Nell’ambito della psicologia del lavoro e delle organizzazioni le relazioni interpersonali e le esperienze relazionali sono considerate risorse fondamentali per i lavoratori e di primaria importanza per il successo sul lavoro (Blustein, 2006; Blustein, Prezioso, & Schultheiss, 1995; Kenny, Blustein, Chaves, Grossman, & Gallagher, 2003; Schultheiss, Kress, Manzi, & Glasscock, 2001).

Blustein (2006) afferma che le relazioni sono un bisogno importante per le persone e individua tre bisogni fondamentali associati al lavoro: il bisogno di sopravvivenza e potere, il bisogno di relazioni sociali e il bisogno di autodeterminazione. All’interno di questa prospettiva relazionale Blustein (2011) sostiene che il lavoro è un atto intrinsecamente relazionale e che nel mondo del lavoro ogni decisione, interazione ed esperienza degli individui è influenzata dalle relazioni (Blustein, 2011; Di Fabio, 2014a). Per aiutare le persone a costruire le proprie vite attraverso il lavoro e le relazioni (Blustein, 2011) è necessario un approccio psicologico organizzativo positivo, che pone il focus sull’importanza di sviluppare relazioni positive e di supporto sul posto di lavoro (Di Fabio, 2015a; 2015b; Di Fabio & Gori, 2016; Snyder, Lopez, & Teramoto Pedrotti, 2014; Tetrick & Peiró, 2012).

L’attuale scenario è caratterizzato da instabilità, insicurezza e continue sfide, che minacciano il benessere degli individui nelle organizzazioni (Blustein, Kenny, Di Fabio, & Guichard, 2019). All’interno di questa cornice, la promozione di relazioni positive può promuovere il benessere sul posto di lavoro (Di Fabio, 2014a; 2015b; Di Fabio & Gori, 2016; Snyder et al., 2014) e può supportare i lavoratori a adattarsi ai cambiamenti e all’incertezza del mondo del lavoro (Snyder et al., 2014).

Recentemente è stato sviluppato il costrutto di Positive Relational Management (PRM; Di Fabio, 2016). Tale costrutto si fonda sull’importanza di relazioni sane e positive (Di Fabio, 2017b), che includono il rispetto (il mio rispetto per gli altri, il rispetto degli altri per me, il rispetto per me stesso), la cura (la mia cura per gli altri, la cura di altri per me, la mia cura per me stesso) e la connessione (la mia connessione con i familiari, con gli amici, con altri significativi, e la relativa reciprocità).

All’interno di questa prospettiva, l’intelligenza emotiva (EI) emerge come una risorsa promettente in dimensione di prevenzione primaria (Hage et al., 2007; Kenny & Hage, 2009) per la costruzione di un positivo contesto relazionale e organizzativo (Blustein, 2011). Il concetto di intelligenza emotiva è stato introdotto da Salovey e Mayer (1990) per descrivere la capacità che hanno gli individui di monitorare le proprie e altrui emozioni, di discriminarle tra loro e di utilizzarle per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni. In letteratura la classificazione più aggiornata (Stough, Saklofske, & Parker, 2009) in relazione all’intelligenza emotiva presenta la seguente articolazione: EI di tratto (Bar-On, 1997; Petrides & Furnham, 2001) e EI di abilità (Mayer & Salovey, 1997). Il primo gruppo include il modello tradizionale di Bar-On (1997), che concettualizza l’EI come percezione delle proprie capacità emotive e sociali che gli individui regolano in relazione a se stessi e agli altri, e il modello più recente di Petrides e Furnham (2000, 2001), che si riferisce all’EI come costellazione di autopercezioni relative alle emozioni legate al dominio della personalità. Il secondo gruppo ritiene che le componenti costitutive dell’EI siano variabili di tipo cognitivo e abilità mentali (Mayer & Salovey, 1997).

Dall’analisi della letteratura emerge che l’EI è associata al benessere collegato a relazioni interpersonali positive (Di Fabio & Kenny, 2015; 2016b; Di Fabio & Palazzeschi, 2012), consentendo una maggiore consapevolezza di sé (Di Fabio & Kenny, 2016a) e una gestione positiva delle relazioni con gli altri (Di Fabio & Kenny, 2012; Petrides & Furnham, 2006).

Alla luce del quadro teorico fin qui delineato, l'obiettivo del presente studio è stato quello di indagare le relazioni dell'intelligenza emotiva con il costrutto di Positive Relational Management (PRM), controllando per gli effetti dei tratti di personalità. Nello specifico nel presente studio si ipotizza che l’intelligenza emotiva spieghi una percentuale di varianza incrementale rispetto alla varianza spiegata dai tratti di personalità in relazione al Positive Relational Management in termini sia di punteggio totale che di specifiche dimensioni (rispetto, cura e connessione).

 

Metodo

 

Partecipanti

 

Gli strumenti sono stati somministrati a 93 studenti universitari, 40 maschi (44%) e 53 femmine (56%). I partecipanti hanno un’età compresa tra i 20 e i 30 anni con una media di 24.00 e una deviazione standard di 2.20.

