Vol. 20, n. 3, settembre 2021 — pp. 130-147

Rubrica

Review internazionale

I progressi e i risultati di apprendimento degli alunni con disabilità in contesti inclusivi

Introduzione

I contenuti di questa rassegna si pongono in continuità con quanto affrontato nelle due precedenti rubriche. Nella prima review è stata presentata una sintesi sullo stato della ricerca e delle statistiche internazionali sulla disabilità, ponendo particolare attenzione alla disabilità grave e multipla, un’area di ricerca e rilevazione maggiormente trascurata (Dell’Anna, 2021b). Nella successiva rubrica sono stati discussi tre aspetti fondamentali per la rilevazione dei dati sulla disabilità: in primo luogo, la definizione, interpretazione e descrizione funzionale della disabilità, e le relative criticità dovute ai molteplici approcci e visioni; in secondo luogo, la quantificazione dei bisogni degli alunni con disabilità e le questioni in merito all’uso di strumenti standardizzati, che restituiscano dati comparabili a livello nazionale e internazionale; infine, il monitoraggio delle esperienze e l’importanza di dare voce agli alunni con disabilità (Dell’Anna, 2021c). Questo terzo lavoro prosegue il discorso focalizzando l’interesse sulla rilevazione dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità in contesto inclusivo. All’interno di questo discorso, risulta necessario chiarire, prima di tutto, quali aspetti rientrano tra gli outcomes rilevanti per questa porzione di popolazione.

Si riassumerà brevemente lo stato della ricerca e delle statistiche internazionali e nazionali sulla disabilità, analizzando quali tipologie di outcomes sono stati studiati e con quali modalità (es. test standardizzati sugli apprendimenti). Infine, si nomineranno alcuni strumenti utilizzati per la raccolta di dati standardizzati e si rifletterà sulle criticità metodologiche relative a questa specifica area di rilevazione.

I progressi e i risultati di apprendimento degli alunni con disabilità

Per affrontare il tema della valutazione dei progressi e dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità è necessario chiedersi che cosa si intenda con questa espressione. Dobbiamo, innanzitutto, distinguere i progressi dai soli risultati. Il termine progresso pone l’attenzione sul percorso che dalla fase iniziale — definita sulla base del profilo di funzionamento dello studente, della quantificazione dei sostegni e della progettazione educativa e didattica — conduce alla fase finale della valutazione dei risultati. Se si considera il progresso, si analizza il percorso, il cambiamento, e lo si mette in relazione con quanto ipotizzato in fase di progettazione. Al contrario, la rilevazione dei risultati considera esclusivamente il punto di arrivo che, negli studi su larga scala, viene generalmente analizzato sulla base di standard nazionali di apprendimento o di un confronto interindividuale. Per gli alunni con disabilità il percorso di apprendimento è individuale e specifico, in termini di profilo iniziale, di obiettivi e di progressi. Di conseguenza, la sola comparazione interindividuale dei risultati nella maggior parte dei casi risulta riduttiva e poco rilevante, specialmente quando si considerano alunni con disabilità intellettiva.

Sappiamo molto poco dei progressi e dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità in contesti inclusivi. Sia l’ambito della ricerca che quello della valutazione nazionale dei singoli Paesi e comparativa a livello internazionale tendono a trascurare questo aspetto (Dell’Anna, 2021a). In alcuni casi gli studi esistenti comparano i risultati di apprendimento di alunni inseriti nel sistema di istruzione generale e alunni che frequentano scuole o classi speciali (Krämer, Möller e Zimmermann, 2021; Dell’Anna et al., 2020; Oh-Young e Filler, 2015). I risultati sono moderatamente a favore dei contesti inclusivi ma servirebbero ulteriori dati per rafforzare, anche dal punto di vista empirico, le politiche che promuovono un sistema scolastico unificato per tutti gli alunni.

