cognitivo, Torino, Bollati Boringhieri.

Zanelli P. (1986), Uno sfondo per integrare, Bologna, Cappelli.


1 Presidente AILeS (Associazione di promozione della Inclusione Lavorativa e Sociale delle persone svantaggiate), Bologna.

2 President of AILeS («Associazione di promozione della Inclusione Lavorativa e Sociale delle persone svantaggiate»), Bologna.

3 Per approfondimenti si veda la pagina web www.cittametropolitana.bo.it – Avvisi e Concorsi.

 

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