Vol. 22, n. 3, settembre 2023
Prospettive e modelli internazionali
Dialoghi sui processi inclusivi: il movimento educativo degli anni Settanta in Giappone, l’esperienza di Toyonaka1
Taeko Futami,2Antonello Mura,3Ilaria Tatulli,3 Antioco Luigi Zurru3
Sommario
Il tema dell’inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità ha progressivamente acquisito una dimensione internazionale, richiedendo un rinnovato impegno nel confronto e nello scambio di politiche e pratiche, anche tra realtà culturali diverse. L’articolo documenta le riflessioni sull’inclusione intraprese da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cagliari e dell’Università di Fukuoka. L’attenzione si sofferma su un’esperienza di inclusione scolastica promossa nella città di Toyonaka, prefettura di Osaka, a partire dagli anni Settanta. Grazie agli sforzi emancipativi del sindacato degli insegnanti e delle associazioni dei genitori si è abbandonata l’organizzazione segregante dell’educazione separata, sviluppando una politica di educazione inclusiva con la creazione di classi Hirogari. Tale approccio, osservato attraverso la teoria dei movimenti educativi di Tatsuo Okamura, è stato ricostruito con l’analisi della normativa giapponese che ha generato i processi di inclusione e le testimonianze dei protagonisti.
Parole chiave
Dialogo internazionale, Movimento per l’educazione della cittadina di Toyonaka, Educazione inclusiva, Genitori, Empowerment.
iNTERNATIONAL MODELS AND PERSPECTIVES
Dialogues on Inclusive Processes: The Educational Movement of 1970s in Japan and the Toyonaka Experience4
Taeko Futami,5Antonello Mura,6Ilaria Tatulli3 e Antioco Luigi Zurru3
Abstract
The issue of the educational and social inclusion of people with disabilities has gradually acquired an impressive international dimension, requiring renewed commitment to comparing and exchanging policies and practices, even between different cultural realities. The article documents the reflections on inclusion undertaken by two groups of researchers from the University of Cagliari and the University of Fukuoka. It focuses in particular on the experience of inclusion promoted since the 1970s in the city of Toyonaka, Osaka Prefecture. The city, moving away from segregated education, developed a basic policy of inclusive education for children with disabilities with the creation of Hirogari classes, thanks to the emancipatory efforts of the teachers’ union and parents’ associations. The pedagogical approach promoted in the city of Toyonaka was reconstructed through the analysis of Japanese regulations protecting inclusion processes and the testimonies of those involved and observed through Tatsuo Okamura’s theory of educational movements.
Keywords
International dialogue, Toyonaka city education movement, Inclusive education, Parents, Empowerment.
Premessa alla traduzione italiana
Il presente lavoro è il frutto del confronto tra ricercatori dell’Università di Cagliari e della Prefectural University di Fukuoka, che hanno posto al centro dei loro interessi l’analisi dei processi inclusivi nei rispettivi Paesi.
Comprendere il senso e il significato di tale interazione comporta il rimando alle difficoltà esperite riguardo alla non semplice condivisione dei linguaggi, degli strumenti e delle metodologie di ricerca, oltreché dell’oggetto d’indagine, osservato da differenti prospettive, tradizioni e consuetudini culturali. Tutto ciò è ulteriormente complicato dal duplice passaggio linguistico, mediato da un traduttore terzo, dal Giapponese all’Inglese, e di cui si ha contezza in relazione all’asperità della resa in italiano di alcuni periodi.
Nonostante le iniziali e inevitabili difficoltà di comunicazione, il sentiero intrapreso ha offerto l’opportunità di conoscere panorami inclusivi inattesi.
I processi di inclusione in Giappone sono relativamente recenti e in via di evoluzione. Promossi dal Ministero dell’Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia, sono gestiti dalle istituzioni locali e da sottostrutture interne, quali il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione. Quest’ultimo ente ha la responsabilità di valutare gli alunni, la loro salute, le eventuali certificazioni, le abilità maturate e, sulla base dei dati emersi, ha la facoltà di assegnare i bambini alle scuole pubbliche, alle classi di supporto, alle classi speciali o agli istituti speciali.
Lo studio focalizza l’attenzione sulle prime esperienze inclusive sviluppate nella città di Toyonaka a partire dai primi anni Settanta del secolo scorso e, pur confrontandosi con un’organizzazione non sempre facilmente comprensibile (ruolo del sindacato degli insegnanti, responsabilità della municipalità), evidenzia il ruolo propulsivo di insegnanti e genitori nell’anticipare e promuovere l’attuale dibattito sull’opportunità di superare il modello delle classi speciali, fortemente radicate nelle prospettive decisionali politiche e nell’opinione pubblica comune.
I processi inclusivi al centro del dialogo internazionale
La realizzazione di condizioni di vita capaci di garantire a ogni individuo un’autentica e concreta possibilità di emancipazione rappresenta un imperativo etico consapevolmente affermato in molti contesti politico-scientifici (EADSNE, 2017; UN, 2006, 2015; WHO, 2011).
Un simile orizzonte richiede, però, l’attivazione di dinamiche di confronto e scambio attraverso le quali condividere obiettivi, pratiche, conoscenze e competenze in uno scenario che deve, necessariamente, assumere un assetto internazionale.
L’esigenza di un siffatto approccio ha dato origine ad azioni d’indagine, studi e ricerche compiuti sui processi di integrazione e inclusione in prospettiva internazionale. In tal senso, nell’ultimo periodo è stata costante l’attenzione, anche critica, nei confronti delle scelte politico-culturali che l’Italia ha operato in fatto di integrazione scolastica (Anastasiou, Kauffman e Nuovo, 2015; Avramidis, Bayliss e Burden, 2000; Begeny e Martens, 2007; Canevaro e de Anna, 2010; Cornoldi et al., 1998; D’Alessio, 2011; Enders, 2013; Ferri, 2008; Malki e Einat, 2017; Maver, 2019; Plaisance et al., 2007).
