Vol. 18, n. 2, giugno 2025

STUDI E RICERCHE

Una sfida per le organizzazioni: Inclusione lavorativa e Disturbi Specifici dell’Apprendimento: Uno studio preliminare

Elisa De Carlo,1Emanuela Ingusci,1Paola Angelelli,2Marika Iaia,2Marco Turi,1Francesca Vizzi1 e Fulvio Signore3

Sommario

In Italia, molte persone affrontano difficoltà significative nella lettura, scrittura e calcolo, spesso anche in età adulta. La maggior parte riceve una diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) durante l’infanzia, mentre altre convivono con il disturbo senza una diagnosi ufficiale. Sebbene i DSA siano spesso associati all’ambito scolastico, il loro impatto si estende anche al contesto lavorativo, evidenziando l’importanza di garantire i diritti dei lavoratori e promuovere una reale inclusione. Nonostante i progressi normativi, come il decreto-legge n. 25 del marzo 2022, la scarsa consapevolezza del disturbo e l’assenza di buone prassi organizzative continuano a ostacolare l’integrazione dei lavoratori con DSA. A partire da queste premesse, il presente studio ha esplorato, mediante un’indagine preliminare condotta su 136 aziende di una regione del Sud Italia, il grado di conoscenza e competenza aziendale sul tema della Dislessia e dei DSA. I risultati evidenziano una necessità diffusa di formazione e strumenti di supporto per valorizzare la diversità e migliorare il benessere organizzativo.

Parole chiave

DSA, Inclusione lavorativa, Benessere, Impatto dei DSA nell’ambito lavorativo.

STUDIES AND RESEARCHES

A Challenge for Organizations: Workplace Inclusion and Specific Learning Disorders: A Preliminary Study

Elisa De Carlo,4Emanuela Ingusci,1Paola Angelelli,5Marika Iaia,2Marco Turi,1Francesca Vizzi,1 and Fulvio Signore6

Abstract

In Italy, many people face significant difficulties in reading, writing, and maths, often even in adulthood. Most of them receive a diagnosis of Specific Learning Disorders (SLD) during childhood, while others live with the disorder without an official diagnosis. Although SLDs are often associated with the educational environment, their impact also extends to the workplace, highlighting the importance of safeguarding workers’ rights and promoting genuine inclusion. Despite regulatory progress, such as Decree-Law no. 25 of March 2022, the lack of awareness about the disorder and the absence of good organizational practices continue to hinder the integration of workers with SLDs. Building on these premises, this study explored the level of knowledge and competence within organizations regarding dyslexia and SLDs, through a preliminary survey conducted on 136 companies in a region of Southern Italy. The results highlight a widespread need for training and support tools to value diversity and improve organizational well-being.

Keywords

Specific Learning Disorders (SLDs), Workplace inclusion, Well-being, The impact of SLDs in the workplace.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento: Caratteristiche e Impatto sulla Vita Scolastica e Professionale

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) rappresentano una categoria di disturbi neuroevolutivi caratterizzati da difficoltà persistenti nell’ambito dell’apprendimento, con un impatto specifico su abilità quali la lettura, la scrittura e il calcolo (DSM-5; American Psychiatric Association, 2013). Tali difficoltà si manifestano frequentemente in comorbidità, ma possono presentarsi anche in forma isolata, e tendono a persistere per tutto l’arco della vita (Bruck, 1990; Lefly & Pennington, 1991; per uno studio recente sull’italiano si veda Vizzi et al., 2024).

Questa co-occorrenza è legata a probabili comuni basi genetiche e a parziali anomalie condivise nei circuiti neurofunzionali coinvolti in queste abilità, ma può anche essere spiegata dalla centralità dei fattori cognitivi, come la capacità di consolidare istanze specifiche, che agiscono come un fattore trasversale tra i domini e spiegano l’associazione tra compiti apparentemente differenti, come lettura, scrittura e calcolo (Zoccolotti et al., 2021). Per definizione, i DSA interessano specifici domini cognitivi senza compromettere il funzionamento cognitivo generale. Tuttavia, le loro conseguenze possono essere pervasive, influenzando diversi aspetti del funzionamento cognitivo, nonché l’adattamento personale e sociale (AA.VV., 2022).

Sebbene negli ultimi anni le manifestazioni delle difficoltà specifiche di lettura e scrittura in età adulta abbiano ricevuto maggiore attenzione, rimangono un’area poco esplorata rispetto al gran numero di studi dedicati all’età evolutiva (Cardinaletti & Volpato, 2015; Re et al., 2011). Studi di follow-up evidenziano che i bambini con dislessia continuano a sperimentare difficoltà in compiti di lettura e di scrittura (Maughan et al., 1994; Shaywitz et al., 1999), anche in ortografie trasparenti (per l’italiano si veda Marinelli et al., 2017). Tuttavia, la sintomatologia di questi disturbi varia in base alla gravità, alle risorse cognitive individuali, alle opportunità educative (Cornoldi, 1999; Roffman et al., 1994) e alla lingua in cui si apprende (per l’italiano si veda Angelelli et al., 2010; Diamanti et al., 2018; Share, 2008). I DSA possono compromettere il rendimento scolastico, con ripercussioni sia accademiche che professionali. Queste difficoltà possono causare frustrazione, bassa autostima e scarsa motivazione (Afonso et al., 2015; Bruck, 1990; Iaia et al., 2024; Willcutt & Pennington, 2000).

Inclusione e Valorizzazione delle Persone con DSA nel Mondo del Lavoro

Le conseguenze scolastiche dei DSA possono tradursi in disoccupazione, insoddisfazione lavorativa, come salari più bassi e limitate opportunità di promozione (Witte et al., 1998), oltre a effetti psicologici, economici e sociali negativi (Gerber, 2012; Iaia et al., 2024; Watson & Boman, 2005). Inoltre, molti adulti con dislessia tendono a evitare attività che richiedono competenze di lettura e scrittura (Roffman et al., 1994), comportamento che, se da un lato li aiuta a gestire le sfide quotidiane, dall’altro contribuisce a mascherare i deficit sottostanti.

