Quando gli individui sono psicologicamente fiorenti non stanno semplicemente sopravvivendo (Saakvitne, Tennen, & Affleck, 1998) ma sono in crescita (Calhoun & Tedeschi, 1998; Carver, 1998; Ickovics & Park, 1998; Joseph & Linley, 2008) o si collocano su una traiettoria ascendente (Hall et al., 2009; Thomas & Hall, 2008).

Spreitzer, Sutcliffe, Dutton, Sonenshein, and Grant (2005) propongono una concettualizzazione bi-dimensionale del thriving, individuando le seguenti due dimensioni: vitality e learning. Vitality rappresenta la sensazione di essere energizzati (Nix, Ryan, Manly, & Deci, 1999) e di avere entusiasmo per il lavoro (Miller & Stiver, 1997). Learning riguarda l’acquisizione e l’applicazione di conoscenze e competenze per costruire capacità e fiducia in se stessi (Carver, 1998). Queste due dimensioni catturano sia la componente affettiva (vitality) sia la componente cognitiva (learning) dell’esperienza psicologica di crescita personale. Ryff (1989) evidenzia che quando gli individui crescono, vengono considerati in espansione in relazione a una maggiore conoscenza di sé e a una maggiore efficacia personale. Allo stesso modo, Carver (1998) ha concepito il thriving come esperienza psicologica di crescita in relazione a una capacità positiva che energizza e ravviva. Le due dimensioni (vitality e learning) sono consistenti con la letteratura esistente che sottolinea l’importanza di considerare simultaneamente le componenti affettiva e cognitiva della crescita umana.

Porath, Spreitzer, Gibson e Garnett (2012) affermano che le dimensioni vitality e learning catturano l’essenza del thriving anche nei contesti lavorativi. Sebbene ogni dimensione possa contribuire allo sviluppo e alla crescita personale sul lavoro, è soltanto in concerto che queste due dimensioni si rafforzano a vicenda per formare l’esperienza del thriving. Se ad esempio un individuo sta apprendendo ma si sente impoverito, si ha una diminuzione nel thriving. Il thriving rappresenta un’esperienza congiunta di senso di vitalità e di apprendimento e può essere concettualizzato più accuratamente come un continuum nel quale le persone percepiscono più o meno thriving in un dato momento piuttosto che come uno stato dicotomico (presenza o assenza di thriving) (Saakvitne et al., 1998). Porath et al. (2012) hanno realizzato Thriving at Work Scale (TWS) per la rilevazione del thriving nei contesti lavorativi. La scala è composta da dieci item e consente di rilevare in maniera valida e attendibile le due dimensioni di vitality and learning.

Si sottolinea l’importanza del thriving nell’odierno mondo del lavoro (Spreitzer et al., 2005) caratterizzato da transizioni e continui cambiamenti (Blustein, Kenny, Di Fabio, & Guichard, 2018; Peiró, Sora, & Caballer, 2012; Tetrick & Peiró, 2012) sia per gli individui che per le organizzazioni. A livello individuale, il thriving promuove la performance, la salute e il benessere dei lavoratori (Pfeffer, 2010), la loro crescita e il loro sviluppo personale al lavoro (Spreitzer et al., 2005), riduce il burnout (Maslach, 2003), favorisce le iniziative di career development (Porath et al., 2012). A livello organizzativo, il thriving migliora la performance e diminuisce le spese sanitarie per i lavoratori (Porath et al., 2012).

Alla luce del quadro teorico fin qui delineato, lo scopo del presente lavoro è quello di analizzare le proprietà psicometriche della versione italiana della Thriving at Work Scale (TWS) per il suo utilizzo nel contesto italiano. Per l’analisi della validità concorrente sono state esaminate le relazioni del thriving con la personalità proattiva (Bateman & Crant, 1993), i positive and negative affects (Watson, Clark, & Tellegen, 1988; Terraciano, McCrae, & Costa, 2003), il core self-evaluation (Judge, Erez, Bono, & Thoresen, 2003), il goal mastery (Midgley et al., 2000) che sono considerati costrutti connessi al thriving in letteratura.

 

 

Metodo

 

Partecipanti

 

Gli strumenti sono stati somministrati a 123 lavoratori della Toscana (35.17% maschi e 64.93% femmine; età media = 47.16 anni, DS = 9.32).