Allo stesso tempo, nella tradizione pedagogico-speciale italiana si sono affermati lavori di ricerca volti a verificare la diffusione e la caratterizzazione della stessa Pedagogia Speciale (Lascioli, 2007; Lascioli e Onder, 2006). Non di meno, sono significative le indagini tese a cogliere le relazioni della disciplina con le strutture culturali e politiche dei contesti nei quali si sviluppa (Orizio, 2007). In altri casi, lo studio in campo internazionale si è strettamente intrecciato con il discorso storico sulla disciplina, disvelandone l’intima natura epistemologica (Crispiani, 2016).
L’obiettivo che accomuna i numerosi contributi con i quali la tradizione pedagogico-speciale italiana si è interfacciata con altri Paesi e contesti culturali è sintetizzabile nell’intento di comprendere a fondo la valenza, la complessità e le implicazioni della cosiddetta via italiana all’inclusione (Canevaro e de Anna, 2010; Covelli, 2017; de Anna, 1992, 1998, 2005, 2012, 2014, 2016; de Anna, Gardou e Covelli, 2018; de Anna e Della Volpe, 2011; de Anna e Plaisance, 2014; Errani, 2019; Mura, 2012, 2017; Pavone, 2013). Non si è trattato di raccogliere dati e argomentazioni per giustificare la validità di un assetto politico e didattico-organizzativo rispetto ad altri. Lo sforzo di tali indagini deve essere piuttosto ricollocato nella più ampia necessità, condivisa su più fronti scientifici, di intendere il senso e il significato che i concetti di diversità e di inclusione hanno assunto e continuano ad assumere nel novero di assillanti questioni esistenziali, antropologiche ed epistemologiche (Demo e Ianes, 2013; Mura, 2016).
È in questa prospettiva che si situano alcune delle attività di ricerca già realizzate e che hanno dato modo di rapportare l’esperienza italiana di integrazione e inclusione scolastica con quella di altre realtà culturali. Recentemente, si è concentrata l’attenzione sugli elementi di prossimità e distanza che caratterizzano i processi d’integrazione scolastica in Brasile, indagando l’evoluzione normativa, le politiche di formazione degli insegnanti e le pratiche pedagogico-scolastiche di entrambe le realtà culturali.
I risultati ottenuti hanno permesso di saggiare quanto l’identità culturale di ogni Paese si possa cogliere solamente attraverso l’esperienza della differenza, in una continua tensione che apre alla comprensione intima della prospettiva con la quale si realizza ed evolve l’idea di inclusione (Mura et al., 2020; Rodrigues de Freitas et al., 2020). Non meno importanti, i lavori di scambio e confronto che l’Università di Cagliari ha intrapreso con un gruppo di ricerca giapponese, grazie al quale è stato possibile realizzare la traduzione del volume Pedagogia Speciale. Riferimenti storici, temi e idee. Si è così avviata un’ampia diffusione dei temi inerenti ai processi inclusivi in Italia anche in Giappone (Mura, 2022).
Nella stessa direzione, il presente contributo fa riferimento alle azioni di scambio e di collaborazione stabilite tra il Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali dell’Università di Cagliari e la Faculty of Human Sociology, Fukuoka Prefectural University.
Il dialogo tra gruppi di ricerca è stato animato da interrogativi riguardanti i processi scientifici e storico-culturali che hanno generato e che sostengono lo sviluppo dell’inclusione e la piena realizzazione delle persone con disabilità nei rispettivi Paesi.
In particolare, il dialogo e il confronto sono stati avviati indagando le differenti modalità di intendere e realizzare la cura educativa e l’inclusione delle persone con disabilità in Giappone e dedicando specifica attenzione agli elementi che hanno caratterizzato le prime azioni emancipative.
Una prima ricognizione storica ha individuato negli anni Settanta del XX secolo un periodo caratterizzato da importanti fermenti sociali e politici, che ha avuto come protagonisti i diversi movimenti civili. Il varo della Dichiarazione dei diritti delle persone con ritardo mentale (UN, 1971) e della Dichiarazione dei diritti delle persone disabili (UN, 1975) ha inaugurato il rinnovamento sociopolitico e culturale in diversi Paesi.
In tale frangente, è stato possibile osservare il ruolo dei movimenti e delle associazioni costituite da famiglie e da persone con disabilità. Tali organizzazioni sono divenute un importante punto di riferimento nell’avviare processi di emancipazione, portando all’attenzione delle istituzioni pubbliche e degli amministratori le necessità delle persone con disabilità e delle loro famiglie (Barnartt, Schriner e Scotch, 2001; Braddock e Parish, 2001; Campbell e Oliver, 2013; de Anna, 2009; Dugelay, 2018; Fantova Azcoaga, 1990; Halvorsen et al., 2017; Mura, 2004, 2009, 2014; Van Amerongen, 2005; Zurru, 2005).
È così che, anche in Giappone, a partire dall’attivismo dei gruppi sindacali degli insegnanti e di una parte di genitori si è attivata una nuova proposta organizzativa, per procedere verso la deistituzionalizzazione, la trasformazione delle istituzioni scolastiche e della società, che può essere letta sotto la lente della dinamica dialogica tra l’istituito e l’istituente.
I movimenti di rivendicazione sono così diventati il luogo del fertile incontro tra singoli che hanno assunto la responsabilità di dare senso e significato alla realtà per trovare soluzioni vantaggiose per tutti i cittadini (Canevaro, 2015; Tatulli e Rodrigues de Freitas, 2021; Vasquez e Oury, 2010).
L’approccio ermeneutico-interpretativo adottato dai ricercatori delle due università ha consentito di leggere, conoscere e capire le caratterizzazioni dei processi inclusivi, valorizzando le differenze e individuando le possibili analogie osservate nei due Paesi.