 

Strumenti

 

Big Five Questionnaire (BFQ). Per valutare i tratti di personalità, è stato utilizzato il Big Five Questionnaire (BFQ; Caprara, Barbaranelli, & Borgogni, 1993). La scala è formata da 132 item con un formato di risposta su una scala Likert a 5 punti (1 = assolutamente falso a 5 = assolutamente vero). Il questionario misura cinque tratti di personalità. I coefficienti alfa di Cronbach erano pari a .81 per Estroversione (es. item: «Penso di essere una persona attiva e vigorosa»), .73 per Amicalità (es. item: «Capisco quando le persone hanno bisogno del mio aiuto»), .81 per Coscienziosità (es. item: «tendo a essere molto premuroso»), .90 per Stabilità emotiva (es. item: «Non mi sento spesso teso»), e .75 per Apertura mentale (es. item: «Io sono sempre informato su ciò che sta accadendo nel mondo»).

Trait Emotional Intelligence Questionnaire-Short-Form (TEIQue-SF). Per valutare l'intelligenza emotiva, è stato utilizzato il questionario Trait Emotional Intelligence Questionnaire-Short-Form (TEIQue-SF; Petrides, 2009; Petrides & Furnham, 2006), nella versione italiana a cura di Di Fabio e Palazzeschi (2011). La scala è composta da 30 item con un formato di risposta su scala Likert a 7 punti (1 = assolutamente falso a 7 = assolutamente vero). Il questionario è composto da 4 dimensioni: Benessere (es. item: «Sono contento della mia vita»); Autocontrollo (es. item: «Di solito riesco a trovare difficoltà a mantenermi motivato»); Emozionalità (es. item: «Esprimere le mie emozioni con le parole non è un problema per me»); Socievolezza (es. item: «Riesco a interagire in maniera efficace con gli altri»). Per quanto riguarda la consistenza interna i coefficienti alfa di Cronbach erano: α = .82 per il Benessere; α = .80 per l'Autocontrollo; α =.81 per Emozionalità; α = .82 per Socievolezza.

Positive Relational Management Scale (PRMS). Per valutare il Positive Relational Management è stata utilizzata la Positive Relational Management Scale (PRMS) nella versione italiana a cura di Di Fabio (2016). La scala si compone di 12 item con formato di risposta su scala Likert da 1 = fortemente in disaccordo a 5 = fortemente d’accordo. La PRMS rileva tre dimensioni: Rispetto (es. item: «Ho rispetto per il valore e l’unicità degli altri»); Cura (es. item: «Spesso mi prendo cura degli altri») e Connessione (es. item: «Ho buone relazioni con la mia famiglia»). Per quanto riguarda la consistenza interna, i coefficienti alfa di Cronbach erano: α = .81 per il Rispetto; α = .79 per la Cura; α = .80 per la Connessione.

 

Procedura

 

Per quanto riguarda la procedura impiegata, le somministrazioni sono avvenute collettivamente, a opera di personale specializzato e nel rispetto delle leggi sulla privacy. L’ordine di somministrazione è stato controbilanciato per controllare gli effetti dell’ordine di presentazione.

 

Analisi dei dati

 

Sono state effettuate statistiche descrittive, correlazioni r di Pearson e regressioni gerarchiche, utilizzando il software IBM SPSS Statistics versione 25.

 

Risultati

 

I risultati delle statistiche descrittive e delle correlazioni tra il punteggio totale della PRMS, il TEIQue-SF e il BFQ sono riportati nella Tabella 1; tra le dimensioni della PRMS (Rispetto, Cura, Connessione), il TEIQue-SF e il BFQ sono riportati nelle Tabelle 2, 3 e 4.

 

Tabella 1 – Medie, Deviazioni Standard e correlazioni tra PRMS, BFQ e TEIQue-SF

 

Tabella_1_art_6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01.

 

Tabella 2 – Medie, Deviazioni Standard e correlazioni tra Rispetto, BFQ e TEIQue-SF

 

Tabella_2_art_6 

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01.

 

Tabella 3 – Medie, Deviazioni Standard e correlazioni tra Cura, BFQ e TEIQue-SF

 

Tabella_3_art_6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01.

 

Tabella 4 – Medie, Deviazioni Standard e correlazioni tra Connessione, BFQ e TEIQue-SF

 

Tabella_4_art6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01.

 

I risultati della regressione gerarchica effettuata, considerando il punteggio totale della PRMS come variabile dipendente e come variabili indipendenti al primo step i tratti di personalità e al secondo step il punteggio totale TEIQue-SF, sono riportati nella Tabella 5.

Al primo step i tratti di personalità spiegano il 13% della varianza in relazione al punteggio totale della PRMS; quando il punteggio totale del TEIQue-SF viene aggiunto al secondo step, il modello è significativo e spiega il 10% di varianza incrementale (R² totale = .23).

