Vol. 13, n. 2, giugno 2020

STUDI E RICERCHE

La gestione del cambiamento organizzativo

Un confronto tra le aspettative dell’organizzazione ed il punto di vista dei lavoratori nell’ottica della consulenza aziendale

Chiara Panari1 e Michela Tonelli2

Sommario

Lo scopo di questo lavoro è analizzare l’attuale letteratura sul cambiamento organizzativo, mettendo in luce gli aspetti che possono essere utilizzati nella consulenza aziendale per supportare, da un lato, i processi organizzativi e, dall’altro, i lavoratori nelle fasi di cambiamento. Sono stati selezionati articoli dal 2014 al 2019; le tematiche esaminate rispetto alla gestione organizzativa riguardano la comunicazione aziendale e la leadership, mentre il job crafting è stato analizzato dal punto di vista dei lavoratori. Nonostante tali costrutti siano presenti da decenni in letteratura, vengono fatte considerazioni sui nuovi significati che assumono nell’attuale contesto socioeconomico. Inoltre, vengono discusse implicazioni sulla gestione organizzativa del cambiamento.

Parole chiave

Cambiamento organizzativo, comunicazione, leadership, job crafting.

STUDIES AND RESEARCH

Management of organizational change

A comparison between companies’ expectations and the employees’ point of view, in the perspective of business consultancy

Chiara Panari3 and Michela Tonelli4

Abstract

The aim of this work is to analyse current literature about organizational change, highlighting the aspects that can be used in the perspective of business management consultancy in order to support, on the one hand, organizational processes and, on the other, workers in phases of change. Articles from 2014 to 2019 were selected; central issues in current literature about organizational management are communication and leadership, while job crafting is a new topic concerning the employees’ point of view. Despite these constructs having been present for decades in literature, considerations about new meanings in the current economic context are discussed. Implications about change management are discussed.

Keywords

Organizational change; communication, leadership, job crafting.

La gestione del cambiamento organizzativo: un confronto tra le aspettative dell’organizzazione ed il punto di vista dei lavoratori nell’ottica della consulenza aziendale

Nell’ultimo decennio sono state messe in atto politiche di ridimensionamento delle strutture aziendali o di variazioni delle funzioni, per rispondere in maniera più competitiva ad un mercato sempre più globalizzato. Inoltre, anche a causa dell’evoluzione tecnologica, nelle organizzazioni è nata la necessità di una struttura sempre più snella, flessibile e pronta a reagire al cambiamento (Probst & Jiang, 2017): se in passato la gerarchia rappresentava il principale strumento di coordinamento e controllo, oggi i lavoratori avanzano richieste di autonomia, innovazione e apprendimento (Di Stefano, Manerchia, Pantaleo, & Liga, 2017).

Per mettere in atto un cambiamento organizzativo efficace, le aziende hanno bisogno di fare affidamento sulla collaborazione dei lavoratori (Bakari, Hunjra, & Niazi, 2017) e, in particolare, sui comportamenti proattivi dei dipendenti, che possono permettere di sopravvivere ad un ambiente in continua e rapida evoluzione (Ghitulescu, 2013; Seah & Hsieh, 2015).

A partire da queste premesse, l’obiettivo di questo lavoro è analizzare la letteratura sul cambiamento organizzativo degli ultimi anni, cercando di individuare tematiche utili per la consulenza aziendale, che permettano di fare un confronto tra le esigenze organizzative aziendali ed il punto di vista del lavoratore stesso nelle fasi di cambiamento. Le aziende, infatti, richiedono di essere supportate nell’implementazione di nuovi processi e strutture e nel coinvolgimento attivo dei lavoratori durante il processo di cambiamento (Fuchs & Prouska, 2014).

