Vol. 17, n. 3, novembre 2024

STRUMENTI

Adattabilità Organizzativa: nuove frontiere e sviluppo di uno strumento di misura

Sergio Sangiorgi,1Marco Favilla,2Giacomo Poli,1Elvis Mazzoni,1 Martina Benvenuti1 e Mariagrazia Benassi1

Abstract

In un contesto lavorativo sempre più dinamico e complesso, l’adattabilità è diventata una caratteristica chiave per affrontare cambiamenti rapidi e imprevedibili. Questo studio ha l’obiettivo di chiarire il costrutto dell’adattabilità in ambito organizzativo, esplorandone le dimensioni e testando un nuovo strumento di misurazione. Partendo da una rassegna della letteratura e da interviste qualitative a lavoratori di vari settori, è stato sviluppato un modello multidimensionale di adattabilità, articolato in dieci fattori che coprono sia aspetti individuali, sia di gruppo e organizzativi. Il questionario, composto da 88 item, è stato testato su partecipanti-lavoratori per valutarne l’affidabilità e la validità tramite analisi fattoriale e correlazioni con i tratti di personalità del modello Big Five. I risultati evidenziano che l’adattabilità è associata a fattori come l’apertura all’esperienza, la stabilità emotiva e la coscienziosità, e supportano la validità del modello come strumento utile per misurare l’adattabilità in situazioni lavorative incerte. Questo strumento potrebbe supportare le organizzazioni e i lavoratori nell’identificare le aree in cui intervenire per migliorare l’efficacia e la competitività sul mercato del lavoro, anche mediante strategie di upskilling e reskilling.

Parole chiave

Adattabilità, Organizzazioni, Flessibilità, Resilienza, Big Five, Cambiamento, Lavoro, Competenze.

INSTRUMENTS

Organizational Adaptability: New Frontiers and Development of a Measurement Tool

Sergio Sangiorgi,3Marco Favilla,4Giacomo Poli,1Elvis Mazzoni,1 Martina Benvenuti,1 and Mariagrazia Benassi1

Abstract

In an increasingly dynamic and complex work environment, adaptability has become a key skill for responding to rapid and unpredictable changes. This study aims to clarify the concept of adaptability in organizational settings, exploring its dimensions and testing a new measurement tool. Based on a literature review and qualitative interviews with workers from various sectors, a multidimensional model of adaptability was developed, covering both individual and group- or organization-related aspects. The questionnaire, consisting of 88 items, was tested on a sample of workers to assess its reliability and validity through factor analysis and correlations with the personality traits of the big five model. The results highlight that adaptability is associated with traits such as openness to experience, emotional stability, and conscientiousness, supporting the validity of the model as a useful tool for measuring adaptability in uncertain work situations. This tool could help organizations and workers identify areas for improvement to enhance effectiveness and competitiveness in the labour market, including strategies for upskilling and reskilling.

Keywords

Adaptability, Organizations, Flexibility, Resilience, Big five, Change, Work, Competences.

Introduzione

Nell’odierno panorama globale, dinamico e interconnesso, ma soprattutto estremamente complesso, le organizzazioni si trovano a dover far fronte a vari cambiamenti, sempre più veloci e imprevedibili. La globalizzazione, l’innovazione tecnologica e il costante progresso hanno infatti contribuito alla creazione di continue sfide, ma anche di opportunità, che devono essere affrontate e colte per rimanere competitivi sul mercato. In questo scenario intricato e incerto, la capacità di adattarsi, ovvero l’adattabilità nel contesto e al contesto lavorativo e organizzativo, diviene una competenza chiave, bussola indispensabile per persone, team e organizzazioni per orientarsi e gestire attivamente il futuro.

L’adattabilità in ambito organizzativo e lavorativo non è certamente un concetto nuovo nel panorama della psicologia delle organizzazioni. Con tale termine si fa solitamente riferimento alla capacità di rispondere efficacemente, come singoli individui, membri di un team o di un’organizzazione, a cambiamenti, sfide e incertezze tipiche dell’ambiente lavorativo (Griffin et al., 2010). Essa si configura come un costrutto sfaccettato e multidimensionale, nella misura in cui i ruoli ricoperti da un singolo individuo all’interno delle organizzazioni risultano essere differenti e legati a elementi quali le caratteristiche individuali del team e dell’organizzazione stessa. Proprio in virtù di ciò, Griffin e colleghi (2007) hanno distinto tre differenti tipologie di adattabilità: adattabilità ai compiti individuali, adattabilità dei membri del team e l’adattabilità dei membri dell’organizzazione.

Adattabilità ai compiti individuali

L’Adattabilità ai compiti individuali riflette la misura in cui l’individuo si adatta o si confronta con i cambiamenti legati al suo ruolo lavorativo. Essa concerne la capacità di svolgere i compiti assegnati in maniera appropriata nonostante le condizioni incerte, l’adattamento a nuove procedure lavorative o il suggerimento di nuove modalità con cui svolgere al meglio un determinato compito. Ad esempio, un lavoratore che deve adattarsi all’introduzione di un nuovo software nell’azienda per cui lavora, imparando bene come usarlo e come integrarlo nelle procedure già presenti.

La maggioranza delle ricerche relative all’adattabilità ai compiti individuali si è concentrata sull’identificazione di quali fossero le caratteristiche individuali legate ad essa (Griffin & Hesketh, 2003, 2005; Naami et al., 2014). Nello specifico, tali studi si sono concentrati maggiormente sui tratti di personalità, quali la stabilità emotiva (Naami et al., 2014; Pulakos et al., 2002) o l’estroversione (Neal et al., 2012) e l’apertura all’esperienza. In particolare, tali studi hanno evidenziato come l’apertura mentale al cambiamento sia una caratteristica chiave per l’adattabilità in quanto, al contrario degli individui più chiusi, che tendono a mostrare una preferenza verso compiti lavorativi più stabili, gli individui più aperti al cambiamento risultano maggiormente positivi e motivati a rispondere in maniera flessibile, adattandosi maggiormente alle sfide in situazioni lavorative incerte.

