Vol. 19, n. 2, maggio 2020
Monografia
Quando si è genitori in carcere
Quali sono le paure e le sfide perché la genitorialità non si interrompa
Juan Carlos Martín Quintana1 e Graziano Pellegrino2
Sommario
Il desiderio di dare ai figli una vita migliore può spingere i genitori detenuti a cercare strategie per mantenere il legame con loro e rivedere il proprio ruolo genitoriale.
In questo studio ci siamo chiesti quali fossero le preoccupazioni dei genitori detenuti. Abbiamo raccolto l’esperienza di 250 genitori detenuti di due prigioni di Gran Canaria (Spagna), utilizzando una scala e un questionario ad hoc. Dopo aver sottoposto a un’analisi fattoriale la scala, sono emersi tre fattori di preoccupazione con dei buoni indici di aggiustamento: 1) non riuscire a proteggere i figli; 2) perdere la relazione; 3) che i figli sviluppino problemi di comportamento.
Come risultato dello studio emerge che sono soprattutto i padri più giovani ad avere un maggior timore di perdere la relazione con i figli e che essi possano sviluppare problemi di comportamento. Inoltre, la qualità della relazione con il genitore che si occupa dei figli all’esterno è strategica nel contenere queste paure. Gioca un ruolo importante anche garantire il diritto del bambino a sapere dove si trova il proprio genitore, così come mantenere visite regolari.
Si propone la necessità di promuovere la Genitorialità Positiva attraverso dei programmi specifici, visti come opportunità e contributo al reinserimento familiare e sociale.
Parole chiave
Genitori detenuti, Genitorialità Positiva, preoccupazioni dei genitori detenuti, relazione genitori e figli in carcere, educazione genitoriale di gruppo.
MONOGRAPHY
Parents in jail
Fears and challenges to maintain parenthood
Juan Carlos Martín Quintana3 e Graziano Pellegrino4
Abstract
The desire to give children a better life can motivate detained parents to seek strategies to maintain the bond and review their parenting role. In this study, we asked ourselves what the concerns of the detained parents were. We collected the experience of 250 parents detained in two prisons in Gran Canaria (Spain), using a specific scale and a ad hoc questionnaire. After factorizing the scale, three concerns emerged with good adjustment ratios: 1) failing to protect their children; 2) losing the relationship; 3) the possibility that their children may develop behaviour problems. As a result of the study, it emerges that especially the youngest fathers have a greater fear of losing the relationship with their children and that they may develop behaviour problems. Furthermore, the quality of the relationship with the caregiver who takes care of the children outside, is strategic in containing these fears.
It also plays an important role in ensuring the right of the child to know where his parent is, as well as keeping visits. It is proposed to promote Positive Parenting through specific programs, seen as an opportunity and contribution to family and social reintegration.
Keywords
Prisoned parents, Positive Parenting, concern of prisoned parents, relationship parents and children in prison, group parenting education.
Introduzione
La condanna alla carcerazione viene stabilita per responsabilità personali, però le conseguenze si estenderanno a livello sistemico su coloro con cui si mantengono relazioni e legami, considerati come «le vittime dimenticate della carcerazione» (Robertson, 2007).
Ci potremmo chiedere: cosa sappiamo dei genitori privati della libertà e dei loro figli?
Forse ci sorprenderebbe constatare l’invisibilità sociale e politica di questo gruppo, lo stesso Comitato Internazionale delle Nazioni Unite sui diritti del Bambino nell’anno 2012 segnalava la mancanza di studi e statistiche sul tema, così come di programmi e metodologie specifiche di intervento (Cortazar et al., 2014).
Eppure evidenze scientifiche dimostrano che, quando si facilitano i contatti familiari, molti degli effetti negativi provocati dall’ingresso in prigione diminuiscono (Harrison, 1997)
Nel 2017 l’Associazione Hestia5 per l’intervento e la ricerca familiare, psico-educativa e sociale ha attivato un progetto di educazione genitoriale denominato: «Genitori senza sbarre»,6 per promuovere la Genitorialità Positiva nel contesto penitenziario, con una metodologia che prevede attività di gruppo, individuali, familiari e comunitarie e di ricerca.
In quest’articolo ci soffermeremo ad analizzare ciò che maggiormente preoccupa i genitori detenuti, essendo tre le principali paure riscontrate: 1) non poter proteggere i figli; 2) perdere il contatto con loro; 3) che possano sviluppare problemi di comportamento.
