Vol. 13, n. 2, giugno 2020
STUDI E RICERCHE
La scuola che funziona
Indagine sulle caratteristiche organizzative e didattiche in istituti con effetto-scuola positivo e negativo
Monica Molino1, Greta Mazzetti2, Consuelo Mameli2, Andrea Ciani2, Viviana Vinci3, Claudio G. Cortese1, Dina Guglielmi2, Amelia Manuti4, Loredana Perla4, Roberto Trinchero5 e Ira Vannini2
Sommario
Nello studio dell’efficacia scolastica i modelli teorici di riferimento suggeriscono l’importanza di utilizzare approcci multifattoriali. In questo studio sono stati considerati fattori riconducibili ai processi organizzativi e didattici, con l’obiettivo di indagare differenze tra istituti con effetto-scuola (elaborato da Invalsi) positivo e negativo. Sono stati coinvolti 1774 insegnanti provenienti da 73 scuole di tre regioni italiane, i quali hanno compilato un questionario on-line. I risultati di confronto tra istituti con livelli positivi versus negativi di effetto-scuola hanno evidenziato alcune differenze. In particolare, le scuole con risultati di apprendimento migliori mostrano livelli significativamente più alti di leadership di supporto del dirigente scolastico e di decision-making partecipativo. I risultati e le proposte di intervento vengono discussi utilizzando un approccio multifattoriale e interdisciplinare.
Parole chiave
Leadership, modello richieste-risorse, efficacia scolastica, insegnanti scuola secondaria I grado, effetto-scuola.
STUDIES AND RESEARCH
The school that works
Investigation of organizational and educational characteristics in institutions with positive and negative added value
Monica Molino6, Greta Mazzetti7, Consuelo Mameli2, Andrea Ciani2, Viviana Vinci8, Claudio G. Cortese1, Dina Guglielmi2, Amelia Manuti9, Loredana Perla4, Roberto Trinchero10 and Ira Vannini2
Abstract
Theoretical models suggest multifactorial approaches for the investigation of school effectiveness. Therefore, in this study factors related to organizational and educational processes have been considered, with the aim of investigating differences between institutions with positive versus negative added value (developed by Invalsi). The study involved 1174 teachers, employed in 73 schools in three different Italian regions, who filled in an on-line questionnaire. The comparison between schools with a positive versus negative added value showed some differences. Particularly, schools with more positive learning outcomes showed significantly higher levels of supportive leadership and a participative decision-making style. Results and intervention proposals are discussed using a multifactorial and interdisciplinary approach.
Keywords
Leadership, demands-resources model, school effectiveness, grade 8 teachers, added value.
Introduzione
L’analisi delle condizioni di efficacia scolastica all’interno degli istituti e dei sistemi di istruzione rappresenta un filone di studi particolarmente ricco e aperto a complessi interrogativi e prospettive di sviluppo. Il concetto stesso di efficacia scolastica — generalmente inteso come il livello di conseguimento degli obiettivi da parte di un istituto scolastico (Scheerens, 2018) — può essere declinato secondo definizioni via via più complesse, che chiamano in causa non solo gli effetti scolastici in termini di apprendimenti realmente conseguiti dagli alunni, ma anche ulteriori fattori di soddisfazione legati all’adeguatezza dell’offerta formativa della scuola ai bisogni della comunità. Resta tuttavia prioritaria l’enfasi sul risultato scolastico in termini di prodotto di apprendimento e la preoccupazione di indagare sui fattori che agiscono significativamente su tale prodotto.
I quadri teorici e i modelli di riferimento disponibili mettono da tempo in evidenza la necessità di indagare i fattori causali degli esiti di apprendimento degli studenti attraverso analisi multilivello che sappiano appunto tenere in considerazione sia la molteplicità dei fattori (si pensi inizialmente al modello valutativo CIPP: context, input, process, product di Stufflebeam, 2003) sia, più in particolare, la struttura gerarchica delle variabili che potenzialmente incidono su tali risultati. Nello specifico, emerge come particolarmente significativa l’attenzione ai diversi livelli dei processi scolastici — di sistema, di istituto, di classe — al fine di esplorarne l’impatto su elementi di output. Questi diversi livelli di processo sono stati rappresentati, fin dagli anni Ottanta, come livelli annidati (Purkey & Smith, 1983), per cui i livelli organizzativi superiori (Scheerens, 2018) esercitano una influenza su quelli inferiori, così da costituire fattori potenziali di sviluppo e miglioramento di questi ultimi. Lo studio dei livelli processuali di tipo organizzativo di istituto rappresenta pertanto un’opportunità imprescindibile per analizzare e comprendere (e forse agire su) i livelli processuali della didattica all’interno degli specifici raggruppamenti di alunni (le classi) impegnati appunto in compiti di insegnamento-apprendimento.
Una iniziale premessa teorica e metodologica della ricerca che viene qui presentata è dunque connessa all’importanza di approcciarsi alla questione dell’efficacia delle scuole attraverso un doppio sguardo: quello sui processi organizzativi degli istituti (attraverso l’analisi di specifiche variabili nel campo della psicologia delle organizzazioni) e quello sui processi didattici (connessi all’analisi di variabili di micro-contesto derivate dalla ricerca didattica e valutativa). Raccogliere le percezioni degli insegnanti su entrambi questi insiemi di fattori può essere particolarmente rilevante per provare a individuare connessioni utili tra quanto accade dentro le scuole dal punto di vista organizzativo (dalla leadership, al clima di istituto e fino alle occasioni di sviluppo professionale, ecc.) e quanto invece dal punto di vista prettamente didattico (dalle convinzioni e atteggiamenti verso la didattica e fino alle dichiarazioni di pratiche messe in atto con gli alunni), al fine di individuare percorsi di sviluppo ed empowerment.
Una ulteriore premessa metodologica di questa ricerca concerne infine la scelta della variabile di output che è stata considerata in via preferenziale. Il concetto di efficacia delle scuole è stato qui inteso in termini di efficacia educativa, ovvero del prodotto di apprendimento al netto delle condizioni antecedenti l’ingresso degli studenti nell’istituto (Scheerens, 2018). L’interesse del concetto di efficacia educativa sta proprio nel provare a interrogarsi su quali siano tutti quei fattori sui quali è pensabile agire e impegnarsi per il miglioramento dei risultati. Si tratta, come afferma lo stesso Scheerens (2018), di ragionare su elementi malleabili dei processi e dei contesti scolastici, sui quali è utile scommettere per individuare possibili vie — pur complesse nella loro necessità di misurarsi con una struttura gerarchica di variabili — di progettazione del cambiamento e dell’innovazione, in termini di prodotti di apprendimento attesi più elevati e più equi.