Nello specifico, questo articolo si basa su una review della letteratura effettuata sul database informatico Scopus a dicembre 2019; sono stati selezionati articoli pubblicati a partire dal 2014, per poter avere una visione della letteratura più coerente con l’attuale contesto socioeconomico. È stata impostata la parola chiave organizational change, a cui sono state aggiunte le parole chiave communication, leadership e job crafting. È stato scelto di includere solo articoli che avessero le parole chiave nell’abstract e trattassero argomentazioni specifiche relative al cambiamento organizzativo aziendale in due subject area: «Psychology» e «Business, management and accounting». Sono stati selezionati solo articoli in lingua inglese e che trattassero reali cambiamenti organizzativi con conseguenze significative per i lavoratori, tralasciando, ad esempio, l’implementazione di singoli programmi o procedure, o interventi che coinvolgevano pochi tasks relativi all’attività lavorativa. Non sono stati considerati i cambiamenti che coinvolgevano utenti o pazienti dei contesti analizzati. Sono stati infine eliminati gli studi riguardanti in modo specifico l’introduzione di nuove tecnologie, per i quali si sarebbe dovuto considerare tutto il filone degli studi relativo alla technology acceptance.

La gestione del cambiamento: il punto di vista organizzativo

Il ruolo della comunicazione

Il cambiamento organizzativo, associato alla parola communication, ha portato a 109 risultati (15 nella area «Psychology» e 94 nell’area «Business, management and accounting») dei quali ne sono stati scelti 32.

In questi lavori, risulta centrale il ruolo della comunicazione aziendale durante le riorganizzazioni, in termini di attribuzione di significati (Dulek, 2015), sviluppo del commitment (Dee & Leisyte, 2017; Rogiest, Segers, & van Witteloostuijn, 2015), fiducia nei confronti dell’azienda (Canning & Found, 2015; Saunders, Dietz, & Thornill, 2014) e atteggiamento positivo verso il cambiamento (Giauque, 2015). Durante le fusioni o le acquisizioni, qualità e chiarezza delle informazioni sono cruciali per aumentare la fiducia dei lavoratori nel nuovo assetto organizzativo (Bansal, 2016) e, anche nei casi di downsizing, la comunicazione del management con i lavoratori sopravvissuti (Aggerholm, 2014) è importante per ridurre le resistenze che potrebbero ostacolare il funzionamento dell’organizzazione. Nelle lean organizations, utilizzare strategie efficaci di comunicazione, come fornire informazioni sulle strategie e sui risultati raggiunti, chiedere feedback, riconoscere i successi, assieme alla condivisione di informazioni tra lavoratori e management e tra divisioni diverse, favorisce l’implementazione di nuovi processi organizzativi (Canning & Found, 2015; Nordin & Deros, 2017).

Partendo da questi presupposti, Rogiest et al. (2015) hanno studiato l’effetto della comunicazione sul clima aziendale, considerando le dimensioni del coinvolgimento e della formalizzazione. È quindi emerso che la qualità della comunicazione è la variabile che ha l’influenza maggiore sul committment affettivo verso il cambiamento, e che una buona comunicazione basata anche su processi informali riduce le sensazioni di incertezza ed aumenta la partecipazione dei lavoratori. Invece, un clima ed una comunicazione centrati sulla formalizzazione (regole formali e procedure) riducono il coinvolgimento.

In questo senso, altri studi hanno sottolineato che una comunicazione più partecipativa, contrapposta a una definita come programmatic, ovvero top-down, formale e a una via, può ridurre il senso di incertezza e, se fornita principalmente dal diretto superiore, riduce la resistenza al cambiamento (Helpap, 2016; Tanner & Otto, 2016).

Vari autori hanno analizzato come la comunicazione del cambiamento possa influenzare la job insecurity (Keim, Landis, Pierce, & Earnest, 2014), mettendo in luce anche la relazione inversa. Per esempio, Smet, Vander Elst, Griep, e De Witte (2016) hanno analizzato il ruolo dei pettegolezzi: nonostante tali canali non siano attendibili né controllabili dal management, i rumours possono contribuire a creare una percezione negativa della realtà, creare ansia, e peggiorare ulteriormente la percezione di insicurezza, mentre un’adeguata percezione della comunicazione sul cambiamento farebbe diminuire la sensazione di incertezza.