L’educazione inclusiva in Giappone
Il 20 gennaio 2014 il governo giapponese ha ratificato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (UN, 2006). In precedenza sono state emanate diverse leggi nazionali. Nel 2011 è stata emendata una parte della Legge Fondamentale per le Persone con Disabilità. L’articolo 16 recita:
I governi nazionali e locali assicurano che le persone disabili ricevano un’istruzione adeguata alla loro età e alle loro capacità e in considerazione delle loro caratteristiche. Al fine di attuare quanto sopra, devono essere adottate le misure necessarie per garantire che i bambini disabili ricevano l’istruzione il più possibile insieme ai bambini non disabili; inoltre questi governi devono migliorare e potenziare i contenuti e i metodi di istruzione.
In seguito a ciò, nel luglio 2012, il Ministero dell’Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia del Giappone ha redatto il rapporto Promozione dell’Educazione per Bisogni Speciali per la Costruzione di un Sistema Educativo Inclusivo per il Raggiungimento di una Società Coesistente. In funzione di tale documento è stato necessario modificare il sistema di iscrizione scolastica, in base al quale tutti i bambini con disabilità, in linea di principio, sono iscritti a scuole per alunni con bisogni educativi speciali. Nel rapporto, infatti, si afferma la necessità di assumere una prospettiva globale che, oltre a tenere in considerazione lo stato di disabilità del bambino e dei suoi bisogni educativi, contempli le opinioni del bambino e dei genitori, i pareri degli esperti dal punto di vista pedagogico, medico e psicologico e delle condizioni della scuola e della comunità.
Il 1° settembre 2013, il Ministero dell’Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia ha notificato nella Modifica parziale dell’ordinanza di applicazione della legge sull’istruzione scolastica che solo i bambini che sono «autorizzati a entrare in una scuola per bisogni speciali» in base al giudizio globale del Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione possono essere ammessi in una scuola per bisogni speciali. Inoltre, la terza considerazione menziona specificamente la necessità di «rispettare il più possibile le opinioni dei genitori». Le modifiche legislative citate potrebbero indurre a pensare che in Giappone si sia ormai abbandonato il sistema scolastico separato per gli alunni con disabilità. Tuttavia, il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione continua ad avere un ruolo determinante sulle iscrizioni degli alunni. Il divario di potere tra le organizzazioni professionali, da una parte, e i genitori e i bambini, dall’altra, è significativo. Di conseguenza, si teme che le opinioni degli esperti prevalgano su quelle dei bambini e dei genitori. In effetti, negli ultimi anni, il numero di iscritti e di classi per bambini con bisogni educativi speciali è aumentato notevolmente.
In Giappone, l’istruzione per gli alunni con disabilità è ancora fortemente segregante. Infatti, prima dell’iscrizione gli studenti sono valutati dal Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione. Sulla base di tali verifiche, l’ente opera una canalizzazione del percorso educativo verso scuole normali e scuole speciali o, addirittura, attesta la necessità del rinvio o l’esenzione dall’iscrizione scolastica per tutti gli alunni che presentano una condizione di disabilità complessa.
Tuttavia, la città di Toyonaka, nella prefettura di Osaka, approccia all’istruzione e all’assistenza all’infanzia in modo inclusivo fin dagli anni Settanta (Futami, 2013, 2016, 2017).
Le esperienze inclusive avviate nella città di Toyonaka sono l’esito dell’accorato impegno profuso dai movimenti e dalle associazioni. Tali organizzazioni sono divenute protagoniste di una stagione di innovazione dell’organizzazione educativa e sociale per tutto il Paese, promuovendo l’istituzionalizzazione del sistema di istruzione inclusiva.
L’educazione inclusiva nella città di Toyonaka è stata istituita attraverso differenti tappe normative: la Politica di base per l’educazione antidiscriminatoria della città di Toyonaka (1971), la Politica di base per l’assistenza ai bambini disabili della città di Toyonaka (1974), la Politica di base per l’educazione inclusiva della città di Toyonaka (1978) e il Piano di promozione dei diritti umani della città di Toyonaka (2020).
In particolare, il presente studio analizza il percorso emancipativo tracciato dai genitori e dagli insegnanti, adottando la prospettiva di Okamura (1989) sul movimento educativo. L’attenzione è stata rivolta ai movimenti dei lavoratori dell’istruzione poiché, nelle sue riflessioni, l’autore ha dimostrato che anche i movimenti guidati dai cittadini sono movimenti educativi: «Che cos’è il movimento educativo? Che cosa ha scatenato l’inizio del movimento educativo? Io credo che il movimento educativo sia un’azione o un atteggiamento per la realizzazione di richieste collettive che le persone scelgono di intraprendere contro il sistema e l’ordine coinvolti nell’educazione e l’esercizio del potere da parte della sua ideologia» (Okamura, 1989, p. 15). Si è cercato così di osservare l’approccio del movimento per l’educazione inclusiva nella città di Toyonaka, avendo come riferimento le riflessioni di Okamura organizzate per punti.
In primo luogo, è stata adottata una prospettiva giuridica: infatti, i movimenti educativi nascono in risposta ai problemi che si presentano nel sistema educativo, dove la garanzia dei diritti diventa contemporaneamente la realizzazione del dominio educativo.
In secondo luogo, è stato esaminato il movimento educativo da una prospettiva socioeconomica in riferimento alle relazioni di classe, basate sulla teoria del capitale e sulla riproduzione degli strati e delle classi sociali, tra cui la produzione e la riproduzione della forza lavoro e delle merci del lavoro nella società capitalista e l’abilismo attraverso il sistema scolastico.
In terzo luogo, è stata adottata la prospettiva culturale-ideologica dell’integrazione politica attraverso l’educazione e l’istruzione nazionale, così come l’integrazione sociale attraverso la coscienza civica e le questioni relative all’assimilazione, alla discriminazione e all’esclusione.