Non tutti gli studenti con DSA conseguono un titolo di studio universitario. Molti studenti con DSA, dopo un percorso scolastico difficile e spesso caratterizzato da insuccessi, non mostrano interesse a proseguire gli studi. Tuttavia, una percentuale di persone con DSA riesce, con grandi sforzi e sacrifici, a completare il percorso accademico e a conseguire la laurea, grazie all’impiego di strategie compensative e a piani didattici personalizzati.

In uno studio di Lami (2016), si riscontrava che solo l’1,5-2% degli studenti con DSA si iscrive all’Università dopo avere conseguito il diploma di istruzione secondaria superiore. Tuttavia lo scenario è in rapido mutamento, come evidenzia il più recente rapporto ANVUR sugli Atenei statali italiani (2022), che mostra un trend in crescita: nell’arco di 9 anni gli studenti con DSA iscritti agli atenei statali sono passati dagli iniziali 983 nell’a.a. 2011-12 ai 14.441 dell’a.a. 2019-20, costituendo circa l’1,4% di studenti sul totale.

Se il trend attuale degli studenti con DSA iscritti agli atenei statali dovesse proseguire, in pochi anni questa categoria potrebbe diventare numericamente prevalente rispetto a quella degli studenti con disabilità. Questo fenomeno è già visibile in alcuni atenei del Nord, dove il numero di studenti con DSA ha superato quello degli studenti con disabilità. Di conseguenza, assisteremmo a un crescente numero di persone altamente qualificate e pronte a entrare nel mondo del lavoro, il che renderà indispensabile la presenza di realtà lavorative competenti e capaci di accogliere e valorizzare individui con differenti modalità di apprendimento.

L’attenzione crescente verso le fragilità, in particolare quelle degli studenti, ha spinto le Università a potenziare non solo i servizi di supporto, ma anche le azioni mirate allo sviluppo e alla promozione delle competenze trasversali. Questi interventi, volti a facilitare l’inserimento lavorativo dei giovani laureati — compresi i soggetti con certificazione di invalidità e diagnosi di DSA (Guaraldi, 2022) —, si inseriscono in un impegno più ampio di accompagnamento degli studenti nelle scelte formative.

Storicamente impegnate a guidarli nel passaggio dalla scuola all’università, nella selezione dei corsi di laurea triennale e magistrale e nella scelta dei tirocini, le Università hanno recentemente rafforzato le proprie attività in ambito di orientamento. Tra le azioni intraprese, si annoverano programmi di screening per l’individuazione di DSA non diagnosticati (ad esempio, Angelelli et al., 2022), interventi metacognitivi per la promozione delle abilità di studio (ad esempio, Meneghetti et al., 2016) e iniziative di orientamento inclusivo per rispondere alle nuove esigenze di studenti con disabilità, DSA e provenienti da contesti internazionali. L’ambiente lavorativo, infatti, può rappresentare una sfida significativa per le persone con DSA: lentezza e imprecisioni nella lettura, errori ortografici o nel calcolo, difficoltà nella gestione di doppi compiti o compiti che richiedono la memorizzazione di informazioni in sequenza, la necessità di più tempo per svolgere al meglio compiti e attività possono avere conseguenze rilevanti, come atteggiamenti punitivi, episodi di mobbing e, in alcuni casi, persino il licenziamento (Alexander-Passe, 2006; Macdonald, 2010).

La paura di commettere errori porta spesso queste persone a evitare ruoli di maggiore responsabilità, optando per occupazioni di basso livello, dove la visibilità è minore e il rischio di giudizi negativi più contenuto (Taylor & Walter, 2003). Questo timore influenza negativamente le scelte professionali, confinando i lavoratori con DSA in ambiti che non valorizzano appieno il loro potenziale. La paura della stigmatizzazione è un fenomeno ricorrente: molti lavoratori con DSA scelgono di non rivelare la propria condizione per evitare di essere percepiti come meno competenti o inadeguati (McLoughlin & Leather, 2013; Morris & Turnbull, 2007). Tuttavia, in alcuni casi, la divulgazione della propria condizione può avvenire quando si ritiene che essa possa essere utile per ottenere gli strumenti compensativi necessari a svolgere al meglio le proprie mansioni.

In questo contesto, è fondamentale che l’ambiente di lavoro diventi più inclusivo, per permettere ai lavoratori con DSA di esprimere appieno il proprio potenziale senza il timore di ripercussioni negative. In Italia, un progresso significativo è stato segnato dalla Legge n. 25/2022, che proibisce qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle persone con DSA e garantisce pari opportunità nel contesto professionale. Questo provvedimento segna un traguardo rilevante per oltre un milione di lavoratori italiani, poiché consente loro di esercitare i propri diritti senza il timore di subire penalizzazioni o essere stigmatizzati a causa della loro condizione. Una delle principali innovazioni introdotte dalla legge riguarda la possibilità per i lavoratori con DSA di dichiarare liberamente la propria condizione, sia durante i colloqui di selezione che una volta assunti. Durante i colloqui, i candidati con DSA possono richiedere l’utilizzo di strumenti compensativi specifici, come computer dotati di sintesi vocale, calcolatrici, schemi, formulari e tempo aggiuntivo per i test di selezione scritti. Questi strumenti non solo facilitano l’accesso al lavoro, ma permettono anche di valorizzare al meglio le proprie competenze. Analogamente, i lavoratori già assunti hanno il diritto di richiedere tali strumenti per svolgere efficacemente le proprie mansioni.