Una comunicazione orizzontale, basata su scambi informali, sembra ridurre anche l’ambiguità legata alla richiesta di nuove skills (Appelbaum, Cameron, Ensik, Hazarika, Attir, Ezzedine, & Shekhar, 2017; Kràl & Kàlovà, 2016; Olsen & Stensaker, 2014). In particolare, una comunicazione chiara rispetto alle nuove aspettative di ruolo risulta cruciale quando il cambiamento coinvolge la struttura aziendale e porta alla costruzione di nuovi ruoli. In questi casi, la promozione di processi di confronto all’interno del proprio team o con persone che hanno posizioni simili sembra essere un buon metodo per ridurre l’insicurezza (Tucker, Hendy, & Barlow, 2015).

La percezione della comunicazione rappresenta anche un mediatore fra fattori disposizionali come la resistenza e la percezione di giustizia rispetto al cambiamento (Neill, Men, & Yue, 2019; Schulz-Knappe, Koch, & Beckert, 2019; Xu, Payne, Horner, & Alexander, 2016; Yue, Men, & Ferguson, 2019). Per anticipare eventuali reazioni negative, gli autori consigliano di coinvolgere i lavoratori sia fornendo in modo diretto delle informazioni sia invitandoli ad esprimere dubbi e preoccupazioni sulla transizione che stanno vivendo. In questo senso, i canali comunicativi digitali devono essere combinati con una comunicazione più diretta, come scambi face to face o meeting, che possono facilitare l’implementazione del cambiamento (Muthusamy, 2018; Schulz-Knappe, Koch, & Beckert, 2019; Sedej & Mamel, 2015). La qualità della comunicazione diretta fra superiore e collaboratore risulta particolarmente importante per i lavoratori caratterizzati da un’alta predisposizione ad essere resistenti al cambiamento (Tanner & Otto, 2016). Inoltre, una comunicazione orizzontale e partecipativa è vista come strettamente legata alla percezione del supporto da parte del diretto superiore (Luo, Song, Gebert, Zhang, & Feng, 2016; Neill et al., 2019; Vakola, 2014; Yue et al., 2019), delle risorse umane (Maheshwari & Vohra, 2015) e del management in generale (Awad, Sherratt, & Jefferies, 2015).

È necessario inoltre considerare le tempistiche con cui vengono fornite le informazioni: una comunicazione anticipata a chi fa parte del middle-management ha un effetto positivo sulla riorganizzazione, mentre un coinvolgimento dei subordinati in fase prematura ha un’influenza negativa sull’implementazione della riorganizzazione (Wittek, Morales, & Muhlau, 2014).

Il ruolo della leadership

L’associazione tra organizational change e leadership ha portato a 204 risultati (27 nella area «Psychology» e 177 nell’area «Business, management and accounting») dei quali ne sono stati scelti 18.

Alavi e Gill (2016) hanno utilizzato il concetto di leader autentico nelle situazioni di cambiamento organizzativo, definendolo come un responsabile consapevole dei propri giudizi personali ed errori nel ruolo di coordinamento, ed in grado di sviluppare relazioni trasparenti coi propri subordinati. Un leader autentico riesce ad influire sull’orientamento al cambiamento dei propri collaboratori influenzando credenze e comportamenti, incidendo su speranza, sfida, ottimismo, autoefficacia e resilienza e stimolando comportamenti di cittadinanza attiva, processi di apprendimento ed atteggiamenti di apertura (Agote, Arambu, & Lines, 2015; Alavi & Gill, 2016) e commitment verso il cambiamento (Bakari et al., 2017).

Un’ulteriore concettualizzazione è stata elaborata da Sharif e Scandura (2014), i quali riprendono il concetto di ethical leadership di Brown et al. (2005), ovvero la messa in atto di una condotta giudicata normativamente e moralmente adeguata dal punto di vista delle azioni e delle relazioni, e la promozione di tale condotta ai subordinati mediante la comunicazione, il rinforzo e le modalità di presa di decisione. Tale stile di azione agisce da moderatore sul coinvolgimento emotivo nel cambiamento (dato confermato anche da Bormann e Rowold nel 2016), influenzando la performance e i comportamenti di cittadinanza attiva del lavoratore, soprattutto nelle situazioni in cui i dipendenti sono coinvolti direttamente nel processo di riorganizzazione.