Inoltre, per descrivere le complesse dinamiche del processo, sono stati analizzati e discussi i documenti che attestano le azioni del movimento per l’educazione sviluppatosi nella città di Toyonaka negli anni Settanta e le interviste rivolte a persone direttamente coinvolte nel movimento.
Il campione include 21 intervistati tra ex insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, ex funzionari del governo locale e genitori che hanno partecipato al movimento. L’analisi testuale delle interviste non strutturate ha consentito di far emergere alcuni temi centrali e la qualità dei contenuti è stata migliorata attraverso la discussione con i collaboratori. Inoltre, sono state visitate diverse scuole primarie e secondarie di primo grado locali per verificare lo stato attuale dell’educazione dei bambini con disabilità nella città di Toyonaka.
Politica Educativa Inclusiva di Base della città di Toyonaka
Negli ultimi anni, le pratiche inclusive sviluppate nella città di Toyonaka sono divenute oggetto di interesse nazionale, sono state presentate da diversi media e molti ricercatori e legislatori hanno visitato la città. Toyonaka si trova nella parte settentrionale della prefettura centrale di Osaka; sono presenti 41 scuole primarie, 18 scuole secondarie di primo grado, 1 scuola secondaria di primo grado serale e 2 scuole per alunni con bisogni educativi speciali.
Tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado hanno classi di sostegno, per un totale di 291 classi nelle scuole primarie e 105 classi nelle scuole secondarie (Toyonaka City, 2022). Il numero di bambini con bisogni educativi speciali e il numero di classi a questi dedicate aumentano ogni anno. Tuttavia, queste classi non sono pensate per separare i bambini. Infatti, gli alunni sono iscritti in classi di sostegno per garantire loro la frequenza nelle classi regolari e ricevere il supporto necessario.
In particolare, la Politica di Base per l’Educazione Inclusiva della Città di Toyonaka (1978) è la chiave per la promozione dell’educazione inclusiva. Il testo può essere sintetizzato in 7 punti sviluppati dal movimento educativo, considerati necessari per la promozione dell’educazione inclusiva:
- è sancito il diritto all’istruzione per tutti i bambini;
- è garantita la frequenza scolastica nel distretto;
- sono privilegiati i desideri dei genitori nell’iscrizione scolastica dei propri figli;
- è consentito il trasferimento da una scuola di sostegno a una scuola del distretto scolastico;
- la scuola è responsabile della definizione degli obiettivi educativi per l’apprendimento comune;
- è promossa l’assistenza per tutti i bambini con disabilità dall’età di 0 anni fino alla scuola dell’infanzia;
- è offerta la possibilità, anche per gli alunni con bisogni educativi speciali, di accedere alla scuola secondaria di secondo grado.
L’azione emancipativa del movimento per l’istituzione della classe Hirogari è stato il punto di partenza del movimento educativo che ha portato all’istituzione della Politica di Base per l’Istruzione dei Bambini Disabili della Città di Toyonaka.
La collaborazione tra genitori e insegnanti
Un primo aspetto che deve essere considerato, nell’osservazione dei processi di inclusione sviluppatisi nella città di Toyonaka, è il ruolo assunto dal sindacato degli insegnanti. I docenti hanno rivisto la propria organizzazione dal punto di vista della promozione dell’educazione inclusiva. Il 27 ottobre 1971, la delegazione rappresentativa del sindacato degli insegnanti della città di Toyonaka ha deciso all’unanimità di istituire un Comitato per l’educazione dei bambini disabili sulla base delle due linee guida (Aoki, 1980, pp. 45-46).
Il sindacato degli insegnanti ha riflettuto sul fatto che la questione degli alunni con disabilità fosse stata lasciata esclusivamente agli insegnanti di classe e l’ha riposizionata come tema importante per l’intero gruppo di insegnanti e del personale scolastico. Inoltre, la questione avrebbe dovuto essere affrontata amministrativamente dal sindacato degli insegnanti.
Il Comitato per l’educazione dei bambini disabili è composto da tutti gli insegnanti responsabili delle classi per alunni con bisogni educativi speciali e da un insegnante selezionato da tutte le scuole. Il Comitato è stato istituito per discutere i temi relativi all’istruzione dei bambini con disabilità e il 13 novembre 1971, nel corso della prima tornata di negoziati tra questo e il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione della città di Toyonaka, molti dei presenti hanno sostenuto la necessità di svolgere un’indagine sulla situazione effettiva dei bambini esonerati dalla frequenza scolastica (Aoki, 1980).
Nel luglio del 1972, il sindacato degli insegnanti, il Gruppo di Studio per l’Educazione ai Diritti Umani, il Comitato per la Garanzia di Carriera e i responsabili delle classi speciali hanno avviato un’indagine sulle condizioni effettive dei bambini che avevano ricevuto un rinvio della frequenza scolastica, strutturata in tre fasi:
- visite a domicilio, nel luglio del 1972, durante le vacanze estive;
- visite a domicilio, 20-27 agosto 1972;
- visite a domicilio, nel mese di gennaio del 1973, alla presenza di un membro dell’associazione dei genitori (Aoki, 1980, pp. 65-91).
Alcuni stralci di interviste rilasciate dai genitori coinvolti nella prima fase dell’indagine consentono di delineare il clima di disagio e di emarginazione vissuto dalle famiglie:
«Sono andata a chiedere consiglio a una scuola per bambini con esigenze speciali, ma a mio figlio non è stato permesso di andare a scuola perché non poteva camminare o usare il bagno».
«Mia figlia è rimasta a casa perché il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione non le ha dato il permesso di entrare nella scuola elementare S.».
«A mio figlio è stato detto di andare in una classe speciale. Ma a me non piace; quindi, su richiesta di noi (genitori), abbiamo ricevuto un periodo di grazia di un anno per quanto riguarda l’iscrizione a scuola di nostro figlio».
«Mio figlio è stato rifiutato dalla scuola distrettuale, dalla scuola per disabili, dall’istituto. Il bambino è costretto a rimanere a casa».