Osservando globalmente la ricerca internazionale, possiamo notare alcune tendenze nella scelta degli outcomes. Le meta analisi e systematic review più recenti comprendono molteplici categorie di disabilità e bisogni educativi speciali. La meta analisi di Krämer, Möller e Zimmermann (2021) si focalizza sugli alunni con difficoltà di apprendimento generiche, con funzionamento intellettivo limite e con disabilità intellettiva di grado lieve. All’interno della categoria dei risultati cognitivi, lo studio considera la performance nelle aree di apprendimento previste dal curricolo. Tra i risultati psico-sociali vi sono il concetto di sé la partecipazione sociale, l’ansia e il benessere generale dell’alunno. In una recente sintesi di ricerca realizzata da me e da alcuni colleghi sugli alunni con disabilità intellettiva di grado medio o grave, in alcuni casi correlata ad altre tipologie di disabilità, abbiamo individuato simili tipologie di outcomes, a cui però si sono aggiunti aspetti relativi al comportamento (es. comportamenti sfidanti o stereotipie) e ad altre competenze adattive, come la comunicazione o la mobilità (Dell’Anna et al., 2020). La meta analisi di Oh-Young e Filler (2015), invece, parla genericamente della categoria disabilità e si focalizza su apprendimenti curricolari e sociali, anche in questo caso propendendo per i contesti inclusivi.

La letteratura teorica sull’inclusione scolastica considera rilevanti obiettivi relativi all’apprendimento, alla partecipazione sociale1 e al benessere individuale di tutti gli alunni (Ainscow, 2020; UN, 2006). Sono quindi molteplici gli aspetti che potrebbero essere rilevanti ai fini della valutazione. Nel percorso scolastico degli alunni con disabilità, oltre ai progressi curricolari, risultano significativi aspetti relativi alle competenze socio-relazionali e ad altre competenze per la vita adulta. Appare, peraltro, necessario considerare i risultati di apprendimento in stretta relazione con gli obiettivi previsti dal Piano Educativo Individualizzato. Di conseguenza, la rilevazione delle competenze nei differenti ambiti deve essere altamente personalizzata sulla base del profilo di funzionamento del singolo studente e delle sue potenzialità. Ad esempio, ai fini dell’aggiornamento costante del profilo di funzionamento dello studente, potrebbe essere necessario monitorare regolarmente gli eventuali cambiamenti nel profilo di funzionamento in una o più aree tra quelle considerate in fase di certificazione e assessment iniziale (es. Canino et al., 2013). Oppure sapere se il percorso scolastico annuale ha portato dei miglioramenti nella comunicazione (es. Karvonen e Clark, 2019) o nella frequenza e qualità delle interazioni con i pari, durante le attività scolastiche e al di fuori (es. Zurbriggen, Venetz e Hinni, 2018; Nijs et al., 2016; Maciver et al., 2019; Vaz et al., 2015). Oppure, verificare se vi sia stato un miglioramento generale nella qualità della vita, come il benessere emotivo, materiale e fisico (es. Van Hecke et al., 2017). O ancora, se si sia ridotta la frequenza con cui si manifestano comportamenti problematici (Becherer, Köller e Zimmermann, 2021). Infine, in prospettiva longitudinale, risulta necessario rilevare gli esiti sul medio e lungo termine, come ad esempio la partecipazione a percorsi di istruzione terziaria, la capacità di vivere in autonomia o l’inserimento lavorativo in età adulta (Newman et al., 2011; Mazzotti et al., 2016; Rojewski, Lee e Gregg, 2013; Taylor et al., 2020).

Riassumendo, la valutazione dei progressi e degli esiti degli alunni con disabilità può comprendere aree appartenenti agli obiettivi curricolari dell’anno di frequenza, o essere riferito a obiettivi differenti all’interno delle stesse aree (es. competenze di base nella letto-scrittura), o ancora comprendere aree che non sono normalmente inserite all’interno degli obiettivi curricolari annuali (es. comunicazione, mobilità, socializzazione) e che possono estendersi al di fuori del percorso scolastico (es. partecipazione nell’extra scuola, esiti nel post scuola e nella vita adulta).

La valutazione comparativa, nazionale e delle scuole dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità

Possiamo distinguere tre tipologie di valutazione degli outcomes degli studenti: rilevazioni internazionali comparative (es. PISA), rilevazioni nazionali (es. Invalsi), e valutazioni formative e sommative condotte dagli insegnanti all’interno delle loro classi. A differenza delle prime due tipologie di valutazione, la terza generalmente non prevede il ricorso a strumenti standardizzati e modalità rigorose di rilevazione, ma è affidata alle scelte degli insegnanti.

In questo paragrafo si considereranno alcune esperienze di valutazione dei progressi e dei risultati di apprendimento condotte a livello internazionale, nazionale e di singole scuole.