In questa prospettiva, il gruppo di ricerca ha fatto affidamento sulla variabile costruita da Invalsi e denominata Effetto-Scuola (ES), una misura di valore aggiunto che considera quella parte del risultato di una prova (nel nostro caso le prove in Italiano e Matematica degli studenti dell’ottavo grado) che non dipende dai fattori esogeni (Invalsi, 2017), ossia da tutti quei fattori legati al contesto sociale ed economico di tipo generale (il contesto dell’istituto) e individuale (il contesto di provenienza dello studente) e connessi alla preparazione cognitiva precedente dell’alunno che l’intervento della scuola non riesce a modificare.
A partire da tale quadro sono state discusse e formulate le domande della ricerca basate su specifiche dimensioni organizzative e didattiche riassunte in figura 1 (vedi in Appendice) e descritte di seguito. Tali domande si precisano all’interno di un campo di indagine complesso e interdisciplinare e mirano ad aprire nuove riflessioni nel campo dell’efficacia degli istituti e delle possibili azioni — a livello di politiche organizzative, di percorsi di sviluppo per dirigenti scolastici e insegnanti e di pratiche didattiche — utili a contrastare fenomeni di scarso apprendimento e iniquità dei risultati scolastici.
Dimensioni organizzative
Lo studio dei processi organizzativi all’interno dei contesti scolastici può essere orientato e supportato dal job demands-resources (JD-R) model (Bakker & Demerouti, 2017), secondo cui ogni contesto di lavoro è caratterizzato da specifiche richieste e risorse lavorative che possono dare vita a due processi, uno di indebolimento della salute e uno di sostegno alla motivazione. Le richieste lavorative comprendono tutti gli aspetti del lavoro, fisici, sociali o organizzativi, che implicano uno sforzo per la persona; per contro, le risorse lavorative rappresentano gli elementi del lavoro e dell’organizzazione che possono ridurre i costi associati alle richieste, supportare nel raggiungimento degli obiettivi e favorire la crescita professionale e personale. A queste si aggiungono le risorse personali, intese come quelle caratteristiche psicologiche associate alla motivazione e alla capacità di esercitare controllo sul proprio ambiente (Bakker & Demerouti, 2017) che possono sostenere positivamente la prestazione lavorativa e lo sviluppo professionale.
Il JD-R model è stato ampiamente utilizzato per spiegare il benessere e la motivazione dei lavoratori e delle lavoratrici, anche nei contesti scolastici (Khan, Yusoff & Khan, 2014; Simbula, 2010). Le conseguenze più frequentemente indagate dal modello, anche a partire dalla sua storica definizione, sono l’esaurimento come esito del processo di indebolimento della salute e il work engagement come esito del processo motivazionale. L’esaurimento è considerato la componente principale del burnout e si manifesta quando la persona sperimenta una condizione di svuotamento e perdita delle energie emotive e mentali (Maslach, Leiter & Schaufeli, 2008) mentre il work engagement si esprime in uno stato di coinvolgimento nel proprio lavoro positivo e persistente (Schaufeli et al., 2002). A questi può essere aggiunta la soddisfazione lavorativa, intesa come stato emotivo positivo risultante dalla valutazione che una persona fa della propria esperienza lavorativa (Locke, 1969).
Inoltre, diversi studi in letteratura hanno utilizzato il modello per osservare e spiegare le dinamiche di interfaccia tra lavoro e resto della vita (Bakker et al., 2011), considerando in particolare gli effetti sul conflitto lavoro-famiglia, la percezione di incompatibilità tra il ruolo lavorativo e quello familiare (Greenhaus & Beutell, 1985).
Partendo da tale cornice teorica, il progetto qui presentato ha identificato specifici aspetti del lavoro e del contesto scolastico riconducibili a richieste e risorse lavorative, al fine di comprendere che ruolo giocano tali dimensioni nei processi di benessere, motivazione e performance. Di seguito vengono brevemente presentate e descritte le variabili selezionate per ciascuna categoria.
Tra le richieste lavorative un ruolo cruciale è giocato oggi, nel contesto scolastico come in molti altri, dalla percezione di carico di lavoro, inteso come quantità di lavoro, pressione temporale, interruzioni e livello di impegno necessario per portare a termine le proprie attività (Siegriest, 1996). La seconda dimensione considerata richiama la componente relazionale della professione dell’insegnante, definita dallo scambio quotidiano, anche emotivo, con studenti e studentesse e con le loro famiglie. Tale scambio può essere caratterizzato da aspettative eccessive e da comportamenti di aggressione verbale che possono attivare, nell’insegnante, un processo di regolazione delle emozioni e delle reazioni definito in letteratura come lavoro emotivo (Dudenhöffer & Dormann, 2015), considerato tra le principali fonti di stress nelle professioni fortemente connotate dalla relazione con l’altro. A seguire, tra le richieste è stata inserita la percezione di iniquità tra gli investimenti fatti nel proprio lavoro e i riconoscimenti ricevuti, una dimensione particolarmente importante per la popolazione degli insegnanti che negli ultimi anni ha visto aumentare le richieste e le aspettative legate al ruolo senza assistere a un’adeguata corrispondenza in termini di incrementi salariali o stabilità lavorativa (Guglielmi et al., 2011). Riconoscendo l’elevata eterogeneità e disparità nelle condizioni contrattuali che caratterizzano gli insegnanti, lo studio ha infine preso in considerazione il ruolo dell’insicurezza lavorativa percepita, intesa come la percezione di poter perdere il proprio lavoro in un futuro prossimo, a prescindere dall’effettivo inquadramento contrattuale. L’insicurezza lavorativa è stata ampiamente associata a una riduzione di benessere e salute (De Witte, Pienaar & De Cuyper, 2016) e al contempo è stata evidenziata la sua relazione negativa con la soddisfazione lavorativa, il work engagement, il commitment organizzativo e la performance lavorativa (Piccoli et al., 2017).
Tra le risorse lavorative, una prima dimensione considerata fa riferimento allo stile di leadership presente all’interno del contesto scolastico. Le evidenze empiriche pongono l’enfasi sulla necessità di capitalizzare il ruolo del dirigente scolastico non solo per coordinare e controllare le azioni organizzative, ma soprattutto per concorrere alla costruzione di una cultura condivisa di valori, credenze e obiettivi che possa guidare, sostenere e motivare l’azione di tutti i membri dell’organizzazione. In tale scenario si spiega il progressivo interesse, nello studio dei contesti scolastici, per il concetto di leadership distribuita secondo cui la leadership non deve essere intesa come caratteristica del singolo individuo ma come un processo modellato dalle interazioni quotidiane tra il dirigente scolastico e l’intera organizzazione (Spillane, Halverson & Diamond, 2004). Seguendo tale approccio il progetto ha considerato due dimensioni specifiche di leadership: il supporto del dirigente nel raggiungimento degli obiettivi, nel perseguimento del benessere collettivo e nell’allineamento rispetto alla visione a lungo termine, e il decision-making partecipativo, inteso come percezione di una leadership diffusa che si traduce in coinvolgimento e autonomia nei processi decisionali (Hulpia, Devos & Van Keer, 2009). Diversi autori evidenziano come la partecipazione degli insegnanti ai processi decisionali favorisca il senso di responsabilità, la motivazione per il raggiungimento degli obiettivi e il commitment organizzativo (Spillane & Kim, 2012).
