Vol. 17, n. 2, giugno 2024 — pp. 1-5

EDITORIALE

Il secondo numero del 2024 continua la mission della rivista di promuovere lo scambio tra ricercatori e professionisti per offrire prospettive di ricerca e di intervento evidence based. La rivista si propone inoltre di continuare a fornire ai lettori contributi open access per facilitare l’accesso ai materiali e alla loro diffusione. Oltre a ciò, la rivista prosegue nella pubblicazione di articoli in lingua inglese, in modo che possano essere condivisi anche a livello internazionale e siano facilitati lo scambio e la discussione internazionale.

Questo numero ha scelto di presentare un focus sugli strumenti per sottolineare il valore e l’importanza di disporre di misure valide e attendibili dal punto di vista psicometrico nel contesto italiano, come punto di partenza imprescindibile per la ricerca evidence based.

La possibilità per i ricercatori e per i professionisti di disporre di questionari self-report validi, affidabili, e ragionevolmente brevi, rappresenta una sfida cruciale per l’avanzamento della ricerca in psicologia applicata (Duffy et al., 2024). In quest’ambito, una parte rilevante di tale sfida è rappresentata dall’adattamento cross-culturale dei questionari self-report (cross-cultural adaptation) (Beaton et al., 2000). Negli ultimi venti anni, sono state avanzate differenti linee guida per organizzare le best practice di adattamento cross-culturale (e.g., Beaton et al., 2000; Gjersing et al., 2010; Hambleton & Patsula, 1998; Schaffer & Riordan, 2003; van de Vijver & Leung, 2021; Ægisdóttir et al., 2008). Tra queste differenti formulazioni vi è un sostanziale accordo nel riconoscere la necessità di mettere in atto procedure accurate di traduzione, adattamento alla cultura e studio delle proprietà psicometriche (Gjersing et al., 2010).

Hambleton e Patsula (1998) per primi descrivono tali procedure, indicando quattro punti che devono precedere lo studio delle proprietà psicometriche: 1. tradurre lo strumento nella lingua target (traduzione diretta); 2. tradurre lo strumento nuovamente nella lingua originale (back-translation); 3. esaminare la versione originale e quella adattata dello strumento, per risolvere eventuali discrepanze e analizzare l’equivalenza cross-culturale delle due versioni; 4. pre-testare il questionario, per verificare l’equivalenza tra le versioni originale e adattata.

Successivamente, Beaton e colleghi (2000), Ægisdóttir e colleghi (2008), van de Vijver e Leung (2021) hanno espanso ulteriormente questi punti e concordano su due aspetti fondamentali: attuare procedure di back-translation e svolgere uno o più pre-test sugli item tradotti. Dunque, la strutturazione di tali raccomandazioni (e.g., van de Vijver e Leung, 2021) evidenzia la necessità che gli studi di adattamento cross-culturale debbano avere sufficiente spazio in pubblicazioni dedicate e non possano essere relegati a un ruolo ancillare all’interno di altri studi a carattere sperimentale. Allo stesso modo, usare lo stesso gruppo di partecipanti sia per uno studio di verifica delle ipotesi che per uno studio di adattamento cross-culturale sembra discostarsi dalle linee guida esaminate (Beaton et al., 2000; Gjersing et al., 2010; Hambleton & Patsula, 1998; Schaffer & Riordan, 2003; van de Vijver & Leung, 2021; Ægisdóttir et al., 2008). Inoltre, ciò è in contrasto con le più recenti raccomandazioni sulla trasparenza dell’American Psychological Association (APA), che incoraggia i ricercatori a preregistrare i disegni di ricerca e le analisi dei dati ad essi associati, prima di iniziare a condurre una ricerca (APA, 2021).

Appare dunque difficilmente sostenibile la posizione per cui un medesimo gruppo di partecipanti possa essere sottoposto a differenti procedure di analisi dei dati con diverse finalità di ricerca, senza alterare l’adesione alle linee guida sopra elencate e agli standard APA. Sembra invece saldamente ancorato alla buona pratica dare spazio tanto alle ricerche di adattamento cross-culturale degli strumenti self-report, quanto allo studio e alla diffusione di buone pratiche saldamente ancorate ai risultati empirici della ricerca internazionale.

Questo secondo numero dell’annata 2024 di «Counseling», per quanto riguarda la sua articolazione, si apre con l’articolo invitato di Annamaria Di Fabio, seguito dalla sezione degli strumenti che include sei contributi.

L’articolo invitato di Annamaria Di Fabio si propone di offrire riflessioni sul glass ceiling nel career development delle donne. Si focalizza sul concetto di glass ceiling («soffitto di cristallo», inteso come barriere culturali e socio-psicologiche al conseguimento della parità dei diritti e delle possibilità di carriera lavorativa per le donne) e sulla sindrome del glass ceiling, proponendo un quadro concettuale dell’effetto del glass ceiling sul career planning e delineando le implicazioni per la pratica e le future direzioni di ricerca su questi temi. Questo contributo presenta inoltre ostacoli e strategie nella career construction delle donne, riflettendo su progetti e carriere sostenibili per decent work, decent lives e healthy lives.

La sezione successiva relativa agli strumenti si apre con il contributo di Francesco Tommasi e Riccardo Sartori sulle proprietà psicometriche del Life Orientation Test-Revised (LOT-R). Esso è tra gli strumenti più utilizzati per la rilevazione dell’ottimismo e sul quale vi è un ampio dibattito in letteratura relativo al fatto che questo strumento sia unidimensionale o bidimensionale.