Metodo
Partecipanti
Il campione si compone di un totale di 250 genitori, dei quali 231 sono padri (92,4%), mentre le madri sono 19 (7,6%). La diversità di genere in questo studio rispecchia la media nazionale spagnola, poiché nove detenuti su dieci sono uomini (Secretaria General de Instituciones Penitenciarias, 2018).
I genitori detenuti, con un’età compresa fra i 22 e i 66 anni, sono di nazionalità spagnola per l’89,2% e straniera per 10,8%. Il livello di studio raggiunto è la scuola dell’obbligo per il 60,4%.
Rispetto all’occupazione prima dell’ingresso in carcere il 52,4% aveva un lavoro regolare, il 12 % un lavoro sommerso, erano disoccupati il 35,6%.
In merito alla recidiva, il 43,1% era al suo primo ingresso in carcere, mentre il restante 56,4% è entrato più di due volte.
Rispetto al tempo trascorso con i figli prima di entrare in carcere, il 44,6 % stava con loro a tempo pieno, il 34,1% li vedeva occasionalmente.
Il 76,4% riferisce che entrare in carcere è stato «negativo per i propri figli», mentre per un 23,6% «né positivo né negativo».
Rispetto alla relazione con i figli, il 38,5% dichiara che continua «come prima», il 28,9% che «è diventata più fredda», il 20,9% che è peggiorata, mentre per il 11,7% è migliorata durante la reclusione.
Strumento
Lo strumento utilizzato in questo studio è la Scala delle preoccupazioni di un genitore detenuto. Si tratta di una scala tipo Likert, creata ad hoc, che si compone di 20 item (preoccupazioni), con 6 valori: da «per nulla» a «moltissimo».
Alla scala è allegato un questionario socio-demografico sul profilo del genitore detenuto che si compone di 21 domande a risposta chiusa, che si propone di approfondire aspetti personali e relazionali.
Procedimento
Si è richiesto alla Segreteria Generale delle Istituzioni Penitenziarie del Ministero dell’Interno spagnolo le autorizzazioni necessarie per procedere con la ricerca. Dopo aver realizzato una fase di sperimentazione dello strumento si è deciso che il questionario si sarebbe somministrato individualmente.
L’équipe di ricerca ha formato un gruppo di studenti universitari sulla modalità di compilazione degli strumenti, i quali hanno avuto accesso diretto a tutti i padiglioni autorizzati.
Risultati
Analisi fattoriale esplorativa e confermativa
Abbiamo sottoposto la scala delle preoccupazioni di un genitore detenuto a un’analisi fattoriale esplorativa e confermativa determinando tre fattori che definiscono il grado di preoccupazione dei genitori detenuti con un valore alfa totale ordinario di .94.
Il fattore uno (F1) misura il grado di preoccupazione causato dalla paura di non poterli proteggere tramite 8 item, con un valore alfa di .89. Il secondo fattore (F2) misura la preoccupazione di perdere la relazione con i figli, con cinque item con un alfa di .85. Il terzo fattore (F3) misura la preoccupazione che i figli possano sviluppare problemi di comportamento con quattro fattori con un alfa di .74.
Quest’analisi fattoriale presenta degli indici adeguati significativi come il RMSEA (Root Mean Square Error of Approximation): .06; CFI (Comparative Fit Index): .98; TLI (Tucker-Lewis Index): .96; SRMR (Standardized Root Mean Square Residual): .04. Nella tabella 1 si espongono i fattori con il peso fattoriale specifico per ciascun item.
Tabella 1
Analisi fattoriale esplorativa e confermativa della scala: «Preoccupazioni di un genitore incarcerato»
Items |
F1 |
F2 |
F3 |
|
0,842 |
0,218 |
-0,011 |
|
0,457 |
0,226 |
0,003 |
|
0,883 |
0,016 |
-0,253 |
|
0,977 |
-0,324 |
0,113 |
|
0,817 |
-0,027 |
-0,083 |
|
0,099 |
0,249 |
0,694 |
|
0,294 |
-0,023 |
0,69 |
|
0,248 |
0,122 |
0,582 |
|
-0,015 |
0,456 |
0,607 |
|
0,263 |
0,584 |
0,12 |
|
0,177 |
0,811 |
0,013 |
|
0,005 |
0,918 |
0,075 |
|
-0,007 |
0,674 |
0,122 |
|
0,226 |
0,691 |
-0,089 |
|
0,562 |
0,188 |
0,054 |
|
0,479 |
0,065 |
0,382 |
|
0,64 |
0,228 |
-0,078 |
Media di ciascun fattore
Prima di estrapolare i risultati rispetto alla media di ciascun fattore è importante determinare la precisione delle diverse prove statistiche esaminando la distribuzione di ciascuna variabile: in questo senso verranno calcolati gli indici di asimmetria e curtosi. Il livello di asimmetria dei tre fattori oscilla fra -.75 e -2 e i valori della curtosi oscillano fra -.7 e 3,3.