Il focus sulla leadership porta inevitabilmente con sé quello sulla followership, seconda dimensione considerata tra le risorse. Con tale costrutto si fa riferimento alla risposta diretta e concreta dei collaboratori all’azione del leader (Carsten et al., 2010). Tra i comportamenti di followership indagati in letteratura, e in questo studio, rientrano quelli di coinvolgimento attivo e di pensiero critico e indipendente (Kelley, 1992), i primi associati alla proattività e all’iniziativa, nelle prestazioni e nella relazione con il leader, i secondi caratterizzati dalla capacità di pensiero autonomo, creativo e innovativo. La followership può rappresentare un’importante risorsa lavorativa, tanto per le persone che la esprimono quanto per le organizzazioni in cui lavorano (Gatti, Ghislieri, & Cortese, 2017), in particolare in quei contesti, come la scuola, in cui l’azione dei singoli può avere un forte impatto sui risultati collettivi.
Come terza risorsa di taglio relazionale è stato considerato il supporto dei colleghi, inteso come la percezione di ricevere dalle persone con cui si lavora collaborazione e sostegno di tipo professionale e personale. Un’ultima risorsa lavorativa considerata, la cui indagine risulta particolarmente rilevante nel contesto scolastico, è rappresentata dalle opportunità di sviluppo professionale offerte ai docenti. Risultati di ricerca internazionali suggeriscono che le scuole che offrono ai docenti ampie opportunità formative e la possibilità di creare una rete sociale importante all’interno del corpo docente riescono a potenziare la partecipazione degli insegnanti alle iniziative di formazione (Evers et al., 2011) oltre che il loro sviluppo professionale, registrando sul lungo termine un effetto positivo sui risultati raggiunti dagli studenti.
Il progetto ha voluto inoltre considerare il job crafting al fine di approfondirne lo studio nei contesti scolastici. Non si tratta in questo caso di una risorsa lavorativa, ma può essere definito come una strategia di job redesign individuale caratterizzata da comportamenti e azioni che gli insegnanti mettono in atto per gestire lo stress e bilanciare le richieste del contesto con le proprie risorse, i propri bisogni e le proprie capacità (Tims, Bakker, & Derks, 2012). Nello specifico, le strategie di job crafting sono tese a bilanciare le richieste e le risorse lavorative con le proprie abilità, attitudini e bisogni mediante un incremento delle risorse lavorative strutturali, sociali e sfidanti.
Dimensioni didattiche
Il tentativo di pervenire a una definizione di standardizzazione di un insegnamento efficace (Delaney, 2012; Dordit, 2011; Schleicher, 2016) e di analizzare le variabili esplicite e implicite alla base della qualità di un’azione di insegnamento è centrale nella ricerca educativa contemporanea dell’ultimo ventennio, anche sull’onda del dibattito culturale sulla valorizzazione del merito che appare strettamente connesso al tema (Abravanel & D’Agnese, 2015; OECD, 2012; Shinkfield & Stufflebeam, 2012).
In particolare, il dibattito pedagogico ha mostrato come la qualità dell’insegnamento eserciti un’influenza misurabile oggettivamente sugli esiti degli studenti (Calvani, 2012; Hattie & Donoghue, 2016; Trinchero, 2015, 2017; Vannini, 2019a; Vivanet, 2014): il fattore-insegnante o effetto-maestro viene oggi sempre più annoverato fra i fattori principali dell’efficacia scolastica dell’istruzione (Hanif, 2016; Perla, 2011; Stronge, 2010). Ciò nonostante, siamo ancora lontani da una definizione univoca di teacher quality: concetto che, «mancando di un set di indicatori standardizzati che possa esprimerlo, viene perlopiù sovrapposto ai suoi effetti, ovvero alla teacher effectiveness, la misurazione a valle della qualità dell’insegnamento in termini di valore aggiunto prodotto sugli apprendimenti rilevati sugli studenti mediante test standardizzati […]. Teacher quality e teacher effectiveness non sono concetti sovrapponibili e il primo è certamente assai difficile da «generalizzare» a causa della natura idiosincratica dell’azione di insegnamento e dei contesti ove essa ha luogo» (Perla, 2019, p. 122).
I costrutti pedagogici oggetto di indagine in questo studio sono tre — la progettazione, la didattica e la valutazione — analizzati attraverso la misurazione di diverse variabili considerate come possibili fattori influenti sull’efficacia scolastica (Scheerens, 2000) e sugli apprendimenti degli studenti; in particolare sono state indagate alcune convinzioni degli insegnanti (fiducia nelle potenzialità della didattica, ideologia delle doti naturali), i loro atteggiamenti (utilità e dinamicità della progettazione, inutilità e rigidità della progettazione, funzione formativa della valutazione) e approfondite le dichiarazioni di pratiche (mediazione didattica, opportunità di apprendimento, inclusione, coinvolgimento dei genitori, uso delle tecnologie, dichiarazioni sulle pratiche di valutazione formativa e feedback).
Il costrutto della progettazione è stato indagato attraverso due dimensioni specifiche: utilità e dinamicità della progettazione e inutilità e rigidità della progettazione (Luppi, Tartufoli, & Vannini, 2014).
Per quanto concerne il costrutto della didattica, il framework teorico è polireferenziale e comprende vari studi sulle azioni istruttive efficaci (Scheerens, 2013; Trinchero, 2017, 2018), sulla mediazione didattica (Damiano, 2013), sulle tecnologie nella didattica (Mishra & Koehler, 2006), sull’inclusione (Perla, 2013; Perla & Vinci, 2017) e sulle opportunità di apprendimento dai quali emerge la consapevolezza dell’intrinseca complessità del sapere pratico degli insegnanti: «la performance docente è un fattore estremamente complesso e difficile da misurare in quanto strettamente legata alla differenziazione delle pratiche, difficilmente rilevabili soprattutto con indagini su larga scala e sicuramente non «spiegabili» epistemologicamente attraverso impianti teorici causativi solo su basi correlazionali» (Perla, 2019, p. 124). All’interno di tale costrutto rientrano anche fattori ipotizzati a partire dalla letteratura: l’ideologia delle doti naturali e la fiducia nell’azione didattica (Ciani & Vannini, 2017).
In riferimento al costrutto della valutazione, infine, sono stati considerati gli atteggiamenti degli insegnanti nei confronti di una valutazione con funzione formativa, le specifiche dichiarazioni sulle pratiche di valutazione formativa e feedback e il coinvolgimento dei genitori nella valutazione. In particolare, si è fatto riferimento ai numerosi studi che enfatizzano il ruolo della valutazione con funzione formativa (Calvani & Vivanet, 2014; Tessmer, 2013), quindi come possibilità — data, ad esempio, dall’uso di feedback appropriati, dalla partecipazione attiva degli allievi al processo valutativo, dalla considerazione costante degli effetti che la valutazione può avere su autostima e motivazione degli allievi, dalle concezioni sulla valutazione degli apprendimenti degli stessi insegnanti e con le opinioni dei loro studenti — di un miglioramento effettivo delle pratiche didattiche, in quanto monitoraggio degli apprendimenti e regolazione costante dei percorsi didattici in vista del raggiungimento di adeguati obiettivi di apprendimento per tutti gli allievi (Bolondi et al., 2015; Trinchero, 2018; Vannini, 2019b).