Partiamo dalla prima tipologia di valutazione, quella internazionale e comparativa, finalizzata a confrontare i risultati di apprendimento nelle principali aree curricolari (es. competenze matematiche e nella lingua di insegnamento). I più noti sono gli studi PISA, condotti dall’OECD. Nonostante i tentativi di mettere a disposizione adattamenti, promuovere modalità alternative e strumenti aggiuntivi, di fatto molteplici categorie di alunni continuano ad essere esclusi da queste rilevazioni: non solo alunni con disabilità intellettiva o con grave disabilità, ma anche alunni con limitate competenze nella lingua di insegnamento. All’interno delle singole scuole incluse nel campione oggetto di rilevazione, la percentuale di esclusione si attesta attorno al 2% (Smith e Douglas, 2014). Tale percentuale varia da Paese a Paese, ma ciò dipende da due principali fattori a livello nazionale: la percentuale di alunni che rientrano nella categoria SEND (Special Educational Needs and Disability) e la percentuale di alunni SEND che frequentano la scuola speciale. Dal momento che la percentuale di alunni che ricadono nella categoria SEND varia notevolmente da Paese a Paese, così come la relativa percentuale di alunni SEND che frequenta il sistema di istruzione generale (vedi ad esempio EASNIE, 2020), i dati raccolti dai test PISA escludono di fatto non solo porzioni differenti di popolazione scolastica ma anche tipologie di bisogni diverse (es. alcuni Paesi potrebbero escludere porzioni maggiori di alunni con difficoltà di apprendimento, di recente immigrazione o appartenenti a minoranze). Inoltre, la percentuale di esclusione può risultare bassa solo in apparenza, poiché un’altra modalità con cui questa minoranza di alunni viene esclusa dal campione è quella di non comprendere le piccole scuole o le scuole che si trovano in aree remote e, tra queste, in molti Paesi vi sono appunto le scuole speciali (Smith e Douglas, 2014). Ne deriva una mancanza di dati su questi studenti e l’impossibilità di verificare se il sistema garantisca il raggiungimento di adeguati risultati di apprendimento in questa porzione di popolazione.

Per quanto riguarda, invece, le scelte nazionali in merito alla rilevazione dei progressi e dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità, si farà riferimento, in questa sede, ad alcuni studi comparati sulle politiche nazionali condotti su questo tema (Douglas et al., 2016; Douglas et al., 2012; Pepper, 2007) e ad alcuni studi nazionali in merito a singole rilevazioni (es. van der Strateen et al., 2021; Cox e Marshall, 2020; Schnepel et al. 2020). Lo studio di Pepper (2007) ha messo a confronto le politiche di 25 Paesi, basandosi su un sondaggio condotto all’interno dei network di Eurydice e INCA e su una sintesi della letteratura. Tra le tipologie di adattamento vengono analizzate modifiche nella modalità di presentazione del test (es. versione braille, lingua dei segni o con lettura ad alta voce), alla modalità di risposta (es. attraverso gesti e segni), ai tempi e al luogo di svolgimento. La maggior parte dei Paesi presi in esame prevedeva il ricorso a una o più forme di adattamento. Alcuni tra i Paesi analizzati, tra cui l’Italia, tendono a delegare la valutazione degli alunni con disabilità ai singoli insegnanti e consentono di esentare tali alunni dalle rilevazioni nazionali (Pepper, 2007). In una review condotta da Douglas et al. (2012) sui progressi e i risultati di apprendimento degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali vengono individuate due principali aree oggetto di valutazione: aree legate ai traguardi di apprendimento previsti dal curricolo (es. literacy e abilità di calcolo) e aree più ampie attorno al curricolo, come ad esempio il benessere, la socializzazione e l’autonomia. Lo studio si basa su un’analisi delle politiche di molteplici Paesi di lingua inglese: Irlanda, Australia, Inghilterra, Scozia e Stati Uniti. Gli autori hanno incluso studi su larga scala a livello nazionale, sondaggi e censimenti. Per quanto riguarda la valutazione degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, hanno preso in considerazione gli eventuali adattamenti applicati alle tradizionali modalità di rilevazione, così come modalità alternative o aggiuntive di valutazione. Lo stesso team di ricerca, più di recente, ha messo a confronto le politiche di tre Paesi (Inghilterra, Irlanda e Stati Uniti) in merito alle rilevazioni nazionali dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali (Douglas et al., 2016). Dalle analisi si deduce che non tutti i Paesi presi in esame applicano modalità di valutazione standardizzata, a livello nazionale o regionale, per gli alunni con disabilità o altri bisogni educativi speciali. Nei Paesi che le prevedono, come ad esempio la Scozia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, si notano molteplici differenze nelle scelte: in alcuni casi vengono istituiti studi paralleli dedicati a questa minoranza di studenti, e appositamente pensati per loro, mentre in altri si promuovono adattamenti, modifiche ed estensioni all’interno delle tradizionali modalità di rilevazione al fine di includere tutti gli alunni nei dati nazionali. Tuttavia, anche laddove vengano condotte rilevazioni sull’intero universo di studenti, l’analisi dei dati disaggregati può comportare notevoli criticità: ad esempio, i dati relativi a questa categoria spesso non vengono resi disponibili o non sono possibili analisi riferite a sottocategorie. Infine, non sempre l’oggetto della valutazione è sufficientemente ampio da comprendere gli aspetti realmente rilevanti per questi alunni e spesso, per gli obiettivi curricolari, si rimane ancorati a standard predefiniti piuttosto che monitorare i progressi individuali dei singoli alunni. Particolarmente interessante risulta lo studio longitudinale condotto negli Stati Uniti sulle persone con disabilità (NLTS2, Newman et al., 2011), sia per la varietà di aree prese in considerazione sia per la capacità di considerare l’evoluzione delle persone con disabilità, dall’esperienza scolastica all’età adulta.