«Mio figlio è completamente tagliato fuori dalla scuola perché non può camminare» (Futami, 2017, pp. 77-78).
La durezza delle testimonianze dei genitori ha innescato processi di riflessione e di consapevolizzazione delle responsabilità nel corpo docente. Le parole degli insegnanti partecipanti all’indagine documentano la graduale maturazione della loro deontologia professionale e il conseguente impegno concreto per l’inclusione degli alunni con disabilità: «In qualsiasi scuola, i bambini esenti dall’iscrizione scolastica sono trattati come bambini senza registro scolastico. Non sappiamo nemmeno quanti siano questi bambini», «Non conoscevamo i fatti, né ci siamo sforzati di conoscerli» (Futami, 2017, pp. 66-67).
Dalle interviste è emerso lo shock degli insegnanti poiché le problematiche degli alunni con disabilità e delle loro famiglie erano dovute al fatto che loro stessi per anni avevano ignorato la questione. A quel punto, gli insegnanti hanno condiviso il pensiero: «Non c’è altra scelta che stare vicino a queste persone fino alla fine» (Futami, 2017, p. 67).
A partire da queste nuove consapevolezze si è avviato un movimento educativo. La realizzazione di attività concrete è maturata attraverso l’ascolto dei pensieri e dei sentimenti dei genitori (Futami, 2017, pp. 78-79). A quel tempo, i desideri dei genitori in materia di scolarizzazione non erano costanti, poiché i bambini con disabilità non potevano frequentare non solo le scuole normali, ma in alcuni casi nemmeno le scuole speciali.
Inizialmente, molti genitori con figli impossibilitati a frequentare la scuola desideravano vedere lo sviluppo di istituti specializzati e scuole di sostegno. Gli insegnanti, come i genitori, ritenevano che la creazione di scuole per alunni con bisogni educativi speciali fosse necessaria per eliminare il sistema di esclusione dalla scuola per i bambini con disabilità.
A tal proposito, gli insegnanti e i genitori hanno avuto l’opportunità di ascoltare il vicepreside della scuola speciale di sostegno di Yosanoumi, che sosteneva la necessità di «creare una scuola per disabili aperta alla comunità» (Futami, 2017, p. 80).
Tuttavia, in quel momento storico i genitori non riuscivano a immaginare che i loro figli avrebbero potuto esercitare il diritto all’istruzione e gli insegnanti trovavano contraddittorio che la comunità fosse aperta agli alunni con bisogni speciali.
In altre parole, la scuola non era destinata a far crescere i bambini con disabilità nella comunità. Per questi motivi, né i genitori né gli insegnanti hanno accolto la proposta.
Tuttavia, dopo questo evento, il movimento dei genitori e quello degli insegnanti si sono influenzati a vicenda e si sono trasformati, smuovendo l’amministrazione della città. L’atteggiamento e la consapevolezza dei genitori dei bambini esonerati dalla frequenza scolastica sono cambiati notevolmente dopo la Conferenza del 20 novembre 1972 (Futami, 2017).
Durante la Riunione dei genitori dei bambini non iscritti a scuola, tenutasi quel giorno, i rappresentanti del sindacato degli insegnanti hanno avanzato la proposta di istituire una classe per bambini con disabilità complessa. I genitori presenti all’incontro esprimevano così le loro idee:
«Facciamo un movimento che valorizzi le persone più difficili che non possono nemmeno partecipare a questo incontro».
«Prima mi ero arreso, ma ora devo ancora sostenere questo movimento».
«I genitori dovrebbero visitare anche le famiglie con bambini disabili» (Futami, 2017, p. 91).
Le testimonianze documentano un cambiamento nella consapevolezza dei genitori che ha portato al rapido sviluppo di un movimento di rivendicazione.
Nella seconda tornata di negoziati con il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione, il 27 novembre, alla richiesta del sindacato degli insegnanti per l’istituzione di classi per bambini con disabilità complessa, l’amministrazione della città di Toyonaka aveva risposto che si sarebbe fatta carico della questione dei bambini la cui iscrizione era stata posticipata o esentata (Futami, 2017).
Nella terza indagine conoscitiva condotta nel gennaio 1973, non solo gli insegnanti, ma anche i membri dell’associazione dei genitori hanno accompagnato le visite a domicilio. Dal dialogo tra i genitori sono emersi vissuti simili, i veri sentimenti, che fino a quel momento era stato difficile condividere con gli insegnanti: «Perché mio figlio non dovrebbe andare a scuola nello stesso distretto degli altri bambini? La mia casa è una casa normale e non ci sono strutture speciali per i bambini disabili, non ci sono esperti. Abbiamo lavorato duramente per crescere i nostri figli da soli» (Futami, 2017, p. 91).
Dalle testimonianze si evince la maturazione della consapevolezza dei propri diritti e la volontà di sfidare il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione, incaricato di applicare le regole del sistema educativo:
«Partendo dal presupposto che i bambini frequentano le scuole del distretto scolastico, l’amministrazione dovrebbe emettere un avviso di frequenza scolastica».
«Le famiglie più in difficoltà dovrebbero essere supportate a loro volta».
«Non importa cosa si dice, porterò mio figlio alla scuola del distretto» (Futami, 2017, p. 91).
L’espressione del sentimento di rabbia contro il sistema educativo escludente, che fino a quel momento era stata messa a tacere, ha smosso il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione, la cui risposta, orientandosi verso l’educazione inclusiva, ha superato le regole del sistema educativo esistente: «Quando non è possibile stabilire una classe adatta per l’inserimento dei bambini, occorre garantire la loro iscrizione alla scuola del distretto scolastico» (Futami, 2017, p. 79).
I genitori, che inizialmente non credevano che i loro figli sarebbero andati a scuola, hanno superato i propri sentimenti di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità grazie a questo movimento.