Queste misure di personalizzazione, pur avendo un impatto minimo sui costi aziendali, generano benefici significativi in termini di produttività e inclusione, promuovendo un cambiamento culturale che considera le diversità cognitive come una risorsa. La capacità di pensare in modo originale e la predisposizione alla risoluzione dei problemi sono abilità spesso riscontrate nei lavoratori con DSA, che, se supportati adeguatamente, possono eccellere in ambiti professionali di alto livello (Logan & Martin, 2012). In definitiva, un ambiente lavorativo inclusivo permette di valorizzare le risorse e le competenze delle persone con DSA, creando reali opportunità di crescita e sviluppo.

La ricerca sul tema rappresenta una sfida significativa che, negli ultimi anni, ha spostato il focus dal disturbo alla valorizzazione delle caratteristiche personali e delle diversità, favorendo un linguaggio inclusivo sempre più ragionato e adeguato ai cambiamenti culturali. L’obiettivo principale dei ricercatori di area psicologica e delle scienze sociali è stato quello di evidenziare il valore delle competenze personali, anche all’interno degli ambienti lavorativi, non solo per il benessere delle persone ma anche per il raggiungimento degli obiettivi e dei risultati organizzativi. Un esempio concreto di questa evoluzione culturale è il paradigma del diversity management da cui scaturisce la figura del diversity manager (DM). Quest’ultimo nasce come evoluzione dell’esperto nella gestione delle risorse umane. Il DM si occupa di aspetti legati non solo alla gestione delle diversità in azienda in termini logistici, di tutela e di assistenza alla persona, ma anche e soprattutto all’esperienza formativa e educante che coinvolge tutti coloro che operano in un contesto di lavoro. Il DM è fortemente e direttamente coinvolto dalla direzione a raggiungere obiettivi che riguardano la salute dell’organizzazione stessa, il benessere psicologico, ecc.

Il benessere psicologico, l’engagement al lavoro, ma anche la percezione del proprio rendimento, sono fattori che vengono fortemente condizionati da un buon equilibrio tra richieste lavorative (carico di lavoro, riduzione degli stereotipi, ecc.) e risorse personali (come il capitale psicologico) e lavorative (come un aggiornamento continuo e un ambiente di lavoro inclusivo, sfidante e sereno, in cui ognuno abbia la possibilità di esprimere il proprio talento). Benessere, engagement e percezione positiva della propria performance lavorativa possono portare a esiti positivi per l’organizzazione e a un incremento della produttività, poiché sono correlati alla soddisfazione di vita, alla percezione di giustizia organizzativa, a un rapporto leader-dipendente sereno e onesto, al supporto dei colleghi come elemento di aiuto per fronteggiare le difficoltà, ecc. In questo senso, anche la creazione di un ambiente di lavoro inclusivo rappresenta un elemento cruciale per favorire esiti positivi, specialmente per i lavoratori con disabilità, alla luce del modello JD-R (Job Demands-Resources).

Questo modello evidenzia come il benessere organizzativo derivi dall’equilibrio tra richieste lavorative (job demands) e risorse (job resources) (Bakker & Demerouti 2007), dove le seconde fungono da strumento per mitigare lo stress e potenziare la motivazione. Nel caso dei lavoratori con diverse abilità, ad esempio, un ambiente di lavoro che valorizzi la diversità e offra risorse adeguate, come tecnologie assistive, formazione specifica per i colleghi e una leadership inclusiva, può ridurre le barriere percepite e rafforzare il capitale psicologico dei dipendenti. La disponibilità di risorse organizzative, come politiche di inclusione, mentoring e opportunità di sviluppo, può contribuire non solo al benessere individuale ma anche al miglioramento della performance lavorativa, della soddisfazione al lavoro e, in ultimo ma non meno importante, alla soddisfazione di vita. In questo contesto, la percezione di giustizia organizzativa e il supporto collettivo si rivelano fondamentali per aumentare l’engagement, migliorare la soddisfazione e promuovere una cultura che incoraggi ogni lavoratore a esprimere il proprio potenziale.

Partendo da queste premesse, la finalità di questo contributo, dunque, è quella di esplorare, in una prospettiva preliminare, il livello di conoscenza e le competenze acquisite e da sviluppare in tema di inclusione e valorizzazione delle diversità — nello specifico, valorizzazione dei lavoratori con DSA —, tenendo presenti gli elementi che possono favorire lo sviluppo di buone pratiche da adottare per promuovere benessere nei luoghi di lavoro.

In linea con i contributi in letteratura, dunque, gli obiettivi di questo studio preliminare esplorativo possono essere sintetizzati come segue:

Obiettivo 1: esplorare, nei contesti organizzativi, la conoscenza nonché gli strumenti per riconoscere e rispondere alle esigenze dei dipendenti con DSA.

Obiettivo 2: rilevare nel contesto aziendale l’uso di pratiche e politiche di inclusione delle risorse umane.

Metodo

Partecipanti

Il questionario è stato compilato da 136 aziende: in termini di distribuzione geografica, la provincia di Taranto rappresenta oltre la metà del campione totale con il 55.11%, seguita da Lecce al 33.80%. Le altre province registrano percentuali marginali: Bari al 7.40%, Foggia al 2.23% e Brindisi all’1.50%. La distribuzione delle frequenze mostra una netta predominanza del settore «Sanità e assistenza sociale» (11.81%), seguito da «Attività manifatturiere» (6.63%) e «Commercio all’ingrosso e al dettaglio» (5.92%). Settori meno rappresentati, come «Attività di commercio», «Metalmeccanica e industria» e altri, si attestano sullo 0.70%.