Il presente articolo si inserisce all’interno di questo dibattito e riporta i risultati di uno studio sulle proprietà psicometriche dello strumento, in termini sia di validità di costrutto che di validità concorrente, sottolineando il carattere bidimensionale del LOT-R.

L’articolo successivo di Gerardo Petruzziello, Elena Lo Piccolo, Silvia Galassi e Marco Giovanni Mariani propone le proprietà psicometriche della versione italiana della Career Sustainability Scale.

La sostenibilità di carriera, che consiste in un insieme di risorse per affrontare con successo i cambiamenti e le minacce alla continuità dei propri percorsi professionali, rappresenta un tema centrale per rispondere alle sfide del 21° secolo. Lo studio ha confermato le proprietà psicometriche della scala nel contesto italiano, sottolineando la dimensionalità della scala a quattro fattori (resourcefulness, flexibility, renewability e integration) con buona attendibilità e validità.

Seguono due ulteriori contributi bolognesi. L’articolo di Elena Lo Piccolo, Marco Giovanni Mariani e Gerardo Petruzziello si propone di valutare le proprietà psicometriche della versione italiana della Lifelong Learning Scale (versione breve). Per mantenere la propria occupabilità, è necessario aggiornare le proprie competenze in modo proattivo e costante per rispondere alle mutevoli e pressanti esigenze dell’attuale mercato del lavoro. Il costrutto di lifelong learning riflette tale approccio, risultando essenziale per incidere sul mercato del lavoro. I risultati dello studio forniscono evidenze circa la validità e l’attendibilità di questa scala per il suo utilizzo nel contesto italiano.

L’articolo successivo dei medesimi autori ha lo scopo di esaminare le proprietà psicometriche della versione italiana della Proactive Skill Development Scale, con un focus sul settore dell’ospitalità. Essa si propone di valutare forme specifiche di comportamento professionale per acquisire nuove competenze e conoscenze necessarie per l’impiego o per una carriera più ampia. Lo studio ha confermato la struttura unidimensionale della versione italiana della scala con buona attendibilità e validità, offrendo un prezioso strumento per favorire una cultura dell’apprendimento proattivo nelle organizzazioni nel contesto italiano.

Concludono il numero due contributi di Annamaria Di Fabio e Andrea Svicher. Il primo articolo analizza le proprietà psicometriche della Study Crafting Scale in studenti universitari. I risultati hanno mostrato che la Study Crafting Scale nella sua versione italiana mantiene una struttura fattoriale higher-order bidimensionale con i due fattori di crafting individuale e crafting collaborativo. La Study Crafting Scale possiede dunque buone proprietà psicometriche in termini di validità e attendibilità, dimostrandosi adatta per l’applicazione in contesti di ricerca nel contesto italiano e per interventi di miglioramento delle condizioni e dei processi di apprendimento degli studenti.

Il secondo articolo esamina le proprietà psicometriche della Study Satisfaction Scale nella sua versione italiana in studenti universitari. La scala ha presentato una struttura fattoriale unidimensionale con adeguata attendibilità e validità concorrente, mostrando adeguate proprietà psicometriche per la ricerca e l’intervento anche nel contesto italiano.

Questo numero vuole continuare, attraverso il suo formato open access, a essere uno strumento disponibile per studiosi e professionisti in una varietà di campi di applicazione del counseling e progressivamente a livello sempre più internazionale di scambi e discussioni. L’augurio è che un numero sempre maggiore di lettori, ricercatori e professionisti possa trarre vantaggio dalla rivista e dagli stimoli che fornisce, continuando a nutrire circoli positivi tra ricerca e applicazione in un contesto sia locale sia internazionale.

Annamaria Di Fabio e Guido Sarchielli

Bibliografia

American Psychological Association (2021). Preregistration. https://www.apa.org/pubs/journals/resources/preregistration

Beaton, D.E., Bombardier, C., Guillemin, F., & Ferraz, M.B. (2000). Guidelines for the process of cross-cultural adaptation of self-report measures. Spine25(24), 3186-3191. https://doi.org/10.1097/00007632-200012150-00014.

Duffy, R.D., Choi, Y., Kim, H.J., & Park, J. (2024). Recommendations for conceptualizing and measuring constructs within psychology of working theory. Journal of Career Assessment, 32(1), 48-62. https://doi.org/10.1177/10690727231179196.

Gjersing, L., Caplehorn, J.R.M., & Clausen, T. (2010). Cross-cultural adaptation of research instruments: Language, setting, time and statistical considerations. BMC Medical Research Methodology, 10(1), 13. https://doi.org/10.1186/1471-2288-10-13.

Hambleton, R.K., & Patsula, L. (1998). Adapting tests for use in multiple languages and cultures. Social Indicators Research, 45(1), 153-171.https://doi.org/10.1023/A:1006941729637.

Schaffer, B.S., & Riordan, C.M. (2003). A review of cross-cultural methodologies for organizational research: A best-practices approach. Organizational Research Methods6(2), 169-215. https://doi.org/10.1177/1094428103251542.

van de Vijver, F.J.R., & Leung, K. (2021). Methods and design. In V.H. Fetvadjiev, J. He, & J.R.J. Fontaine (Eds.), Methods and data analysis for cross-cultural research (pp. 29-63). Cambridge University Press. https://doi.org/10.1017/9781107415188.

Ægisdóttir, S., Gerstein, L.H., & Çinarbaş, D.C. (2008). Methodological issues in cross-cultural counseling research: Equivalence, bias, and translations. The Counseling Psychologist36(2), 188-219. https://doi.org/10.1177/0011000007305384.

 

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