Obiettivi dello studio
La ricerca ha avuto la finalità di confrontare scuole secondarie di primo grado che presentano diversi livelli di ES indagando, nello specifico, eventuali differenze relative alle variabili di livello organizzativo e le variabili pedagogico-didattiche considerate. Per questa particolare finalità, l’indagine è stata promossa e messa a punto da un gruppo di ricerca interdisciplinare composto da ricercatori e ricercatrici negli ambiti della Psicologia Sociale e delle Organizzazioni, Psicologia dello Sviluppo e della Didattica e Pedagogia Sperimentale delle Università di Bari, Bologna e Torino, in collaborazione con Invalsi e gli Uffici Scolastici Regionali.
Il gruppo di ricerca ha definito le seguenti domande dell’indagine.
- esistono delle differenze, in termini di variabili organizzative e didattiche, tra scuole con positivo versus negativo ES?
- esistono delle differenze, in termini di variabili organizzative e didattiche, tra scuole con studenti con alti versus bassi risultati scolastici?
Metodo
Partecipanti
Hanno preso parte allo studio 1774 insegnanti, prevalentemente donne (N = 1419, 80.0%), in servizio presso 73 scuole secondarie di primo grado in Italia. Il campione era così distribuito: 845 insegnanti (47.6%, 31 scuole) provenivano dalla regione Emilia-Romagna, 486 (27.4%, 24 scuole) dal Piemonte e 443 (25.0%, 18 scuole) dalla Puglia. L’età media dei docenti era di 47.0 anni (range 23-69; DS = 10.32), con un’esperienza media di insegnamento di 16.30 anni (range 0-16; DS = 11.44) e una permanenza media nella scuola attuale di 7.39 anni (range 0-40; DS = 7.97). Per ciò che concerne le materie insegnate, 496 (28.0%) docenti insegnavano discipline umanistiche, 283 (16.0%) discipline scientifiche, 207 (11.7%) inglese, 102 (5.7%) materie tecniche e 686 (38.7%) altre discipline (ad esempio, educazione fisica o musicale, religione).
Strumenti
Le tabelle 1 e 2 (vedi in Appendice) descrivono le misure utilizzate per rilevare rispettivamente le dimensioni organizzative e le dimensioni didattiche.
Procedura
Le scuole partecipanti sono state originariamente selezionate sulla base dell’ES in italiano e matematica relativo all’anno scolastico 2016/2017, vale a dire, quello più recente al momento dell’avvio del progetto. Grazie al supporto dei rispettivi Uffici Scolastici Regionali, le Università hanno proceduto contattando i Dirigenti Scolastici delle scuole indicate da Invalsi come ad alto o basso ES in Italiano, Matematica, o in entrambe queste discipline.11 A seguito di un primo incontro iniziale, è stata quindi richiesta l’adesione formale al progetto attraverso la sottoscrizione, da parte dei dirigenti scolastici, della liberatoria necessaria per agganciare i codici meccanografici dello specifico istituto con i dati forniti da Invalsi relativi all’ES nazionale 2016/2017 e ai risultati complessivi degli studenti nelle materie di italiano e matematica, nonché dell’autorizzazione a procedere con la raccolta e l’analisi dei dati.
Il questionario è stato messo a punto in due versioni alternative (A e B) in modo tale da mantenere i tempi di compilazione entro i 20 minuti, e al contempo non rinunciare a informazioni rilevanti per lo studio. Per ciascuna scuola, circa la metà dei docenti — scelti in maniera casuale — ha ricevuto il link alla versione A del questionario (N = 913; 51.5%), mentre l’altra metà ha ricevuto il link alla versione B (N = 861; 48.5%). Entrambe le versioni erano accompagnate da una breve introduzione che illustrava l’obiettivo generale dello studio, assicurava la riservatezza dei dati, e specificava che la compilazione avveniva su base volontaria.
La ricerca è stata condotta in accordo con le norme etiche stabilite dall’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) e ha ottenuto l’approvazione formale del Comitato di Bioetica dell’Università degli Studi di Torino (prot. n. 55679, 01/02/2019).
Analisi dei dati
Poiché i dati relativi all’ES a nostra disposizione si riferivano all’a.s. 2016/2017, mentre la raccolta dati è avvenuta nell’a.s. 2018/2019, si è deciso di considerare nelle analisi solo i partecipanti con un’anzianità di servizio nella scuola pari o superiore a 3 anni (N = 1152; 80.6% donne; età media = 50.86 anni), e quindi solo insegnanti che già lavoravano presso la scuola in oggetto durante l’anno scolastico in cui l’ES è stato calcolato.
Al fine di indagare la presenza di differenze statisticamente significative tra scuole con diversi livelli di ES e di punteggi ottenuti dagli studenti sono state create due variabili dicotomiche. L’ES si propone come indice complessivo del valore aggiunto, o del disvalore, di una scuola (intesa come sistema organizzativo) nel favorire il successo scolastico degli studenti. In quanto indice complessivo, è stata creata una variabile dicotomica capace di discriminare tra scuole con ES negativo o leggermente negativo in una delle due materie e l’altra al massimo pari alla media nazionale (valore = 0, «ES negativo»; N = 539 docenti, 35 scuole) e scuole con ES positivo o leggermente positivo in una delle due materie e l’altra almeno pari alla media nazionale (valore = 1, «ES positivo»; N = 524 docenti, 31 scuole).
Analogamente, per il punteggio degli studenti è stata creata un’unica variabile capace di discriminare tra scuole con punteggio sotto la media nazionale in entrambe le materie (valore = 0, «punteggio sotto media»; N = 203 docenti, 12 scuole) e scuole con punteggio sopra la media in entrambe le materie (valore = 1, «punteggio sopra media»; N = 578 docenti, 34 scuole).
Per le analisi è stato utilizzato il software statistico IBM SPSS 25. Oltre alle analisi descrittive, è stata verificata l’attendibilità interna di ciascuna scala mediante il calcolo dell’Alpha di Cronbach ed è stato utilizzato il t-test per campioni indipendenti per confrontare le medie delle variabili nei diversi gruppi definiti.
Risultati
Analisi descrittive
La tabella 3 (vedi in Appendice) mostra le statistiche descrittive (media e deviazione standard) di tutte le variabili organizzative e didattiche considerate, calcolate sul campione complessivo di insegnanti impiegati nelle 73 scuole da almeno 3 anni.
Dimensioni organizzative e didattiche: quali differenze?