In merito alle funzioni lavorative di chi ha risposto al questionario, il 25.73% è rappresentato da direttori generali, seguiti dai segretari di direzione con il 18.40% e dai responsabili delle risorse umane con l’8.80%. I manager costituiscono l’11.00% del campione. Solo l’1.51% dei rispondenti è rappresentato da altre figure professionali legate direttamente alla diversità e all’inclusione, come il personale responsabile delle disabilità, che rappresenta solo l’1.52%. L’indagine sulle dimensioni aziendali mostra che oltre la metà delle aziende ha meno di 20 dipendenti (52.20%), mentre solo il 10.30% supera i 500 dipendenti. Infine, la maggioranza dei partecipanti (65.41%) preferisce che il nome della propria azienda non venga menzionato nei rapporti e nei risultati del progetto, mentre il 34.60% è favorevole.

Strumenti

L’indagine è stata realizzata mediante l’utilizzo di un questionario sotto forma di intervista guidata e compilato in tempo reale dall’intervistatore. Lo strumento di ricerca si articola in 10 aree tematiche ed è stato progettato per esplorare la conoscenza, le politiche e le pratiche aziendali relative all’inclusione e al supporto dei lavoratori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Include domande chiuse, aperte e a scelta multipla, con focus su aspetti come il reclutamento, supporto operativo, formazione, consapevolezza e conformità legislativa.

Nello specifico, l’intervista è strutturata in 45 domande che approfondiscono aspetti socio-demografici delle aziende intercettate e le loro modalità di gestione dei lavoratori con DSA, suddivise in 10 sezioni, che riguardano: 1. Informazioni Generali sull’Azienda; 2. Consenso e Privacy; 3. Conoscenza Personale e Contesto Sociale; 4. Reclutamento e Selezione; 5. Supporto e Inclusione; 6. Formazione e Sensibilizzazione; 7. Ostacoli e Percezioni; 8. Legislazione e Aspetti Normativi; 9. Esperienze con Dipendenti DSA; 10. Considerazioni Finali.

Procedura

Il questionario utilizzato per la presente analisi è stato somministrato nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali (Regolamento UE 2016/679 — GDPR). Tale questionario è stato adattato da uno strumento già in uso all’interno del progetto Erasmus+ Dyslexia@work.EU, di cui l’Associazione Italiana Dislessia (AID) è stata capofila.

La partecipazione al questionario è avvenuta su base volontaria e previa acquisizione del consenso informato ed è stata garantita l’assoluta anonimizzazione dei dati raccolti, escludendo la possibilità di identificare i partecipanti.

Analisi dei dati

I dati raccolti sono stati analizzati esclusivamente in forma aggregata, al fine di garantire che nessuna informazione personale o identificativa potesse essere ricondotta ai singoli partecipanti. I risultati dell’analisi sono stati utilizzati esclusivamente per scopi di ricerca e in conformità agli obiettivi dichiarati dello studio.

Le aziende sono state selezionate in seguito a una mappatura di quelle presenti sul territorio delle province pugliesi di Lecce, Taranto e Brindisi e in seguito ampliata con il supporto dei diversi ricercatori che hanno intervistato le organizzazioni. Sono state effettuate delle analisi di frequenza per individuare le tendenze principali relative alle domande esplorante mediante l’indagine conoscitiva. Per le analisi dei dati sono stati utilizzati i software Jamovi e R Studio.

Risultati

Alla domanda sulla conoscenza personale di soggetti con una situazione diagnostica di DSA, il 63.21% degli intervistati ha risposto negativamente, evidenziando una percezione limitata della diffusione di tali disturbi. Inoltre, tra coloro che hanno affermato di conoscere persone con DSA, i legami più frequenti riguardano amici (14.02%) e conoscenti (6.00-8.02%), mentre solo il 10.04% ha indicato familiari diretti come genitori, fratelli o sorelle.

Rispetto alla dichiarazione formale di DSA da parte dei dipendenti, il 55.92% delle aziende dichiara di non avere stime disponibili, mentre il 43.40% afferma che nessuno ha dichiarato ufficialmente un disturbo. Solo lo 0.70% delle aziende dispone di una stima effettiva. Inoltre, il 75.01% delle aziende non richiede ai candidati di dichiarare eventuali DSA durante il processo di selezione e il 54.40% non tiene conto di tali condizioni nelle procedure di reclutamento.

Rispetto alle misure compensative e dispensative offerte durante il processo di selezione del personale queste risultano scarse: il 44.11% delle aziende non adotta alcun provvedimento, mentre solo il 16.24% fornisce un computer e l’11% offre flessibilità sugli errori di ortografia. Analogamente, sul posto di lavoro, il 36.02% delle aziende non mette a disposizione alcun supporto logistico, sebbene il 25.73% offra una struttura personalizzata delle postazioni. Per quanto riguarda la consapevolezza normativa, il 50,72% dichiara di avere una conoscenza parziale delle leggi relative ai DSA, mentre il 44.11% ha poca o nessuna consapevolezza. Solo il 5.10% dimostra una comprensione completa delle normative. Infine, il 78.70% degli intervistati ritiene necessaria una formazione aggiuntiva per migliorare l’applicazione delle leggi e valorizzare le risorse umane con DSA.

Un altro aspetto rilevante riguarda la scarsa presenza di politiche aziendali orientate alla diversità e all’inclusione. Il 77.22% delle aziende afferma di promuovere politiche inclusive, ma molte di esse si limitano a iniziative generiche e poco mirate ai DSA. Tra le misure indicate, il supporto tecnologico è presente nel 41.20% dei casi, ma spesso non è accompagnato da un approccio strutturato. Infine, si osserva che l’86.03% delle aziende non ha una figura specifica responsabile per i dipendenti con DSA. Solo il 20.61% effettua una valutazione dell’efficacia dei supporti forniti e le modalità di monitoraggio risultano frammentarie e spesso affidate all’iniziativa dei singoli responsabili.