In un crescente clima di contestazione e rivalsa, il 7 marzo, i genitori hanno pubblicato un opuscolo intitolato Va bene così?, per mostrare alla comunità la propria determinazione a ritirare le richieste di esenzione dalla frequenza scolastica e per manifestare la propria volontà a insistere sul diritto all’istruzione dei propri figli.
Un brano dell’opuscolo evidenzia la risolutezza dei genitori:
I bambini esonerati dal differimento dell’iscrizione scolastica non possono entrare nelle scuole perché non ci sono classi per bambini con gravi disabilità. Tuttavia, la realtà è che i genitori hanno presentato una domanda di esonero per grazia e chiedono il permesso. Per il momento, non dovremmo cercare di revocare l’esenzione dal differimento dell’iscrizione a scuola dei bambini, fare in modo che frequentino in una scuola regolare e far sì che ricevano un qualche tipo di istruzione in quella scuola?» (Futami, 2017, p. 80).
Il ruolo del sindacato degli insegnanti, le associazioni dei genitori e la creazione di un sistema di accoglienza diffusa
In concomitanza con l’ascesa del movimento dei genitori, gli insegnanti hanno anche chiarito la direzione del movimento. Il 7 marzo dello stesso anno, il Comitato per l’Educazione dei Bambini Disabili all’interno del sindacato degli insegnanti ha presentato tre richieste a tutti i sottocomitati:
- sostenere la restituzione delle richieste di rinvio della frequenza scolastica;
- considerare come garantire il loro diritto all’istruzione in ogni scuola del distretto scolastico;
- richiedere alla città di accogliere i bambini con disabilità complesse (Futami, 2017, p. 93).
Nello stesso momento in cui i genitori hanno iniziato ad affrontare le loro paure e a difendere il diritto dei figli con disabilità a ricevere un’istruzione insieme ai bambini a sviluppo neurotipico, anche gli insegnanti e il personale scolastico hanno deciso di andare oltre il sistema accettando i bambini con disabilità nei loro distretti. Infine, il 9 e 10 marzo, 20 genitori hanno restituito al Comune le loro richieste di esenzione o di differimento dell’iscrizione scolastica. A quel punto, il rappresentante dell’associazione dei genitori e il personale scolastico «hanno manifestato davanti al municipio» (Futami, 2017, p. 97).
Tuttavia, per molto tempo, anche nella città di Toyonaka, la questione dei bambini con disabilità è stata considerata un problema che doveva essere affrontato dalla Divisione dei Cittadini, non dal Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione. Inoltre, a causa della politica di istruzione segregata e dei relativi regolamenti, il governo locale non era in grado di fornire il budget necessario per l’istruzione dei bambini con bisogni educativi speciali. Di conseguenza, l’ambiente umano e quello materiale necessari per i bambini sono stati a lungo carenti.
In risposta a questo movimento, il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione, che aveva preso in considerazione la possibilità di eliminare i rinvii e le esenzioni scolastiche, ha deciso all’inizio di marzo di istituire quattro classi per gli alunni con disabilità fisica presso la scuola primaria di Shimada. Tuttavia, il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione ha dichiarato: «Non possiamo fare di più per il prossimo anno scolastico. Vi preghiamo di perdonarci. Le classi rimanenti saranno istituite nel successivo anno scolastico» (Futami, 2017, p. 97).
A causa delle risposte insoddisfacenti, il movimento degli insegnanti e dei genitori ha deciso di interrompere le trattative con il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione, affinché l’ente si impegnasse a dare loro la possibilità di negoziare con il Dipartimento del Sindaco. Sono state così richieste «garanzie perché i bambini possano andare a scuola nella zona residenziale e tutti i bambini possano essere iscritti a scuola» (Futami, 2017, p. 97).
Alle trattative con il Dipartimento del Sindaco del 17 marzo hanno partecipato non solo il sindacato degli insegnanti e l’Associazione dei Genitori dei Bambini Esonerati dalla Scuola, ma anche membri dell’Associazione dei Genitori dei Bambini Fisicamente Disabili e responsabili politici. Infine, durante le trattative di quel giorno, la città ha espresso la sua intenzione di risolvere la questione.
L’esito del confronto è riassumibile in alcune affermazioni delle autorità locali:
«Ci dispiace che finora ci siamo affidati alla Divisione Cittadini per questo problema. D’ora in poi, il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione si assumerà la responsabilità e lavorerà attivamente su questo tema» (Sig. Kitahara, Direttore dell’Istruzione); «Consideriamo questo problema come una priorità assoluta e ci impegneremo a risolverlo con il budget esistente» (Vicesindaco Shimomura). Di conseguenza, durante la seduta plenaria del Consiglio Comunale del 20 marzo, il sindaco ha dichiarato che «Compiremo notevoli sforzi sul fronte del bilancio» (Futami, 2017, p. 99).
Come già indicato, la determinazione del corpo docente non si è fatta attendere. I documenti attestano che il sindacato degli insegnanti ha deciso di «creare un sistema per accogliere i bambini disabili in ogni scuola». Inoltre, in occasione della riunione del Comitato dei delegati del 20 marzo, è stato deciso che il sindacato «avrebbe discusso concretamente come ogni membro del personale dovrebbe essere coinvolto con i bambini disabili» (Futami, 2017, p. 99). Ma il 24 marzo il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione si è limitato a rispondere: «I bambini disabili saranno riuniti in un’unica scuola. È impossibile garantire l’iscrizione di tutti i bambini disabili. Non pensiamo alla formazione medica per i bambini disabili. Ma garantiremo il trasporto a scuola» (Futami, 2017, p. 99).
Pertanto, l’associazione dei genitori si è unita e ha espresso la seguente opinione: «Se la città di Toyonaka non garantisce l’iscrizione a scuola di tutti i bambini disabili e non crea un numero sufficiente di classi di sostegno, ci rifiutiamo di iscrivere i nostri figli alle scuole designate e frequenteranno le scuole del nostro distretto scolastico ogni volta che è possibile» (Futami, 2017, p. 100).