Utilizzando la variabile dummy ES è stato possibile confrontare le dimensioni organizzative e didattiche tra partecipanti appartenenti a scuole con ES positivo e partecipanti appartenenti a scuole con ES negativo. La tabella 4 (vedi in Appendice) mostra i risultati relativi solo alle variabili che hanno mostrato differenze statisticamente significative. Per quanto riguarda le variabili organizzative, i risultati mostrano un livello di esaurimento significativamente superiore tra i partecipanti impiegati in scuole con ES negativo rispetto ai partecipanti impiegati in scuole con ES positivo. Tra le risorse organizzative considerate, tre — ovvero, la leadership di supporto, il decision-making partecipativo e il supporto dei colleghi — hanno mostrato livelli significativamente superiori nei partecipanti che lavorano in scuole con ES positivo rispetto a chi lavora in scuole con ES negativo. Per quanto riguarda le variabili didattiche, la fiducia nelle potenzialità della didattica e le iniziative per inclusione hanno riportato livelli significativamente più alti tra i partecipanti impiegati in scuole con ES negativo; l’ideologia delle doti naturali è risultata invece significativamente più presente tra gli insegnanti che lavorano in scuole con ES positivo.
La tabella 5 (vedi in Appendice) riporta le differenze statisticamente significative tra partecipanti impiegati in scuole con punteggio degli studenti in entrambe le materie sotto versus sopra la media nazionale. Come mostrato in tabella, l’unica variabile organizzativa a riportare differenze significative tra i due gruppi è l’esaurimento, più elevato tra gli insegnanti che lavorano in scuole con punteggio degli studenti sotto la media. Tra le variabili didattiche, i risultati mostrano livelli significativamente più alti per gli insegnanti delle scuole con punteggio sopra la media nel caso dell’ideologia delle doti naturali e dell’inutilità della progettazione. L’uso di mediatori attivi e analogici e le pratiche di feedback e autovalutazione hanno invece riportato medie significativamente superiori nel gruppo di insegnanti che lavorano in scuole con punteggio sotto la media.
Discussione
L’obiettivo dello studio era di esplorare se la percezione dei docenti delle richieste e risorse lavorative e delle variabili didattiche variasse significativamente a seconda del fatto che essi lavorassero in istituti caratterizzati da ES alto o basso. L’analisi dei dati ha parzialmente confermato le attese, sebbene i risultati significativi in relazione alle variabili organizzative e didattiche siano coerenti con gran parte delle evidenze scientifiche sul tema e incoraggino la ricerca futura a proseguire in tale direzione.
In riferimento alle variabili organizzative, un primo dato degno di attenzione riguarda la relazione tra i livelli di esaurimento emotivo dei docenti e l’ES negativo. In particolare, i risultati dello studio mostrano come docenti impiegati in scuole con ES negativo riportino punteggi medi significativamente più alti di esaurimento emotivo rispetto ai colleghi impiegati in scuole con ES positivo. L’esaurimento emotivo è una dimensione del burnout che fa riferimento alla sensazione di aver esaurito le energie psicologiche, fisiche ed emozionali per affrontare le richieste dell’attività lavorativa, ed è generalmente frequente in lavoratori che svolgono compiti che prevedono il costante contatto con le persone. Ne consegue che la professione del docente, considerata una helping profession, risulta essere una delle più esposte al rischio di esaurimento emotivo, poiché le richieste lavorative riguardano specificatamente la gestione delle relazioni a vari livelli di complessità, come testimoniato da numerosi lavori empirici condotti in contesti nazionali e internazionali (Naering, Vlerick, & Van de Ven, 2012; Simbula & Guglielmi, 2010).
Ancora, il confronto tra scuole con punteggio degli studenti sopra o sotto la media nazionale rivela che nelle scuole con punteggi sotto la media nazionale i docenti riportino punteggi medi significativamente maggiori di esaurimento emotivo rispetto ai colleghi impiegati in scuole con punteggio sopra la media nazionale. Anche questo risultato trova conferma in uno studio condotto nel contesto scolastico tedesco e che ha utilizzato la comune cornice teorica del JD-R model (Klusmann et al., 2008). Lo studio, infatti, mostra come le difficoltà vissute dai docenti nella gestione della classe sia dal punto di vista del profitto che dal punto di vista delle relazioni possano essere un fattore di esaurimento emotivo. Al contempo, però, lo studio rivela come la percezione di supporto da parte del dirigente possa agire da fattore di promozione dell’engagement dei docenti.
Pertanto, a valle di questi risultati, è possibile concludere che certamente esiste una relazione significativa tra esaurimento emotivo dei docenti e risultati di apprendimento degli studenti. Tuttavia, considerata la natura esplorativa e descrittiva del presente studio non è possibile desumere la direzione della relazione tra esiti emotivi dell’esperienza lavorativa dei docenti e ricadute sul rendimento degli studenti. La letteratura fornisce evidenze a supporto della incidenza del burnout dei docenti sulla qualità degli apprendimenti degli studenti, ipotizzando che possa essere lo stato emotivo dei docenti a condizionare motivazione e rendimento (Pas et al., 2010). Al contempo, però, negli ultimi anni diversi studi hanno mostrato il ruolo cruciale giocato da alcune variabili del contesto scolastico, ad esempio la composizione della classe in termini socioculturali, motivazionali e comportamentali, sottolineando come fattori quali ad esempio l’appartenenza a minoranze, difficoltà economiche, linguistiche e condizioni di svantaggio familiare degli studenti possano contribuire a generare nei docenti esiti emotivi negativi (Konstantopoulos & Chung, 2011).
Un altro risultato interessante registrato in questo studio riguarda il ruolo di alcune risorse del contesto scolastico. In particolare, l’analisi della varianza mostra come nelle scuole con ES positivo i punteggi relativi alla percezione della leadership di supporto, del processo di decision-making partecipativo e del supporto dei colleghi siano significativamente più alti rispetto alle scuole con ES negativo. Le prime due dimensioni fanno riferimento al modello della leadership distributiva, sottolineando la rilevanza della cooperazione e della condivisione delle funzioni di gestione del sistema scuola. Il supporto dei colleghi, invece, attiene alla percezione delle qualità interpersonali formali e informali con i colleghi.
Tali risultati sembrano suggerire che le scuole che funzionano meglio si distinguono per la percezione positiva che i docenti hanno del proprio dirigente, considerato come un alleato che condivide obiettivi, piani d’azione e decisioni. Similmente, in questi contesti la collaborazione e lo scambio di competenze tra colleghi sono ritenute pratiche positive e fruttuose. Tali considerazioni si pongono in linea con ricerche precedenti svolte nel contesto scolastico, che hanno mostrato ad esempio come la sensazione di far parte di un gruppo e di condividerne i valori possa limitare i livelli di esaurimento emotivo e potenziare esiti individuali di segno positivo, come la soddisfazione lavorativa e l’organizational commitment (Hulpia, Devos, & Van Keer, 2011; Skaalvik & Skaalvik, 2011), impattando anche sulla qualità degli apprendimenti degli studenti (Hua-Chang, 2011).