Il questionario prevedeva, come detto prima, anche una sezione con domande qualitative sulle strategie di gestione dei lavoratori con DSA. A tal proposito, le risposte sono state esplorate, con l’obiettivo di analizzare in maniera più approfondita gli aspetti chiave che secondo le aziende dovrebbero essere implementati. I dati sono stati computati in termini di frequenza delle parole, facendo emergere i nuclei concettuali riportati nella Figura 1.

Figura 1

Immagine che contiene testo, Carattere, tipografia, design Descrizione generata automaticamente

Wordcloud delle parole maggiormente utilizzate dalle aziende.

Le frequenze delle parole nella wordcloud mostrano un forte focus su temi centrali come formazione, DSA, consapevolezza e supporto, che emergono come concetti chiave nelle risposte. La parola formazione spicca come priorità, indicando la necessità di migliorare le competenze per gestire la diversità. Termini come consapevolezza e supporto riflettono un interesse verso la sensibilizzazione e l’adozione di strumenti adeguati. In generale, quindi, la frequenza delle parole utilizzate evidenzia l’importanza di promuovere politiche aziendali che favoriscano un ambiente inclusivo e preparato.

Discussione

I dati raccolti rivelano un panorama disomogeneo e critico riguardo alla gestione dei DSA in azienda. La scarsa rappresentanza di ruoli dedicati alla diversità e all’inclusione sottolinea un limite strutturale nella promozione di politiche inclusive. Questi primi risultati, seppur preliminari e finalizzati a una descrizione dello stato dell’arte sul tema, infatti, sembrano evidenziare la mancanza di una cultura diffusa di sensibilità verso i DSA. Questo è confermato dalla bassa percentuale di aziende che richiedono ai candidati di dichiarare eventuali disturbi o che adottano misure specifiche durante il processo di selezione.

La conoscenza parziale o insufficiente delle leggi rappresenta una barriera significativa per l’implementazione di strategie efficaci. La maggioranza degli intervistati non ha una comprensione completa delle normative, evidenziando la necessità di interventi formativi mirati. La mancanza di dichiarazioni formali di DSA da parte dei dipendenti può derivare sia da un clima di sfiducia sia dalla paura di stigmatizzazione, fenomeno che va affrontato promuovendo un ambiente lavorativo più accogliente. Quasi la metà delle aziende non fornisce alcun supporto logistico o tecnologico sul posto di lavoro. Sebbene alcune realtà offrano misure come postazioni personalizzate e tecnologie assistive, la loro diffusione è limitata. Questo potrebbe denotare una carenza di investimenti nelle risorse umane, con conseguenze potenzialmente negative sulla produttività e sul benessere dei dipendenti.

Il dato secondo cui la stragrande maggioranza degli intervistati avverte l’esigenza di ulteriori formazioni potrebbe tuttavia indicare una consapevolezza crescente della necessità di migliorare le politiche aziendali. Un altro elemento critico è rappresentato dall’assenza di figure specifiche responsabili della gestione dei dipendenti con DSA. Questa lacuna potrebbe limitare la capacità delle aziende di rispondere in modo tempestivo ed efficace alle esigenze dei lavoratori con tali disturbi.

In sintesi, i risultati evidenziano un quadro complesso e articolato, caratterizzato da iniziative sporadiche e una scarsa uniformità nell’approccio ai DSA. La promozione di ambienti inclusivi, puntando su formazione, consapevolezza normativa e investimenti in tecnologie e supporti personalizzati, sembra comunque essere un’esigenza che si evidenzia nelle aziende intervistate.

Un cambiamento culturale e organizzativo è essenziale per garantire pari opportunità ai lavoratori con DSA e per valorizzare appieno il loro potenziale. Ciò è in linea con gli studi che sottolineano come un ambiente favorevole e prassi inclusive possano mitigare il rischio di isolamento e frustrazione per i lavoratori con DSA (Afonso et al., 2015; Bruck, 1990; Iaia et al., 2024). Un monitoraggio più strutturato e una valutazione dell’efficacia delle misure adottate potrebbero rappresentare un ulteriore passo verso l’inclusione e la valorizzazione delle diversità.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) hanno un forte impatto nei contesti lavorativi, non solo dal punto di vista dei singoli lavoratori ma anche dal punto di vista organizzativo. Nonostante i numerosi passi in avanti dal punto di vista normativo, permane, in numerose organizzazioni, una mancanza di conoscenza sul tema. I responsabili delle risorse umane e gli addetti all’inserimento lavorativo spesso hanno una scarsa conoscenza sul tema, ignorando le peculiarità e i bisogni specifici di questi lavoratori e non avvertendo neppure la necessità di impostare e progettare percorsi di selezione del personale, formazione e sviluppo di carriera, attraverso la lente della valorizzazione delle diversità e dell’uso consapevole di strumenti di inclusione. Le pratiche di selezione del personale, talvolta, nella maggior parte dei casi, non prevedono degli accorgimenti per tutelare i candidati con DSA.

Sebbene la ricerca si sia finora focalizzata prevalentemente sull’esplorazione delle difficoltà individuali legate ai DSA e sull’impatto negativo che queste possono avere nel percorso professionale, pochi studi si sono focalizzati sulle buone prassi in grado di favorire la piena inclusione lavorativa e il successo professionale delle persone con DSA (Congedo et al., 2022; Giaconi et al., 2023).

La mancanza di prassi aziendali condivise e di tutele specifiche per i lavoratori con DSA, sia nel contesto nazionale che in quello internazionale, evidenzia una profonda lacuna. Ciò contribuisce a perpetuare un modello organizzativo che non valorizza le diversità, ma piuttosto la ostacola, applicando metodologie e pratiche discriminatorie.