Un primo aspetto importante che abbiamo incontrato sono le differenze significative fra i fattori della scala delle preoccupazioni di un genitore detenuto (F(2,247)=48.04; p<.001), rispetto alla dimensione dell’effetto medio (η2=.30). Nella tabella 2 presentiamo le medie di ciascun fattore.
Tabella 2
Medie, deviazione tipica di ciascun fattore della scala delle preoccupazioni di un genitore detenuto
Fattore |
Media |
Sd |
n |
|
5.21 |
1 |
248 |
|
4.31 |
1.63 |
247 |
|
5.22 |
1.30 |
248 |
Come si osserva nella tabella, i dati ci informano del fatto che i genitori hanno una grande preoccupazione di non riuscire a proteggere i figli, cui segue la paura di perdere la relazione con loro e, con un grado medio-alto, che possano sviluppare qualche problema di comportamento.
Anova dei diversi fattori in relazione alle diverse variabili socio-demografiche
Consideriamo quali differenze significative possiamo analizzare secondo alcune variabili-criterio utilizzate in questo studio: socio-demografiche e relazionali.
Si osservano differenze significative nelle preoccupazioni di non poter proteggere i figli e che sviluppino problemi di comportamento secondo il genere: gli uomini risultano più preoccupati delle donne.
Se mettiamo in relazione i tre livelli di preoccupazioni con l’età dei genitori riscontriamo che esistono differenze significative rispetto alla paura di non poterli proteggere (F(2,245)=9,81; p<.001). Nella misura in cui aumenta l’età dei genitori questa paura diminuisce. Nelle prove post-hoc le persone che hanno più di 43 anni ci informano che hanno meno paura rispetto a quelli di età tra 35 e 42 anni — Med (43-66 anni)=4.81; Med (35-42 años)=5.38; p=.001 —, così come aumenta la paura in coloro che hanno tra 22 e 34 anni — Med (43-66 anni)=4.81; Med (22-34 anni)=5.41; p<.001.
D’altra parte esistono anche differenze significative fra l’età dei genitori e la paura che i propri figli sviluppino problemi del comportamento (F(2,245)=4,39; p=.001). Nelle prove post-hoc i detenuti che hanno fra 35 e 42 anni ci informano che hanno maggior paura che i propri figli sviluppino problemi di comportamento rispetto a quelli che hanno un’età compresa fra i 43 e i 66 anni — Med (35-42 anni)=5.47; Med (43-66 anni)=4.88; p=.01. Nella tabella 3 possiamo osservare i valori di queste frequenze significative.
Tabella 3
Anova fra i fattori di preoccupazione e l’età dei genitori
Fattore |
22-34 anni MED (SD) N (82) |
22-34 anni MED (SD) N (82) |
43-66 anni MED (SD) N (82) |
F |
|
5.41 (.76) |
5.38 (.85) |
4.81 (1.23) |
9.81*** |
|
4.52 (1.45) |
4.22 (1.65) |
4.15 (1.78) |
1.18 |
|
5.26 (1,27) |
5.47 (1.09) |
4.88 (1.47) |
4.39* |
*p<=.05; ** p<0.01; ***p<=.001
Invece esistono differenze significative fra la paura di perdere la relazione con i figli e il tempo trascorso con loro prima di entrare in prigione (F(2,221)=4.89; p=.008). Nelle prove post-hoc si osserva che i detenuti che avevano un tempo limitato da un accordo con l’altro genitore mostrano una maggiore preoccupazione, rispetto a quelli che passavano con loro tutto il tempo (Med (Convegno)=4.85; Med (Tutti i giorni)=4; p=.006).
Ci sono anche differenze significative circa la paura che i loro figli possano sviluppare dei problemi di comportamento rispetto alla frequenza del contatto prima di entrare in carcere (F(3,222)=3.43; p=.034). Allo stesso modo, nelle prove post-hoc, i detenuti con una frequenza del contatto limitata riferiscono una maggior paura, rispetto a coloro che li vedevano occasionalmente per problemi di salute o lavorativi (Med (Convegno)=5.59; Med (Problemi di salute o lavoro)=4.95; p=.028).
