Vol. 18, n. 2, giugno 2025 — pp. 97-100

COUNSELING E PSICOLOGIA POSITIVA

Counseling and positive psychology

a cura di (edited by) Antonella Delle Fave e Annamaria Di Fabio

Lavoratori invisibili: le occupazioni ignorate dalla ricerca psicologica

Antonella Delle Fave1

Come ben noto, la stragrande maggioranza degli studi scientifici condotti in ambito psicologico si basa su dati raccolti tra studenti universitari, per di più iscritti a corsi di laurea di area psicologica. Si discute da decenni sulla possibilità di generalizzare a popolazioni diverse i risultati ottenuti da questi giovani adulti, con elevato livello di istruzione e disponibili alla collaborazione in cambio di qualche credito formativo; la questione viene opportunamente citata nella sezione «limitazioni» degli articoli, ma l’abitudine permane solida, soprattutto nelle ricerche sperimentali e in quelle relative ai processi psicologici di base.

Anche nell’ambito della psicologia applicata si evidenzia il medesimo problema. Le ricerche condotte su campioni di adulti si orientano il più delle volte su alcune specifiche tipologie di partecipanti. Come per gli studenti universitari, si tratta di persone con un livello di istruzione mediamente elevato, abituate a compilare formulari e questionari — possibilmente online — e quindi poco «richiedenti» dal punto di vista dell’impegno necessario ai ricercatori per raccogliere i loro dati (Slife et al., 2017). Per quanto riguarda lo specifico contesto del lavoro, le ricerche vengono condotte essenzialmente su tre tipologie di occupazioni: impiegati, insegnanti e professionisti della salute (in gran parte infermieri).

Non si può tuttavia pensare che i dati raccolti tra questi professionisti siano rappresentativi delle problematiche e delle risorse che la popolazione adulta incontra nello svolgimento delle sue occupazioni lavorative. Per allargare lo sguardo oltre la nostra ristretta visuale di ricercatori, urbanizzati, con istruzione superiore e inseriti in una rete sociale élitaria, è sufficiente prestare attenzione ai lavoratori che ci circondano nella vita quotidiana: collaboratrici domestiche, portieri, guidatori di mezzi pubblici, commesse e cassiere di negozi e supermercati, parrucchieri, sarte, falegnami, idraulici, elettricisti, imbianchini, muratori, operatori ecologici, camerieri e cuochi, fattorini e rider che portano cibo a domicilio. Se poi osserviamo gli scaffali di un supermercato potremmo pensare che qualcuno ha pur dovuto piantare finocchi e peperoni, raccogliere pomodori, arare campi o portare olive al frantoio. Eppure, tutti questi lavoratori e lavoratrici sono invisibili ai ricercatori; le loro condizioni psicofisiche, il loro benessere, la loro esposizione allo stress e la loro qualità di vita sono totalmente ignote agli psicologi.

Questa cecità accademica è ancora più interessante se consideriamo che si tratta spesso di lavoratori il cui contributo alla società è vitale. Per portare un esempio eclatante, secondo le statistiche più recenti (Food and Agriculture Organization, FAO, 2024), gli agricoltori nel mondo sono 892 milioni e rappresentano il 26% della forza lavoro totale. Peraltro, è probabile che il loro numero sia più elevato, poiché il dato della FAO non comprende molte persone non ufficialmente registrate come lavoratori, le quali (soprattutto donne e bambini) prestano la loro opera gratuitamente in microimprese familiari, o vengono assunte stagionalmente con modalità spesso opache.

Senza il contributo di questa sterminata popolazione di lavoratori, gli altri esseri umani semplicemente non potrebbero sopravvivere. Inoltre i lavoratori agricoli sono esposti a rischi che solo negli ultimi due decenni, a seguito dei cambiamenti climatici e del peggioramento delle condizioni degli ecosistemi del pianeta, sono stati messi in luce in modo approfondito da economisti, sociologi, studiosi di agraria, veterinaria, zootecnia e scienze ambientali, medici e psichiatri (non però dagli psicologi). Tra questi rischi spiccano l’isolamento sociale, incidenti e malattie infettive, catastrofi naturali che si abbattono sui campi, sfruttamento e compensi non equi. Considerando questi fattori di rischio nel loro insieme, il lavoro agricolo è stato incluso tra le 10 professioni più stressanti al mondo, con conseguenze anche estreme come l’incremento dei suicidi, soprattutto in Asia (Dongre & Deshmukh, 2012; Feng et al., 2015), ma anche in Paesi in cui l’agricoltura si avvale di attrezzature e tecnologie avanzate, come ad esempio l’Australia (Judd et al., 2006).

Questi studi, tuttavia, non permettono di conoscere e comprendere le dimensioni individuali, familiari e relazionali — siano esse risorse che criticità — che contribuiscono a favorire o a minare il benessere dei lavoratori agricoli, la loro qualità di vita e le loro opportunità di crescita professionale (Soosai-Nathan & Delle Fave, 2017). La prospettiva psicologica non può essere vicariata dalle altre discipline: proprio per questo la scotomizzazione di intere categorie di lavoratori, di cui è riportato qui solo un esempio, è dannosa. Essa comporta il rischio di una visione parziale del lavoro, appiattita sulle problematiche individuali e organizzative di poche categorie, difficilmente generalizzabili ad altri contesti. Considerando che il lavoro occupa gran parte delle ore di veglia della popolazione adulta del pianeta, occorrerebbe da parte degli psicologi una maggiore attenzione a coloro che supportano la nostra vita quotidiana con le loro conoscenze e competenze specifiche, e che tuttavia risultano invisibili nelle pagine delle nostre riviste.

Bibliografia

Dongre, A. R., & Deshmukh, P. R. (2012). Farmers’ suicides in the Vidarbha region of Maharashtra, India: A qualitative exploration of their causes. Journal of Injury & Violence Research, 4, 2-6. https://doi.org/10.5249/jivr.v4i1.68

Feng, D., Ji, L., & Xu, L. (2015). Effect of subjective economic status on psychological distress among farmers and non-farmers of rural China. The Australian Journal of Rural Health, 23, 215-220. https://doi.org/10.1111/ajr.12187

Food and Agriculture Organization. (2024). World Food and Agriculture — Statistical Yearbook 2024. Rome. https://doi.org/10.4060/cd2971en.

Judd, F., Jackson, H., Fraser, C., Murray, G., Robins, G., & Komiti, A. (2006). Understanding suicide in Australian farmers. Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology, 41, 1-10. https://doi.org/10.1007/s00127-005-0007-1

Slife, B. D., O’Grady, K. A., & Kosits, R. D. (2017). The Hidden Worldviews of Psychology’s Theory, Research, and Practice. Routledge.

Soosai-Nathan, L., & Delle Fave, A. (2017). The well-being of workers in the agricultural sector. In L. Oades, M. Steger, A. Delle Fave & J. Passmore (Eds.), The Wiley Blackwell Handbook of the Psychology of Positivity and Strengths-Based Approaches at Work (pp. 527-545). Wiley Blackwell. https://doi.org/10.1002/9781118977620.ch27


  1. 1 Università degli Studi di Milano.

 

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