Adattabilità dei membri del team

L’adattabilità dei membri del team riflette la misura in cui l’individuo si adatta e si confronta con i cambiamenti che coinvolgono il suo ruolo come membro di un team. Infatti, come sostenuto anche da Kozlowski et al. (2009), ai team di lavoro non è richiesto di far fronte e adattarsi solamente ai cambiamenti esterni al proprio ambiente lavorativo, ma anche ai cambiamenti all’interno del gruppo, soprattutto in momenti di maggiore incertezza. Esempi di tale adattabilità sono dati dall’ingresso di nuovi membri in un team, con conseguenti aggiustamenti di composizione e di metodologia di lavoro, oppure alla modificazione dei ruoli lavorativi del team stesso sulla base delle contingenze scatenate da un particolare evento. Proprio questo adattamento all’incertezza rende l’adattabilità ai membri del team un costrutto simile a quello dell’adattabilità interpersonale di Pulakos et al. (2000), ovvero la capacità di mantenere un livello di interdipendenza coordinata in situazioni caratterizzate da eventi non prevedibili. Anche tale abilità, al pari dell’adattabilità ai compiti individuali si configura come essenziale, in quando è stato riscontrato come un adattamento maggiore da parte dei membri del team ai propri ruoli ha come effetto una maggiore influenza positiva sulla performance lavorativa (Moon et al., 2004).

Adattabilità dei membri dell’organizzazione

L’adattabilità dei membri dell’organizzazione riflette la misura in cui l’individuo si adatta a cambiamenti del suo ruolo all’interno dell’organizzazione stessa. Suddetta adattabilità risulta dunque dipendere maggiormente dalle caratteristiche dell’organizzazione, come l’ambiente professionale, i compiti assegnati, gli strumenti a disposizione o il grado di autonomia possibile. Un esempio per comprendere al meglio la necessità di tale adattabilità è la fusione tra due o più organizzazioni: il lavoratore dovrà infatti far fronte a una serie di cambiamenti, quali i nuovi strumenti a disposizione nell’ipotetica nuova sede o alle caratteristiche delle organizzazioni fuse insieme. Ciononostante, non sempre una netta distinzione tra tale adattabilità e le due precedenti menzionate è possibile. Occorre specificare infatti come spesso alcuni processi organizzativi risultino in cambiamenti di ruoli all’interno dei team o individuali, rendendo spesso difficile una netta distinzione tra queste adattabilità. La necessità di un lavoratore di apprendere una nuova tecnica o abilità per svolgere un compito derivante da una fusione organizzativa, infatti, potrebbe essere considerata un’adattabilità dei membri dell’organizzazione, ma andando a interessare maggiormente l’adattabilità ai compiti individuali viene spesso classificata come tale.

Nonostante ciò, dall’analisi della letteratura appare indubbio che le tre tipologie di adattabilità siano fondamentali non solo nella capacità della gestione del cambiamento, ma anche in quella proattività nel prevedere e prepararsi per eventuali sfide future. Tale prospettiva enfatizza la corrente necessità per i lavoratori di sviluppare un insieme di abilità e atteggiamenti che, in un’ottica di lifelong learning, garantiscano una buona flessibilità comportamentale. La capacità di adattarsi velocemente alle nuove sfide e l’apertura al cambiamento, infatti, risulterebbero essere connesse a una miglior performance lavorativa (Griffin et al., 2007) e un maggiore successo lavorativo (Griffin & Hesketh, 2003).

All’interno della sua ricerca, van Dam (2013) ha evidenziato come l’adattabilità ai compiti individuali sia un aspetto chiave per il successo lavorativo. L’importanza per l’autore dell’adattabilità in ambito organizzativo e lavorativo sarebbe infatti tale da annoverarla come terza categoria responsabile della performance lavorativa insieme allo svolgimento dei compiti (task performance) e la performance contestuale (contextual performance). Infine, alcuni studi hanno dimostrato come l’adattabilità sia un predittore anche del benessere lavorativo (Nejad et al., 2021), andando a dare un maggiore valore al significato e allo scopo delle proprie azioni e incrementando il benessere dei singoli lavoratori (Tims et al., 2015).

Teoria dell’adattamento al lavoro (TWA): Adattamento proattivo, reattivo e tollerante

Un ulteriore aspetto che occorre considerare nell’analisi dell’adattabilità è la relazione che intercorre tra l’ambiente di lavoro, l’individuo e le sue caratteristiche. Sulla relazione del singolo individuo e l’ambiente di lavoro si fondano la teoria dell’adattamento al lavoro o Theory of Work Adaptation - TWA (Dawis & Lofquist, 1984), e la teoria della corrispondenza persona-ambiente (Dawis, 1996). Entrambe si basano sull’assunto principale che la soddisfazione del lavoratore e la sua prestazione possono essere predette dal grado di corrispondenza tra le caratteristiche della persona e dell’occupazione.

La TWA rappresenta infatti un quadro di riferimento che cerca di spiegare come gli individui, in termini di capacità e bisogni, e il loro ambiente di lavoro, in termini di requisiti e rinforzi, possano raggiungere un buon adattamento. Tale prospettiva si fonda sul presupposto che esista una relazione reciproca tra le persone e il loro ambiente: le persone influenzano il loro ambiente di lavoro e l’ambiente di lavoro influenza le persone che lo compongono (Swanson & Schneider, 2020). Questo equilibrio rappresenta un elemento cruciale per il successo e la soddisfazione nella carriera.

Purtroppo, tale equilibrio «perfetto» non sempre risulta possibile, soprattutto in situazioni lavorative non ideali, come in caso di un carico di lavoro elevato o un ambiente di lavoro stressante e non stimolante. In questo scenario, l’adattabilità comportamentale, ovvero la capacità dell’individuo di regolare il proprio comportamento per ottenere un migliore adattamento all’ambiente di lavoro, costituisce un forte elemento di supporto, una risorsa, per il lavoratore che si trova a dover affrontare un ambiente di lavoro complesso.

Secondo la TWA, possiamo identificare e distinguere tre principali stili di adattamento: proattivo, reattivo e tollerante.

