EDITORIALE

Il percorso verso una scuola inclusiva deve vivere di alleanze, di sinergie, di forze tese a uno scopo comune, pur nel rispetto delle differenze. Gli insegnanti, i dirigenti, il personale della scuola, le amministrazioni, ma anche le università, le associazioni di rappresentanza e di tutela, le persone con disabilità e le differenze varie, i diversi attori interessati devono sapere che cercare di fare da soli è avarizia, cercare di farlo insieme è politica.

(Ianes e Canevaro, Orizzonte inclusione, 2015)

Abitare la scomodità di don Milani per un rinnovato impegno dalla parte degli ultimi

Il 2022 è stato un anno importante per quel che riguarda il ricordo di figure significative per la cultura italiana. Basti pensare alla celebrazione dei cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini e di Vittorio Gassman. Lo è stato anche per la Pedagogia e per la scuola italiana, con la ricorrenza, il 17 febbraio, della nascita di Mario Lodi, maestro, intellettuale, scrittore e tanto altro ancora, artefice, unitamente alle compagne e ai compagni del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) del quale era parte integrante, di una delle più straordinarie e concrete esperienze di applicazione dell’idea di scuola democratica sancita dalla Costituzione.

Anche il 2023 è altrettanto ricco di celebrazioni significative. Sul piano della cultura ricorderemo, tra le/gli altre/i, i cento anni di Maria Callas, di Franco Zeffirelli e di Italo Calvino così come, in ambito pedagogico, ricorrerà il centenario di Bruno Ciari (16 aprile) e di don Lorenzo Milani (27 maggio).

Come per Lodi, queste due ricorrenze sono molto importanti, soprattutto perché cadono in un momento complesso (quello della post-pandemia) e di una nuova (ennesima) transizione del sistema formativo nazionale, questa volta indirizzato verso una visione meritocratica (a partire dal cambio del nome dello stesso Ministero) della scuola.

Per quel che concerne Bruno Ciari, anch’egli membro del MCE, rimandiamo al contributo di Vanessa Roghi presente nella sezione «Precursori» di questo numero, nel quale la studiosa mette giustamente in evidenza lo spessore intellettuale, il profilo politico e il ruolo attivo e partecipe nell’ambito del Movimento del maestro di Certaldo.

Rispetto a don Milani, sappiamo che sono già in atto preparativi per numerose iniziative, non solo convegnistiche (promosse o patrocinate dal Comitato Nazionale presieduto da Rosy Bindi), così come sono stati pubblicati o sono di prossima uscita volumi (tra monografie e curatele) e numeri monografici di riviste dedicati al Priore di Barbiana. Il quale, sia in vita sia dopo la sua prematura scomparsa avvenuta il 26 giugno del 1967, è stato oggetto di posizioni che hanno oscillato tra la sua «beatificazione» (peraltro laica) e la sua «demonizzazione» (con punte di vera e propria diffamazione postuma).

Si sono così lette riflessioni e, molto spesso, anche affermazioni prive del dovuto approfondimento, all’interno delle quali don Milani è stato definito il prete coraggioso, il prete educatore, il prete degli ultimi, il prete scomodo, così come il prete rosso, il mascalzone, il terzomondista, l’odiatore di classe

Quella di collocare don Milani all’interno di categorie predefinite è un’operazione di comodo, alla quale assistiamo molto spesso nel nostro Paese (si pensi, tanto per toglierci un sassolino dalla scarpa, all’inutile quanto dannosa polarizzazione del dibattito tra favorevoli e contrari alla cosiddetta DAD durante la Pandemia da COVID 19). Un’operazione, questa, capace di creare fazioni (i favorevoli e i contrari, quelle/i pro e quelle/i contro, gli apocalittici e gli integrati), ma non un’analisi critica reale, ossia valore aggiunto sia sul piano culturale (e scientifico), sia su quello socio-politico. Per fortuna ci sono invece lavori di studiosi/studiose seri/e, poco inclini ad accontentarsi del consenso mediatico da raggiungere con frasi a effetto, i/le quali ci hanno restituito (e ci attendiamo ci restituiranno ancora in questo anno celebrativo) un’immagine complessa di don Milani, molto più autentica di quella emergente dai frettolosi ritratti di talune/i intellettuali che trovano ampio spazio su quotidiani e in collane editoriali anche di prestigio. Ritratti che, se sottoposti alla prova dei fatti, risultano molto spesso (per non dire sempre) del tutto privi di basi scientifico-culturali, in cui è palese l’assenza di un rigoroso e ampio studio pregresso, di un’accurata analisi storica, delle dovute conoscenze della vastissima letteratura pedagogica (che pure sarebbe a disposizione), così come è invece evidente la sola autoreferenzialità assurta a verità assoluta.