A titolo d’esempio, si citano altri tre studi longitudinali, condotti in Scozia (Cox e Marshall, 2020), Olanda (van der Strateen et al., 2021) e Svizzera (Schnepel et al., 2020). Nello studio di Cox e Marshall (2020) si confrontano i dati sugli alunni con disabilità riferiti a tre annualità (1991, 2001 e 2011) relativi alla partecipazione in percorsi di istruzione secondaria, al raggiungimento di obiettivi di apprendimento e all’ottenimento di titoli di studio. Un aspetto interessante di questo studio risiede nella possibilità di disaggregare i dati in relazione alle principali categorie di disabilità (es. disabilità visiva, disabilità uditiva, disabilità intellettiva, disabilità fisica, ecc.). È, inoltre, possibile mettere in relazione i risultati di apprendimento con molteplici fattori individuali, tra cui la tipologia di disabilità e il background socio-economico. Lo studio di van der Strateen et al. (2021), invece, si focalizza esclusivamente sugli alunni con disabilità uditiva e verifica, ad esempio, la probabilità che frequentino contesti separati o integrati, e di raggiungere risultati di apprendimento in linea con quelli dei pari. Inoltre, lo studio include alcune variabili di background, come ad esempio l’aver appreso la lingua di insegnamento come seconda lingua, il livello di istruzione e di reddito dei genitori. Infine, lo studio longitudinale di Schnepel et al. (2020) rileva i progressi nell’area matematica di un campione di alunni con disabilità intellettiva. Lo studio mostra l’importanza di valutare i progressi tenendo conto del livello di partenza di ciascuno studente, un aspetto che sembra giocare un ruolo più importante rispetto al QI. Gli studi longitudinali, oltre ad essere interessanti per il tipo di analisi che consentono di condurre, sono in grado di mettere in evidenza eventuali questioni sistemiche (es. risultati di apprendimento variabili a seconda del contesto, diagnosi errata di disabilità intellettiva in alunni con background migratorio) o di individuare porzioni di popolazione particolarmente a rischio anche all’interno di una stessa categoria di disabilità (es. con background migratorio, in condizione di svantaggio socio-economico), e possono offrire indicazioni concrete per migliorare l’efficacia delle pratiche didattiche e valutative.