Diciassette dei venticinque membri hanno deciso quindi di attivarsi per iscrivere i loro figli a una scuola del loro distretto scolastico, indipendentemente dal fatto che venissero ammessi o meno. In questo momento, la solidarietà dell’associazione dei genitori si è rafforzata (Futami, 2017).
All’epoca, gli insegnanti avevano già dei dubbi sull’istituzione di classi per alunni con disabilità al di fuori del distretto scolastico. Tuttavia, era chiaro che ad alcuni bambini non sarebbe stata garantita la scolarizzazione perché le scuole pubbliche non avevano le condizioni ambientali educative necessarie. Occorreva inoltre evitare di interrompere l’unità dei genitori. Pertanto, come compromesso, alla città di Toyonaka è stata chiesta l’istituzione di una classe decentrata (Futami, 2017).
Nel frattempo, gli insegnanti si sono preparati ad accogliere i bambini nelle scuole del distretto, nel caso in cui la risposta finale del Consiglio Comunale fosse stata quella di non poter garantire l’iscrizione a tutti i bambini con disabilità.
È stato stabilito sistematicamente che il sindacato avrebbe lavorato per creare una scuola pubblica alla quale iscrivere tutti i bambini: «Ogni scuola deve essere pronta ad accogliere i bambini disabili» (Futami, 2017, p. 100). In altre parole, quando i genitori hanno deciso di mandare i propri figli nelle scuole del distretto, indipendentemente dalla notifica, anche gli insegnanti hanno deciso di trascendere il sistema e di accettare tutti i bambini come loro studenti.
Istituzione della Classe HIROGARI (classe diffusa): vivere e imparare insieme
L’avvio di un siffatto cambiamento dell’organizzazione delle istituzioni scolastiche ha incontrato molteplici difficoltà riassumibili nelle affermazioni del sindacato degli insegnanti di Toyonaka: «Purtroppo, l’iscrizione dei bambini con disabilità nelle scuole del distretto non è stata pienamente realizzata», ma l’approvazione della città ha soddisfatto ampiamente le richieste dell’associazione dei genitori e del sindacato degli insegnanti.
Ha rappresentato una pietra miliare, considerando la competenza dell’amministrazione e del sindacato dell’epoca. Infine, nelle trattative con la città del 31 marzo, è stato promesso di garantire l’ammissione a scuola di tutti i bambini con disabilità e di istituire classi per alunni con condizioni complesse in tre scuole. Nell’accordo negoziale è stato specificato quanto segue:
- tutti i bambini con disabilità devono poter essere iscritti a scuola;
- i bambini non devono essere selezionati in base al grado di disabilità;
- le questioni concrete devono essere decise consultando i sindacati degli insegnanti e i genitori;
- occorre assicurare che i bambini con disabilità che hanno superato l’età della scuola obbligatoria, che fino a quel momento erano stati esclusi dalla scuola, siano iscritti alle classi;
- nel caso di bambini con disabilità complesse, nell’improbabile evenienza di un’emergenza, il personale può trasportare ed evacuare fino a 2 bambini. Pertanto, è stato richiesto di assicurare un rapporto di 2 membri del personale per 1 bambino con disabilità.
Alla fine, sono state create 11 classi per 34 bambini (in realtà il numero di bambini è leggermente diminuito a causa di assenze prolungate, ecc.). È stata così istituita la classe Hirogari, che significa classe diffusa, per gli alunni con disabilità complesse. Nell’anno successivo, il 1974, 20 delle 33 scuole della città e 6 delle 12 scuole secondarie di primo grado avevano istituito classi per bambini con disabilità (Futami, 2017).
Subito dopo l’avvio della classe Hirogari sono emerse le prime difficoltà attuative, che hanno dato luogo a un conflitto tra la sede della scuola e i dirigenti del sindacato degli insegnanti.
Le testimonianze hanno chiarito le cause dell’opposizione degli insegnanti: «Perché un sindacato che dovrebbe combattere il sovraccarico di lavoro degli insegnanti dovrebbe unirsi al Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione e imporre i lavori forzati agli insegnanti?».
In risposta, un alto funzionario del sindacato degli insegnanti ha dichiarato: «Spetta ai bambini e ai loro genitori decidere a quale scuola iscriversi, ed è sbagliato che le sedi scolastiche rifiutino di accettare bambini disabili».
È stato così stabilito che il sindacato degli insegnanti avrebbe negoziato con il Consiglio Scolastico Comunale dell’Istruzione l’incremento del personale e il miglioramento delle strutture. Di conseguenza, «il miglioramento delle condizioni di accettazione dei bambini gravemente disabili» è stato discusso nella successiva riunione del personale (Yamaguchi, 2011, p. 66).
Shuntoku Yamamoto, responsabile della classe Hirogari inaugurata nella scuola primaria T, ha descritto la situazione della scuola in quel periodo, affermando che molti insegnanti erano fortemente influenzati dalla Teoria dello Sviluppo della Sicurezza e ritenevano che i bambini con disabilità dovessero essere inseriti in scuole speciali con specialisti ben qualificati. Di conseguenza, non c’era un insegnante che si occupasse della classe Hirogari. Per questo motivo, sono stati assunti i nuovi insegnanti e alcuni si sono trasferiti da altre giurisdizioni.
L’esperienza della classe Hirogari è stata avviata senza collaborazione all’interno della scuola e in uno stato di isolamento. In queste condizioni, i responsabili della classe Hirogari hanno ritenuto che il primo compito fosse quello di mettere in contatto i bambini con disabilità con gli alunni e gli insegnanti delle altre classi, e lo hanno messo in pratica. Gli insegnanti hanno anche consigliato ai genitori dei bambini con disabilità di creare rapporti con le famiglie degli altri alunni. Inoltre, i docenti della classe Hirogari hanno partecipato attivamente alle attività della collettività e, gradualmente, questi alunni sono stati compresi meglio dalla comunità.