Certamente don Milani — come si evince anche dal bellissimo film documentario Barbiana 65. La lezione di don Lorenzo diretto da Alessandro d’Alessandro, sulla base delle riprese del padre Angelo, unico cineasta ammesso a Barbiana, prodotto da Felix Film con Istituto Luce Cinecittà e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2017 — non è una figura nei confronti della quale si può restare neutrali.

Intendiamo dire che, se si vuole sfuggire alla tentazione sia di santificarlo (anche nell’ambito delle celebrazioni in corso e imminenti) sia di demonizzarlo, è necessario, anzi ineludibile, abitare la scomodità che don Milani ha rappresentato ieri e continua a rappresentare oggi. Perché le sfide educative, sociali, culturali e politiche del passato, così come quelle del tempo che ci è dato oggi di vivere, richiedono (ci richiedono) non solo di non restare indifferenti ma anche di essere impegnati, di farsi(farci) militanti, come si sarebbe detto qualche anno fa. Occorre infatti decidersi (deciderci) se collocarsi/ci dalla parte di chi è, ieri come oggi, diseredato e oppresso o dalla parte di chi è privilegiato e di chi si fa oppressore.

Questo richiamo all’impegno, peraltro caro all’Analisi e alla Pedagogia Istituzionale così come ai Disability Studies, è anche un invito ad analizzare, senza infingimenti, il ruolo intellettuale che nella veste di ricercatori/ici e di studiosi/e assumiamo nei contesti d’azione; in altri termini, un’esortazione a uscire da presunte posizioni avalutative per interrogarci sulla dimensione dell’implicazione che proprio in quanto studiosi/e-ricercatori/ici ci vede protagonisti/e nella situazione nella quale ci troviamo coinvolti/e.

E riteniamo che questo invito all’analisi costante del proprio operare si applichi molto bene alla Pedagogia speciale, in quanto modo di essere della Scienza dell’Educazione, e trovi da molti anni un terreno fertile di divulgazione scientifica, di incontro e di confronto nella rivista «L’integrazione scolastica e sociale» che da oltre vent’anni (a proposito di ricorrenze) rappresenta un punto di riferimento per la comunità scientifica pedagogica, per la scuola e per i differenti ambiti del sociale.

Una ricchezza, questa, ancora una volta confermata dal numero 2 del 2023 che lettrici e lettori si apprestano a leggere. Un numero che vede nella sezione «Prospettive e modelli internazionali», un contributo di Matteo Di Pietrantonio e Patrizia Sandri dal titolo: Innovazione e inclusione possono coesistere?

A seguire, nella sezione «Prospettive e modelli italiani», Giacomo Guaraldi firma un articolo dal titolo Ausili, nuove tecnologie e inclusione. Alcune esperienze universitarie dalla LIM all’e-learning, mentre in «Ricerche, proposte, metodi» Giorgia Ruzzante presenta un contributo dal titolo Alto potenziale e plusdotazione tra dono eccezionale e difficoltà. Una ricerca sulla percezione e sulle esperienze dei docenti.

La sezione «Precursori» ospita in questo numero il già richiamato articolo di Vanessa Roghi Una scuola per tutti e per ciascuno. Bruno Ciari, la democrazia e la partecipazione. Nella sezione «Dialoghi con le associazioni» Valentina Paola Cesarano propone un contributo su Il progetto CONFIDE dell’Associazione Italiana Sindrome dell’X fragile: uno studio people voice per esplorare il punto di vista dei partecipanti e delle loro famiglie, mentre a seguire, nella sezione «Temi aperti», Daniele Bullegas, Gianmarco Bonavolontà, Antioco Luigi Zurru e Antonello Mura firmano un articolo dal titolo Lo strano caso dell’uomo elefante: «inquadrature» pedagogico-speciali, educazione ai media e formazione dei docenti. Si segnalano inoltre gli aggiornamenti normativi di Salvatore (Tillo) Nocera e la recensione firmata da Marisa Pavone.

Auguriamo a tutte e a tutti una buona lettura e, soprattutto, di continuare a coltivare con passione l’impegno nelle attività quotidiane nei differenti contesti di azione, e la consapevolezza che, parafrasando Andrea Canevaro, è possibile (ossia è una concretissima utopia) realizzare una scuola inclusiva in un mondo più giusto.

Fabio Bocci

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