Vol. 21, n. 2, maggio 2022 — pp. 155-157

Rubrica

Recensione

Folgheraiter F. (2021), Orsola, Trento, Il Margine, pp. 896.

Non si spaventi chi legge il numero di pagine di questo romanzo-saggio. Non si annoierà, anzi: sarà sorpreso e si divertirà. Quando avrà finito di leggere questo grosso volume, potrebbe rammaricarsi di averlo finito di leggere. Non smetterà di riflettere. Lo consigliamo senza raccontarne la trama. Sarebbe come rivelare un giallo recensendolo.

È un libro di metamorfosi e contaminazioni. Queste ultime permettono all’autore di intrecciare continuamente la libertà narrativa e i vincoli dello scritto scientifico. Per questa commistione l’autore si avvale di un espediente: il redattore. Il libro è annotato da un giovane redattore che avrebbe il compito di fornire collegamenti con fonti autorevoli, precisazioni filologiche, prospettiva di approfondimenti. E l’espediente produce una continua autoironia nei confronti delle consuetudini e dei vezzi accademici.

Le sorprese vengono dalle metamorfosi. Chi si impegna nell’educazione inclusiva potrà divertirsi e riflettere su cambiamenti inattesi, accompagnati da un disegno che sviluppa le relazioni d’aiuto in campi, e in boschi, che sorprenderanno come sempre dovrebbero sorprendere le dinamiche vitali e di conseguenza evolutive dell’educazione inclusiva.

Sembra che l’autore voglia dirci che la realtà è un continuo laboratorio. Questo fa nascere anche l’autoironia già segnalata. A volte l’accademico ritiene che il laboratorio, il suo, sia la realtà. Orsola, con le sue metamorfosi, fa emergere aiuti dalla realtà. Altre sorprese per chi legge. Leggerà con la curiosità di vedere come va a finire, ma intanto rifletterà.

Potrà scoprire alcune delle ragioni che ci hanno spinto a segnalare ai lettori di questa rivista il libro di cui parliamo. La prospettiva inclusiva è ecosistemica. Un ecosistema è tale allargandosi e non disperde energia. Al contrario: ne guadagna. Ma non deve accontentarsi di stare alle regole già stabilite. Questo significa che, incontrando una situazione critica, incontra problemi ma anche nuove informazioni, nuove risorse, nuovi agenti positivi. Intreccia continuamente elementi già dati — norme, metodi, risultati di ricerche scientifiche — con nuove tracce di una storia che è sia alle nostre spalle che davanti a noi, esploratori di futuro. Ed è significativo che in questa esplorazione chi legge incontrerà un anziano montanaro che parla in dialetto. Da lui impara, eclissando i gerghi accademici e scientifici.

Romanzo-saggio e non romanzo di fantascienza. Il genere fantascientifico crea una scienza di pura fantasia. Orsola, anche grazie al redattore di cui abbiamo parlato, collega e intreccia il romanzo a elementi di scienza reale. Il redattore potrebbe annotare, e Orsola crediamo approverebbe: Franco Fornari (Il minotauro. Psicoanalisi dell’ideologia, Milano, Rizzoli, 1977) ha utilizzato questa espressione analizzando le trascrizioni delle discussioni dei consigli di classe e ha visto come qualche volta — e anche sovente — la dimensione coinemica possa prendere il sopravvento. È interessante che ci sia la dimensione coinemica; è però anche importante che un operatore sappia ogni tanto trovare il modo di far presente al soggetto che non è l’unica dimensione di una struttura di relazioni e vi sono anche degli elementi sostanziali. Quante volte i soggetti e le persone che li accompagnano, che possono essere anche i familiari, sono più impressionati dai modi che dalle sostanze! Ed effettivamente molte volte i servizi lasciano a desiderare in quanto a dimensione coinemica, per riprendere questa espressione che a volte si può tradurre in simpatia/antipatia, in modi di fare che non sono fatti per far capire all’altro quanto ci si interessi alla sua situazione.

Vorremmo parlare di etica della conoscenza, e vi è la necessità di sviluppare questa che chiamiamo etica della conoscenza, attraverso una linea di tendenza che non può essere applicata solo ai casi di cui possiamo prevedere l’evoluzione. Dovremmo applicarla a tutti i casi, dovremmo viverla con tutti coloro che hanno una condizione di sofferenza che dura nel tempo, anche ritenuta grave. La linea della conoscenza è una linea evolutiva come tutte le conoscenze, ha una dinamica e permette di immaginare una sequenza che non può essere certamente applicata per tutti allo stesso modo. Ma è lo schema di riferimento. Crediamo che sia necessario avere uno schema di riferimento per quello che riguarda il nostro comportamento individuale e sociale, basato sul fatto che chi vive una sofferenza ha bisogno di conoscerla anche attraverso gli altri. Ma questa conoscenza esperienziale — nel senso che il soggetto vive la propria vita — deve diventare anche conoscenza intellettuale, cioè capace di essere rappresentata, simbolizzata e quindi di avere delle elaborazioni culturali.

Orsola guida chi legge la sua storia in un terreno inesplorato. Le siamo grati per quello che ci ha fatto scoprire.

Andrea Canevaro

 

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