Numerosi studi hanno preso in esame gli outcomes individuali e collettivi del gruppo di lavoro: in particolare, è stato più volte confermato che la transformational leadership amplifica in maniera significativa il commitment to change, che a sua volta risulta essere predittivo dell’effettiva riuscita del processo di riorganizzazione (Bakari et al., 2017; Shin, Seo, Shapiro, & Taylor, 2015; Svendsen & Joensson, 2016; Van der Voet, Kuipers, & Groeneveld, 2015). In letteratura è stato inoltre riscontrato che la transformational leadership incide su fattori individuali quali accettazione e condivisione del cambiamento (Johannsdottir, Olafsson, & Davidsdottir, 2015; Yue et al., 2019), work engagement (Caulfield & Senger, 2017), readiness to change (Elwyn, Esaki, & Smith, 2016), resistenza (Groves, 2016; Zhao, Taylor, Seibert, Lee, & Lam, 2016), percezione di partecipazione e autonomia (Feng, Huang, & Zhang, 2016; Hocine & Zhang, 2014).

Rispetto alle modalità con cui un leader può supportare il proprio gruppo di lavoro, Luo et al. (2016) sostengono che gli stili comunicativi orientati alla visione positiva del futuro, alla condivisione e alla vicinanza emotiva col lavoratore risultano essere correlati al commitment. In maniera analoga, Seah e Hsieh (2015) hanno dimostrato che il management può adottare stili di leadership differenti in varie fasi del processo di riorganizzazione, a seconda dell’obiettivo temporaneo del cambiamento. Per esempio, quando l’obiettivo è aumentare la competitività aziendale, uno stile imprenditoriale basato su analisi dei rischi, innovazione delle strategie di marketing ed implementazione delle risorse, facilita nei dipendenti lo sviluppo di capacità organizzative ed il miglioramento della performance. In una fase successiva, uno stile di leadership autocratica, basato sulla condivisione di chiari obiettivi di standard e performance, centralizzazione dell’autorità e rigidità nel controllo finanziario, non solo aumenta la diligenza nei dipendenti, ma anche la cooperazione e la proattività. Infine, una volta raggiunti gli obiettivi economico-finanziari dell’azienda, è utile adottare uno stile di leadership partecipativa, che incoraggia i dipendenti a contribuire al benessere e alla crescita dell’azienda, con conseguente proattività nei confronti dei clienti e continua implementazione dei servizi offerti.

La gestione del cambiamento: il punto di vista individuale

Job crafting

Il cambiamento organizzativo, associato alla parola chiave job crafting, ha portato a 9 risultati (6 nella area «Psychology» e 3 nell’area «Business, management and accounting»), dei quali ne sono stati scelti 6.

Dalla letteratura emerge come i lavoratori non sono sempre considerati ricettori passivi del disegno organizzativo, ma possono modificare proattivamente il proprio lavoro ed adeguarlo alle proprie preferenze, attivando essi stessi il processo di cambiamento (Baik, Song, & Hong, 2018; Giebels, de Reuver, Rispens, & Ufkes, 2016; Walk & Handy, 2018). È in queste circostanze che si inserisce il concetto di job crafting, termine coniato nel 2001 da Wrzesniewski e Dutton, definito come cambiamento individuale a livello psicologico e cognitivo che gli individui mettono in atto nei loro compiti e nelle loro relazioni per dare al proprio lavoro nuovi significati.

Il cambiamento organizzativo può essere percepito come una situazione ambigua e, di conseguenza, il job crafting può essere importante poiché la sua flessibilità permette l’emergere di nuovi processi o nuovi ruoli che il lavoratore può usare per adeguarsi alla situazione sconosciuta (Demerouti, Xanthopulou, Petrou, & Karagkounis, 2017).