In riferimento alle variabili didattiche, emergono altri dati interessanti che arricchiscono ulteriormente la riflessione circa le ricadute applicative dello studio. In particolare, l’analisi dei dati mostra come l’ideologia delle doti naturali risulti significativamente più presente tra gli insegnanti che lavorano in scuole con ES positivo, mentre la fiducia nelle potenzialità della didattica e le iniziative per inclusione abbiano ottenuto punteggi medi significativamente più alti tra i partecipanti impiegati in scuole con ES negativo.
Rispetto al primo dato, i risultati evidenziano come un fattore discriminante fra scuole con ES positivo e scuole con ES negativo sia un’ideologia che seleziona sulla base dei talenti naturali (es. «per certi allievi si può prevedere il risultato finale già dall’inizio dell’anno scolastico»). L’ideologia delle doti naturali (Balduzzi & Vannini, 2008) contrasta con l’istanza di uguaglianza delle opportunità di apprendimento e della riuscita scolastica (Crahay, 2012) e «propone una convinzione contraria a un’idea di scuola e di insegnamento democratico, dove il successo formativo dell’allievo può dipendere fondamentalmente solo da sue «predisposizioni innate» e dove il «potere» della didattica nei confronti delle possibilità di recupero dell’allievo viene considerato poco o nullo» (Ciani, 2019, p. 59). La riuscita scolastica, in tal senso, è determinata da talenti e predisposizioni naturali dello studente, più che dall’agire didattico dell’insegnante.
Non è un caso, forse, che tra le differenze significative si riscontrino livelli più alti di fiducia nelle potenzialità della didattica e iniziative per l’inclusione nelle scuole con ES negativo. Ciò non sorprende perché la fiducia nella didattica appare complementare proprio all’ideologia delle doti naturali, in quanto propone una visione che enfatizza le potenzialità̀ della didattica per l’apprendimento di tutti gli studenti. Questo dato suggerisce che nelle scuole con ES positivo, presumibilmente frequentate in maggioranza da alunni naturalmente più bravi, prevale un’ideologia delle doti naturali, a differenza delle scuole con ES negativo nelle quali, probabilmente, sussistono condizioni di maggiore difficoltà ed eterogeneità di contesto e utenza, situazione alla quale gli insegnanti reagiscono con fiducia di poter fare la differenza attraverso le potenzialità trasformative della didattica (Fabbri & Romano, 2017) e quindi ottimismo rispetto a un cambiamento e miglioramento possibile. Avere fiducia nella didattica significa quindi credere in un ruolo attivo dell’insegnante, nel suo ruolo di agency (Perla & Agrati, 2018; Pyhältö, Pietarinen, & Soini, 2012). Inoltre, nelle scuole a ES negativo emerge un maggiore bisogno di pratiche inclusive, strutturate intenzionalmente — anche attraverso riconfigurazioni architettoniche e metodologiche in funzione del gruppo-classe e secondo il principio della personalizzazione — per la rimozione delle barriere che ostacolano la partecipazione all’apprendimento da parte di tutti gli alunni e per il riconoscimento del comune diritto alla diversità (Perla, 2013).
Rispetto ai risultati significativi relativi alle variabili didattiche nel confronto tra scuole con punteggio sotto o sopra la media nazionale, l’analisi rivela che nelle scuole con punteggi sotto la media nazionale i docenti facciano un maggior uso di mediatori attivi e analogici e ricorrano di più a pratiche di feedback e autovalutazione rispetto ai colleghi impiegati in scuole con punteggio sopra la media nazionale. Tali risultati sembrano suggerire che le scuole che funzionano meno sono anche quelle in cui è molto più avvertita l’esigenza di far ricorso a mediatori attivi e analogici a supporto del lavoro di didattizzazione (Damiano, 2013) e di ricorrere a pratiche di feedback e autovalutazione, nell’ottica di una valutazione della funzione formativa, che permette di individuare le difficoltà di apprendimento degli studenti e di offrire all’insegnante informazioni utili per riflettere e decidere come modificare la propria didattica (Vertecchi, 1976). A ulteriore conferma di quanto emerso nell’analisi della varianza, nelle scuole con punteggi sopra la media nazionale i risultati mostrano livelli significativamente più alti nel caso dell’ideologia delle doti naturali e dell’inutilità della progettazione.
Limiti e sviluppi futuri
La ricerca presenta diversi limiti ciascuno dei quali apre a interessanti prospettive future di sviluppo. In primo luogo, il disegno di ricerca qui presentato si basa su un’unica rilevazione di dati, avvenuta a distanza di due anni rispetto ai risultati sull’ES e sulle prove degli studenti forniti da Invalsi. Per poter compensare tale limite sarà fondamentale da un lato attendere i dati Invalsi relativi all’anno scolastico in cui sono stati raccolti i dati (2018-2019), dall’altro avviare una ricerca di tipo longitudinale che preveda la somministrazione dei questionari agli insegnanti in più tempi, a distanza di un anno. In tal modo sarà possibile osservare nel tempo e trarre conclusioni di causalità rispetto alla relazione tra le variabili organizzative e didattiche da un alto e i risultati di apprendimento degli studenti dall’altro.
Un punto di forza della ricerca è stato quello di affiancare ai dati self-report degli insegnanti anche le valutazioni oggettive e standardizzate a livello nazionale dei risultati degli studenti. Nonostante ciò, ulteriori punti di vista potrebbero integrare il disegno della ricerca; in particolare, sviluppi futuri potrebbero prevedere il coinvolgimento degli studenti con la rilevazione delle loro percezioni su alcune dimensioni di clima d’aula, di engagement e di pratiche didattiche.
Infine, e in linea generale, lo studio qui presentato si limita a osservare le differenze tra scuole che hanno mostrato diversi livelli di prestazione degli studenti, con l’obiettivo di presentare risultati preliminari che possano guidare futuri approfondimenti nelle relazioni tra le diverse tipologie di variabili considerate, tenendo conto anche delle potenzialità di analisi multilivello che i dati offrono.
Implicazioni per la pratica
I risultati dello studio sono particolarmente utili a suggerire come orientare le pratiche di lavoro e di gestione delle risorse umane in un contesto come quello scolastico caratterizzato da legami deboli (Weick, 1976), nel quale è difficile conciliare piani strategici, azioni intenzionali e risultati finali considerando l’estrema aleatorietà degli output cui si espone il lavoro educativo. In tal senso, i risultati suggeriscono una possibile strada per potenziare gli output concreti verso cui la scuola orienta i propri sforzi, ovvero la qualità degli apprendimenti, e al tempo stesso per motivare i docenti, senza i quali tali obiettivi sarebbero difficilmente raggiungibili.