Sebbene ci fossero opinioni contrastanti all’interno della scuola, la priorità era quella di mettere in relazione gli alunni con disabilità con la comunità. I docenti si sono rifiutati di applicare le regole del sistema che prevalevano tra gli operatori, ovvero l’affidamento degli alunni con disabilità a professionisti in scuole segregate. È stata quindi sviluppata una pratica educativa progettata per divenire un catalizzatore per i bambini con disabilità e per coloro che li circondano.
Gli insegnanti hanno cercato di perseguire l’obiettivo di rendere la presenza di tali alunni a scuola un paesaggio normale. Yamamoto e colleghi hanno anche creato e distribuito un diario di classe basato sul tema vivere insieme e imparare insieme per cambiare la mentalità dei genitori e degli altri insegnanti (Futami, 2017).
Dialoghi e nuove prospettive sull’inclusione
L’indagine, avviata da alcuni interrogativi sull’origine e il significato delle politiche scolastiche e sociali a sostegno dell’inclusione in Italia e in Giappone, ha portato alla luce alcuni nuclei tematici oggetto di interesse della Pedagogia Speciale. Lo studio, infatti, attraverso l’analisi di documenti e testimonianze dei protagonisti, ha permesso di evidenziare il ruolo assunto in Giappone dai movimenti educativi e sociopolitici nell’avvio dei percorsi di inclusione.
Dai materiali analizzati è emerso un processo che, a partire dagli anni Settanta del ventesimo secolo, ha coinvolto i genitori e i sindacati degli insegnanti nella lotta per l’emancipazione delle persone con disabilità. L’impegno e la determinazione di insegnanti e famiglie hanno affermato il valore dell’educazione contro le consuetudini dell’esclusione scolastica e del rinvio dell’iscrizione, avviando il superamento delle rappresentazioni medicalizzanti della disabilità.
La peculiare esperienza maturata a Toyonaka si è sviluppata grazie a un lavoro reticolare che ha gradualmente condotto gli insegnanti a un’assunzione della responsabilità educativa e della coscientizzazione civile.
Infatti, il movimento per l’istituzione di classi Hirogari, da un lato, ha avuto un grande impatto sull’istruzione dei bambini con disabilità nella città di Toyonaka; dall’altro, ha dato luogo a una revisione dell’organizzazione interna del sindacato degli insegnanti.
L’educazione degli alunni, fino ad allora esclusi, è stata definita e assunta come responsabilità di tutti i membri dell’istituzione scolastica, non solo dell’insegnante della classe. In tal senso, spostando l’attenzione pedagogico-didattica dalle necessità di cura del singolo alunno interessato da disabilità, gli insegnanti hanno ampliato il proprio agire coinvolgendo l’intera organizzazione scolastica e la società civile. Grazie a questo movimento, gli insegnanti, i genitori e i funzionari comunali hanno preso coscienza della necessità di abbattere le barriere della discriminazione della disabilità al loro interno.
L’istituzione della classe Hirogari, promuovendo pratiche di educazione inclusiva, ha suscitato negli stessi bambini il desiderio di essere inseriti in classi normali. L’esperienza della città di Toyonaka, supportando il bisogno di normalità espresso dagli alunni e dalle loro famiglie, ha favorito lo sviluppo di dinamiche scolastiche democratiche e solidali capaci di stimolare il cambiamento di prospettiva della comunità.
Sebbene gli iniziali interrogativi emersi nel dialogo tra ricercatori sui processi di inclusione maturati in Italia e Giappone abbiano fatto emergere esperienze storico-culturali estremamente diverse, nella valorizzazione delle reciproche differenze sono rinvenibili alcuni temi comuni, fondanti i processi di inclusione.
In primo luogo, emergono la determinazione e l’impegno profuso dalle associazioni dei genitori in azioni rivendicative, capaci di avviare processi di avanzamento sociale e di democratizzazione nazionale. È altresì interessante osservare come il diritto all’inclusione degli alunni con disabilità sia stato percepito dagli insegnanti come evento sfidante, propulsore di molteplici cambiamenti organizzativi e didattici. Il riconoscimento e l’accoglienza degli alunni con disabilità hanno infatti avviato pratiche di collegialità e di corresponsabilità educativa, che hanno innovato la progettazione didattica, e fatto sì che l’inclusione divenisse propulsore di processi professionali e culturali trasformativi.
Un ulteriore elemento fondante i processi inclusivi è ravvisabile nella partnership educativa tra scuola e famiglia. Si tratta di un aspetto che, oltre a individuare nei genitori degli alunni con disabilità degli interlocutori privilegiati con i quali condividere le progettualità educative e didattiche, consente di creare un ambiente di cura e di sostegno reciproci.
Il confronto internazionale si rivela una fucina di idee che anima il dibattito scientifico ed esorta a riflettere sul senso e il significato dei convincimenti, delle incertezze, delle consapevolezze e delle contraddizioni che caratterizzano le differenti realtà culturali. Al contempo, è un foglio bianco sul quale tratteggiare nuove traiettorie di studio volte a individuare nuove possibilità di sviluppo civile, culturale ed etico.
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1 L’articolo è frutto del lavoro congiunto degli autori. In particolare il paragrafo 1 è stato elaborato da Mura, Tatulli, Zurru; Taeko Futami è autore delle sezioni 2, 3, 4, 5 e 6; la sezione 7 può essere attribuita a tutti gli autori in egual misura.
2 Università Prefettizia di Fukuoka.
3 Università di Cagliari.
4 The entire article is the joint work of the authors. In particular, paragraph 1 is attributed to Mura, Tatulli, Zurru; Taeko Futami is the author of the sections 2-3-4-5-6, section 7 should be attributed equally to all authors.
5 University of Fukuoka.
6 University of Cagliari.
Vol. 22, Issue 3, September 2023