 

Strumenti

 

Thriving at Work Scale (TWS). Per valutare il thriving at work è stata utilizzata la versione italiana a cura di Di Fabio della Thriving at Work Scale (Porath et al., 2012). La scala è composta da 10 item con formato di risposta su scala Likert a 7 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 7 = Fortemente d’accordo). La scala consente di rilevare le due dimensioni: Vitality (esempio di item: «Mi sento vivo/a e vitale»); Learning (esempio di item: «Continuo ad apprendere di più con il passare del tempo»). Le proprietà psicometriche della versione italiana della TWS verranno analizzate nel presente studio. Per ottenere la versione italiana della TWS è stato utilizzato il metodo della back-translation.

Proactive Personality Scale (PPS). Per rilevare la personalità proattiva è stata utilizzata la Proactive Personality Scale (PPS, Bateman & Crant, 1993) nella versione italiana di Di Fabio e Gori (2016). Questa scala è composta da 17 item con modalità di risposta su scala Likert a 7 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 7 = Fortemente d’accordo). Esempi di item sono: «Sono costantemente alla ricerca di nuovi modi per migliorare la mia vita», «Se vedo qualcosa che non mi piace, posso modificarlo». La scala è unidimensionale con un’alpha di Cronbach pari a .91.

Positive and Negative Affect Schedule (PANAS). Per rilevare i positive e negative affects è stato utilizzato il Positive and Negative Affect Schedule (PANAS, Watson et al., 1988) nella versione italiana a cura di Terraciano et al. (2003). Il PANAS è composto da 20 aggettivi dei quali 10 si riferiscono al positive affect (esempi: entusiasta, interessato, determinato) e 10 al negative affect (esempi: turbato, angosciato, agitato). Ai partecipanti è chiesto di indicare quanto ciascun aggettivo descriva come si sentano generalmente su una scala Likert da 1 = Molto poco o per niente a 5 = Moltissimo. I coefficienti alpha di Cronbach sono: .72 per il positive affect e .83 per il negative affect.

Core Self-Evaluation Scale (CSES). Per rilevare la core self-evaluation è stata utilizzata la Core Self-Evaluation Scale (CSES, Judge et al., 2003) nella versione italiana a cura di Di Fabio e Busoni (2009). Lo strumento è composto da 12 item su scala Likert a 5 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 5 = Fortemente d’accordo). Esempi di item sono: «Sono sicuro di ottenere nella vita il successo che merito» e «Determino quello che accadrà nella mia vita». Il coefficiente alpha di Cronbach è pari a .84.

Goal Mastery Scale (GM). Per rilevare il goal mastery è stata utilizzata la Goal Mastery Scale nella versione italiana di Di Fabio e Palazzeschi (2014). Questa scala è composta da 5 item (esempio di item: «Uno dei miei obiettivi nella formazione è di imparare quanto più possibile») rispetto ai quali il soggetto deve esprimere il proprio grado di accordo su una scala Likert a 5 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 5 = Fortemente d’accordo). Il coefficiente alpha di Cronbach è pari a .84.

 

Procedura

 

La somministrazione degli strumenti è avvenuta in maniera collettiva e nel rispetto della legge sulla privacy. L’ordine di somministrazione è stato controbilanciato per controllare gli effetti dell’ordine di presentazione.

 

Analisi dei dati

 

La struttura fattoriale della versione italiana della TWS è stata verificata con un’Analisi Fattoriale Confermativa (AFC) mediante l’utilizzo del programma statistico AMOS versione 6 (Arbuckle, 2005) con il metodo della massima verosimiglianza. L’adeguatezza del modello è stata esaminata non solo facendo riferimento al valore di χ2 dato che tale statistica risulta influenzata dall’elevata numerosità dei partecipanti, ma anche considerando altri indici di adattamento quali il rapporto tra il χ2 e i gradi di libertà (χ2/df). Valori del rapporto tra c2/gl compresi tra 1 e 3 indicano un buon adattamento (Byrne, 1989; Carmines & McIver, 1981; Marsh & Hocevar, 1985). Si sono inoltre tenuti in considerazione il Comparative Fit Index (CFI, Bentler, 1990) e il Tucker-Lewis Index (TLI; Tucker & Lewis, 1973) i cui valori superiori a .90 indicano una buona adeguatezza del modello (Bentler, 1990). Sono stati considerati anche il Root Mean Square Error of Approximation (RMSEA, Browne & Cudeck, 1993) e lo Standardized Root Mean Square Residual (SRMSR, Bentler, 1995) i cui valori inferiori a .08 indicano un buon adattamento del modello (Browne, 1990). Si è inoltre verificata l’attendibilità della TWS mediante il calcolo dell’alpha di Cronbach. Inoltre per verificare la validità concorrente, sono state analizzate, mediante il coefficiente r di Pearson, le correlazioni della TWS con PPS (Bateman & Crant, 1993; Di Fabio & Gori, 2016), PANAS (Watson et al., 1988; Terraciano et al., 2003), CSES (Judge et al., 2003), GM (Midgley et al., 2000) che sono considerati costrutti connessi al thriving in letteratura.