In questo quadro, centrale è il ruolo del dirigente, chiamato secondo l’ipotesi suggerita dall’approccio della leadership distribuita a definire una visione comune, a coordinare i compiti, a condividere le decisioni e a valorizzare le competenze dei docenti. Diversi studi confermano, infatti, come la leadership distribuita sia correlata al rendimento degli studenti proprio per il tramite dei docenti che vivendo in un contesto stimolante, aperto e innovativo tendono a sviluppare credenze di autoefficacia, ottimismo e motivazione verso il proprio lavoro impattando positivamente sul rendimento della classe (Hua-Chang, 2011). Il coaching per i dirigenti scolastici potrebbe rappresentare un efficace metodo di intervento e sostegno, che grazie alla sua flessibilità e possibilità di personalizzazione permetterebbe di rispondere agli effettivi bisogni di ciascuna situazione, offrendo occasioni di sviluppo delle competenze di leadership e di supporto nell’affrontare le sfide legate al ruolo (Silver et al., 2009).
Anche i risultati relativi alle variabili didattiche sono particolarmente utili a suggerire come orientare le pratiche di formazione degli insegnanti, consentendo di individuare e sviluppare delle competenze cruciali per una efficace azione didattica, ispirate alla fiducia nel ruolo attivo dell’insegnante e alla sua possibilità di fare la differenza (Perla & Agrati, 2018). Tali competenze riguardano in primis le pratiche di autovalutazione e di feedback, quelle finalizzate a favorire l’inclusione, e infine quelle che sostengono l’utilizzo di mediatori attivi e analogici durante le attività didattiche. Inoltre, gli insegnanti potrebbero trovare un valido supporto in percorsi di counseling, individuale o di gruppo, finalizzati alla promozione del benessere, allo sviluppo delle competenze emotive e relazionali e delle capacità e risorse psicologiche utili a fronteggiare le molte richieste connesse alla loro professione e i continui cambiamenti che intervengono nel sistema scolastico (Broli et al., 2011; Di Fabio & Palazzeschi, 2008).
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Trinchero, R. (2015). La valutazione degli apprendimenti. In D. Felini, & R. Trinchero (Eds.), Progettare la media education. Dall’idea all’azione, nella scuola e nei servizi educativi (pp. 133-158). Milano, Italy: FrancoAngeli.
Trinchero, R. (2017). Nove concetti chiave, per un’istruzione informata dall’evidenza. Formazione & Insegnamento, 15(2), 113-125. doi: 107346/-fei-XV-02-17_11
Trinchero, R. (2018). Valutazione formante per l’attivazione cognitiva. Spunti per un uso efficace delle tecnologie per apprendere in classe. Italian Journal of Educational Technology, 26(3), 40-55. doi: 10.17471/2499-4324/1013
Vannini, I. (2019a). La qualità nella didattica. Metodologia e strumenti di progettazione e valutazione. Trento, Italy: Erickson.
Vannini, I. (2019b). Valutare per apprendere e per progettare. In E. Nigris, B. Balconi, & L. Zecca (Eds.), Dalla progettazione alla valutazione didattica. Torino, Italy: Pearson.
Vertecchi, B. (1976). Valutazione formativa. Torino, Italy: Loescher.
Vivanet, G. (2014). La valutazione degli apprendimenti scolastici. Un quadro internazionale. Form@re, 4(14), 8-19. doi: 10.13128/formare-15792
Wanous, J. P., Reichers, A. E., & Hudy, M. J. (1997). Overall job satisfaction: How good are single-item measures? Journal of Applied Psychology, 82(2), 247-252. doi: 10.1037/0021-9010.82.2.247
Weick, K. E. (1976). Educational Organizations as Loosely Coupled Systems. Administrative Science Quarterly, 21(1), 1-19. doi: 10.2307/2391875
APPENDICE
Figura 1
DIMENSIONI ORGANIZZATIVE Richieste lavorative Carico di lavoro Richieste speciali da parte di studenti e famiglie Aggressione verbale da parte di studenti e famiglie Percezione di iniquità Insicurezza lavorativa Risorse lavorative Supporto del dirigente scolastico Decision making partecipativo Supporto dei colleghi Opportunità di sviluppo professionale job crafting Esiti Esaurimento Work engagement Soddisfazione lavorativa Conflitto lavoro-famiglia |
DIMENSIONI DIDATTICHE Progettazione Utilità e dinamicità della progettazione Inutilità e rigidità della progettazione Didattica Mediazione didattica Uso delle tecnologie Inclusione Opportunità di apprendimento Fiducia nelle potenzialità della didattica Ideologia delle doti naturali Valutazione Pratiche di valutazione formativa e feedback Coinvolgimento dei genitori Funzione formativa della valutazione |
VARIABILI DI CONFRONTO Effetto scuola dell’Istituto (positivo versus negativo) Punteggi degli studenti alle prove Invalsi (sopra versus sotto la media) |
Modello delle dimensioni organizzative e didattiche indagate nello studio
Tabella 1
Strumenti utilizzati per la rilevazione delle dimensioni organizzative
Dimensione |
Fonte |
N item |
Scala di risposta |
Alpha di Cronbach |
Versione questionario |
Work engagement |
Balducci, Fraccaroli, & Schaufeli, 2010 |
3 |
0 = mai 6 = ogni giorno |
.90 |
A e B |
Esaurimento emotivo |
Schaufeli, Leiter, Maslach, & Jackson, 1996 |
5 |
0 = mai 6 = ogni giorno |
.89 |
A e B |
Soddisfazione lavorativa |
Wanous, Reichers, & Hudy, 1997 |
1 |
1 = per niente soddisfatto 5 = completamente soddisfatto |
/ |
A |
Conflitto lavoro-famiglia |
Netemeyer, Boles & McMurrian, 1996; versione italiana Colombo & Ghislieri, 2008 |
5 |
1 = totalmente in disaccordo 5 = totalmente d’accordo |
.88 |
B |
Carico di lavoro |
Siegrist et al., 2004 |
3 |
1 = decisamente no 4 = decisamente sì |
.65 |
A e B |
Aggressione verbale |
Dormann & Zapf, 2004 |
3 |
1 = totalmente in disaccordo 5 = totalmente d’accordo |
.87 |
A |
Richieste speciali |
Dormann & Zapf, 2004 |
3 |
1 = totalmente in disaccordo 5 = totalmente d’accordo |
.73 |
A |
Percezioni di iniquità |
Guglielmi et al., 2011 |
4 |