  • Adattamento Proattivo: Adottare un comportamento proattivo indica che la persona intraprende azioni che hanno un effetto positivo sull’ambiente, modificandolo. Il lavoratore cerca quindi attivamente di cambiare l’ambiente di lavoro per adattarsi meglio alle sue esigenze, dimostrando una capacità creativa di risolvere i problemi e di affrontare le crisi.
  • Adattamento Reattivo: Il comportamento reattivo corrisponde al tentativo della persona di adattare il proprio comportamento e le proprie reazioni per adattarsi alle esigenze del lavoro. Il lavoratore, dunque, cambia o si modifica per adattarsi meglio al nuovo ambiente, apprendendo nuove competenze, modificando il proprio stile di lavoro o trovando nuovi modi per gestire lo stress legato al lavoro.
  • Adattamento Tollerante: Un comportamento tollerante rappresenta invece l’accettazione del disallineamento tra la persona e il luogo di lavoro. In esso il lavoratore cerca di continuare a funzionare e di far fronte alla situazione piuttosto che cercare attivamente di cambiarlo. Ad esempio, una persona può cercare di affrontare il luogo di lavoro negativo cambiando la propria soddisfazione al di fuori del lavoro o sopportando la situazione fino a quando non riuscirà a trovare un adattamento migliore altrove.

In sintesi, poiché la prestazione lavorativa può essere considerata una forma di comportamento, l’uso di un quadro di riferimento che procede all’analisi del comportamento adattivo può essere applicato al dominio della prestazione adattiva. L’utilizzo di una misura dell’adattabilità comportamentale per prevedere l’effettiva prestazione adattiva sembra essere confermato infatti da un’ampia letteratura (Owens & Schoenfeldt, 1979).

Tratti di personalità: Big Five

Un ultimo aspetto da considerare per quanto concerne la capacità di adattarsi è legato ai tratti di personalità. Già in precedenza, a proposito dell’adattabilità ai compiti individuali, è stata evidenziata la rilevanza di determinati tratti di personalità come la stabilità emotiva (Naami et al., 2014; Pulakos et al., 2002) o l’estroversione (Neal et al., 2012). In tale contesto, il modello del Big Five con i cinque tratti di personalità è già stato ampliamente esplorato e accettato nell’analisi delle differenze individuali in relazione al lavoro e agli aspetti psicologici ad esso collegati, quali l’adattabilità appunto. I cinque tratti di personalità sono stati studiati e definiti da una moltitudine di autori (Caprara et al., 1994; Goldberg, 1993; Pellicini, 2014) e generalmente vengono definiti come:

  1. Coscienziosità: capacità di autocontrollo e di autoregolazione, che spazia da un polo caratterizzato da una forte scrupolosità ed affidabilità, al polo opposto di disorganizzazione e non curanza.
  2. Estroversione: tendenza alla socialità e amicalità, relativa alla quantità e qualità delle relazioni intraprese. Essa vede su un polo l’estroversione, caratterizzata dal dinamismo, mentre dall’altra l’introversione, con relativo senso di dominanza.
  3. Amicalità: capacità empatica e collaborazione, posta in opposizione all’antagonismo, maggiormente definito da cinismo ed egoismo.
  4. Stabilità emotiva: tendenza alla dominanza e stabilità emotiva, posta su un continuum che va dalla dominanza e stabilità emotiva all’insicurezza emotiva, definita come nevroticismo.
  5. Apertura all’Esperienza: essa sottolinea una preferenza verso l’originalità e la creatività, nella ricerca attiva di nuove esperienze. Vede come suo polo opposto la chiusura all’esperienza, tipica delle persone più conformiste e passive.

Tali tratti, che risultano essere comuni a tutto il genere umano, influenzano nelle loro combinazioni i comportamenti della vita di tutti i giorni. Di conseguenza, nel mondo lavorativo, le nostre azioni e comportamenti e, di riflesso, la nostra capacità e propensione verso una maggiore adattabilità nelle sue sfumature individuali, di gruppo o organizzative risultano potenzialmente essere influenzate da tali tratti di personalità. Essi possono dunque essere presi in considerazione per poter analizzare al meglio il costrutto dell’adattabilità per comprenderne le caratteristiche e le possibili sfaccettature.

Diversi studi hanno infatti riscontrato una relazione positiva tra l’adattabilità lavorativa e tratti di personalità come estroversione, apertura all’esperienza e coscienziosità (Li et al., 2015; van Vianen et al., 2012; Zacher, 2014). Gli stessi studi inoltre hanno riscontrato anche un effetto negativo sull’adattabilità esercitato da un altro tratto di personalità, ovvero il nevroticismo, opposto alla stabilità emotiva. Ulteriori studi hanno inoltre confermato come la coscienziosità e l’apertura all’esperienza siano altamente correlate con alcuni aspetti dell’adattabilità individuale (Bartone et al., 2018; Murphy, 2015; Wang, 2012).

In sintesi, differenti studi recenti che si sono concentrati sulla relazione tra adattabilità individuale e di gruppo hanno dimostrato come mediamente esse siano positivamente correlate a tutti i tratti di personalità del Big Five: in altri termini, i cinque tratti di personalità sarebbero associati a comportamenti che faciliterebbero l’adattabilità lavorativa (Storme et al., 2020). È stato ipotizzato, ad esempio, che un alto livello di estroversione permetta a una persona di avere maggiore sicurezza nei propri mezzi, con una relativa maggiore adattabilità individuale. Allo stesso modo, un alto livello di amicalità favorirebbe l’adattarsi ai contesti di team, vista la propensione verso la fiducia negli altri e l’attenzione verso il loro benessere.

Uno studio sull’adattabilità in ambito organizzativo

Sulla base dell’analisi della letteratura esistente e di quanto sinora descritto, questo articolo si pone l’obiettivo non solo di chiarire il costrutto dell’adattabilità in ambito organizzativo e lavorativo e i suoi potenziali benefici, ma anche di validare uno strumento innovativo volto ad analizzare l’adattabilità nei contesti organizzativi.