Veniamo ora all’ultima tipologia di valutazione, quella che viene affidata alle scuole e delegata agli insegnanti e che, per molti di loro, rappresenta un incarico complesso da affrontare e spesso poco normato. In molti Paesi non esistono chiare linee guida su come effettuare la valutazione al di fuori dei parametri curricolari nazionali. Uno studio condotto su un campione di insegnanti britannici ha rivelato molteplici sfide e preoccupazioni, ad esempio in merito all’acquisizione di competenze «atipiche», come il riconoscimento delle emozioni o la riduzione dei comportamenti ripetitivi e stereotipati per gli alunni con disturbi dello spettro autistico, o la capacità di generalizzare alcune competenze fondamentali, come ad esempio le competenze socio-relazionali, a contesti extrascolastici (Howell, Langdon e Bradshaw, 2020). Inoltre, poiché i processi di apprendimento di questi alunni possono seguire traiettorie atipiche, per molti insegnanti risulta difficile comprendere quando e se l’alunno ha realmente interiorizzato una nuova competenza o se semplicemente sta imitando quanto osservato e acquisito con la ripetizione. Infine, sembrano mancare strumenti oggettivi e altamente individualizzati, che possano restituire un’immagine globale dei progressi dell’alunno.

Se non vengano offerte indicazioni o linee guida nazionali sulla valutazione, gli insegnanti tendono a ricorrere a modalità qualitative di valutazione, basate sull’osservazione e su attività da loro predisposte. Raramente gli insegnanti vengono formati alla conoscenza e all’uso di strumenti standardizzati per rilevare i progressi nell’apprendimento, anche perché molti tra questi strumenti sono pensati per l’ambito diagnostico e clinico. Per poter operare una scelta informata tra differenti strumenti, gli insegnanti dovrebbero essere in grado di confrontare criticamente molteplici tipologie di strumento e scegliere quello più adatto agli scopi della valutazione dei progressi di un singolo studente in una o più aree di apprendimento (es. Austin e Filderman, 2020). Infine, gli insegnanti hanno bisogno di essere formati sulle modalità di adattamento nella valutazione, che possono essere estremamente variabili e altamente specifiche a seconda della tipologia di disabilità e dell’outcome da rilevare, come ad esempio per quanto concerne la modalità di presentazione dei materiali per garantire un’adeguata comprensione e risposta da parte dell’alunno (es. Jones et al., 2018).

Alcuni esempi di modelli alternativi di valutazione dei progressi e dei risultati di apprendimento degli alunni con disabilità

In letteratura è possibile reperire molteplici modalità e strumenti che possono essere adatti a rilevare i progressi e i risultati degli alunni con disabilità, alcuni dei quali potrebbero essere coerenti con un approccio che guarda al funzionamento globale dell’alunno e attento alla sua evoluzione nel tempo.

Nella precedente review sono stati illustrati alcuni strumenti utili a descrivere in modo standardizzato il profilo di funzionamento di un alunno con disabilità (es. Canino et al., 2013; Stucki et al., 2008). Quegli stessi strumenti potrebbero essere riproposti nel corso del tempo per verificare i progressi fatti nelle differenti aree in un determinato periodo di tempo, come ad esempio un anno scolastico. Lo stesso discorso vale per tutti gli strumenti e scale che, se applicati con continuità e a intervalli regolari, consentirebbero di monitorare i cambiamenti nel funzionamento e nel benessere degli alunni con disabilità, come ad esempio l’auto-determinazione o la partecipazione sociale (es. Zappella, 2019; Stewart-Brown e Edmunds, 2003).

In questo paragrafo verranno citati alcuni esempi di approcci, metodi e strumenti che si applicano alla rilevazione di obiettivi individualizzati, sia per gli obiettivi di ambito curricolare che per quanto concerne le altre aree di apprendimento, come ad esempio la comunicazione, l’autonomia e la motricità (es. Curriculum-Based Measurement, Goal Attainment Scaling, Dynamic Learning Maps, Measures of Academic Progress).

Uno degli approcci più ricorrenti in letteratura è il Curriculum-Based Measurement, un set di procedure sviluppate nell’ambito dell’educazione speciale per verificare l’efficacia dei programmi di insegnamento, e che si presta ad essere usato anche in contesti inclusivi. L’approccio è stato sottoposto a procedure di validazione e viene considerato affidabile dal punto di vista psicometrico. Tra le aree prese in esame vi possono essere sia gli obiettivi curricolari che aspetti relativi alle competenze di base (es. Hill e Lemons, 2015). Pur essendo più spesso applicato per i progressi nell’area linguistica e matematica, l’approccio può essere utilizzato per misurare i progressi in qualunque area. Le rilevazioni devono essere condotte a intervalli regolari e con modalità simili per poter comparare i risultati e offrire una panoramica dei progressi dello studente. Inoltre, è pensato per essere semplice da amministrare e facilmente utilizzabile non solo dagli insegnanti ma anche dai genitori (Deno, 2003). Questo approccio in alcuni casi è stato utilizzato per rilevazioni parallele condotte a livello nazionale e dedicate esclusivamente ad alunni con disabilità intellettiva (es. Lemons et al., 2013).