Secondo Demerouti e Bakker (2014), il job crafting verrebbe messo in atto al fine di bilanciare richieste e risorse lavorative a disposizione; gli individui tendono a creare strategie personali per ridurre le job demands, ovvero le richieste, e ad aumentare le job resources, ovvero gli aspetti che favoriscono il raggiungimento degli obiettivi. Petrou et al. (2016) e Demerouti et al. (2017) hanno ripreso la concettualizzazione di Demerouti e Bakker (2014), operazionalizzandone i costrutti nei processi di riorganizzazione, definendo i comportamenti di job crafting come modifiche quotidiane nelle caratteristiche lavorative che le persone mettono in atto in maniera volontaria per adattarsi alle mutate circostanze. In particolare, gli autori individuano tre modalità proattive di cambiamento: ricerca di risorse, ricerca di sfide e riduzione delle richieste ostacolanti (comportamenti volti alla diminuzione delle richieste lavorative aziendali). All’interno di questo modello, il job crafting viene analizzato anche ai fini di individuare quali fattori possono favorire la collaborazione dei lavoratori al cambiamento e la proposta di implementazione di strategie e processi aziendali. Per esempio, Demerouti et al. (2017) hanno riscontrato che il job crafting è correlato alla performance adattiva, ma la valutazione del cambiamento ne influenza l’entità. In maniera analoga, Baik et al. (2018) hanno dimostrato che alti livelli di job crafting risultano correlati a comportamenti adattivi e alla proattività lavorativa. Nello specifico, le azioni di ricerca di risorse e di sfide sul lavoro promuovono comportamenti di cambiamento ed aumentano il livello di work engagement dei lavoratori.

In letteratura sono state inoltre analizzate le caratteristiche dell’ambiente di lavoro che possono favorire il job crafting, tra le quali l’autonomia (Petrou, Demerouti, & Xanthopoulou, 2016; Sekiguchi, Li, & Rosomi, 2017). Il job crafting sembra inoltre incidere sul benessere lavorativo, in quanto diminuirebbe il sentimento di impotenza e permetterebbe di sperimentare sensazioni di controllo sulla propria carriera e di miglioramento della propria posizione (Petrou et al., 2016).

Discussione

Il tentativo di questa rassegna era quello di raccogliere il materiale presente nella letteratura che potesse dare degli stimoli su tematiche specifiche che possono essere utilizzate nella consulenza aziendale durante le fasi di cambiamento dell’organizzazione.

Tra le strategie che l’azienda deve mettere in atto, viene rimarcata l’importanza di una comunicazione adeguata, sia in termini di informazioni sia di condivisione degli obiettivi del cambiamento. La comunicazione, inoltra, non deve essere trasmessa solo attraverso canali formali ma anche informali, e ha lo scopo di contribuire a creare e diffondere nell’azienda una vera e propria cultura del cambiamento, che non sarà solo una fase di transizione momentanea ma arriverà a diventare un processo continuo e in evoluzione. Diversi articoli rimarcano, infatti, l’importanza di una comunicazione partecipativa e molto più diretta, che può ridurre il senso di incertezza causato dal cambiamento e aumenta la fiducia verso l’organizzazione, poiché molto spesso le riorganizzazioni mettono in crisi la percezione di giustizia dei lavoratori.

Il successo del cambiamento non può avvenire se non mediante la condivisione degli obiettivi tra il management e i lavoratori: il lavoratore può proporre miglioramenti solo se il contesto aziendale permette l’avanzamento di proposte; viceversa, il dipendente accetterà e metterà effettivamente in atto i cambiamenti proposti dal management solo se ne comprenderà i fini e ne condividerà i valori. I concetti relativi alla leadership trasformazionale, leadership autentica ed etica, analizzati in questa rassegna, vanno proprio in questa direzione. Attraverso il coinvolgimento dei lavoratori nei processi di presa di decisione e nelle iniziative di cambiamento e un orientamento al supporto, i leader promuovono il commitment to change dei lavoratori e li aiutano a superare il senso di impotenza che spesso li caratterizza durante le transizioni verso un cambiamento che, soprattutto nelle prime fasi dell’implementazione, è percepito come poco equo e subito dal vertice aziendale.