La ricerca nasce, infatti, da un contesto socioeconomico attuale, nel quale è sempre più difficile trattenere i lavoratori (in particolare le fasce più giovani) che spesso le aziende percepiscono come in difficoltà nell’adattarsi ai nuovi contesti lavorativi. Essa punta, attraverso un’analisi degli aspetti situazionali e dei modelli già esistenti nella letteratura scientifica, a misurare quella che è l’adattabilità dei lavoratori in contesti di lavoro con ampie quote d’incertezza, per aiutare le organizzazioni a comprendere su quali aspetti investire e quando sia necessario favorire delle strategie volte al miglioramento dell’adattabilità, anche in un’ottica di upskilling e reskilling dei lavoratori.

Al fine di comprendere al meglio il costrutto dell’adattabilità in ambito organizzativo e lavorativo nelle sue differenti sfaccettature, l’indagine ha proceduto attraverso due fasi.

Una prima fase esplorativa, che si è avvalsa di interviste e dell’analisi della letteratura per mettere a punto il modello su cui costruire il questionario, da utilizzare in una seconda fase di approfondimento. Per questa prima fase, i dati raccolti tramite interviste sono stati analizzati attraverso un’analisi del contenuto che ha confrontato le varie risposte degli intervistati per estrarre quegli elementi comuni che più interlocutori, sulla base della loro esperienza sul campo, evidenziavano come caratterizzanti il fattore flessibilità. Una seconda fase di approfondimento e validazione, tramite questionario, volta a testare la bontà del modello costruito sulla base delle interviste effettuate e di alcuni modelli esistenti in letteratura, nonché la possibile correlazione con i fattori di personalità tipici del modello Big Five.

L’ipotesi che caratterizza questa seconda fase di approfondimento e validazione ha dunque cercato di comprendere se lo strumento riesce a cogliere adeguatamente il costrutto dell’adattabilità sulla base di aspetti situazionali e del modello a 9 fattori rilevato dalla letteratura.

Di conseguenza, l’esplorazione ha proceduto con l’analisi delle diverse tipologie di adattabilità analizzate dallo strumento in relazione ai cinque tratti di personalità riferiti al modello Big Five per comprendere come: le varie tipologie di adattabilità lavorativa misurate sono associate ai cinque tratti di personalità del modello dei Big Five.

Metodo

Fase esplorativa con interviste

Partecipanti e procedura

Per la fase esplorativa, sono state condotte interviste semi-strutturate a lavoratori facenti parte di svariati settori e imprese, dalla finanza alla manifattura, dall’informatica alla formazione e sviluppo industriale. Il numero di partecipanti alle interviste è stato di 40 lavoratori, con una media di anzianità lavorativa abbastanza elevata, pari a circa 9 anni nell’attuale posizione. Tali lavoratori sono stati per la maggioranza selezionati scegliendo tra aziende differenti, salvo un esiguo numero di casi in cui sono stati inclusi lavoratori con diversi ruoli dalla stessa organizzazione.

La maggioranza dei ruoli ricoperti da tali professionisti risultano essere legati nella gestione delle risorse umane (HR manager o specialist) o ad aspetti dirigenziali e amministrativi (CEO e responsabili di reparto), anche se sono state intervistate anche altre figure come quelle di Office manager o Engineering manager. Il gruppo di partecipanti finale, quindi, è risultato essere abbastanza variegato e comprensivo di un numero di ruoli differentemente sfaccettati.

I dati sono stati raccolti attraverso 12 domande, sia aperte a risposta breve («Può fare un esempio concreto di situazioni in cui uno o più dei dipendenti ha mostrato adattabilità»), sia chiuse, in cui al lavoratore veniva richiesto di esprimere una preferenza in una particolare contesto situazionale («Quale tra i profili dei lavoratori qui descritti brevemente sarebbe secondo lei più adattabile a lavorare da remoto?»).

Risultati dell’analisi del contenuto

La maggioranza degli intervistati ha identificato la flessibilità, e le relative capacità di apertura mentale e proattività, come elementi chiave nello sviluppo e nella manifestazione dell’adattabilità. Inoltre, alla richiesta di fornire esempi di situazioni in cui i dipendenti hanno mostrato o meno adattabilità, gli intervistati hanno fornito una profilazione del lavoratore adattabile abbastanza univoca. Il lavoratore capace di adattarsi, secondo gli intervistati, risulta infatti mediamente una persona disponibile e proattiva, con un’età non troppo avanzata e una scolarizzazione avanzata (laurea), incentrato sul lifelong learning e dotato di competenze trasversali che gli permettono di affrontare cambiamenti di ruolo efficacemente e senza rigidità o chiusura.

Ulteriori caratteristiche ritenute imprescindibili per una buona adattabilità sono risultate la resilienza e la positività nei confronti dello stress provocato da situazioni nuovi e inaspettate insieme alla versatilità nell’affrontare tali episodi con elasticità e prontezza.

I dati raccolti attraverso le domande di tipo più situazionale («Un suo collaboratore come potrebbe adattarsi in una situazione non di routine, che potrebbe generare stress, per gestire al meglio la situazione nella sua azienda?») hanno inoltre evidenziato una forte necessità di adattabilità di ruolo (caratteristiche individuali quali flessibilità e resilienza) e di quella organizzativa (adesione e al focus sugli obiettivi organizzativi), mentre aspetti più legati all’adattabilità di gruppo (comunicazione, supporto e teamwork) sembrano rivestire minore rilevanza e risultano meno considerati.

Volendo riassumere i risultati principali dell’analisi preliminare effettuata, gli intervistati hanno individuato nella flessibilità e nelle sue sfaccettature le caratteristiche imprescindibili per il complesso e mutevole mercato del lavoro odierno, ponendo l’accento in particolare sulla resilienza come fattore chiave per le complesse dinamiche lavorative. Inoltre, i lavoratori interpellati nell’identificazione dell’adattabilità lavorativa hanno rimarcato un’attenzione specifica verso le caratteristiche individuali intrapersonali e organizzative, come il cambiamento di compiti lavorativi o di modalità della propria organizzazione, oltre che a caratteristiche più interpersonali legate a dinamiche di gruppo.