 

Tabella 5Regressione gerarchica. Il contributo dei tratti di personalità e dell'intelligenza emotiva in relazione al Positive Relational Management

 

Tabella_5_art_6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01. *** p < .001.

 

I risultati della regressione gerarchica effettuata, considerando il punteggio alla dimensione Rispetto della PRMS come variabile dipendente e come variabili indipendenti al primo step i tratti di personalità e al secondo step il punteggio totale del TEIQue-SF, sono riportati nella Tabella 6.

Al primo step i tratti di personalità spiegano il 9% della varianza in relazione al punteggio totale della PRMS; quando il punteggio totale del TEIQue-SF viene aggiunto al secondo step, il modello è significativo e spiega il 13% di varianza incrementale (R² totale = .22).

 

Tabella 6 – Regressione gerarchica. Il contributo dei tratti di personalità e dell'intelligenza emotiva in relazione alla dimensione Rispetto

 

Tabella_6_art_6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01. *** p < .001.

 

I risultati della regressione gerarchica effettuata, considerando il punteggio alla dimensione Cura della PRMS come variabile dipendente e come variabili indipendenti al primo step i tratti di personalità e al secondo step il punteggio totale del TEIQue-SF, sono riportati i Tabella 7.

Al primo step i tratti di personalità spiegano il 19% della varianza in relazione al punteggio totale della PRMS; quando il punteggio totale del TEIQue-SF viene aggiunto al secondo step, il modello è significativo e spiega il 2% di varianza incrementale (R² totale = .21).

 

Tabella 7 – Regressione gerarchica. Il contributo dei tratti di personalità e dell'intelligenza emotiva in relazione alla dimensione Cura

 

Tabella_7_art_6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01. *** p < .001.

 

I risultati della regressione gerarchica effettuata, considerando il punteggio alla dimensione Connessione della PRMS come variabile dipendente e come variabili indipendenti al primo step i tratti di personalità e al secondo step il punteggio totale del TEIQue-SF, sono riportati in Tabella 8.

Al primo step i tratti di personalità spiegano il 7% della varianza in relazione al punteggio totale della PRMS; quando il punteggio totale del TEIQue-SF viene aggiunto al secondo step, il modello è significativo e spiega il 8% di varianza incrementale (R² totale = .15).

 

Tabella 8 – Regressione gerarchica. Il contributo dei tratti di personalità e dell'intelligenza emotiva in relazione alla dimensione Connessione

 

Tabella_8_art_6

 

Nota. N = 93. * p < .05. ** p < .01. *** p < .001.

 

Discussione

 

Lo scopo del presente studio è stato quello di indagare le relazioni dell'intelligenza emotiva con il costrutto di Positive Relational Management (PRM), controllando per gli effetti dei tratti di personalità. Le ipotesi del presente studio risultano confermate. Dai risultati emerge infatti che l'intelligenza emotiva aggiunge una percentuale di varianza incrementale rispetto alla varianza spiegata dai tratti di personalità, in relazione sia al costrutto di Positive Relational Management (PRM) che alle sue tre dimensioni (Rispetto, Cura, Connession). L’intelligenza emotiva, riferendosi al modo in cui le persone riescono a rispondere in maniera adattiva a ciò che li circonda (Petrides & Furnham, 2006), può essere considerata un fattore di protezione in grado di promuovere relazioni positive sul posto di lavoro (Di Fabio, 2014a; 2015b; Di Fabio & Gori, 2016; Snyder et al., 2014) e supportare i lavoratori nell’adattarsi ai cambiamenti e all’incertezza che caratterizzano il mondo del lavoro attuale.

Il presente studio mostra tuttavia alcuni limiti. Un primo limite è legato al fatto che le relazioni tra il costrutto di Positive Relational Management (PRM) e l'intelligenza emotiva sono state analizzate con un gruppo ristretto di studenti universitari della Toscana, che non risulta quindi essere rappresentativo del contesto italiano. Ricerche future dovrebbero prendere in considerazione sia gruppi di studenti universitari maggiormente rappresentativi della realtà italiana, sia altri target, come ad esempio lavoratori. Il presente lavoro ha sottolineato il ruolo dell’intelligenza emotiva in relazione al Positive Relational Management e alle sue dimensioni. A differenza dei tratti di personalità, che sono considerati sostanzialmente stabili (Costa & McCrae, 1992), l’IE è una variabile incrementabile attraverso training specifici (Bar-On, 1997; Di Fabio & Kenny, 2011; Mayer, Salovey, & Caruso, 2002). Se i risultati del presente studio saranno confermati da ricerche future, è possibile delineare uno scenario in cui promuovere l’intelligenza emotiva potrà consentire l’aumento di relazioni sane e positive e il benessere degli individui nei contesti. Per fronteggiare le sfide del 21° secolo appare di particolare rilevanza la possibilità di promuovere lo sviluppo di variabili di potenziamento in grado di favorire una società orientata al benessere, caratterizzata da relazioni sane e positive (Di Fabio, 2017b) a partire da una prospettiva di prevenzione primaria (Di Fabio & Kenny, 2016a; Hage et al., 2007).

 

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