Un’altra modalità di valutazione presente in letteratura è il Dynamic Learning Maps Alternate Assessment, che può essere utilizzato anche per gli apprendimenti curricolari degli alunni con disabilità intellettiva medio-grave e che si basa sull’opinione espressa dagli insegnanti sulla performance degli studenti in differenti aree (Karvonen e Clark, 2019; Karvonen, 2019). Tra gli aspetti che vengono presi in considerazione vi sono, ad esempio, le abilità espressive, come il ricorso a gesti, simboli o vocalizzi con intento comunicativo, e le abilità recettive, come la capacità di rispondere in maniera appropriata a stimoli verbali o a segni. Si considerano, inoltre, i supporti e gli ausili resi disponibili e realmente utilizzati dall’alunno. Tale strumento, il cui uso è al momento in fase di sperimentazione in 19 Stati americani e su un campione di oltre 90.000 studenti, consente di monitorare i progressi degli alunni, così come la riduzione (o l’aumento) negli adattamenti nel corso del tempo.

Un altro strumento utilizzato nelle scuole statunitensi è il MAP (Measures of Academic Progress), un test standardizzato, a livelli crescenti di complessità e da svolgersi al computer, strutturato appositamente per rilevare un ampio spettro di competenze negli alunni con disabilità (Hurwitz et al., 2020).

Infine, esistono alcuni modelli di valutazione individualizzata. Il Goal Attainment Scaling, ad esempio, si basa sulla definizione di obiettivi di apprendimento personalizzati e la rilevazione del loro raggiungimento, e può essere applicato ad alunni con e senza disabilità (Shogren et al., 2021). La valutazione si basa sul rating espresso dall’insegnante e dallo studente in merito al livello di competenza raggiunta nell’ambito dell’obiettivo di apprendimento concordato (es. molto meno di quanto atteso, meno di quanto atteso, quanto atteso, più di quanto atteso, molto più di quanto atteso). Questa modalità solleva, tuttavia, alcune criticità per quanto concerne l’accordo tra insegnanti e studenti o per le situazioni in cui non sia possibile interpellare gli alunni.

Conclusione

La valutazione dei risultati di apprendimento rappresenta un importante aspetto nella valutazione della qualità di un sistema scolastico. In assenza di dati non è possibile trarre delle conclusioni in merito a questa minoranza di alunni, così come risulta difficile promuovere miglioramenti e, di conseguenza, tutelare gli alunni stessi da inadeguatezze e malfunzionamenti di sistema (Dell’Anna, 2021a).

Dall’analisi è emerso che gli alunni con disabilità vengono spesso esclusi dalle rilevazioni nazionali e internazionali. Le rilevazioni parallele dedicate a questi alunni e le analisi focalizzate su questa porzione di popolazione non sono sufficienti a restituire informazioni sui progressi e sui risultati di apprendimento, e non consentono di giungere a deduzioni in merito all’efficacia dei metodi di insegnamento e delle modalità di individualizzazione, o di individuare fattori di rischio individuali o criticità a livello di sistema. In mancanza di dati, non è quindi possibile riflettere su questioni di equità, come ad esempio l’intersezione tra disabilità e genere, background migratorio e svantaggio socio-economico.

Riassumendo, gli alunni con disabilità e altri bisogni educativi speciali, a seconda del loro profilo di funzionamento e del percorso di apprendimento, possono:

  • partecipare ai test standardizzati previsti per i compagni di classe, senza particolari adattamenti o con specifici accorgimenti (es. uso del computer o di altri ausili);
  • essere valutati nelle stesse aree o in aree differenti tramite modalità alternative, pensate appositamente per loro (es. test standardizzati alternativi, survey);
  • essere esclusi dalle rilevazioni nazionali o regionali sugli apprendimenti, lasciando alle sole scuole e agli insegnanti il monitoraggio e la verifica dei progressi e dei risultati di apprendimento.