 

 

Risultati

 

Per verificare la struttura della versione italiana della TWS (Porath et al., 2012) è stata effettuata un’Analisi Fattoriale Confermativa (AFC). Gli indici di Goodness of Fit sono riportati in Tabella 1.

 

Tabella 1 - Analisi fattoriale Confermativa: Goodness of Fit

 

Thriving_Tabella1

 

Relativamente agli indici considerati, la versione italiana della TWS presenta una struttura a due dimensioni. Per quanto concerne la validità, i coefficienti alpha di Cronbach sono i seguenti: .93 per il totale, .90 per la dimensione Vitality, .87 per la dimensione Learning.

Le correlazioni della TWS con PPS, PANAS, CSES, GM sono riportate in Tabella 2.

 

Tabella 2 – Correlazioni della TWS con PPS, PANAS; CSES, GM

 

Thriving_tabella2

 

N = 123. * p < .05 ** p < .01.

PPS = Proactive Personality Scale; PANAS = Positive and Negative Affect Schedule; CSES = Core Self-Evaluation Scale; GM = Goal Mastery scale.

 

 

Discussione

 

L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di verificare le proprietà psicometriche della versione italiana della TWS per un suo utilizzo nel contesto italiano. Sono state pertanto verificate la dimensionalità, l’attendibilità e la validità concorrente dello strumento.

Relativamente alla dimensionalità, l’analisi fattoriale confermativa ha supportato la versione a due dimensioni della scala in linea con la versione originale (Porath et al., 2012), mostrando indici statistici di adeguatezza del modello soddisfacenti. Per quanto riguarda l’attendibilità della scala, i coefficienti alpha di Cronbach relativi sia al punteggio totale che alle due dimensioni risultano soddisfacenti.

Per quanto riguarda la validità concorrente della versione italiana della scala, le relazioni positive e significative con la personalità proattiva, il positive affect, la core self-evaluation e il goal mastery e inverse con il negative affect depongono per una soddisfacente validità concorrente dello strumento relativamente alle misure effettuate, in linea con le relazioni emerse in letteratura (Porath et al., 2012). Dai risultati emersi dal presente studio è possibile concludere che la versione italiana della Thriving at Work Scale risulta essere uno strumento valido e attendibile per la misura del thriving anche nel contesto italiano. Tale studio presenta tuttavia il limite di aver analizzato le proprietà psicometriche della versione italiana della TWS con un gruppo limitato di partecipanti che non risultano rappresentativi del contesto italiano. Future ricerche dovrebbero pertanto prendere in considerazione gruppi di partecipanti maggiormente rappresentativi della realtà italiana.

Nonostante i limiti evidenziati, la versione italiana della TWS è risultata uno strumento in grado di rilevare in maniera accurata il thriving. Il poter disporre di questa scala apre future prospettive di ricerca e di intervento in una prospettiva positiva preventiva (Di Fabio, 2014, 2017a; Di Fabio & Kenny, 2015, 2016, 2018; Hage et al., 2007; Kenny & Hage, 2009) essendo il thriving una variabile che può essere potenziata con specifici training (Porath et al., 2012) al fine di implementare circoli virtuosi positivi. Si sottolinea l’importanza del thriving at work per outcome positivi come comportamenti adattivi e benessere dei lavoratori e delle organizzazioni per la loro crescita e il loro sviluppo nei contesti lavorativi (Porath et al., 2012) in un’ottica di prevenzione primaria positiva (Di Fabio & Kenny, 2015; Di Fabio & Saklofske, 2014; Hage et al., 2007; Kenny & Hage, 2009) per promuovere healthy organizations e healthy business (Di Fabio, 2017a, 2017b; Di Fabio & Peiró, 2018; Tetrick & Peiró, 2012).

 

 

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