Sebbene siano stati effettuati dei passi in avanti, dal punto di vista normativo, il quadro internazionale è frammentato. Un’analisi comparativa condotta nell’ambito del progetto Erasmus+ Dyslexia@work.EU (2021) ha rilevato che in molti Paesi europei, tra cui Francia, Malta e Irlanda, manca una legislazione specifica per la dislessia in ambito lavorativo. Inoltre, la definizione stessa del disturbo non è uniforme: mentre in Italia, secondo la Legge 170/2010, i DSA sono classificati come disturbi specifici dell’apprendimento e non come disabilità, in altri contesti internazionali (ad esempio secondo l’International Dyslexia Association) la dislessia è considerata una forma di disabilità dell’apprendimento. Queste differenze influenzano il riconoscimento e le tutele previste nei diversi sistemi nazionali.

Nonostante queste criticità, i lavoratori con DSA possiedono spesso qualità che rappresentano un valore aggiunto per le organizzazioni, come il pensiero divergente, la creatività e la capacità di risolvere problemi da prospettive non convenzionali (McLoughlin & Leather, 2013). Tuttavia, la mancanza di consapevolezza nelle aziende e l’assenza di strumenti adeguati impediscono di valorizzare queste competenze.

Alcuni studi sottolineano l’importanza di adottare approcci inclusivi nei luoghi di lavoro che considerino la diversità cognitiva come un elemento di arricchimento piuttosto che un limite (Ingusci et al., 2022; De Carlo et al., 2024). Zhou et al. (2023) hanno dimostrato che la diversità sul posto di lavoro, inclusa quella cognitiva, è correlata positivamente alla performance innovativa, suggerendo che ambienti di lavoro eterogenei possano stimolare la creatività e il problem solving.

D’altronde, le aziende capaci di gestire l’eterogeneità della forza lavoro sviluppano non solo il potenziale lavorativo attraverso la valorizzazione della diversità, intesa come risorsa, ma anche un maggior commitment e una maggiore competitività sul mercato.

Affrontare e supportare la «diversità» in azienda rappresenta una delle principali sfide per l’economia e la società a livello globale. Per le imprese italiane, così come per tutte le altre organizzazioni lavorative, questa sfida è inevitabile, soprattutto considerando la necessità di riposizionarsi in modo competitivo e di aprirsi maggiormente ai mercati internazionali.

A tal proposito, diventa essenziale il ruolo della formazione, poiché gioca un ruolo cruciale nella promozione di ambienti lavorativi inclusivi e capaci di valorizzare la diversità cognitiva.

Come evidenziato dall’evoluzione del sistema universitario, il potenziamento dei servizi di supporto e delle competenze trasversali ha favorito un maggiore accesso agli studi per gli studenti con DSA (Guaraldi, 2022). Allo stesso modo, un impegno analogo nel mondo del lavoro potrebbe migliorare l’inclusione e la valorizzazione di queste risorse.

È necessario che responsabili HR e manager aziendali acquisiscano competenze specifiche non solo sulla normativa, ma anche sulle strategie di gestione delle risorse umane con DSA. Investire nella formazione pratica può consentire di creare consapevolezza, sviluppare strumenti operativi e migliorare le politiche di inclusione, per cercare di implementare un ambiente che favorisca la partecipazione attiva dei lavoratori con DSA, riduca i costi legati alla mancata inclusione e potenzi la produttività aziendale.

La possibilità di erogare programmi formativi specifici, come suggerito dal progetto Dyslexia@work.EU, è una delle leve strategiche per ridurre le barriere organizzative e incentivare un cambiamento culturale sostenibile. La formazione, pertanto, potrebbe essere considerata non solo come un obbligo etico, ma anche come un’opportunità per le imprese di innovare e competere in mercati sempre più attenti alla diversità, sviluppando percorsi specifici rivolti a responsabili e professionisti delle risorse umane. Solo con maggiore consapevolezza, formazione adeguata e politiche di inclusione mirate sarà possibile tutelare i diritti di tutti i lavoratori e favorire un cambiamento culturale autentico nel mondo del lavoro.

I risultati di questa ricerca, seppur preliminare, evidenziano l’importanza di adottare un approccio inclusivo nei contesti organizzativi. Da un punto di vista applicativo, emerge la necessità di sviluppare percorsi formativi specifici per le aziende, volti a promuovere una maggiore consapevolezza e competenza nella gestione delle diversità cognitive. In questo senso, un approccio interdisciplinare tra psicologia del lavoro e delle organizzazioni e psicologia generale risulta essenziale per affrontare in modo efficace il tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento in ambito lavorativo.

La psicologia generale, con il suo focus sugli stili cognitivi, i processi di apprendimento e le strategie di adattamento, fornisce il quadro teorico necessario per comprendere le caratteristiche dei DSA e le difficoltà che possono emergere nei contesti professionali.

D’altra parte, la psicologia del lavoro e delle organizzazioni offre strumenti pratici per l’integrazione di queste conoscenze nella gestione delle risorse umane, nella progettazione di ambienti lavorativi più accessibili e nell’implementazione di strategie di supporto efficaci.

Un riferimento concreto in questa direzione è il percorso formativo proposto da AID Italia con il programma Dislessia Friendly, che offre strumenti pratici per favorire l’inclusione delle persone con DSA nei contesti lavorativi. Tuttavia, la sola formazione non è sufficiente: è fondamentale prevedere un monitoraggio continuo e un sistema di feedback periodici per valutare l’efficacia delle iniziative adottate. Questo perché, sebbene le caratteristiche dei DSA siano costanti, il modo in cui vengono vissute e affrontate può variare in base ai cambiamenti generazionali e ai contesti di riferimento.

Pertanto, diviene fondamentale adottare un approccio integrato che preveda non solo la formazione aziendale su pratiche inclusive, ma anche un sistema strutturato di valutazione e aggiornamento delle strategie adottate. Sicuramente, la collaborazione interdisciplinare tra psicologi del lavoro e psicologi generali può favorire lo sviluppo di modelli innovativi di inclusione che tengano conto delle esigenze cognitive specifiche, contribuendo alla creazione di ambienti professionali più accessibili, motivanti e sostenibili per tutti i lavoratori e le lavoratrici.