Per rendere possibile una più ampia attenzione alla valutazione dei progressi e dei risultati di apprendimento di questi studenti, sia a livello sistemico che nelle singole scuole, restano da considerare ancora molteplici questioni, concettuali che metodologiche. In primo luogo, le differenze nell’interpretazione e classificazione della disabilità e dei bisogni educativi speciali tra i vari Paesi (es. Messiou et al., 2020), ancora una volta, rendono difficile il dialogo transculturale e transnazionale. La visione delle differenze influenza le politiche di valutazione, ad esempio per quanto concerne i meccanismi burocratici e strutturali attraverso cui gli alunni hanno accesso ad adattamenti e la tipologia di opportunità di adattamento o modifica rese disponibili (es. ausili, supporti, estensione dell’oggetto della valutazione, modalità alternative di valutazione). Cambia, inoltre, la porzione di alunni che restano esclusi dalle rilevazioni su larga scala (Douglas et al., 2016). Scendendo a livello micro, quello delle singole scuole, la concettualizzazione delle differenze influenza il modo in cui gli insegnanti diversificano la valutazione e come, eventualmente, concepiscono modalità alternative di valutazione: su quali aspetti focalizzano l’attenzione, quali approcci o strumenti utilizzano, e a quali scopi funge la valutazione (es. Bourke e Mentis, 2014).

Inoltre, restano irrisolte molteplici questioni metodologiche:

  • quali aree includere nella rilevazione e se operare delle distinzioni a seconda della tipologia di disabilità;
  • quali modelli statistici utilizzare come riferimento per analizzare i progressi degli alunni (Woods, Parkinson e Lewis, 2010), dal momento che non è possibile individuare una traiettoria comune nel percorso di apprendimento (es. basarsi sulla traiettoria del singolo alunno con un approccio longitudinale o ipotizzare modelli di crescita della performance);
  • come costruire campioni rappresentativi e come analizzare i dati disaggregati per categoria, specialmente nei casi in cui si considerino disabilità a bassa incidenza;
  • quali strumenti rispondono a criteri di affidabilità e validità, consentono di comparare dati tra differenti contesti e considerano uno spettro di aree sufficientemente ampio da includere i molteplici aspetti che risultano rilevanti per questi alunni;
  • come rilevare gli outcomes di alunni con tipologie di disabilità che rendono difficile il ricorso a test che rilevano la performance dello studente (es. prospettiva degli insegnanti o dei genitori, affidabilità delle informazioni).

In ultimo, bisogna interrogarsi su quali conseguenze possa portare un’eccessiva spinta alla valutazione di questi alunni, rendendoli parte integrante dei modelli di accountability basati sulla performance. Ad esempio, l’inclusione nei test su larga scala, se da un lato rappresenta un’opportunità di verifica della qualità del sistema, dall’altra può creare numerose criticità. L’introduzione di adattamenti potrebbe inficiare l’affidabilità dei dati, facilitando lo svolgimento delle prove o rendendo difficile il confronto tra dati longitudinali (Buzick e Laitusis, 2010). D’altro canto, gli adattamenti, pur rappresentando un accorgimento legittimo non solo nel caso di test nazionali ma anche nelle valutazioni condotte regolarmente dagli insegnanti, possono creare conseguenze inattese nel rapporto con i pari e dal punto di vista emotivo: i compagni di classe possono percepire gli adattamenti come un vantaggio immeritato, un modo per barare, portando l’alunno con disabilità a sentirsi in imbarazzo; inoltre, il dover ricorrere ad ausili e supporti finisce per mettere in risalto le difficoltà dello studente, aumentando l’ansia nello svolgimento delle prove e portandolo a percepire l’attività come meno personale, poiché non svolta in totale autonomia (Woods, Parkinson e Lewis, 2010).

Silvia Dell’Anna

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1 Ndr, all’approfondimento di questo tema abbiamo dedicato l’articolo della sezione «Prospettive e modelli internazionali» di questo numero della presente Rivista: Maciver D., Rutherford M., Arakelyan S., Kramer J.M., Richmond J., Todorova L. et al. (2019), Participation of children with disabilities in school: a realist systematic review of psychosocial and environmental factors.

 

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