Fase di approfondimento

Partecipanti

I partecipanti alla fase di approfondimento sono stati 162, differenti da coloro che avevano partecipanti alla fase esplorativa, con 72 femmine (44.40%) e 90 maschi (55.60%). L’età varia da 20 a 57 anni, con una media di 35.30 anni (34.53 per le femmine e 35.92 per i maschi), con una deviazione standard di 8.95 (7.85 per le femmine e 9.74 per i maschi). L’85.20% dei partecipanti (l’83.30% delle femmine e l’86.70% dei maschi), all’atto della raccolta dei dati, ha affermato di stare per candidarsi per una specifica attività/posizione lavorativa che, nella maggioranza dei casi (44.20%; 36.70% per le femmine e 50.00% per i maschi), aveva già svolto per più di 5 anni.

Strumenti e Procedura

Sulla base dell’analisi preliminare (mediante interviste e analisi della letteratura), è stato predisposto un questionario di 88 item volto ad analizzare le varie sfaccettature dell’adattabilità.

Il questionario è caratterizzato da una prima parte formata da 9 self-report item, che mirano a misurare l’adattabilità in un contesto situazionale, elaborati partendo da delle interviste qualitative incentrate su cosa i lavoratori stessi intendessero per adattabilità. Infatti, sulla base dell’elaborazione dei dati raccolti dalle interviste, sono state costruite delle situazioni lavorative ipotetiche a cui i partecipanti devono rispondere indicando la probabilità di messa in atto di determinate tipologie di comportamento. Infine, all’interno degli 88 item risultano essere presenti anche 10 item relativi all’analisi dei cinque tratti di personalità del Big Five. Tali item risultano essere derivanti dalla versione italiana del BFI-10 (Guido et al., 2015).

La seconda parte invece risulta essere incentrata sulla validazione di un modello dimensionale a 9 fattori sull’adattabilità, basata sull’incrocio dell’adattabilità dei membri del singolo individuo, del team e dell’organizzazione con l’adattamento proattivo, reattivo e tollerante presenti nella teoria dell’adattamento al lavoro. Esso si compone di 79 item, atti all’analisi di sottodimensioni legate all’adattabilità, legate soprattutto alle attitudini e caratteristiche personali e la relativa capacità di adattamento nel lavoro in team e nelle organizzazioni.

La Figura 1 riporta lo schema concettuale del costrutto.

Per comprendere e valutare le proprietà psicometriche dello strumento e l’efficacia del modello in relazione a quanto riscontrato in letteratura rispetto all’impiego del modello Big Five in associazione all’adattabilità, ai partecipanti è stata sottoposta la versione italiana del BFI-10 (Guido et al., 2015), sviluppata originariamente in lingua inglese e tedesca (Rammstedt & John, 2007). Essa risulta essere composta da 10 item, due per ognuna delle cinque dimensioni del Big Five (uno affermativo e uno con punteggio invertito) posta su una scala Likert 5 variante dal «Per niente d’accordo» (1) al «Del tutto d’accordo» (5).

Figura 1

Schema concettuale del costrutto

Analisi dei dati

Le analisi statistiche sulla validità e l’affidabilità dello strumento sono state eseguite con IBM SPSS 28 (SPSS Inc., Chicago, IL, USA).

Per misurare la validità del questionario è stata applicata una analisi Fattoriale Esplorativa. La quantità di partecipanti è stata stabilita a priori per avere un rapporto 10:1 fra numero di soggetti e numero di fattori, aspettandoci una decina di fattori complessivi (Nunnally, 1978).

L’analisi fattoriale esplorativa è stata applicata con metodo di Fattorizzazione dell’Asse principale e rotazione Varimax. Il Metodo Kaiser-Meyer-Olkin (KMO) e il test di sfericità di Bartlett’s test sono stati utilizzati per valutare se i partecipanti fossero adeguati e l’analisi fosse applicabile. I fattori sono stati estratti basandoci sul criterio di Kaiser (1960) per autovalori maggiori di 1. Gli item con loadings maggiori di .20 e cross loadings inferiori a .10 sono stati considerati come associati al fattore. La validità concorrente è stata infine verificata mediante l’analisi della correlazione tra lo strumento e la versione italiana della BFI-10. Prevedendo correlazioni con una dimensione d’effetto moderata, questa dimensione della quantità di partecipanti è stata considerata adeguata ad avere una potenza del 95% circa (α = .05, a due code) per rifiutare l’ipotesi nulla.

L’affidabilità della consistenza interna è stata valutata calcolando l’α di Cronbach (cut-off ≥ .70; Nunnally, 1978) e le correlazioni item-totale corrette (cut-off ≥ .30; Norman & Streiner, 2008).

L’interpretazione dei risultati si è basata sia sulla significatività statistica (livello di significatività fissato a p < .05) sia sulle misure di dimensione dell’effetto, con r di .10 considerato piccolo, .30 medio e .50 grande, e d di Cohen di .20 considerato piccolo, .50 medio e .80 grande (Cohen, 1988). La quantità di partecipanti è stata calcolata a priori con il software statistico G*Power 3 (Faul et al., 2007).

Risultati

Da una prima analisi fattoriale esplorativa (Tabella 1) con metodo di Fattorizzazione dell’Asse principale e rotazione Varimax è emerso che un item (106_5) aveva un valore di comunalità basso rispetto agli altri (0,10) pertanto si è provato a toglierlo e a valutare quanto migliorasse il modello.

Tabella 1

Comunalità e indici di bontà del modello per l’analisi fattoriale esplorativa 1 e 2 (in cui è stato rimosso l’item 106_5)

Comunalità MODELLO 1

Comunalità

MODELLO 2

Iniziale

Estrazione

Iniziale

Estrazione

Q12_1

Adeguo comportamenti e strategie alle nuove richieste lavorative

.47

.36

.47

.36

Q12_2

Sono flessibile nell’accettare di svolgere nuovi compiti lavorativi

.46

.35

.46

.35

Q12_3

Quando avviene qualcosa di inaspettato sono propositivo

.45

.41

.45

.41

Q12_4

Suggerisco nuovi strumenti e/o procedure per svolgere al meglio un determinato compito

.52

.56

.52

.56

Q12_5

A meno che non sia espressamente richiesto, non imparo nuove cose e/o tecnologie da applicare al mio ruolo lavorativo

.31

.32

.31

.32

Q12_6

Tendo a definire un piano B quando devo svolgere un nuovo compito lavorativo.