Ciò che risulta determinante nella riuscita del cambiamento, è l’interpretazione che ne viene fatta ed il valore che viene associato. La leadership, il supporto organizzativo, la comunicazione, la percezione di giustizia sono aspetti, quindi, che agiscono da moderatori per l’insorgenza di atteggiamenti ostili verso il cambiamento.

Inoltre, se nel passato il cambiamento veniva definito come un’attività che il lavoratore doveva subire o affrontare, negli ultimi anni è stato messo in luce come il cambiamento possa avvenire mediante processi bottom-up, grazie alla volontà e all’intenzionalità del lavoratore stesso. In questo senso, il concetto di job crafting può aiutare a identificare le strategie attraverso cui il lavoratore può modificare proattivamente il proprio lavoro ed adeguarlo alle proprie preferenze, attivando e implementando i processi di cambiamento. Tuttavia, le ricerche, anche in questo caso, sottolineano che è necessario un contesto organizzativo che ne faciliti l’insorgenza, quali clima aziendale di apertura al cambiamento o la presenza di transformational leader. Nella prospettiva della consulenza manageriale, emerge come i lavoratori dovrebbero essere incentivati dal management aziendale a mettere in atto comportamento di ricerca di risorse e di sfide per affrontare il cambiamento organizzativo, sia come strategia per aumentare la performance aziendale sia come metodo di prevenzione rispetto all’insorgenza di possibili risvolti emotivi negativi nei lavoratori.

Limiti

Un primo limite della presente rassegna riguarda le definizioni non univoca di cambiamento, in quanto la riorganizzazione può essere messa in atto per differenti esigenze e secondo diverse modalità, per esempio per ristrutturazione dell’organigramma, per l’implementazione dei processi, le tematiche che sono state affrontate non sono state contestualizzate e analizzate a seconda della tipologia di cambiamento. Inoltre, non è stato preso in considerazione la tipologia del ruolo lavorativo e come i tre fattori considerati possano avere un impatto diverso a seconda della tipologia del lavoratore, se non nel caso del middle management citato in due studi presenti nella rassegna.

Infine, altre tematiche non presenti in questo lavoro, come ad esempio il supporto sociale e organizzativo e i training formativi, potrebbero essere ulteriori aspetti da approfondire negli studi futuri.

Conclusione

In ottica applicativa di consulenza aziendale, la rassegna mette in luce come coinvolgere i dipendenti già nella fase di pianificazione del cambiamento, utilizzando modalità comunicative adeguate, potrebbe essere un punto di forza sia a livello di ottimizzazione dei processi che a livello di commitment verso l’organizzazione e soddisfazione lavorativa. Sicuramente, nella fase di pianificazione è importante stabilire coloro che dovranno ricoprire i ruoli di leader e affidare loro la guida dei gruppi di lavoro nel processo di accompagnamento al cambiamento: costoro dovranno coinvolgere i collaboratori rispetto agli obiettivi e ai valori del cambiamento, affinché i lavoratori non subiscano il processo in maniera passiva ma si sentano coinvolti ed in grado di proporre il proprio punto di vista. Tale accento sul ruolo del leader va sicuramente tenuto presente nei percorsi di avanzamento di carriera o nel processo di selezione di personale strategico a cui affidare la gestione del processo di cambiamento. Rimuovere le barriere organizzative, come una comunicazione insufficiente o troppo formale, la chiarezza sulle varie fasi dell’implementazione di un processo o la possibilità di chiedere feedback da parte dei collaboratori, può aiutare i lavoratori stessi ad attuare comportamenti più proattivi nei confronti del cambiamento.

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1 Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli Studi di Parma.

2 Istituto Formazione Operatori Aziendali, Reggio Emilia.

3 Department of economics sciences, Università degli Studi di Parma.

4 Istituto Formazione Operatori Aziendali, Reggio Emilia.

 

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