Nonostante le interessanti implicazioni, questo primo studio esplorativo non è esente da alcune limitazioni. In primo luogo, il campione analizzato è circoscritto a una specifica area geografica e questo determina una limitazione della generalizzabilità dei risultati a contesti nazionali e internazionali più ampi.

Inoltre, la metodologia adottata, basata su interviste e questionari, potrebbe aver risentito di bias di desiderabilità sociale, con risposte influenzate dalla volontà di mostrare un’immagine aziendale più inclusiva rispetto alla realtà. Dal punto di vista applicativo, sarebbe utile integrare dati qualitativi più approfonditi, attraverso studi longitudinali o focus group, per comprendere meglio le barriere e le strategie di inclusione più efficaci. Le prospettive future di ricerca potrebbero concentrarsi sull’implementazione e sulla valutazione di interventi formativi mirati, analizzando il loro impatto sulla percezione e sulla gestione delle risorse umane con DSA all’interno delle organizzazioni. Inoltre, un confronto con realtà aziendali di altri Paesi potrebbe offrire spunti utili per l’adozione di buone pratiche.

Bibliografia

AA.VV. (2022). Linea Guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. https://snlg.iss.it/wp-content/uploads/2022/03/LG-389-AIP_DSA.pdf

Afonso, O., Suárez-Coalla, P., & Cuetos, F. (2015). Spelling impairments in Spanish dyslexic adults. Frontiers in Psychology, 6, 466. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2015.00466

Alexander-Passe, N. (2006). How dyslexic teenagers cope: An investigation of self-esteem, coping and depression. Dyslexia, 12(4), 256-275. https://doi.org/10.1002/dys.318

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). American Psychiatric Publishing. https://doi.org/10.1176/appi.books.9780890425596

Angelelli, P., Notarnicola, A., Judica, A., Zoccolotti, P., & Luzzatti, C. (2010). Spelling impairment in Italian dyslexic children: Does the phenomenology change with age? Cortex, 46, 1299-1311. https://doi.org/10.1016/j.cortex.2010.06.015

Angelelli, P., Vizzi, F., Carrelli, C., Martino, M. G., & Iaia, M. (2022). Diagnosi e intervento per DSA presso l’Università del Salento. Psicologia e scuola, 9, 10-11.

ANVUR. (2022). Gli studenti con disabilità e DSA nelle università italiane: Una risorsa da valorizzare. https://www.anvur.it

Bakker, A. B., & Demerouti, E. (2007). The Job Demands-Resources model: State of the art. Journal of Managerial Psychology, 22(3), 309-328. https://doi.org/10.1108/02683940710733115

Bruck, M. (1990). Word-recognition skills of adults with childhood diagnoses of dyslexia. Developmental Psychology, 26(3), 439. https://doi.org/10.1037/0012-1649.26.3.439

Cardinaletti, A., & Volpato, F. (2015). On the comprehension and production of passive sentences and relative clauses by Italian university students with dyslexia. In E. Di Domenico, C. Hamann, & S. Matteini (Eds.), Structures, Strategies and Beyond (pp. 279-302). John Benjamins (Linguistik Aktuell Series). https://doi: 10.1075/la.223.13car

Congedo, P., Gioia, G. M., & Piraino, G. (2022). La valorizzazione delle competenze individuali nell’inserimento lavorativo di persone con disabilità o DSA: Un’esperienza di buona prassi presso unisalento. Un ponte tra università e mondo del lavoro per l’inclusione. In M. Pavone, A. Arenghi, E. Borgonovi, F. Ferrucci, E. Genovese & A. Pepino (Eds.), Un ponte tra università e mondo del lavoro per l’inclusione e la vita indipendente (pp. 247-260). FrancoAngeli.

Cornoldi, C. (1999). Le difficoltà di apprendimento a scuola. il Mulino.

De Carlo, E., Martis, C., Lecciso, F., Levante, A., Signore, F., & Ingusci, E. (2024). Acceptance of disability as a protective factor for emotional exhaustion: An empirical study on employed and unemployed persons with disabilities. Psicologia Sociale, Social Psychology Theory & Research, 2, 235-260. https://doi.org/10.1482/114459

Diamanti, V., Goulandris, N., Stuart, M., Campbell, R., & Protopapas, A. (2018). Tracking the effects of dyslexia in reading and spelling development: A longitudinal study of Greek readers. Dyslexia, 24(2), 170-189. https://doi.org/10.1002/dys.1588

Gerber, P. J. (2012). The impact of learning disabilities on adulthood: A review of the evidenced-based literature for research and practice in adult education. Journal of Learning Disabilities, 45(1), 31-46. https://doi.org/10.1177/0022219411426858

Giaconi, C. A. A., D’Angelo, I., Marfoglia, A., & Gentilozzi, C. A. (2023). Ecosistemi formativi inclusivi. OAPEN Library. https://library.oapen.org/bitstream/handle/20.500.12657/63413/1/9788835154143.pdf

Guaraldi, G. (2022). DSA e mondo del lavoro: Esperienze di vita e strategie compensative. Erickson.

Iaia, M., Vizzi, F., Carlino, M. D., Turi, M., Marinelli, C. V., & Angelelli, P. (2024). Specific learning disabilities and associated emotional-motivational profiles: A study in Italian university students. Frontiers in Psychology, 15, 1365980. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2024.1365980

Ingusci, E., Signore, F., Ortiz-Bonnin, S., Giaccari, M., Malerba, F., Martino, P., Lecciso, F., & Cortese, C. G. (2022). Disability as a job resource: The role of job crafting and organizational citizenship behaviours. BPA-Applied Psychology Bulletin, 295, 1-16. https://doi.org/10.26387/bpa.2022.00010

Lami G. (2016). Studenti con DSA all’Università di Modena e Reggio Emilia. Punti di forza e di debolezza per l’andamento accademico. In G. Guaraldi & E. Ghidoni (a cura di), Genetica e ambiente nella dislessia. Strategie per favorire l’apprendimento a scuola e all’università e l’ingresso nel mondo del lavoro (pp. 111-124). Erickson.

