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Interviste / Interviews

Interviste
Interviews

a cura di Annamaria Di Fabio

Responsabile del Laboratorio internazionale di Ricerca e Intervento in Psicologia per l’orientamento professionale, il career counseling e i Talenti (LabOProCCareer&T) e del Laboratorio internazionale di ricerca e intervento in Psicologia Positiva, Prevenzione e Sostenibilità (PosPsychP&S), Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze, http://www.scifopsi.unifi.it/vp-30-laboratori.html



Intervista a Maurizio Del Conte, Presidente dell’ANPAL e Amministratore Unico di Italia Lavoro

Transizione e mondo del lavoro: quali sono le principali sfide con cui occorre confrontarsi dal Suo punto di vista?

Siamo di fronte a importanti trasformazioni. L’economia è cambiata, il modo di produrre è cambiato, i mercati sono cambiati e la protezione all’interno di un contratto di lavoro non può essere più la modalità adeguata con cui affrontare il contesto nel quale ci troviamo. E’ questo il motivo per cui la Riforma del Jobs act ha puntato molto sul riordino del sistema di ammortizzatori sociali, rendendo estremamente stringente il raccordo tra politiche attive e politiche passive, e includendo nel sistema di protezione molte categorie che finora sono state sostanzialmente escluse da forme di tutela. In questi anni i giovani hanno pagato un prezzo molto caro a causa di questa lacuna del sistema.

Le carriere professionali sono discontinue e segnate da passaggi da azienda ad azienda, anche in ambiti settoriali molto distanti, da periodi di inoccupazione, all’interno dei quali occorre investire in attività di formazione. La chiave di lettura di questi cambiamenti è la capacità di acquisire competenze che consentano ai giovani di fronteggiare in autonomia il proprio progetto professionale.

In questo senso acquistano grande importanza i percorsi di alternanza istruzione-lavoro, anche nell’Istruzione terziaria, quale strumento di accesso al mercato del lavoro, attraverso una più forte connotazione professionalizzante dei corsi di studio, anche con riferimento alle cosiddette soft skills, molto richieste dalle aziende (problem solving, capacità di lavorare in gruppo, ecc.).

Lavorare già nella fase formativa al rafforzamento di quella che in ambito anglosassone si chiama Employability, ossia l’acquisizione di maggiore consapevolezza delle proprie attitudini e aspettative, la capacità di sapersi misurare con le attese e le opportunità del mercato del lavoro territoriale e con le specifiche richieste di competenze delle imprese rappresentano degli elementi che riducono i tempi e i costi delle transizioni verso il mondo del lavoro.

Nell’ambito della riforma e delle politiche che il Governo sta intraprendendo, come si intende intervenire sulla transizione dei laureati verso il mondo del lavoro?

La “Buona Scuola”, con l’introduzione “massiccia” dell’alternanza scuola-lavoro, e le disposizioni del DLgs 81 del 2015 (art. 41, c. 3 ), in cui si parla di “Sistema duale” Italiano, con riferimento all’apprendistato per il conseguimento dei titoli di scuola secondaria superiore (I livello) e all’apprendistato di alta formazione e ricerca, rappresentano la cornice normativa entro cui occorre sviluppare un sistema di percorsi di integrazione studio e lavoro, paragonabili a quelli esistenti già da tempo in altri Paesi europei.

Il contesto italiano è fatto per lo più di aziende piccole che assumono pochi laureati, nonostante i laureati siano pochi a confronto con la media europea (24-34 anni); la crisi economica ha acuito il fenomeno.

Occorre lavorare per colmare il gap tra formazione e richieste di competenze del mercato del lavoro, dal momento che le aziende hanno bisogno di persone che abbiano le competenze giuste prima di cominciare a lavorare, per non dover fare un investimento aggiuntivo.

Una strada è sicuramente quella di aumentare l’offerta di percorsi di istruzione terziaria a carattere professionalizzante (tra questi l’apprendistato di alta formazione e ricerca), determinando anche un aumento dei laureati nel nostro Paese, e con esso il potenziale di conoscenza e di innovazione che è fondamentale per aiutare il nostro sistema economico a produrre in filiere innovative e competitive nei mercati globali.

Inoltre occorre investire sul potenziamento dei Career Service o servizi di orientamento e placement.

Il D. Lgs 14 settembre 2015, n. 150, “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, indica le Università quali soggetti della Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro (art. 1, c. 2). Oltre a essere soggetti autorizzati all’intermediazione, le Università fanno parte dei soggetti accreditati (art. 12) che a livello regionale possono erogare servizi nell’ambito delle politiche attive del lavoro.

E’ necessario che tali servizi acquistino maggiore rilevanza all’interno delle Università, sia come facilitatori per studenti e laureati nel loro ingresso nel mondo del lavoro, sia come “Antenne”, che attraverso il loro rapporto sistematico con il sistema imprenditoriale forniscano all’Università gli elementi di conoscenza per riprogrammare la propria offerta formativa in modo coerente con l’evoluzione del mercato del lavoro.

Inoltre tali servizi dovrebbero integrarsi in modo più forte all’interno della rete dei servizi per il lavoro, fornendo un contributo importante alla gestione di servizi nei confronti dei giovani inoccupati.

Per supportare questi processi è necessario che la Governance tra Ministero del Lavoro, MIUR e Università sia fortemente coordinata nel raggiungimento di obiettivi comuni. A questo proposito, stiamo avviando una Cabina di Regia interministeriale che dovrebbe affrontare in modo organico i temi a cui ho accennato.

Cosa sarebbe importante che facesse anche il mondo imprenditoriale per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro dei laureati?

Uno dei nodi fondamentali è certamente l’engagement del sistema imprenditoriale nei processi di supporto all’inserimento lavorativo dei laureati.

Le imprese vanno coinvolte in una partnership e in una collaborazione che aiutino a capire quali percorsi di integrazione tra formazione studio e lavoro siano efficaci, e vanno incentivate attraverso sistemi premiali, come quelli che stiamo mettendo a punto nella prossima Legge di stabilità.

Tuttavia, va anche detto che il sistema produttivo deve crescere nella promozione di un’occupazione di qualità e nello sviluppo dell’innovazione, che sono fondamentali al fine di valorizzare al meglio le potenzialità dei laureati. Teniamo conto che il livello di istruzione degli imprenditori delle piccole imprese (che costituiscono la stragrande maggioranza del sistema produttivo italiano) è ancora basso, rappresentando una delle cause di scarsa competitività delle nostre aziende. Su questo anche le imprese devono fare la loro parte, superando alcune resistenze culturali nei confronti del mondo dell’Education e guardando a questa collaborazione, così come a quella con i Career service, come a un’opportunità di innovazione e di sviluppo.




Note

1 A

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