.26

.24

.26

.24

Q12_7

È nella mia indole proporre strumenti e conoscenze, che ritengo essere migliorative, quando mi viene affidato un lavoro da svolgere in un dato modo

.52

.58

.52

.58

Q12_8

Sono disponibile a svolgere compiti che mi permettono di imparare

.48

.55

.48

.55

Q12_9

Inizialmente mi sento in difficoltà di fronte a compiti lavorativi che richiedono più tempo ed energie rispetto a quelli routinari

.48

.61

.48

.61

Q12_10

Le situazioni incerte non alterano il mio modo di lavorare

.30

.30

.30

.30

Q12_11

Mi sento sotto pressione quando i compiti lavorativi si accumulano

.41

.47

.41

.47

Q12_12

Inizialmente trovo difficile collaborare con nuove persone del team di lavoro

.48

.50

.48

.50

Q12_13

Riesco a regolare facilmente il mio comportamento per adattarlo ai diversi stili di lavoro delle persone

.44

.41

.44

.41

Q105_1

Modulo il mio comportamento per interagire con i colleghi che hanno culture e valori diversi da i miei

.39

.45

.39

.45

Q105_2

Quando ci sono cambiamenti nel modo in cui il mio gruppo opera reagisco positivamente

.43

.45

.43

.45

Q105_3

Quando devo lavorare con colleghi che hanno culture e valori diversi mi preoccupo di ricercare informazioni per relazionarmi efficacemente

.35

.42

.35

.42

Q105_4

Ricerco nuove procedure e/o strumenti per incrementare l’efficienza del mio team

.64

.63

.64

.63

Q105_5

Cerco di ampliare le mie competenze per adattarmi a eventuali cambiamenti nel modo in cui il mio gruppo di lavoro opera

.55

.52

.55

.52

Q105_6

Coordino puntualmente il mio lavoro con quello degli altri componenti del team

.54

.52

.54

.52

Q105_7

Sono flessibile e aperto mentalmente verso gli altri

.47

.45

.47

.45

Q105_8

I cambiamenti nel metodo di lavoro del mio gruppo mi destabilizzano

.53

.55

.53

.55

Q105_9

Quando devo collaborare con altre persone mi sento meno produttivo

.46

.35

.46

.35

Q105_10

Tengo in considerazione gli stati d’animo dei miei colleghi

.40

.37

.40

.37

Q105_11

Rispondo in modo flessibile quando avvengono cambiamenti nell’organizzazione (ad esempio cambiamenti nella gestione)

.65

.69

.65

.69

Q105_12

Ho bisogno di tempo per adattarmi a una riorganizzazione aziendale

.34

.32

.34

.32

Q105_13

In seguito a un cambiamento organizzativo penso che modificherei il mio modo di lavorare per adattarmi alla nuova situazione

.45

.46

.45

.46

Q106_1

Sono disposto a imparare nuove abilità e/o informazioni che mi aiutano ad adattarmi a eventuali cambiamenti generali dell’organizzazione

.50

.48

.50

.48

Q106_2

Ricerco nuovi metodi e/o strumenti per incrementare la produttività aziendale

.72

.86

.72

.86

Q106_3

Propongo miglioramenti nell’organizzazione del lavoro anche quando non mi viene richiesto

.47

.43

.47

.43

Q106_4

Quando noto un problema nella organizzazione del lavoro, cerco di risolverlo

.60

.56

.60

.56

Q106_5

Di rado mi sento a mio agio a relazionarmi con colleghi che hanno culture e valori diversi dai miei

.25

.10

NA

NA

Q106_6

Ritengo importante coordinare il mio lavoro con quello di altri reparti aziendali

.38

.31

.38

.31

Q106_7

Credo sia importante essere flessibili e di mentalità aperta circa il modo in cui l’organizzazione opera

.59

.59

.59

.59

Q106_8

Mi adeguo con facilità a diversi stili organizzativi

.57

.56

.57

.56

Q106_9

Non accetto volentieri i cambiamenti proposti che riguardano il mio lavoro

.42

.51

.42

.51

Q106_10

Sono aperto ai cambiamenti di ruolo all’interno del contesto aziendale

.53

.56

.53

.56

Q106_11

Sono poco disponibile ad assumere ruoli di maggiori responsabilità

.28

.31

.28

.31

Q106_12

Vedo i cambiamenti come un’opportunità di crescita personale

.46

.38

.46

.38

Q106_13

Sono disponibile a sperimentare nuove modalità e tecnologie inerenti il mio lavoro

.58

.58

.58

.58

Bartlett Chi square

2288.18

225.25

Kaiser-Meier-Olkin

.81

.82

var expl dopo varimax rotation

46.20

47.30

Dopo avere eliminato l’item (Tabella 2), applicando la stessa modalità di analisi si otteneva un aumento della varianza spiegata (prima della rotazione, dal 59.90% al 60.20% e, dopo la rotazione, dal 46.20% al 47.30%).

Tabella 2

Factor loading dell’analisi fattoriale esplorativa, Eigenvalue prima e dopo la rotazione Varimax e indici di affidabilità (Cronbach Alpha, per i Fattori F1, F2, F3, F4, F5, F6, F7 e correlazione item–totale per i fattori F8, F9, F10) per gli item riferiti a ogni fattore