1 = mai 5 = sempre |
.81 |
B |
Insicurezza lavorativa |
Ferrie, Shipley, Stansfeld, & Marmot, 2002 |
1 |
1 = per niente 5 = moltissimo |
/ |
A e B |
Leadership di supporto |
Hulpia et al., 2009 |
8 |
1 = mai 5 = sempre |
.94 |
A |
Decision-making partecipativo |
Hulpia et al., 2009 |
4 |
1 = mai 5 = sempre |
.80 |
A |
Followership |
Ghislieri, Gatti, & Cortese, 2015 |
4 |
0 = mai 6 = ogni giorno |
.73 |
A |
Supporto dei colleghi |
Karasek, 1979 |
4 |
1 = decisamente no 4 = decisamente sì |
.79 |
A |
Sviluppo professionale |
Torff, Sessions, & Byrnes, 2005 |
4 |
1 = del tutto falso 5 = del tutto vero |
.74 |
B |
Job crafting |
Cenciotti et al., 2016 |
8 |
1 = mai 5 = sempre |
.67 |
B |
Tabella 2
Strumenti utilizzati per la rilevazione delle dimensioni didattiche
Dimensione |
Fonte |
N item |
Scala di risposta |
Alpha di Cronbach |
Versione questionario |
Inutilità e rigidità della progettazione |
Luppi et al., 2014 |
4 |
1 = per niente d’accordo 4 = molto d’accordo |
.81 |
B |
Utilità e dinamicità della progettazione |
Luppi et al., 2014 |
4 |
1 = per niente d’accordo 4 = molto d’accordo |
.74 |
B |
Uso di mediatori simbolici iconici |
Damiano, 2013 |
5 |
1 = mai 4 = sempre |
.72 |
A e B |
Uso di mediatori attivi analogici |
Damiano, 2013 |
6 |
1 = mai 4 = sempre |
.67 |
A e B |
Uso delle tecnologie |
Perla & Vinci, 2014 |
4 |
1 = mai 4 = sempre |
.67 |
A |
Didattica per l’inclusione |
Perla, 2013 |
4 |
1 = mai 4 = sempre |
.70 |
A |
Iniziative per l’inclusione |
Perla, 2013 |
5 |
1 = mai 4 = sempre |
.79 |
A |
Opportunità di apprendimento |
Ciani & Vannini, 2017 |
5 |
1 = mai 4 = sempre |
.75 |
A e B |
Fiducia nelle potenzialità della didattica |
Ciani & Vannini, 2017 |
4 |
1 = per niente 4 = molto d’accordo |
.69 |
A e B |
Ideologia delle doti naturali |
Ciani & Vannini, 2017 |
6 |
1 = per niente 4 = molto d’accordo |
.75 |
B |
Funzione formativa della valutazione |
Ciani & Vannini, 2017 |
3 |
1 = per niente 4 = molto d’accordo |
.69 |
A e B |
Coinvolgimento dei genitori nella valutazione |
Scala costruita ad hoc |
3 |
1 = mai 4 = sempre |
.74 |
A e B |
Valutazione formativa e feedback |
Perla, 2019; Trinchero, 2017 |
5 |
1 = mai 4 = sempre |
.70 |
A e B |
Tabella 3
Statistiche descrittive (media e deviazione standard) delle dimensioni organizzative e didattiche considerate nello studio
Dimensioni organizzative |
M |
DS |
Dimensioni didattiche |
M |
DS |
Esaurimento |
2.59 |
1.57 |
Utilità e dinamicità della progettazione |
3.26 |
.49 |
Work engagement |
5.31 |
.90 |
Inutilità e rigidità della progettazione |
1.90 |
.64 |
Soddisfazione lavorativa |
4.23 |
.78 |
Uso mediatori simbolici e iconici |
2.88 |
.55 |
Conflitto lavoro-famiglia |
2.77 |
.72 |
Uso mediatori attivi e analogici |
2.21 |
.47 |
Carico di lavoro |
2.72 |
.57 |
Uso delle tecnologie |
2.44 |
.58 |
Aspettative eccessive |
3.23 |
.88 |
Iniziative per inclusione |
2.64 |
.58 |
Aggressione verbale |
2.51 |
1.03 |
Didattica per inclusione |
2.01 |
.59 |
Percezione di iniquità |
3.07 |
.85 |
Opportunità di apprendimento |
3.06 |
.52 |
Insicurezza lavorativa |
2.30 |
.86 |
Fiducia nelle potenzialità della didattica |
3.22 |
.47 |
Leadership di supporto |
3.70 |
.89 |
Ideologia delle doti naturali |
2.04 |
.50 |
Decision-making partecipativo |
3.26 |
.75 |
Valutazione formativa e feedback |
2.88 |
.57 |
Followership |
3.58 |
1.08 |
Coinvolgimento dei genitori nella valutazione |
3.08 |
.65 |
Supporto dei colleghi |
3.15 |
.54 |
Convinzioni sulla funzione formativa della valutazione |
3.42 |
.44 |
Opportunità di sviluppo professionale |
4.31 |
.92 |
|||
Job crafting |
3.34 |
.48 |
Tabella 4
Differenze statisticamente significative tra scuole con ES negativo versus ES positivo
Dimensioni organizzative |
M ES neg. |
M ES pos. |
t |
Gl |
Sig. |
Esaurimento |
2.70 |
2.51 |
1.97 |
1061 |
.049 |
Leadership di supporto |
3.58 |
3.81 |
-3.05 |
559 |
.002 |
Decision-making partecipativo |
3.17 |
3.35 |
-2.78 |
559 |
.006 |
Supporto dei colleghi |
3.10 |
3.20 |
-2.10 |
559 |
.036 |
Dimensioni didattiche |
M ES neg. |
M ES pos. |
t |
Gl |
Sig. |
Iniziative per inclusione |
2.70 |
2.58 |
2.40 |
559 |
.017 |
Fiducia nelle potenzialità della didattica |
3.25 |
3.19 |
2.18 |
1061 |
.030 |
Ideologia delle doti naturali |
1.97 |
2.10 |
-3.00 |
500 |
.003 |
Nota. Gl = Gradi di Libertà
Tabella 5
Differenze statisticamente significative tra scuole con punteggio degli studenti sopra versus sotto la media nazionale
Dimensioni organizzative |
M Punt. sotto media |
M Punt. sopra media |
t |
Gl |
Sig. |
Esaurimento |
2.78 |
2.47 |
2.43 |
779 |
.015 |
Dimensioni didattiche |
M Punt. sotto media |
M Punt. sopra media |
t |
Gl |
Sig. |
Inutilità della progettazione |
1.74 |
1.95 |
-2.79 |
371 |
.006 |
Uso mediatori attivi e analogici |
2.28 |
2.19 |
2.22 |
779 |
.027 |
Ideologia delle doti naturali |
1.92 |
2.08 |
-2.73 |
371 |
.007 |
Feedback e autovalutazione |
3.02 |
2.86 |
3.55 |
779 |
.000 |
Nota. Gl = Gradi di Libertà
1 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino.
2 Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna Alma Mater Studiorum.
3 Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane, Università Mediterranea di Reggio Calabria.
4 Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione, Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
5 Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione, Università degli Studi di Torino.
6 Università degli Studi di Torino.
7 Università di Bologna Alma Mater Studiorum.
8 Università Mediterranea di Reggio Calabria.
9 Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
10 Università degli Studi di Torino.
11 È doveroso precisare che, in questa fase, le Università erano a conoscenza non dei dati delle singole scuole, ma solo del fatto che l’istituto ricadeva in uno di questi tre gruppi.