Test Book

Counseling e psicologia positiva
Counseling and positive psychology

a cura di Antonella Delle Fave

Università degli Studi di Milano

a cura di Annamaria Di Fabio

Università degli Studi di Firenze



La relazione di cura e la promozione del benessere individuale e sociale

 

Antonella Delle Fave

 

Università degli Studi di Milano

 

La relazione di cura può essere un’importante opportunità di costruzione e condivisione di benessere, sia per il paziente che per l’operatore. Negli ultimi due decenni si è prestata crescente attenzione a questi aspetti, mettendone in evidenza le potenzialità e le ricadute positive per la qualità di vita dei lavoratori, dei loro assistiti, e della collettività in cui vivono.

Un importante criterio per identificare l’adeguatezza della distanza relazionale con il destinatario delle professioni di aiuto è l’ottenimento dell’alleanza terapeutica, che scaturisce dalle caratteristiche emotivo/affettive della relazione con il paziente. Essa è promossa da tre aspetti dell’atteggiamento dell’operatore: empatia, coerenza, disponibilità e apertura incondizionate. Più recentemente ne sono stati identificati e valorizzati anche aspetti cognitivi, quali la percezione da parte del paziente della rilevanza e opportunità del trattamento proposto e la definizione condivisa degli obiettivi da raggiungere (Zhou, Valiente, & Eisenberg, 2003; Street, Makoul, Arora, & Epstein, 2009; Kuehn, 2012).

Tuttavia non bisogna dimenticare che, proprio in quanto parte attiva di una relazione, il paziente può non essere sempre aperto alla costruzione di un rapporto di alleanza: sta quindi all’operatore facilitarne l’apertura, attraverso strumenti cognitivi e affettivi. La prospettiva del paziente e quella dell’esperto devono completarsi reciprocamente, permettendo la costruzione di un percorso terapeutico condiviso, considerato adeguato dal professionista e valutato consapevolmente e criticamente dal paziente. È di fondamentale importanza, a tale scopo, la condivisione di potere e responsabilità. Essa implica il coinvolgimento attivo del paziente nella decisione terapeutica, coinvolgimento che tuttavia non va confuso con la totale autonomia di scelta (tipica del modello consumistico della relazione di cura), e che va supportato attraverso diverse azioni: la valorizzazione dell’esperienza e della conoscenza della malattia in prima persona da parte del paziente; l’impegno a fornire al paziente spiegazioni chiare e comprensibili, e non informazioni standardizzate e fondate sull’utilizzo di terminologia tecnica; la promozione dell’empowerment del paziente, tramite un atteggiamento di corretto e realistico supporto delle sue risorse, in particolare l’auto-efficacia, il controllo della situazione e l’auto-determinazione (Delle Fave & Bassi, 2013).

Occorre inoltre tener presente che l’operatore porta il proprio vissuto soggettivo nella relazione con il paziente. Purtroppo questo aspetto è troppo spesso scotomizzato, negato o addirittura ignorato. Il professionista della salute tende ancora a vedere se stesso come osservatore esterno del comportamento del paziente, della sua malattia e del suo vissuto soggettivo. Tuttavia, come ben noto, l’oggetto dell’osservazione scientifica è modificato dall’osservazione stessa, e quindi ciò che studiamo è l’effetto della nostra interazione con l’oggetto di studio. Questo effetto si amplifica quando l’oggetto di osservazione non è la natura inanimata, ma un essere vivente e, in particolare, un nostro conspecifico, con il quale condividiamo meccanismi emotivi, cognitivi e motivazionali. Qualsiasi interazione tra esseri umani chiama in gioco atteggiamenti, convinzioni, pregiudizi, valori e aspettative da entrambe le parti (Wallace & Lemaire, 2009).

Sono ancora relativamente pochi gli studi sul vissuto dell’operatore nella relazione con il paziente: ciò evidenzia da un lato la scarsa attenzione a questo aspetto e dall’altro, forse, la tendenza degli stessi operatori a evitare un argomento connesso alla dimensione esperienziale e soggettiva della professione, quantomeno sul versante relazionale (Scheepers, Boerebach, Arah, Heineman, & Lombarts, 2015). È assolutamente necessario espandere gli studi in questo settore se si vuole avanzare verso un modello di relazione con il paziente in cui gli operatori siano formati e supportati a mettersi veramente in gioco come persone (Kuokkanen & Leino-Kilpi, 2001; Kenny et al., 2010; Slemp & Vella Brodrick, 2014).