Item #

F1

F2

F3

F4

F5

F6

F7

F8

F9

F10

Q12_4

.70

Q12_7

.68

Q105_4

.65

Q105_6

.45

Q106_2

.65

Q106_3

.56

Q106_4

.49

Q106_6

.41

Q12_1

.36

Q12_2

.52

Q12_3

.39

Q12_6

.28

Q105_7

.45

Q105_13

.33

Q106_7

.63

Q106_8

.49

Q106_10

.66

Q106_12

.51

Q12_8

.47

Q105_11

.47

Q106_1

.59

Q106_13

.63

Q12_10

.46

Q105_2

.54

Q105_5

.39

Q105_8

-.46

Q12_9

.69

Q12_11

.60

Q105_12

.46

Q12_13

.33

Q105_1

.55

Q105_13

.48

Q12_12

.45

Q105_9

.37

Q106_11

.53

Q105_3

.60

Q12_5

.54

Q106_9

-.52

Eigenvalues

8.47

2.16

1.75

1.14

.95

.89

.72

.70

.61

.57

Eigenvalues after varimax rotation

3.38

3.22

2.45

1.90

1.89

1.27

1.11

1.04

.88

.81

Cronbach Alpha o *correlazione item-tot

.85

.79

.70

.62

.70

.52

.54

.10*

.20*

.24*

Inoltre, lo stesso item risultava avere anche correlazioni < .20 con tutti i fattori estratti. Pertanto si è deciso di eliminare tale item che riguardava la frequenza nelle relazioni con culture diverse piuttosto che l’atteggiamento («Di rado mi sento a mio agio a relazionarmi con colleghi che hanno culture e valori diversi dai miei»).

Nel modello fattoriale finale il metodo Kaiser-Meyer-Olkin ha provato l’adeguatezza del campione (KMO = .81; Hutcheson & Sofroniou, 1999) e il test di sfericità di Bartlett’s è risultato significativo (Chisquare = 2250, p < .001). In base al criterio di Kaiser (1960), 10 fattori hanno un autovalore > 1 e spiegano complessivamente il 61.1% della varianza totale. Tutti gli item rispettano i criteri (item loading maggiore di .20 e cross loadings inferiori di .10). Lo scree plot conferma la scelta poiché al 10 fattore non si riscontra una discesa significativa della curva (Figura 2).

Figura 2

Scree Plot

Il primo fattore è composto da 8 item e rappresenta la proattività nel risolvere problemi (12_7), nel trovare nuovi strumenti e metodi (item 12_4, 12_7, 106_2), ma anche nel coordinare il team (item 105_4, 105_6, 106_3, 106_4, 106_6 ). Il secondo fattore è composto da 10 item e rappresenta la flessibilità individuale di fronte ai cambiamenti organizzativi (item 12_1, 12_2, 12_3, 12_6, 105_7, 105_13) e l’apertura e disponibilità al cambiamento (item 106_7, 106_8, 106_10, 106_12). Il terzo fattore spiega la propensione a imparare nuovi metodi di fronte ai cambiamenti organizzativi ed è espresso da 4 item (12_8, 105_11, 106_1, 106_13). Il quarto fattore esprime nel suo complesso l’atteggiamento verso i cambiamenti nel gruppo di lavoro e rappresenta 4 item (12_10, 105_2, 105_5, 105_8). Il quinto fattore è legato a 3 item ed esprime la capacità di adattarsi a nuove situazioni, la preferenza per compiti routinari e la sofferenza per il carico lavorativo (12_9, 12_11, 105_12). Il sesto fattore esprime l’apertura verso gli altri in senso ampio e include 3 item (12_13,105_1, 105_13). Il settimo fattore esprime la difficoltà a lavorare con gli altri e spiega 3 item (12_12, 105_9, 106_11). L’ottavo fattore esprime la proattività nel trovare modi per interagire con colleghi di culture diverse ed è legato in modo preponderante a un item (105_3). Il nono fattore è principalmente legato a un item (12_5) che è fortemente esplicativo della non disponibilità a imparare nuove tecnologie. Il decimo fattore è principalmente legato a un item (106_9) che esprime la non accettazione o refrattarietà al cambiamento nel lavoro.

Dall’analisi della correlazione di Spearman per valutare la validità convergente emergono buone correlazioni fra i fattori e le scale di Apertura all’esperienza, Amicalità, Stabilità Emotiva, Coscienziosità, Estroversione misurate attraverso il BFI-10 (Tabella 3).

Tabella 3

Correlazioni fra i Fattori estratti e le scale: Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità emotiva, Apertura all’esperienza

F1

F2

F3

F4

F5

F6

F7

F8

F9

F10

Extraversion

.06

.04

.25**

-.18*

.06

.08

.02

.00

.09

.25**

Agreeableness

.07

.21*

.18*

-.15

.12

.26**

.06

.16*

.06

.08

Conscientiousness

.36**

.26**

.14

-.32**

.12

.00

.08

-.01

-.02

.15

Emotional_stab

.16*

.28**

.11

-.40**

-.10

.04

.08

.14

-.07

.14

Openness

.15

.24**

.24**

-.07

.17*

.18*

.03

.23**

-.02

.12

Supporto

.28**

.14

.13

.03

.15

.08

.09

-.02

-.02

.07

Personal_control

.34**

.07

-.05

-.08

-.07

.05

.14

-.18*

.09

-.01

Nota: * p < .05. **p < .01.

In particolare, il fattore F1 ha buone correlazioni con la scala di Coscienziosità e, in misura minore, con la Stabilità emotiva; il fattore F2 ha buone correlazioni con Apertura, Coscienziosità, Stabilità emotiva e Amicalità, il fattore F3 ha buone correlazioni con le scale Estroversione, Amicalità Apertura, il fattore F4 ha significative correlazioni con Coscienziosità e Stabilità emotiva, in misura minore con l’Estroversione,; il fattore F5 ha una correlazione significativa con la scala di Apertura all’esperienza, i fattori F6 e F8 hanno buone correlazioni con le scale Amicalità e Apertura all’esperienza, il fattore F10 ha una specifica correlazione con la scala Estroversione. I fattori F7 e F9, invece, non mostrano correlazioni con nessuna delle scale utilizzate per la validazione convergente.

Discussione

Le analisi effettuate mostrano l’efficacia dello strumento nel fotografare aspetti diversi e specifici dell’adattabilità, in relazione anche a caratteristiche individuali come i fattori di personalità misurati dal BFI-10 (Guido et al., 2015). Partendo dall’Estroversione, è interessante notare come questa dimensione risulti essere positivamente correlata alla propensione a imparare e all’atteggiamento nei confronti del cambiamento.