Altro fattore rilevante osservato è collegato al fatto che i figli conoscano o no che il loro genitore si trova incarcerato. Hanno più paura i genitori con figli che non lo sanno (F(2,229)=5.56; p=.004). Nelle prove post-hoc, i detenuti che riferivano che alcuni figli lo sapevano e altri no sostengono di avere una maggior paura a non riuscire a proteggerli, rispetto a quelli i cui figli sono informati sul fatto che il genitore si trova in carcere (Med (Alcuni si, altri no)=5.57; Med (Tutti i figli lo sanno)=5.01; p=.003).
Ci è sembrato significativo sapere se i figli erano a conoscenza o no del motivo per cui il genitore si trovava privato della libertà. Anche in questo caso esistono differenze significative in relazione alla paura di non poterli proteggere (F(2,218)=4.38; p=.014). Nelle prove post-hoc, i detenuti che riferiscono che alcuni figli non lo sapevano ci informano di una maggiore preoccupazione, rispetto a quelli in cui tutti i figli ne erano al corrente (Med (Alcuni lo sanno, altri no)=5.45; Med (Tutti lo sanno)=4.93; p=.021).
Esistono differenze significative anche con la paura di poter perdere la relazione con i figli rispetto alla qualità del rapporto che si mantiene con la figura genitoriale esterna (F(2,227)=6.72; p=.001). Nelle prove post-hoc, i detenuti che mantengono un buon rapporto con l’altra figura genitoriale ci suggeriscono di avere meno paura di perdere la relazione con i figli rispetto a coloro che hanno una cattiva relazione (Med (Buona relazione)=4.08; Med (Cattiva relazione)=4.95; p=.001).
Rispetto alle «visite dei figli ai loro genitori in carcere», abbiamo riscontrato differenze significative solo in riferimento alla paura di perdere la relazione (F(2,246)=6.53; p=.002). Secondo le prove post-hoc, i detenuti che ricevono visite da tutti i loro figli ci informano di essere meno preoccupati di perdere la relazione rispetto a quelli che ricevono solo la visita di alcuni figli (Med (Tutti)=3.77; Med (Alcuni)=4.61; p=.03) e anche una minore paura rispetto a quelli che non ricevono visite da alcun figlio (Med (Tutti)=3.77; Med (Nessuno)=4.55; p=.002).
Per concludere abbiamo constatato che esistono differenze significative fra la paura che i loro figli non possano essere protetti rispetto a come è la relazione in questo momento (F(3,218)=6.1; p=.001). Secondo le prove post-hoc, i detenuti che riferiscono che la relazione si è mantenuta uguale anche dopo la carcerazione, ci informano di avere una minore preoccupazione di non poterli proteggere rispetto a quelli che ci dicono che la relazione è peggiorata (Med (Mantenuta buona)=4.95; Med (Peggiorata)=5.46; p=.015) e a sua volta rispetto a quelli che ci dicono che la relazione sia diventata «più fredda» (Med (Mantenuta positiva)=4.95; Med (Raffreddata)=5.53; p=.001). Cosi come, esistono differenze significative tra la paura di perdere la relazione con i figli rispetto al fatto che la relazione sia migliorata o no dopo l’incarcerazione del genitore (F(3,217)=6.5; p<.001). Nelle prove post-hoc, i genitori che affermano di una relazione stabile ci informano di avere una minore preoccupazione di perdere la relazione, rispetto a quelli che ci dicono che la relazione con i figli è peggiorata (Med (Mantenuta positiva)=3.81; Med (Peggiorata)=5.06; p<.001) e a sua volta rispetto a quelli che ci dicono che la relazione con i loro figli è rimasta positiva anche se si è raffreddata (Med (Mantenuta positiva)=3.81; Med (Raffreddata)=4.52; p=.035).
Discussione
Rispetto ai primi risultati ottenuti in base al genere degli intervistati, si è osservato che sono gli uomini a sperimentare una maggior paura di non poter proteggere i figli. Questa differenza potrebbe spiegarsi considerando quanto afferma Carretero (2015): i detenuti rispetto alle donne sembrerebbero avere una maggior difficoltà nel mantenere un legame stabile, visto che per molti il rapporto si era deteriorato già prima (Thompson e Harm, 2000)
Un altro aspetto che riferiscono gli uomini è la preoccupazione che i loro figli possano sviluppare problemi di comportamento, si conferma il desiderio di non voler riproporre loro situazioni analoghe a quelle che sperimentarono nella loro infanzia (Techera, Garibotto e Urreta, 2012).
Rispetto all’età, sono i detenuti più giovani a riferirci una maggiore paura di non poterli proteggere. Questo risultato è condiviso anche da Meek (2011), la quale afferma che i genitori giovani incarcerati sperimentano sentimenti contrastanti (desiderio e paura della paternità) e segnala due principali preoccupazioni per il loro futuro: trovare un lavoro ed essere all’altezza delle responsabilità genitoriali.