Questa prospettiva presenta specifiche implicazioni per le possibili ricadute applicative, a livello non solo della relazione di cura. Studi sui valori culturali e interculturali hanno reso evidente la sostanziale tendenza di singoli e gruppi a livelli di complessità sempre più elevati. Se questo principio fondamentale non si manifesta nella realtà fattuale, ciò dipende da fattori molteplici, individuali e ambientali, che è giusto esplorare e comprendere. Tuttavia, muoversi all’interno di una Weltanschauung che abbia come riferimento la cognizione di ciò che è possibile, desiderabile e significativo per il singolo e per la comunità permette di prestare attenzione a risorse, punti di forza, processi di crescita e strategie di implementazione delle abilità e capacità in una prospettiva ampia, che non scinda lo sviluppo individuale dall’empowerment sociale, il benessere del singolo dalla complessificazione di comunità e culture (Kimiecik, 2011; Bassi et al., 2014).

Ciò vale per tutti i membri di una comunità, indipendente dall’età, dal genere e dalla collocazione sociale. È vero a maggior ragione per i cosiddetti gruppi svantaggiati: persone con disabilità, anziani, persone in condizioni di disagio psicosociale, immigrati, minoranze. Gli individui non sono, di per sé, strutturalmente svantaggiati: lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui la loro condizione comporti conseguenze svantaggiose, a causa di qualche discrepanza rispetto alle aspettative e alle regole social (Delle Fave et al., 2017). Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso di complessità e condivisione, a usare efficacemente i propri talenti e punti di forza, a coltivare attività che favoriscano esperienze stimolanti e gratificanti, a perseguire l’autodeterminazione attraverso l’esercizio della libertà e della responsabilità.

 

 

Bibliografia

 

Bassi, M., Falautano, M., Cilia, S., Goretti, B., Grobberio, M., Pattini, M., & … (2014). The coexistence of well- and ill-being in persons with multiple sclerosis, their caregivers and health professionals. Journal of the Neurological Sciences, 337, 67–73. doi:10.1016/j.jns.2013.11.018.

Delle Fave, A., & Bassi, M. (2013). Psicologia e Salute (2° edizione). Torino: UTET Università.

Delle Fave, A., Bassi, M., Allegri, B., Cilia, S., Falautano, M., Goretti, B., & … (2017). Beyond disease: Happiness, goals and meanings among persons with multiple sclerosis and their caregivers. Frontiers in Psychology. 8, 2216. doi: 10.3389/fpsyg.2017.02216.

Kenny, D. A., Veldhuijzen, W., Van Der Weijden, T., Leblanc, A., Lochyer, J., Légaré, F., Campbell, C. (2010). Interpersonal perception in the context of doctor-patient relationships: A dyadic analysis of doctor-patient communication. Social Science and Medicine, 70, 763-768.

Kimiecik, J. (2011). Exploring the promise of eudaimonic well‐being within the practice of health promotion: The “how” is as important as the “what.” Journal of Happiness Studies, 12, 769–792.

Kuehn, B.M. (2012). Patient-centered care model demands better physician-patient communication. JAMA, 307, 441-442.

Kuokkanen L., & Leino-Kilpi H. (2001). The qualities of an empowered nurse and the factors involved. Journal of Nursing Management, 9, 273-280.

Scheepers, R. A., Boerebach, B. C. M., Arah, O. A., Heineman, M. J., & Lombarts, K. M. J. M. H.

(2015). A systematic review of the impact of physicians’ occupational well‐being on the quality

of patient care. International Journal of Behavioral Medicine, 22, 683-698.

Slemp, G. R., & Vella‐Brodrick, D. A. (2014). Optimising employee mental health: The relationship between intrinsic need satisfaction, job crafting, and employee well‐being. Journal of Happiness Studies, 15, 957–977.

Street Jr., R. L., Makoul, G., Arora, N. K., & Epstein, R. M. (2009). How does communication heal? Pathways linking clinician-patient communication to health outcomes. Patient Education and Counseling, 74, 295-301.

Wallace, J. E., & Lemaire, J. (2009). Physician well-being and quality of patient care: An exploratory study of the missing link. Psychology, Health & Medicine, 14, 545–552.

Zhou Q., Valiente C., & Eisenberg N. (2003). Empathy and its measurement. In S. J. Lopez & C. R. Snyder (Eds.), Positive psychological assessment (pp. 269-284). Washington DC: American Psychological Association.

 

 




Note

1 A

© 2017 Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.
ISSN 2421-2202. Counseling.
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