Rispetto all’Amicalità, si può notare come essa correli positivamente sia con la flessibilità individuale di fronte ai cambiamenti lavorativi, sia con la propensione a imparare. Inoltre essa correla con l’apertura verso gli altri e la proattività nell’interazione con colleghi di culture diverse. Ciò sembrerebbe suggerire come persone molto adattabili sia a livello individuale, sia di gruppo e con volontà di imparare risultino essere anche molto empatiche e collaborative. Ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che la collaborazione e la capacità di entrare in relazione permettano di imparare molto dall’altro e quindi adattarsi meglio alle circostanze individuali o di gruppo a cui si potrebbe andare incontro. Studi precedenti hanno infatti sottolineato come tratti di personalità, tra cui l’amicalità, risultino essere legati a comportamenti che facilitano l’adattamento lavorativo (Storme et al., 2020).

La Coscienziosità risulta invece correlata positivamente alla proattività nella risoluzione dei problemi e alla scoperta di nuovi strumenti e metodi, nonché alla flessibilità individuale e all’apertura e disponibilità al cambiamento. È interessante notare come essa risulti essere correlata con l’atteggiamento nei confronti dei cambiamenti organizzativi. Questa forte connessione con l’adattabilità lavorativa risulterebbe essere in linea con gli studi precedenti, che avevano già dimostrato una relazione tra adattabilità lavorativa e i cinque tratti di personalità del modello Big Five, in particolar modo la coscienziosità (Rudolph et al., 2007)

Si può notare come gli stessi risultati osservati nella dimensione coscienziosità possano essere riscontrati anche nella stabilità emotiva con la stessa tipologia di correlazioni: positiva per la risoluzione di problemi, scoperta di nuovi strumenti e metodi e flessibilità individuale con disponibilità al cambiamento; negativa verso l’atteggiamento nei confronti dei cambiamenti organizzativi.

Infine, rispetto all’apertura all’esperienza, si osserva una relazione positiva, ancora una volta, con la flessibilità individuale e l’apertura al cambiamento, così come alla propensione verso l’apprendimento di nuove metodologie (fattore 1) per far fronte ai cambiamenti organizzativi (fattore 3). Tale fattore di personalità risulta essere legato anche all’atteggiamento positivo verso i cambiamenti organizzativi, nonché all’apertura verso gli altri (fattore 6) e alla ricerca proattiva di interazione con colleghi di culture diverse dalle proprie (fattore 8). Ciò potrebbe suggerire un’interpretazione che vede persone volenterose e proattive nella ricerca di nuove esperienze, avvantaggiate in termini di adattabilità individuale e nei confronti della propria organizzazione (Li et al., 2015).

In base a questi primi risultati, sembra che l’apertura al cambiamento sia un fattore motivante a rispondere in maniera flessibile alle sollecitazioni del contesto lavorativo. La flessibilità rappresenta un aspetto chiave nell’adattamento al meglio alle varie sfide derivante da situazioni lavorative e di carriera incerte o sfidanti (Savickas, 2005).

In sintesi, lo strumento utilizzato in questo studio sembra mostrare una buona consistenza ed efficacia nell’individuare le relazioni tra alcune dimensioni di personalità e la capacità di affrontare il cambiamento in ambito lavorativo. Le correlazioni tra Estroversione, Amicalità e Coscienziosità con la flessibilità individuale e l’apertura all’esperienza evidenziano interessanti aspetti in una prospettiva di adattamento a situazioni organizzative complesse.

Lo studio condotto su un numero contenuto di partecipanti presenta alcuni limiti che possono influenzare la validità e la generalizzabilità dei risultati, influendo sulla capacità di rilevare effetti significativi o differenze tra gruppi. La natura cross-sectional dello studio rende difficile stabilire relazioni causali o osservare cambiamenti nel tempo. Inoltre, le caratteristiche dei rispondenti sono eterogenee per variabili sociodemografiche, rendendo difficile isolare i possibili fattori specifici in esame e aumentando la possibilità di confusione dovuta alla variabilità individuale. Di conseguenza, i risultati potrebbero non essere del tutto rappresentativi di una popolazione più ampia e limitare l’applicabilità delle conclusioni in contesti diversi.

Un ulteriore approfondimento sulle proprietà psicometriche dello strumento riguarda l’affidabilità e la consistenza dei risultati ottenuti mediante test-retest, anche allo scopo di verificare se il costrutto dell’adattabilità possa essere influenzato da variabili transitorie.

Ulteriori studi potrebbero approfondire, infatti, le dinamiche temporali dell’adattabilità, valutando l’evoluzione delle capacità adattive nel tempo e in relazione a cambiamenti organizzativi multipli e/o ripetuti. Inoltre, l’integrazione di variabili contestuali, come la cultura organizzativa ed eventuali dinamiche di gruppo e/o organizzative, potrebbe offrire una comprensione più completa delle strategie individuali di adattamento.

Infine, una linea di ricerca promettente potrebbe consistere nell’analizzare l’efficacia di interventi mirati a migliorare la flessibilità e la proattività delle persone sul lavoro, verificando empiricamente il loro impatto sulla performance e sul benessere lavorativo.

Lo strumento di misura dell’adattabilità qui presentato può offrire implicazioni rilevanti anche per il career counseling. La capacità di adattarsi a contesti lavorativi in continua evoluzione è una competenza chiave per affrontare le transizioni professionali. Le correlazioni osservate tra le dimensioni di personalità, come l’Estroversione, l’Amicalità e la Coscienziosità, e la flessibilità individuale possono fornire utili indicazioni per orientare interventi di career counseling personalizzati. Ad esempio, comprendere il livello di apertura all’esperienza e la proattività del cliente può aiutare a sviluppare strategie per migliorare l’adattamento ai cambiamenti di ruolo, settore o azienda.

I risultati suggeriscono che potenziare l’adattabilità potrebbe essere un’efficace strategia per facilitare una transizione più agevole in situazioni di incertezza professionale o di necessità di riqualificazione. In questa prospettiva gli interventi a supporto delle carriere possono integrare tecniche volte a rafforzare la consapevolezza individuale delle proprie risorse personali e della propria capacità di apprendere, esplorando nuove opportunità lavorative.

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Vol. 17, Issue 3, November 2024

 

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