Lefly, D. L., & Pennington, B. F. (1991). Spelling errors and reading fluency in compensated adult dyslexics. Annals of Dyslexia, 41, 141-162. https://doi.org/10.1007/BF02648086

Legge n. 25. (2022). Decreto Sostegno Ter. Art. 7, comma 2 bis. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2022.

Legge 8 ottobre 2010, n. 170. (2010). Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n. 244 del 18 ottobre 2010. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2010/10/18/010G0195/sg

Logan, J., & Martin, N. (2012). Unusual talent: A study of successful leadership and delegation in entrepreneurs who have dyslexia. The Journal of Inclusive Practice in Further and Higher Education, 4(1), 57-67.

Macdonald, S. J. (2010). Towards a social reality of dyslexia. British Journal of Learning Disabilities, 38(4), 271-279. https://doi.org/10.1111/j.1468-3156.2009.00601.x

Marinelli, C. V., Cellini, P., Zoccolotti, P., & Angelelli, P. (2017). Lexical processing and distributional knowledge in sound-spelling mapping in a consistent orthography: A longitudinal study of reading and spelling in dyslexic and typically developing children. Cognitive Neuropsychology, 34(3-4), 163-186. https://doi.org/10.1080/02643294.2017.138616

Maughan, B., Hagell, A., Rutter, M., & Yule, W. (1994). Poor readers in secondary school. Reading and Writing, 6, 125-150. https://doi.org/10.1007/BF01026909

McLoughlin, D., & Leather, C. (2013). The dyslexic adult: Interventions and outcomes. An evidence-based approach (2nd ed.). Wiley-Blackwell.

Meneghetti, C., Zamperlin, C., Fabris, M., Rizzato, R., Palamà, D., & De Beni, R. (2016). Studenti universitari in difficoltà: Esperienza di un percorso per la promozione delle abilità di studio. Psicologia clinica dello sviluppo, 20(3), 477-484.

Morris D. e Turnbull P. (2007), A survey-based exploration of the impact of dyslexia on career progression of UK registred nurses. Journal of Nursing Management, 15, 97-108. https://doi.org/10.1111/j.1365-2934.2006.00649.x

Re, A. M., Tressoldi, P. E., Cornoldi, C., & Lucangeli, D. (2011). Which tasks best discriminate between dyslexic university students and controls in a transparent language? Dyslexia, 17, 227-241. https://doi.org/10.1002/dys.431

Roffman, A. J., Herzog, J. E., & Wershba-Gershon, P. M. (1994). Helping young adults understand their learning disabilities. Journal of learning Disabilities, 27(7), 413-419. https://doi.org/10.1177/002221949402700702

Share, D. L. (2008). On the Anglocentricities of current reading research and practice: The perils of overreliance on an «outlier» orthography. Psychological Bulletin, 134(4), 584-615. https://doi.org/10.1037/0033-2909.134.4.584

Shaywitz, S., Fletcher, J., Holahan, J. M., Schneider, A., Marchione, K. E., Stuebing, K., Francis, D. J., Pugh, K. R., & Shaywitz, B. A. (1999). Persistence of dyslexia: The Connecticut Longitudinal Study at Adolescence. Pediatrics, 104, 1351-1359. https://doi.org/10.1542/peds.104.6.1351

Taylor K.E. e Walter J. (2003), Occupation choices of adults with and without symptoms of dyslexia. Dyslexia, 9, pp. 177-185. https://doi.org/10.1002/dys.239

Vizzi, F., Iaia, M., Carlino, M. D., Marinelli, C. V., Turi, M., & Angelelli, P. (2024). The enduring challenge of literacy issues in adulthood: Investigating spelling deficits among dyslexic Italian University studentsBrain Sciences, 14(7), 712. https://doi.org/10.3390/brainsci14070712

Watson, J., & Boman, P. (2005). Mainstreamed students with learning difficulties: Failing and underachieving in the secondary school. Australian Journal of Learning Difficulties, 10(2), 43-49. https://doi.org/10.1080/19404150509546788

Willcutt, E. G., & Pennington, B. F. (2000). Psychiatric comorbidity in children and adolescents with reading disability. The Journal of Child Psychology and Psychiatry and Allied Disciplines, 41(8), 1039-1048. https://doi.org/10.1111/1469-7610.00691

Witte, R. H., Philips, L., & Kakela, M. (1998). Job satisfaction of college graduates with learning disabilities. Journal of Learning Disabilities, 31(3), 259-265. https://doi.org/10.1177/002221949803100305

Zhou, J., Wang, K., & Tang, Y. (2023). Workplace diversity and innovation performance: A systematic review, «arXiv preprint». https://doi.org/10.48550/arXiv.2311.05219

Zoccolotti, P., Angelelli, P., Marinelli, C. V., & Romano, D. L. (2021). A network analysis of the relationship among reading, spelling and maths skills. Brain Sciences, 11(5), 656. https://doi.org/10.3390/brainsci11050656


  1. 1 Università del Salento, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali.

  2. 2 Università del Salento, Dipartimento di Medicina Sperimentale.

  3. 3 Università Mercatorum, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali.

  4. 4 University of Salento, Department of Human and Social Sciences.

  5. 5 University of Salento, Department of Experimental Medicine.

  6. 6 Universitas Mercatorum, Department of Human and Social Sciences.

Vol. 18, Issue 2, June 2025

 

Back