Vol. 17, n. 2, giugno 2024 — pp. 71-75
COUNSELING E PSICOLOGIA POSITIVA
Counseling and positive psychology
a cura di (edited by) Antonella Delle Fave e Annamaria Di Fabio
Coraggio e Psicologia Positiva
Annamaria Di Fabio1
Le qualità di una persona coraggiosa sono state evidenziate già da Aristotele, il quale affermava che il coraggio si mostrava in battaglia dove i guerrieri affrontavano la paura della morte (Miller, 2005). La prima forma di coraggio è dunque il coraggio fisico, che si ritiene permetta di agire in modo appropriato in situazioni dove è presente la paura del pericolo fisico (Snyder et al., 2014). In un primo momento il coraggio era considerato come legato a una minaccia mentre in un secondo momento è stato considerato una virtù umana da teologi e filosofi. Ad esempio, Platone inserisce il coraggio tra le virtù cardinali, Tommaso d’Aquino considera il coraggio, in termini di fermezza d’animo, il presupposto di ogni altra virtù (Snyder et al., 2014).
In ambito psicologico sono emerse progressivamente differenti definizioni in letteratura. Il coraggio viene definito da Shelp (1984, p. 354) come «la disposizione ad agire volontariamente, forse con paura, in una circostanza pericolosa dove i rischi rilevanti sono ragionevolmente valutati, nel tentativo di ottenere o mantenere qualche bene percepito per se stessi o altri». Rachman (1984) si riferisce al coraggio considerando quanto si è in grado di affrontare una situazione che genera paura. Putman (2001) evidenzia l’equilibrio tra paura e fiducia come base per compiere o meno l’atto di coraggio. Woodard (2004) definisce il coraggio come la capacità di agire quando si ritiene che una causa sia significativa anche se si percepisce paura. Questo primo gruppo di definizioni del coraggio richiama il concetto di paura, come se esso entrasse in gioco di fronte a una situazione di vulnerabilità percepita dalla persona. Peterson e Park (2004) considerano invece il coraggio come forza emotiva, perseveranza, autenticità e vitalità in termini di volontà di realizzare obiettivi ostacolati da fonti sia interne che esterne.
Woodard e Pury (2007, pp. 136-137) definiscono il coraggio come «la volontà di agire, con o senza livelli differenziati di paura, in risposta a una minaccia per raggiungere un obiettivo o uno scopo importante, forse morale, […] un atto da considerare coraggioso […] rende evidenti le due componenti del coraggio generalmente riconosciute: minaccia e risultato di valore». Si introduce così il concetto di coraggio morale per ottenere giustizia e bene comune (Snyder et al., 2014). In letteratura il coraggio presenta le seguenti dimensioni (Lopez et al., 2003): fisico, morale e vitale. Quest’ultimo tipo di coraggio che viene aggiunto si riferisce alla perseveranza mostrata in situazioni di malattia o disabilità (Lopez et al., 2003). Emerge una successiva articolazione del coraggio in quattro dimensioni (Woodard & Pury, 2007): coraggio lavorativo, relativo all’affrontare situazioni difficili sul lavoro; coraggio patriottico/religioso, relativo al difendere coraggiosamente il proprio Paese o i propri ideali religiosi; coraggio sociale/morale, che spinge ad agire con coraggio per il bene comune e in linea con i propri valori e credenze; coraggio indipendente, riferito alla volontà di un individuo di agire da solo, in maniera coraggiosa, indipendentemente dalle forti pressioni sociali o culturali.
Per quanto riguarda la misura del coraggio abbiamo come particolarmente accreditati in letteratura uno strumento multidimensionale e uno strumento unidimensionale. Lo strumento per la rilevazione del coraggio concettualizzato come costrutto multidimensionale è la Courage Scale (Woodard & Pury, 2007), di cui esiste la versione italiana per studenti, Student Courage Scale (Di Fabio & Palazzeschi, 2014), composta da 12 item, che consente di identificare 3 dimensioni di coraggio: scolastico, sociale/morale, indipendente. Lo strumento per la rilevazione del coraggio come costrutto unidimensionale è la Courage Measure (Norton & Weiss, 2009), composta da 12 item con la sua versione breve a 6 item (Howard & Alipour, 2014), di cui esiste la versione italiana (Ginevra et al., 2020).
Nell’ambito della psicologia positiva (Seligman, 2002; Seligman & Csikszentmihalyi, 2000), il coraggio viene considerato tradizionalmente come una significativa risorsa per l’individuo (Snyder et al., 2014). Attualmente, in seguito alla pandemia da Covid-19, è stato riscoperto il valore del coraggio come una forza promettente per promuovere la salute mentale (Waters et al., 2022). Esso rappresenta una variabile positiva durante un periodo di crisi come quello della pandemia. In questo contesto il coraggio potrebbe consentire alle persone di avere maggiore forza per affrontare le difficoltà, facilitando l’adozione di misure per mitigare i rischi, incluso il rischio per gli altri (Waters et al., 2022).
Il coraggio è stato anche recentemente studiato in maniera specifica nel contesto lavorativo in relazione al benessere (Santisi et al., 2020). È stato sottolineato inoltre il contributo del professional moral courage sulla work meaningfulness e il benessere nella vita (Deeg & May, 2022).
Anche nell’orientamento e nel career counseling il coraggio costituisce una variabile promettente nel contesto attuale (Di Fabio & Palazzeschi, 2014; Magnano et al., 2021), dove le transizioni lavorative risultano sempre più frequenti e impredicibili (Blustein et al., 2019). Il coraggio si configura dunque come una significativa risorsa per gli individui in prevenzione primaria (Di Fabio & Kenny, 2016) e in Strength-based prevention perspectives (Di Fabio & Saklofske, 2021) per affrontare le sfide della realtà contemporanea.
Bibliografia
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1 Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia (Sezione di Psicologia), Università degli Studi di Firenze.