Se invece consideriamo la preoccupazione che i figli sviluppino problemi di comportamento, sono i genitori della fascia di mezzo (35-42 anni) coloro che riferiscono una maggiore preoccupazione. Questo fatto potrebbe essere imputato al fatto che generalmente i detenuti in questa fascia hanno figli adolescenti.
Un’altra variabile che è stata presa in considerazione è la frequenza del contatto con i figli prima di entrare in carcere. Coloro che vedevano i figli occasionalmente (2 o 3 volte l’anno) riferiscono una minor paura a perdere il contatto. Questa minore preoccupazione si potrebbe spiegare con il fatto che alcuni detenuti hanno sviluppato un’attitudine delinquenziale, con la conseguenza di accantonare la responsabilità genitoriale considerata come non compatibile con lo stile di vita (Turney, 2016). In questo caso secondo Techera, Garibotto e Urreta (2012), si produrrebbe un meccanismo interiore di perdita di senso della paternità, rinforzato peraltro da esperienze negative nel legame con la propria famiglia di origine.
Nel nostro studio è emerso chiaramente che la preoccupazione di perdere il contatto diminuisce se i figli conoscono la verità su dove si trova il loro genitore. Rispetto alla pratica di comunicare o no ai figli che i loro genitori si trovano detenuti, diversi studi confermerebbero che è diffuso ricorrere a menzogne (Johnston, 2012). Rispetto al comunicare o no, Earle (2012) afferma come spesso sono presenti sentimenti di vergogna o di paura che i figli possano essere discriminati, con il rischio di perdere la fiducia negli adulti di riferimento e sviluppare sentimenti di colpa.
L’avvertire minori preoccupazioni di perdere il contatto si spiega con la qualità della relazione con l’altro genitore responsabile della cura dei figli.
Inoltre, abbiamo osservato che chi riferisce di ricevere visite dai figli esprime una minore preoccupazione, rispetto a quelli che non li incontrano.
Rispetto alle visite dei figli in carcere gli studi analizzati sono contradditori, anche se segnalano che più che sulla frequenza occorre concentrarsi sulla qualità di questi incontri (Besemer e Dennison, 2018; Fowler et al., 2017; Saunders, 2016)
Conclusioni
Lo studio ha evidenziato l’importanza di accompagnare soprattutto i giovani genitori incarcerati, sottolineando l’importanza di offrire loro competenze di sviluppo personale e genitoriale.
Inoltre, è risultato strategico mantenere un’alleanza educativa con la figura genitoriale esterna che si occupa dei figli, per diminuire le preoccupazioni di questi genitori; andrebbero promosse azioni nel contesto carcerario e in quello domiciliare. Occorre evitare che i detenuti, per il fatto di essere privati della libertà, assumano un ruolo passivo di delega di tutte le loro funzioni e responsabilità, sovraccaricando la persona che si sta occupando dei figli e attivando una graduale «disconnessione interiore» del legame filiale.
Rispetto al diritto dei minori di essere informati e accompagnati nel comprendere questa esperienza è urgente offrire alle famiglie strumenti per affrontare la questione.
Infine, mantenere il contatto tra i genitori e i figli durante il periodo della reclusione, sempre quando non vi sia un impedimento giuridico, non solo riduce il dolore e la preoccupazione dei genitori reclusi e dei loro figli, ma può trasformare questa situazione in un’opportunità. In questo senso i benefici dovrebbero ricadere soprattutto sui figli, riducendo gli effetti negativi per continuare ad avere fiducia nella famiglia che li accompagna dentro e fuori.
Bibliografia
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1 Professore ordinario di Psicologia e Coordinatore del Master di Interventi e Mediazione Familiare presso l’Università di Las Palmas de Gran Canaria (Spagna). Presidente dell’associazione «Hestia», associazione per l’intervento e la ricerca familiare, psico-educativa e sociale.
2 Dottorando in Psicologia presso l’Università della Laguna e l’Università degli Studi di Torino. Responsabile del progetto: «Padres y madres sin barreras» presso le carceri delle Canarie, (Spagna). Il progetto è gestito da Hestia (www.asociacionhestia.org).
3 Professor, University of Las Palmas de Gran Canaria (Spain). President of the association «Hestia».
4 Researcher, Universidad de la Laguna (Spain) and Università di Torino.. Coordinator of the «Hestia» project «Padres y madres sin barreras» (Spain).
5 www.asociacionhestia.org.
6 Progetto: «Padres y madres sin barreras» (2017-2020).
Vol. 19, Issue 2, May 2020